divisione - divisione ereditaria - effetti - diritto dell'erede sulla propria quota Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 406 del 10/01/2014
Sentenza di divisione - Natura dichiarativa - Condizioni - Limiti - Natura costitutiva dell'assegnazione al condividente di beni eccedenti la quota - Conseguenze in ordine alla decorrenza degli interessi compensativi sul conguaglio. Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 406 del 10/01/2014
In tema di comunione ereditaria, il principio della natura dichiarativa della sentenza di divisione opera esclusivamente in riferimento all'effetto distributivo, per cui ciascun condividente è considerato titolare, sin dal momento dell'apertura della successione, dei soli beni concretamente assegnatigli e a condizione che si abbia una distribuzione dei beni comuni tra i condividenti e le porzioni a ciascuno attribuite siano proporzionali alle rispettive quote; esso non opera, invece, e la sentenza produce effetti costitutivi, quando ad un condividente sono assegnati beni in eccedenza rispetto alla sua quota, in quanto rientranti nell'altrui quota. Ne consegue che gli interessi compensativi sul conguaglio decorrono soltanto dal passaggio in giudicato della sentenza costitutiva che fa cessare lo stato di indivisione mediante attribuzione ad un condividente di un bene eccedente la sua quota. Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 406 del 10/01/2014
Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 406 del 10/01/2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - De.. Luisa, in nome e per conto della figlia minore Ga.. Angela, conveniva in giudizio davanti il tribunale di Bologna Rocchi Rina per sentire accertare la lesione della quota di legittima spettante alla Ga.. con la condanna della convenuta alla restituzione dei beni ereditari nonché dei frutti. Deduceva che la minore Ga.. Angela era erede naturale del padre Ga.. Giacomo, il quale - deceduto in Imola il 29.05.1975 aveva nominato erede universale la moglie Rocchi Rina, ed alla sua morte, la figlia Ga.. Angela, per i beni residui.
Rocchi Rina, costituendosi in giudizio, non contestava la qualità di erede della minore, ma negava che vi fosse una cassetta di sicurezza ed evidenziava che esisteva una sola polizza assicurativa, che era stata incassata dalla attrice; chiedeva, quindi, che il tribunale dichiarasse il suo diritto ad ottenere sia la legittima che la disponibile sul patrimonio residuo, provvedendosi, altresì, alla formazione dell'asse ereditario ed alla sua divisione secondo legge, tenendosi contro sia di quanto già incassato dall'attrice che della esistenza di debiti che gravavano sull'eredità.
A seguito del raggiungimento da parte della Ga.. della maggior età, il processo si interrompeva e veniva proseguito dalla Ga...
Il tribunale di Bologna, con sentenza non definitiva del 3 febbraio 1987, accertava che la Ga.. aveva diritto di concorrere al patrimonio relitto dal padre in misura di 1/4 della piena proprietà ed in misura di 1/5 dei 5/12 assegnati in usufrutto alla Rocchi, rigettava la domanda relativa alla polizza n.982253, stipulata dal de cuius nell'esclusivo interesse della figlia.
Con sentenza definitiva del 22 giugno 1999 il tribunale disponeva la divisione del patrimonio assegnando alla Ga.. l'immobile sito in Imola via Andrea Costa n. 23, mentre erano assegnati alla convenuta gli immobili siti in Fossatone di Medicina via S. Vitale est n. 4737 e la villa in Sasso Morelli via Correcchio n. 42/d;
condannava la Rocchi al pagamento del conguaglio pari a lire 33.604.182 oltre rivalutazione monetaria dal 26-4-1995 con gli interessi sulla somma rivalutata mese per mese fino al saldo;
condannava la convenuta, a titolo di risarcimento dei danni, per il mancato godimento dal 1975 al 31-12-1988, nella misura del 27% della somma di L. 144.315.000, al netto degli oneri fiscali, con rivalutazione ed interessi sulla somma via via rivalutata sino al saldo, precisando che l'attrice aveva limitato la propria domanda fino al 31.12.1988; quanto ai beni mobili, stabiliva che all'attrice andavano consegnate n. 135 azioni Chiare e Forti, n. 2100 azioni San Felice, n. 300 azioni Rinascente, n. 135 azioni Carlo Erba e n. 500 azioni Latina, oltre i frutti nella misura del 27%;
condannava la Rocchi al pagamento delle spese processuali. Con sentenza dep. il 31 ottobre 2007 la Corte di appello di Bologna riformava la decisione definitiva che era stata impugnata da entrambe le parti.
In accoglimento dell'appello proposto dalla Rocchi, riteneva che le spese di primo grado dovessero compensarsi; assegnava alla predetta anche l'immobile sito in Imola via Andrea Costa n. 23 oltre quelli attribuiti dal tribunale, ponendo a suo carico l'importo di Euro 70.000,00 a titolo di conguaglio da rivalutare dal settembre 1988 nonché al pagamento su detto importo degli interessi legali dalla pubblicazione della decisione di appello.
Per quel che ancora interessa nella presente sede, il predetto immobile sito in Imola era assegnato alla convenuta sul rilievo che, essendo la medesima titolare della maggiore quota, il criterio sancito dall'art. 720 cod. civ. andava applicato con riferimento a ogni singolo immobile facente parte dell'asse ereditario. Tenuto conto che il valore complessivo degli immobili era pari a L. 477.000.000, in considerazione delle quote di cui era titolare la Ga.., alla medesima spettava l'importo complessivo di L. 135.500.000,pari a Euro 70.000,00 che andava rivalutato dal momento della redazione della consulenza (settembre 1988). Era riformata la sentenza definitiva che aveva accolto la domanda di corresponsione dei frutti relativi agli immobili detenuti dalla convenuta, sul rilievo che l'attrice non aveva offerto la prova che tali beni avessero effettivamente prodotto frutti percepiti dalla Rocchi, posto che tale circostanza era stata contestata e indirettamente provata dalla convenuta, la quale aveva dedotto che l'immobile di Imola era stato concesso in comodato ai suoceri, quello di Fossatone di Medicina era collabente e quello nel quale la moglie viveva con il de cuius (Villa di Sasso Morelli) costituiva la casa coniugale su cui la medesima era titolare del diritto di abitazione.
Ugualmente doveva ritenersi per le azioni che non avevano dato alcuna redditività.
Nel respingere l'appello incidentale proposto dall'attrice, i Giudici confermavano la sentenza definitiva la quale aveva ritenuto che 40.000 fosse il valore e non il numero delle azioni relitte come preteso dall'attrice, essendo la diversa indicazione contenuta nella denuncia di successione conseguenza di un mero errore materiale, come si ricavava dalla documentazione prodotta dall'appellante e dalle informazioni rese dall'Istituto di credito.
Nel dispositivo erano poste a carico della Ga.. le spese relative al giudizio di appello.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la De.., quale erede di Ga.. Angela nelle more deceduta, sulla base di otto motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l'intimata proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c., perché sono stati proposti avverso la stessa sentenza.
Va ancora rilevata la legittimazione della De.. a proporre il presente ricorso, avendo provato la qualità di erede della figlia Ga.. Angela, nelle more deceduta, avendo prodotto il relativo certificato di morte.
RICORSO PRINCIPALE.
1.1. - Il primo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 718 e 720 c.c., censura la decisione gravata che, nell'assegnare alla convenuta tutti gli immobili in comunione aveva disapplicato il generale e prevalente principio della divisione in natura dei beni, quando la norma di cui all'art. 720 citato ne costituisce una deroga applicabile esclusivamente nei casi tassativamente indicati da tale norma.
La Corte non aveva preso in considerazione la possibilità della formazione di singole porzioni
1.2. - Il motivo va accolto.
La sentenza, nell'attribuire anche l'immobile sito in Imola alla Rocchi, la quale in tal modo è risultata assegnataria dell'intero complesso immobiliare (gli altri due immobili le erano stati già attribuiti con la sentenza definitiva del tribunale), ha tenuto conto esclusivamente del criterio sancito dall'art. 720 c.c., in tema di divisione di immobili non comodamente divisibili, individuando l'assegnatario nel comunista titolare della quota maggiore su ciascuno dei beni immobili caduti in successione.
Qui occorre chiarire che in tema di divisione ereditaria, a norma dell'art. 718 c.c., ciascun coerede ha diritto alla parte in natura dei beni mobili e immobili dell'eredità, salve le disposizioni degli articoli successivi. In particolare, il principio è derogato fra l'altro dall'art. 720 c.c., che disciplina l'ipotesi in cui l'eredità comprenda beni immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene e la divisione dell'intero non possa effettuarsi senza il loro frazionamento : in tale ipotesi detti immobili devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nelle porzioni di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche alle porzioni di più coeredi ove questi ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. La deroga alla previsione dell'art. 718 c.c. - la cui applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che, peraltro, deve adeguatamente motivarla - è riferibile esclusivamente alla ipotesi in cui singole unità immobiliari siano considerate indivisibili, non potendo trovare applicazione alle ipotesi in cui vi sia una pluralità di beni immobili, laddove è possibile procedere a un progetto che consenta l'assegnazione in natura a ciascun condividente di porzioni dei beni ereditari (Cass. 7700/1994;
25332/2011).
Orbene, la sentenza impugnata ha fatto erronea applicazione di tali principi e di quanto statuito anche dalla S.C. la quale, con la decisione n. 21294/2004, richiamata dai Giudici di appello, pur facendo riferimento alla titolarità della maggior quota, aveva confermato la sentenza impugnata che aveva attribuito a ciascuno dei condividenti (o gruppo di condividenti) uno dei due immobili caduti in successione, proprio in attuazione del principio di cui all'art. 718 c.c.: infatti, la titolarità della quota maggioritaria sui due immobili non apparteneva al medesimo condividente (come nel caso de quo) ma a condividenti diversi nel senso che il comunista, titolare della quasi totalità delle quote di comproprietà su un fabbricato, aveva quote minime sul terreno di cui invece gli altri condividenti avevano la maggioranza.
2.1. - Il secondo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 728 cod. civ., censura la sentenza impugnata laddove aveva stabilito il conguaglio relativo all'immobile sito in Imola assegnato con la sentenza impugnata alla Rocchi con riferimento alla stima compiuta dal consulente nel 1988 quando si sarebbe dovuto fare riferimento al valore di mercato del bene all'attualità, non essendo sufficiente la rivalutazione monetaria. 2.2.- Il motivo è assorbito.
L'accoglimento del primo motivo - comportando la caducazione della statuizione relativa alla assegnazione dell'immobile di Imola - assorbe ogni questione circa il relativo conguaglio. 3.1..- Il terzo motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 728 c.c., in via subordinata denuncia le modalità di determinazione degli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di conguaglio, tenuto conto che gli stessi decorrono sugli importi di volta in volta maturati.
3.2.- Anche questo motivo è assorbito per le medesime considerazioni formulate sopra.
4.1.- Il quarto motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia) censura la sentenza impugnata che, nell'escludere la esistenza di frutti mobiliari, aveva omesso di esaminare quanto era al riguardo emerso dagli elaborati peritali depositati nel procedimento di primo grado, laddove era stato determinato il valore complessivo delle rendite maturate.
4.2.- Il motivo è fondato.
La sentenza si è limitata ad affermare in modo apodittico che le azioni non avevano dato alcuna reddittività senza peraltro indicare le ragioni di tale convincimento e senza esaminare e dare conto di quanto emerso dalle risultanze processuali alle quali ha fatto cenno il ricorrente.
5.1.- Il quinto motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 718 e 720 c.c., censura la sentenza laddove, nell'escludere il credito relativo ai frutti derivanti dal godimento degli immobili, aveva fondato la decisione su una circostanza irrilevante ovvero la assenza di prova dell'effettiva maturazione e del percepimento dei frutti da parte della convenuta, quando il diritto deriva dalla redditività del bene goduto dal comunista fino al momento dello scioglimento della comunione.
5.2.- Il motivo è fondato nei limiti di cui si dirà.
Il diritto dei comunisti alla quota dei frutti dei beni caduti in comunione trova fonte nella redditività potenziale del bene che è rimasto nell'effettivo godimento di uno solo dei comproprietari, tenuto conto che in tema di divisione immobiliare, il condividente di un immobile che durante il periodo di comunione abbia goduto del bene in via esclusiva senza un titolo giustificativo, deve corrispondere agli altri i fratti civili, quale ristoro della privazione della utilizzazione "pro quota" del bene comune e dei relativi profitti, con riferimento ai prezzi di mercato correnti dal tempo della stima per la divisione a quello della pronuncia. (Cass. n. 7881 del 2011). Appare del tutto irrilevante - e non potrebbe evidentemente pregiudicare gli altri comproprietari - la non utile gestione che il comunista nel possesso dei beni - il quale amministra il bene anche nell'interesse e per conto degli altri - abbia fatto, dando di sua iniziativa il bene in uso gratuito (comodato), come è avvenuto per l'immobile di Imola.
Peraltro, la capacità del bene di produrre reddito va evidentemente compiuta in relazione allo stato in cui il bene si trovi, dovendo verificarsi se lo stesso possa essere effettivamente oggetto di utilizzazione.
Nella specie, la motivazione appare insufficiente laddove non risulta compiuto alcuna effettiva indagine in merito allo stato in cui si trovava l'immobile di Fossatone e in relazione alle condizioni denunciate con l'appello principale: evidentemente il giudice di rinvio dovrà compiere tale indagine.
Appare invece corretto escludere l'obbligo di frutti relativamente all'immobile (villa Sasso Morelli), perché abitato dal coniuge abitasse al momento della morte del de cuius (circostanza che non risulta specificamente contestata) : essendo oggetto del legato ex lege a favore del coniuge superstite, l'acquisto avviene al momento dell'apertura della successione ed esclude - relativamente a esso - quindi lo stato di comunione.
6.1.- Il sesto motivo (violazione e/o falsa applicazione dell'art. 282 c.p.c.) denuncia che erroneamente la sentenza aveva fatto decorrere gli interessi compensativi sul conguaglio dalla data della sentenza di appello, dovendo gli stessi piuttosto decorrere dalla sentenza definitiva del tribunale che, essendo provvisoriamente esecutiva, aveva determinato lo scioglimento della comunione. 6.2. Il motivo è infondato.
Occorre premettere che la sentenza di appello, in accoglimento dell'impugnazione proposta dalla Rocchi, ha determinato dalla data di pubblicazione della decisione la decorrenza degli interessi compensativi dovuti sul complessivo conguaglio liquidato (quindi anche sul conguaglio sugli immobili attribuiti con la decisione del tribunale).
Al riguardo va chiarito che il principio della natura dichiarativa della sentenza di divisione opera esclusivamente in riferimento all'effetto distributivo, per cui ciascun condividente è considerato titolare, sin dal momento dell'apertura della successione, dei soli beni concretamente assegnatigli e a condizione che si abbia una distribuzione dei beni comuni tra i condividenti e le porzioni a ciascuno attribuite siano proporzionali alle rispettive quote; non opera invece, e la sentenza produce effetti costitutivi, quando ad un condividente sono assegnati beni in eccedenza rispetto alla sua quota, in quanto rientranti nell'altrui quota (Cass. 9659/200, 6653/2003).
L'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive, non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, quando la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico e non meramente dipendente, come appunto nella specie, in cui il diritto al conguaglio dovuto agli altri comunisti da parte dell'assegnatario sorge nel momento in cui viene a cessare lo stato di indivisione e trova fonte nell'attribuzione ad altro condividente di un bene eccedente la sua quota.
7.1.- Il settimo motivo (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2735 e 2733 c.c.) denuncia l'errore in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata laddove, nel confermare la decisione definitiva del tribunale sul numero di azioni cadute in successione, aveva ritenuto frutto di errore materiale la indicazione, contenuta nella denuncia di successione e nella dichiarazione formulata dalla stessa convenuta in sede di inventario, dichiarazione che, essendo stata fatta in presenza del legale rappresentane dell'attrice, avrebbe valore di confessione stragiudiziale e, come tale, di prova legale non suscettibile di essere liberamente apprezzata dal giudice. 7.2.- Il motivo è infondato.
La indicazione sul numero di azioni compiuta dalla convenuta, seppure alla presenza della controparte, era stata formulata al fine di procedere alla redazione dell'inventario dei beni relitti e, dunque, non poteva integrare la confessione stragiudiziale, la quale si configura quando sia resa alla controparte la consapevole dichiarazione di un fatto a sè sfavorevole e a quella favorevole. La sentenza, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che la indicazione era da ritenersi frutto di errore materiale, avendo verificato la effettiva consistenza delle azioni in base alle informazioni dell'Istituto di credito. 8. L'ottavo motivo che concerne la statuizione delle spese processuali è assorbito.
RICORSO INCIDENTALE.
1.1. - Il primo motivo (violazione dell'art. 112 c.p.c.) denuncia che la sentenza impugnata pur avendo accolto il primo motivo, con il quale era stata riconosciuta la compensazione delle spese del giudizio di primo grado aveva poi nel dispositivo condannato essa attrice al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. 1.2.- Il motivo va disatteso.
Occorre premettere che in tema di liquidazione delle spese giudiziali, il criterio della soccombenza non si fraziona secondo l'esito delle varie fasi, ma va considerato unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito per sè favorevole (Cass. 11599/2004, - 198880/2011; Ord. 6369/2013). La riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado comporta la caducazione delle consequenziali statuizioni relative alle spese processuali che il giudice deve di ufficio liquidare in base all'esito complessivo della lite; ove, invece, la decisione di primo grado sia confermata, la regolamentazione delle spese di primo grado potrà essere oggetto di riesame soltanto nel caso in cui la parte soccombente abbia proposto uno specifico motivo di gravame. Ciò premesso, la cassazione della sentenza di appello comporta l'assorbimento della censura circa la decisione sulle statuizioni sulle spese, posto che sarà il giudice di rinvio a doversi pronunciare sulle spese di primo grado - peraltro oggetto di specifico motivo di appello - e di gravame secondo l'esito della controversia.
2.1.- Il secondo motivo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione) deduce che la sentenza, pur avendo con la motivazione chiarito che il conguaglio era stabilito per tutti gli immobili caduti in successione, nel dispositivo aveva attribuito tale somma per il solo immobile di Imola.
2.2.- Il motivo è infondato.
Nell'ordinario giudizio di cognizione, l'esatto contenuto della pronuncia va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l'effettiva volontà del giudice. Ne consegue che, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, è da ritenere prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento che va, quindi, interpretato in base all'unica statuizione che, in realtà, esso contiene. Nella specie, deve peraltro escludersi il contrasto denunciato laddove il riferimento contenuto nel dispositivo agli immobili già attribuiti alla convenuta con la sentenza definitiva del tribunale consente di comprendere che il conguaglio era determinato per l'intero asse immobiliare e non solo con riferimento all'immobile di Imola.
Il ricorso incidentale va rigettato.
Pertanto, vanno accolti il primo, il quarto, il quinto - per quanto in motivazione - motivo del ricorso principale; vanno rigettati il sesto e il settimo mentre sono assorbiti il secondo, il terzo e l'ottavo.
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; accoglie il primo, il quarto e il quinto, per quanto in motivazione, del ricorso principale, assorbiti il secondo, il terzo e l'ottavo, rigetta il sesto e il settimo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 novembre 2013. Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2014
Riferimenti normativi:
Cod. Civ. art. 720
Cod. Civ. art. 757