onere del difensore di depositare la copia dell'atto notificato in cancelleria ex art. 123 disp. att. c.p.c Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 4704 del 25/02/2011
Notificazione eseguita dal difensore ai sensi della legge n. 53 del 1994' - . Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 4704 del 25/02/2011
Civile - Notificazioni - Notificazione eseguita dal difensore ai sensi della legge n. 53 del 1994 -
Onere del difensore di depositare la copia dell'atto notificato in cancelleria ex art. 123 disp. att. cod. proc. civ. - Omissione - Nullità della notifica dell'atto di impugnazione - In tema di notificazione delle impugnazioni, l'omissione del deposito prescritto dall'art. 123 disp. att. cod. proc. civ., posto a carico del difensore notificante dall'art. 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, non produce la nullità della notifica, ai sensi dell'art. 11 della stessa legge; infatti, questa norma ricollega tale sanzione, oltre che alla mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge ed all'incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica, alla inosservanza delle "disposizioni di cui agli articoli precedenti", ma tale ultima espressione ellittica va riferita a quegli scarti dal modello legale, verificatisi nel procedimento di notifica, che abbiano inciso sul suo regolare perfezionamento e non anche all'omissione di un adempimento che si colloca, teleologicamente e temporalmente, su di un pian distinto ed ulteriore. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 4704 del 25/02/2011
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata il 22 luglio 2002 e notificata il 20 dicembre 2002, il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da Andrea Ro.. e Paola Sca.. in qualità di soci della Casa Nostra 81 soc. coop. a r.l., dichiarava la nullità della delibera di esclusione degli stessi dalla compagine sociale per morosità, emessa dal Consiglio di Amministrazione della società il 20 novembre 1997 a seguito dei solleciti, rivolti dall'amministrazione ai predetti e rimasti senza esito, tesi alla regolarizzazione della loro situazione debitoria nei confronti della Cooperativa.
2. Interponeva appello la Casa Nostra 81 s.c. a r.l. contestando le risultanze - fatte proprie dal tribunale - della consulenza tecnica d'ufficio, della quale chiedeva la rinnovazione, svolta in primo grado al fine di ricostruire contabilmente il rapporto tra le parti. Lamentava cioè la società appellante l'erronea esclusione di alcune voci contenute nella scheda da essa prodotta illustrante il costo di costruzione dell'alloggio prenotato dagli attori, e contestava l'accertamento delle somme versate da questi ultimi, insistendo peraltro nella prova testimoniale già rigettata in primo grado.
3. Con sentenza depositata in data 1 settembre 2005 e notificata il 21 dicembre 2005, la Corte di Appello di Roma rigettava l'appello, rilevando: a) che l'accertamento sull'effettivo costo di costruzione dell'immobile prenotato dagli attori e sulla differenza tra tale costo e quanto complessivamente versato da questi ultimi non rileva, atteso che non è su tale differenza - mai richiesta in questi termini dalla cooperativa agli appellati -, bensì sul grave inadempimento di questi ultimi alle richieste di pagamento inoltrate dalla cooperativa, che si fonda la delibera di esclusione; b)che, delle due richieste della cooperativa (rispettivamente in data 9 febbraio 1997 e 9 luglio 1997), solo la prima per L. 51.852.428 recava un prospetto in allegato - la cui verifica in sede di c.t.u. ha condotto però ad un ridimensionamento della differenza dovuta in L. 4.034.500, rettamente ritenuta dal tribunale inidonea a giustificare il provvedimento di esclusione -, mentre la seconda per L. 107.485.894 era priva di riferimenti specifici e come tale inapprezzabile; e)che, del resto, dalla documentazione in atti, e dalle osservazioni del c.t.u., si evince come la contabilità della Casa Nostra 81 fosse tenuta in maniera approssimativa; d) che, infine, le ricevute di pagamento prodotte dagli appellati in primo grado, non essendo state contestate dalla appellante nelle forme e nei tempi richiesti dall'art. 215 c.p.c., devono ritenersi da questa riconosciute, e pertanto ben possono fondare le conclusioni tratte dal c.t.u. e dal tribunale.
4. Avverso tale sentenza la Casa Nostra 81 s.c.a.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso a questa Corte formulando due motivi. Resistono il Ro.. e la Sca.. con controricorso. La società ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va rilevato che, nel controricorso, i resistenti hanno eccepito la inammissibilità del ricorso proposto da Casa Nostra 81, assumendo che la notifica dello stesso, eseguita dal difensore della ricorrente a mezzo posta a norma della L. n. 53 del 2004, si è perfezionata con la ricezione dell'atto in data 21 febbraio 2006, e quindi oltre il termine previsto dall'art. 325 c.p.c. decorrente nella specie dal 21 dicembre 2005, data di notifica della sentenza impugnata. Hanno inoltre dedotto la nullità della notifica del ricorso in quanto non seguita dal deposito, a norma dell'art. 125 disp. att. c.p.c., di copia dell'atto notificato presso la Cancelleria della Corte di appello di Roma, che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Entrambi gli assunti sono infondati. Quanto al primo, il noto principio di scissione del momento di perfezionamento della notifica per il notificante e per il destinatario della notifica, stabilito con la sentenza n. 477/2002 della Corte Costituzionale in relazione alla L. n. 890 del 1982, art. 4 regolante la notifica a mezzo posta, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell'ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anziché dall'ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 1, con l'unica differenza che in tal caso alla data di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario - che segna il momento perfezionativo per il notificante - va sostituita la data di spedizione del piego raccomandato (cfr. Cass. n. 17748/09; n. 5024/09; n. 6402/04). Poiché dall'originale del ricorso depositato in atti risulta inequivocamente (cfr. timbro apposto dalle Poste in calce alla relata di notifica predisposta dal difensore della ricorrente) che il piego raccomandato è stato spedito il 17 febbraio 2006, deve ritenersi che la notifica dell'atto di impugnazione si è perfezionata, per il notificante, in data anteriore al termine di 60 giorni decorrente dal 21 dicembre 2005.
Quanto al secondo assunto, deve escludersi che l'omissione del deposito prescritto dall'art. 123 disp. att. c.p.c., posto a carico del difensore notificante dalla citata L. n. 53 del 1994, art. 9, possa produrre la nullità della notifica a norma dell'art. 11 stessa legge. Vero è che la norma ricollega tale sanzione, oltre che alla mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge ed alla incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data, alla inosservanza "delle disposizioni di cui agli articoli precedenti". Ma tale ellittica espressione deve intendersi riferita a quegli scarti dal modello legale, verificatisi nel procedimento di notifica, che abbiano inciso sul suo regolare perfezionamento (cfr. Cass. n. 4986/01; n. 6091/01), non anche alla omissione di un adempimento che si colloca, teleologicamente e temporalmente, su un piano distinto ed ulteriore.
2. La società ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione degli artt. 2524 e 2527 cod. civ. e dell'art. 2697 cod. civ., nonché vizio di motivazione per omesso esame di prove documentali. Sostiene, da un lato, che le regole sull'onere della prova risulterebbero violate dalla Corte di merito nella misura in cui essa avrebbe "motivato ricercando la prova della Cooperativa delle somme pretese" non considerando che incombeva invece ai soci morosi l'onere di dimostrare di aver pagato le somme richieste loro, che "risultavano dai libri contabili obbligatori, dai documenti di spesa, dai bilanci approvati", che erano "sufficienti a determinare la morosità dei due soci, a giustificare le lettere di richiesta, a legittimare l'esclusione da socio", senza necessità di ulteriore prova da parte della Cooperativa. D'altro lato, la ricorrente lamenta che la Corte di merito non avrebbe dato seguito ai suoi rilievi circa la incompletezza ed erroneità dell'accertamento del costo di costruzione compiuto dal consulente tecnico d'ufficio.
Tali censure, tuttavia, non meritano accoglimento. Sotto il primo profilo, più che della violazione delle regole in tema di onere della prova (violazione peraltro da escludere, posto che evidentemente la verifica circa la prova della contestata sussistenza ed entità del debito che la cooperativa sostiene inadempiuto non può che precedere quella circa l'intervenuto adempimento da parte dei soci) la ricorrente si duole della valutazione espressa in concreto dalla Corte di merito circa la entità del debito inadempiuto dagli odierni resistenti, e quindi circa il presupposto della delibera di esclusione. Doglianza inammissibile in questa sede, in quanto sostanzialmente diretta ad una nuova valutazione di merito preclusa alla Corte di legittimità. Quanto poi alla denuncia del vizio di motivazione sulla valutazione di documenti, la estrema genericità della indicazione dei documenti cui la ricorrente intende riferirsi e del contenuto degli stessi che sarebbe stato trascurato o erroneamente interpretato dal giudice d'appello viola il principio della autosufficienza del ricorso per cassazione, non ponendo in grado la Corte di compiere, sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, la verifica circa la decisività dei fatti da provare e quindi delle prove stesse (cfr. ex multis Cass. n. 2977/06; n. 6440/07; n. 5043/09; n. 17915/10).
Analoghi rilievi si impongono con riguardo al profilo di doglianza concernente la omessa considerazione, da parte del giudice di primo grado e d'appello, di "precise contestazioni della Cooperativa in primo e secondo grado" in ordine alle risultanze della consulenza d'ufficio espletata in primo grado. La ricorrente non è stata infatti in grado di indicare il luogo utile del processo in cui tali contestazioni siano state formulate: tale non può ritenersi la comparsa conclusionale depositata nel giudizio di appello - il cui contenuto è stato parzialmente trascritto in ricorso -, non costituendo tale atto il luogo per esprimere nuove contestazioni non formulate in precedenza. 3. Con il secondo motivo, la Cooperativa denuncia la "violazione dell'art. 2102 cod. civ. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Lamenta che la Corte di merito avrebbe, nella motivazione, mostrato di aver frainteso la natura della contestazione espressa dalla Cooperativa circa le quietanze di pagamento prodotte dai soci impugnanti: tale contestazione non avrebbe riguardato la provenienza di tali quietanze, bensì l'imputazione dei pagamenti da esse documentati compiuta dal consulente d'ufficio, il quale avrebbe dovuto riferirli a vecchi debiti, non a quelli dei quali si controverte. Anche qui, tuttavia, la ricorrente, da un lato, non chiarisce in cosa sia consistita la denunciata violazione del disposto dell'art. 2702 cod. civ., dall'altro si limita a trascrivere alcuni passi della sua comparsa conclusionale di secondo grado (nei quali peraltro la questione dell'imputazione dei pagamenti non risulta chiaramente e specificamente affrontata), comunque irrilevanti per quanto sopra esposto; sì che anche la denuncia di un vizio di motivazione si mostra inammissibilmente priva di completezza.
In conclusione, il rigetto del ricorso proposto dalla Cooperativa si impone, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore delle controparti delle spese di questo giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2011. Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2011