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Effetti per i creditori - Azioni proposte nei confronti del fideiussore del fallito Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 4464 del 24/02/2011

Fallimento - Effetti per i creditori - Azioni proposte nei confronti del fideiussore del fallito - Attrazione nella competenza del tribunale fallimentare - Esclusione - Fondamento. - Azioni proposte nei confronti del fideiussore del fallito - Attrazione nella competenza del tribunale fallimentare - Il fallimento del debitore principale non comporta l'attrazione nella competenza del tribunale fallimentare anche della causa promossa dal creditore nei confronti del fideiussore del fallito, stante il carattere solidale della responsabilità di quest'ultimo e l'autonomia dell'azione di pagamento proposta nei suoi confronti rispetto a quella proponibile nei confronti del predetto debitore. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 4464 del 24/02/2011

Fallimento - Effetti per i creditori - Azioni proposte nei confronti del fideiussore del fallito - Attrazione nella competenza del tribunale fallimentare - Esclusione - Fondamento. - Azioni proposte nei confronti del fideiussore del fallito - Attrazione nella competenza del tribunale fallimentare - Il fallimento del debitore principale non comporta l'attrazione nella competenza del tribunale fallimentare anche della causa promossa dal creditore nei confronti del fideiussore del fallito, stante il carattere solidale della responsabilità di quest'ultimo e l'autonomia dell'azione di pagamento proposta nei suoi confronti rispetto a quella proponibile nei confronti del predetto debitore. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 4464 del 24/02/2011

Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 4464 del 24/02/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Banco di Napoli spa conveniva, davanti al tribunale di Roma, la società Ca.. No.. srl e Furio e Cristiano Mo.. per sentire dichiarare l'inefficacia, nei suoi confronti, di due compravendita immobiliari in data 9.6.1993.

Si costituivano i convenuti che contestavano la fondatezza della domanda.

Il tribunale, con sentenza del 13.10.2000, dichiarava l'improcedibilità della domanda per l'intervenuto fallimento della debitrice principale società Mo.. & Company srl. A diversa conclusione perveniva la Corte d'Appello, che, con sentenza del 9.2.2006, in accoglimento dell'appello proposto dalla Società per la Gestione di attività SGA spa, cessionaria dei crediti del Banco di Napoli spa, dichiarava inefficaci le compravendite nei confronti della società appellante e dell'intervenuto Banco di Napoli spa.

Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi la società Ca.. No.. srl e Furio e Cristiano Mo...
Resistono con controricorso la Società per la Gestione di attività SGA spa ed il San Paolo IMI spa, quale incorporante il Banco di Napoli spa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e Falsa applicazione dell'art. 42 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Il motivo è manifestamente infondato.

La sentenza con la quale il tribunale ordinario dichiari - come nella specie - improcedibile la domanda, perché inerente a preteso credito da accertare nell'ambito e con le forme proprie della procedura fallimentare, non è impugnabile con regolamento di competenza, poiché non costituisce pronuncia sulla competenza, ma solo sul rito da seguire.

Le censure relative alla sussistenza delle condizioni per la dichiarazione di improcedibilità debbono essere fatte valere, quindi, in via di impugnazione ordinaria (cass. ord. 14.10.2005 n. 19984; v. anche cass. ord. 18.10.2005 n. 20131; cass. 3.12.2009 n. 25403).

Correttamente, pertanto, la Corte di merito, accertata la procedibilità dell'appello, ha pronunciato nel merito. Con il secondo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 261, art. 24 (art. 360 c.p.c., n. 3). Il motivo non è fondato.
Correttamente la Corte di merito, una volta accertata la procedibilità dell'appello, per non rientrare la domanda revocatoria proposta nei confronti dei condebitori solidali non falliti nell'ambito delle azioni che derivano dal fallimento - per le quali sussiste, ai sensi della L. Fall., art. 24, la vis attractiva del tribunale fallimentare - ha pronunciato sul fondo della domanda, accogliendola.

L'azione revocatoria era stata, infatti, proposta nei confronti di Cristiano e Furio Mo.., che avevano garantito, mediante fideiussione, un'apertura di credito in c/c in favore della società Mo.. & Co. srl, poi fallita, ed avevano sottoscritto per avallo effetti cambiari emessi dalla società debitrice.

I Mo.., quindi, erano coobbligati solidali non falliti, debitori esclusivamente nei confronti del Banco di Napoli, in favore del quale avevano rilasciato fideiussione e sottoscritto per avallo otto effetti cambiari.

È principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di obbligazioni solidali, la regola dell'improcedibilità, nella sede ordinaria, della domanda di adempimento e della conseguente attrazione a quella fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 24, non trovi applicazione in caso di sopravvenuto fallimento di uno dei condebitori, allorché contro tale soggetto non sia svolta alcuna domanda volta ad ottenere un titolo per partecipare al concorso e, dunque, il creditore possa proseguire il giudizio verso il condebitore in bonis..

Quindi, il carattere solidale della responsabilità del fideiussore e la conseguente autonomia dell'azione di pagamento proposta nei suoi confronti rispetto a quella proponibile contro il debitore principale comporta che il fallimento di quest'ultimo non determina alcun trasferimento della causa al giudice fallimentare (v. per tutte cass, ord. 26.9.2005 n. 18770; v. anche Cass. ord. 21.11.2008 n. 27856). Al carattere solidale dell'obbligazione del fideiussore - che esclude la necessità di un litisconsorzio tra i condebitori - consegue, quindi, che il fallimento del debitore principale, dichiarato in pendenza del giudizio di pagamento proposto contro il fideiussore:, non comporti il trasferimento al giudice fallimentare della causa proposta contro il fideiussore, la quale, qualora configuri una controversia riservata alla competenza funzionale di altro giudice, rimane allo stesso affidata senza essere attratta nella competenza del giudice fallimentare. (ulteriormente v. Cass. 20.6.2000 n. 8366). A questi principi si è attenuta la sentenza impugnata. Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 111 (rectius 112) c.p.c. e di tutte le norme ed i principi in materia di corrispondenza tra chiesto e pronunciato - ultrapetizione.

Il motivo è manifestamente infondato.
Dall'esame degli atti, consentito in questa sede per la denuncia di un vizio processuale, si ricava che l'odierna resistente SGA spa, con l'atto di appello, aveva riproposto tutte le ragioni in fatto e diritto sulle quale; si fondava la originaria azione revocatoria, non esaminate dal giudice di primo grado per l'assorbente declaratoria di improcedibilità della domanda.

Ne consegue che la procedibilità della domanda in sede ordinaria affermata, invece, dalla Corte di merito ha comportato l'esame appunto del fondo della stessa, con evidente insussistenza del lamentato vizio di ultrapetizione.
Peraltro, va sottolineato che nessun rilievo riveste, ai fini delle considerazioni che precedono, la denuncia della norma dell'art. Ili c.p.c., che non ha alcuna attinenza con la fattispecie in esame. Deve intendersi, quindi, che il motivo - infondato per le ragioni che precedono - sia stato formulato con riferimento all'art. 112 c.p.c., in tema di corrispondenza fra chiesto e pronunciato. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2901 c.p.c. (rectius c.c.) e di tutte le norme ed i principi in materia di azione revocatoria (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il motivo non è fondato.
A prescindere dal rilievo che, sotto l'apparente denuncia della violazione di una norma di diritto, i ricorrenti intendono ottenere una ulteriore " rivisitazione " delle risultanze di merito, non consentita in questa sede a fronte di una congrua e convincente motivazione quale quella adottata dalla Corte di merito, deve ulteriormente sottolinearsi che quest'ultima ha applicato correttamente i principi di diritto di cui alla norma dell'art. 2901 c.c..

L'azione revocatoria presuppone il concorso di determinati presupposti costituiti dall'esistenza di un diritto di credito - per la cui tutela il rimedio è specificamente apprestato; da un atto di disposizione del debitore che determini una diminuzione del suo patrimonio; nonché dalla consapevolezza di nuocere al creditore, cioè da uno stato psicologico, sempre necessario nel debitore, e che esige o meno la partecipatio fraudis del terzo, a seconda della natura - gratuita od onerosa - dell'atto revocabile. L'eventus damni, però, non richiede necessariamente che l'atto compiuto dal debitore lo ponga in uno stato di vera e propria insolvenza, essendo sufficiente che si verifichi una situazione tale da rendere più difficile il recupero del credito.

Il consilium fraudis, poi, non si identifica con l'animus nocendi, ma è ravvisabile nella semplice conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore.

Tutte le condizioni richieste per l'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti dei due atti di vendita posti in essere tra i Mo.. e l'allora società Borgo 3000 srl ricorrono - come ha riconosciuto e correttamente motivato la Corte di merito - nella specie. Il credito, costituito dalle somme indicate e non disconosciute;

l'eventus damni, costituito dalla diminuzione della garanzia del credito dell'odierna resistente, sorto in epoca anteriore alle vendite; il consilium fraudis, dei fideiussori- avallanti - non debitori che, evidentemente, erano a conoscenza delle conseguenze dannose che in tema di aggredibilità dei beni avrebbero determinato gli atti di compravendita;

la scientia fraudis della società terza acquirente per le modalità di tempo, luogo e la qualità dei soggetti tra i quali era stata concluso l'atto che, complessivamente considerati, hanno condotto la Corte di merito a ritenere sussistere i presupposti per affermare la fondatezza della domanda. Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico solidale dei ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2010. Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it