Con due preliminari una società prometteva di vendere ad altra società, titolare di un’impresa di lavanderia industriale, due diverse porzioni di un proprio fabbricato, che venivano anche concesse negli stessi atti in locazione al promissario acquirente -
Mancata stipula dei contratti definitivi e domanda giudiziale del promissario venditore di risoluzione dei due contratti per inadempimento della controparte – Riconvenzionale dei convenuti per sentire dichiarare la nullità e la risoluzione dei preliminari ed eccependo anche la prescrizione dei diritti della parte attrice - Risoluzione o nullità dei due contratti – Inagibilità degli immobili e incompatibilità della loro destinazione urbanistica con l’attività esercitata dal promissario acquirente – Mancato riconoscimento di un indennizzo per un capannone da questi realizzato e poi venduto a terzi dalla controparte - Corte di Cassazione, sez. VI, ordinanza n. 10665 del 6 giugno 2020, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Con due distinti contratti preliminari una società, titolare di un’impresa di lavanderia industriale, prometteva di vendere ad altra società due diverse porzioni di un proprio fabbricato, mentre, con contratti ad essi collegati, le suddette porzioni venivano contestualmente concesse in locazione alla promittente acquirente.
Non essendosi stipulati i contratti traslativi, la promittente venditrice conveniva in giudizio la controparte per sentire dichiarare risolti i preliminari per inadempimento della stessa, con conseguente sua condanna al risarcimento dei danni, mentre la promittente acquirente resisteva alla domanda, chiedendo, in via riconvenzionale, la declaratoria di nullità o risoluzione dei preliminari in questione, eccependo, comunque, la prescrizione dei diritti dell’attrice, con condanna al risarcimento danni.
Il Tribunale accoglieva la domanda risolutoria proposta dall’attrice, rigettando ogni altra domanda ed eccezione e la Corte d’Appello, confermando nel resto l’impugnata sentenza, la riformava parzialmente, dichiarando prescritto il diritto risarcitorio degli attori, nonché precisando, altresì, che la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta soccombente (sul presupposto dell’inagibilità degli immobili promossi in vendita e della incompatibilità dell’attività esercitata con la destinazione urbanistica degli stessi), si manifestava irrilevante ai fini della validità di cui al preliminare, in quanto estranea alla causa del contratto di compravendita, ritenendo insussistenti i lamentati inadempimenti dell’attrice ad evidenziando ancora che erano trascorsi dieci anni dall’esecuzione delle opere (realizzate nel capannone industriale realizzato dalla convenuta appellante, senza che quest’ultima avesse mai lamentato alcunché al riguardo).
Avverso tale ultimo provvedimento la società soccombente ha proposto ricorso per cassazione, rilevando che la Corte territoriale aveva erroneamente affermato l’irrilevanza della carenza di agibilità degli immobili promessi, non considerando che l’impossibilità di mutare destinazione degli stessi le impediva di insediarvi la propria attività imprenditoriale; non aveva considerato che il certificato di agibilità costituisce un obbligo del venditore, né esaminato “l’exceptio inadimplenti non est inadimplendum” (art. 1460 c.c.) ed aveva, infine, escluso il suo diritto all’indennizzo per il capannone realizzato sulle aree oggetto del preliminare (successivamente alienato dall’attrice ad altra società).
Decisione. La Suprema Corte, respinti i primi due motivi, ha accolto quest’ultimo, rimettendo la controversia ad altro giudice d’appello, che dovrà attenersi al principio espresso in merito. Ha rigettato, infatti, sia il primo motivo, osservando che “nelle compravendite e, con maggior forza nei preliminari di detto contratto, la mancata consegna del certificato di agibilità o l’insussistenza delle condizioni per il rilascio di esso incidono sul piano dell’adempimento e non su quello della validità del contratto”, sia il secondo “in quanto il mancato rilascio non può essere imputato al promittente venditore, non risultando atti con i quali l’appellante abbia sollecitato l’appellata a sottoscrivere le documentazioni necessarie alle pratiche edilizie, come previsto in contratto”, mentre ha ritenuto fondato il terzo motivo, relativo all’indennizzo per l’edificazione del capannone, edificato dall’odierno ricorrente senza concessione ed a proprie spese e divenuto per accessione di proprietà della proprietaria in forza della sanatoria, senza che la Corte territoriale abbia esaminato correttamente la questione dell’applicabilità alla specie delle addizioni di cui all’art. 1593 c.c. (questione che avrebbe potuto cambiare la decisione presa in merito).