Locazione ad uso non abitativo – Immobile classificato non agibile per evento sismico – Risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta
Locazione ad uso non abitativo – Immobile classificato non agibile per evento sismico – Risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta - Immobile locato gravemente danneggiato per terremoto – risoluzione del contratto ex artt. 1463 ss. c.c. - Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n. 3974 del 12 febbraio 2019, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Il locatore di un immobile adibito ad uso diverso dall’abitazione (affittato per la normale durata di 6 anni + 6) conveniva in giudizio il proprio conduttore per sentire dichiarare risolto il contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, essendo stato classificato inagibile l’immobile stesso, che aveva riportato gravi danni a seguito del terremoto di tre anni prima. Ciò in quanto esso locatore non era più in grado di mantenere il bene locato in stato di servire all’uso pattuito. Il tutto con conseguente estinzione delle obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti e con declaratoria di non debenza dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.
Il Tribunale, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello respingeva le domande rilevando, in particolare, quest’ultima che l’impossibilità sopravvenuta riconducibile ad un evento sismico richiede la definitiva alterazione del sinallagma funzionale, cosa che nella specie non si era verificata (essendo proseguito il rapporto locatizio per tre anni dopo il terremoto con la stesso conduttore, come risultava dalla disdetta da questi ricevuta, senza che si fosse verificata una distruzione, neppure parziale, degli elementi principali e strutturali del bene locato, tenendosi conto altresì, che le riparazioni da farsi nel caso concreto, spettavano allo Stato e non al locatore).
Avverso detta decisione proponeva ricorso per cassazione l’attore soccombente sulla base di tre motivi connessi, trattati congiuntamente dal giudice di legittimità, che respingeva direttamente il ricorso, senza rinvio.
Assumeva il ricorrente che l’evento sisma era idoneo di per sé ad integrare la fattispecie dell’impossibilità sopravvenuta, con conseguente risoluzione ex lege della locazione (essendo irrilevante l’invio di una disdetta relativa ad una locazione non più in vita); che l’indennizzo per l’avviamento non era dovuto, essendo cessato il rapporto per un evento estraneo alla volontà delle parti ed avendo l’inagibilità del locale impedito l’utilizzazione dell’immobile (presupposto legale del diritto all’indennità stessa); che, nella specie, non essendo il bene locato adibito ad abitazione non dovevano ritenersi a carico dello Stato ricostruzione e riparazione degli immobili danneggiati dal terremoto e, infine, che erroneamente il giudice di merito aveva ritenuto nè che la dichiarata inagibilità del bene locato non equivalesse alla sua distruzione, nè che l’immobile non necessitasse di grossi interventi di ristrutturazione.
Decisione. La Suprema Corte respingeva il ricorso sulla base dei seguenti principi, in parte già espressi in precedenza dallo stesso giudice di legittimità: ”la risoluzione del contratto ex art. 1463 c.c. integra un rimedio all’alterazione definitiva del sinallagma contrattuale che rende irrealizzabile la causa concreta ovvero la finalità essenziale e lo scopo pratico del contratto” (così anche Cass. n. 17844/2007; ”ipotesi tipica della fattispecie di cui alla norma appena citata è data dalla distruzione del bene locato, la quale altera definitivamente il sinallagma contrattuale, facendo venir meno anche l’obbligo di manutenzione a carico del locatore (obbligo limitato alle riparazione della cosa e non estensibile anche alla sua ricostruzione, totale o parziale che sia) e che ricorre sia quando l’immobile sia totalmente distrutto, sia quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene talchè, con riferimento alla sua organica individuabilità ed alla sua destinazione, ne sia pregiudicata definitivamente la funzionalità e l’attitudine a prestarsi al godimento previsto in contratto dalle parti”; “per contro, nella specie, il contratto è destinato a proseguire nel caso di impossibilità solo temporanea di utilizzazione per effetto di danneggiamento della cosa locata che non comporti la disintegrazione degli elementi principali e strumentali di essa e sia, quindi eliminabile con la realizzazione di un opus novum, costituito da una vera e propria ricostruzione, ma con opere di semplice riparazione, pur se straordinaria (in senso analogo sull’ultimo punto cfr. anche Cass. n. 41119/1995)”.
La Cassazione, poi, ha precisato opportunamente che il locatore in concreto non aveva provato concretamente che l’immobile necessitasse di interventi di tale gravità da potersi parlare di ricostruzione (quand’anche parziale); che i concetti di inagibilità e di distruzione sono nettamente distinti e non equiparabili (pur se parificati ai soli fini della richiesta di contribuzione alle spese) e che irrilevante era l’individuazione in concreto del soggetto (Stato o cittadino) su cui incombeva l’onere economico delle riparazioni o ricostruzioni.
I principi dettati ed applicabili ad ogni ipotesi di danneggiamenti causati da eventi dannosi straordinari (comprendenti anche alluvioni, smottamenti, crolli imprevisti ecc.) sono sicuramente condivisibili, poiché correttamente motivati sotto un profilo logico e di giustizia (considerando anche che nella fattispecie il rapporto locatizio era proseguito regolarmente per un triennio dopo il terremoto, senza contestazioni tra le parti).