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Locazione commerciale: risoluzione del contratto per inadempimento del locatore relativo alla mancanza del certificato di agibilità dell’immobile - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 1007 del 20. 1. 2021.

Consapevolezza del conduttore sin dal momento della stipula del contratto della mancanza dell’agibilità dell’immobile – Accoglimento della domanda di risoluzione avanzata dallo stesso da parte del Tribunale e riforma in appello della sentenza, con condanna del conduttore stesso a pagare i canoni pregressi non versati, previa risoluzione del contratto per suo inadempimento - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 1007 del 20 gennaio 2021, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

Fatto. Il Tribunale aveva condannato il locatore di un immobile locato ad uso commerciale, dopo aver risolto il contratto per suo inadempimento, a corrispondere al conduttore l’indennità d’avviamento, mentre la Corte d’appello, adita dal soccombente, riformava detta sentenza, dichiarando il contratto risolto per inadempimento del conduttore e condannandolo, di conseguenza, al pagamento dei canoni insoluti. Ciò in quanto, dalla scrittura sottoscritta dallo stesso conduttore, era risultato che questi era ben consapevole dell’assenza di agibilità dell’immobile,  rinunziando così implicitamente all’indennità d’avviamento e ad ogni pretesa risarcitoria collegata alla mancanza del certificato d’agibilità. Il conduttore soccombente ha ricorso, quindi, per cassazione sulla base di due motivi: per avere il giudice d’appello omesso di valutare l’espletata prova per testi, da cui era emerso che la sottoscrizione del contratto gli era stata imposta dal locatore dopo la stipula dell’atto, non avendo adempiuto alla sua controprestazione di mantenere la cosa locata in stato di servire all’uso pattuito e non avendo esso conduttore proposto alcuna domanda riconvenzionale, ma solo una richiesta subordinata, avente ad oggetto il parziale soddisfacimento della pretesa azionata.

Decisione. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, affermando che  “l’inadempimento del locatore, invocato dal ricorrente, ricorre solo quando l’inagibilità o l’inabilità del bene attenga a carenze intrinseche o dipenda da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire  il rilascio degli atti amministrativi relativi alle dette abitabilità o agibilità, tale da non potersi consentire l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito (fatta salva l’ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere tali atti), con la conseguenza che le censure mosse alla sentenza impugnata si risolvono nella sollecitazione ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa che non può essere esaminata dalla Suprema Corte, dati i limiti funzionali del giudizio di legittimità”, mentre il secondo motivo il ricorrente ha omesso “di indicare e di muovere compiutamente nuove censure alla ratio decidendi  della Corte di merito, la quale ha ritenuto l’illegittimità del mancato versamento del  canone dovuto, mentre, comunque, poiché nel giudizio di sfratto per morosità, essendo la causa della risoluzione del contratto riconducibile all’inadempimento del conduttore, questi non aveva titolo per pretendere l’indennità d’avviamento alla scadenza del rapporto locatizio”.