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Legge professionale - Elezioni

Avvocati - Legge professionale - Elezioni - Legittimo l'art. 15 D. Lgs Luogotenenziale 382/44 nella parte in cui prevede che in "caso di decesso o di dimissioni di un componente del Consiglio si proceda ad elezioni suppletive - Impossibile il subentro del primo dei non eletti. (Sentenza Corte Costituzionale)

Avvocati - Legge professionale - Elezioni - Legittimo l'art. 15 D. Lgs Luogoteneziale 382/44 nella parte in cui prevede che in "caso di decesso o di dimissioni di un componente del consiglio si proceda ad elezioni suppletive - Impossibile il subentro del primo dei non eletti.Corte costituzionale – ordinanza 17-20 giugno 2002, n. 260


Corte costituzionale – ordinanza 17-20 giugno 2002, n. 260
Presidente Ruperto – relatore Mezzanotte

Ritenuto

 

Che, nel corso del giudizio instaurato dal primo dei non eletti al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma per il biennio 2000-2001, escluso dalla surrogazione a uno dei componenti dell’organo, nel frattempo deceduto, il Tar del Lazio, sezione III, con ordinanza in data 5 luglio 2000, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 48 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15, terzo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 382/44 (Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali), nella parte in cui prevede che alla sostituzione dei componenti deceduti o dimissionari del Consiglio dell’ordine degli avvocati si proceda mediante elezioni suppletive;

che il remittente – premesso che, in base alla disposizione censurata, alla sostituzione dei componenti deceduti o dimissionari del Consiglio dell’ordine degli avvocati si deve procedere mediante elezioni suppletive, sottoposte alle medesime regole di quelle ordinarie, con particolare riferimento al quorum assembleare - osserva che l’inutilizzabilità dell’esito del ballottaggio avrebbe un fondamento logico-giuridico solo se il procedimento elettorale previsto dal decreto legislativo luogotenenziale 382/44 fosse un sistema maggioritario uninominale, in quanto, in tal caso, non potrebbe riconoscersi alcuna rappresentatività al candidato perdente nel collegio, essendo risultato sconfitto da un confronto diretto ed esclusivo con il prescelto dal corpo elettorale;

che, invece, secondo il giudice a quo, nei sistemi basati sullo scrutinio di lista, dall’ordinamento si ricaverebbe il principio in base al quale alla surrogazione dei membri venuti a mancare si deve provvedere mediante il recupero del primo dei non eletti all’interno della stessa lista, in quanto la scelta dell’elettorato sarebbe orientata a quest’ultima, sicché risulterebbe rispettata pienamente la volontà degli elettori;

che – prosegue il remittente - la stessa presunzione di rappresentatività si riscontrerebbe quando, come nel caso di specie, la scelta del corpo elettorale non venga indirizzata verso le liste, bensì verso singoli individui, nell’ambito di un collegio plurinominale, con possibilità di esprimere una pluralità di preferenze, in quanto in questo tipo di procedimento non vi sarebbe alcuna contrapposizione di un candidato all’altro, e dunque il voto non esprimerebbe una volontà contraria ad uno di essi, ma ne determinerebbe semplicemente la «posposizione» nella graduatoria;

che le conclusioni sopra esposte troverebbero conferma nella legislazione in materia elettorale, alla quale sarebbe immanente il principio di salvaguardia, fin dove possibile, del risultato elettorale, come applicazione del generalissimo principio di conservazione degli atti giuridici, nel rispetto della volontà espressa dagli elettori;

che segnatamente la disposizione censurata sarebbe in contrasto con il canone di ragionevolezza (articolo 3 Costituzione) e con il principio di economicità e buon andamento dell’amministrazione, che impone al legislatore di prescegliere le soluzioni che consentono il più proficuo svolgersi dell’azione amministrativa (articolo 97 Costituzione), ed inoltre violerebbe l’articolo 48 della Costituzione «per l’assoluta irrilevanza attribuita a quelle che risultano essere a tutti gli effetti manifestazioni di preferenza per un determinato candidato, con il conseguente, ingiustificato sacrificio del diritto di voto già espresso»;

che si è costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio a quo e ha chiesto l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale con argomentazioni che ricalcano quelle contenute nell’ordinanza di rimessione;

che la parte privata ribadisce che nel sistema adottato per l’elezione dei Consigli degli ordini professionali la surroga del componente dell’organo collegiale che sia venuto a mancare con il primo dei non eletti sarebbe l’unico metodo in grado di garantire, in assenza di controindicazioni sostanziali (come nel caso dei sistemi maggioritari uninominali), il pieno rispetto dei principî costituzionali di buon andamento dell’amministrazione, della valorizzazione delle scelte espresse dagli elettori e del canone di ragionevolezza;

che, in particolare, la parte privata sottolinea che la previsione di un quorum assembleare nelle elezioni suppletive impedirebbe di fatto l’integrazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati nel suo numero legale e ciò sarebbe causa di gravi disfunzioni, in quanto l’organo collegiale, a fronte dell’aumento delle sue funzioni e del suo carico di lavoro, sarebbe costretto a operare con un numero ridotto di membri.

Considerato

Che il Tar del Lazio dubita, in riferimento agli articoli 3, 48 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 15, terzo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 382/44, nella parte in cui impone di indire le elezioni suppletive per la sostituzione del componente del Consiglio dell’ordine degli avvocati venuto a mancare, precludendo la surroga del candidato risultato primo dei non eletti;

che il remittente assume che, nella fattispecie in esame, la surrogazione sia costituzionalmente imposta, in quanto rappresenterebbe l’unico sistema capace di garantire il pieno rispetto del canone di ragionevolezza delle scelte legislative e dei principî costituzionali di buon andamento dell’amministrazione e di valorizzazione delle scelte espresse dagli elettori;

che, quanto alla asserita violazione dell’articolo 3 Costituzione, deve osservarsi che la determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa, censurabile in sede di giudizio di costituzionalità solo quando risulti manifestamente irragionevole;

che dunque una pronuncia quale quella che il remittente sollecita sarebbe possibile solo ove la scelta del legislatore del 1944 di sostituire il componente del Consiglio dell’ordine venuto a mancare attraverso apposite elezioni suppletive presentasse quei caratteri di assoluta arbitrarietà che non sono nel caso di specie riscontrabili;
che è connaturato ad una società pluralistica il fatto che anche gli avvocati possano raccogliersi attorno a concezioni comuni circa il ruolo, le aspirazioni o gli interessi della classe forense e che i fattori di aggregazione, come quelli di diversificazione e di divisione degli iscritti che intendano farsi eleggere al Consiglio dell’ordine possano essere i più diversi: ideologici, politici, culturali in senso lato;

che, nel raffrontare il sistema elettorale per liste concorrenti e quello maggioritario plurinominale, che il remittente mostra di ritenere assimilabili, occorre considerare che sul sostrato di libertà individuale e associativa, che è il comune presupposto di ogni sistema elettorale, si innestano le scelte del legislatore, le quali possono essere orientate a valorizzare il momento organizzativo, conferendo rilievo giuridico alla presentazione delle candidature e alla aggregazione dei candidati in liste, ovvero a confinare tali attività nella sfera della pura fattualità, onde esaltare la scelta del singolo elettore, a cui è attribuita la facoltà di indirizzare il numero di voti di cui dispone nei confronti di iscritti all’ordine, che, in quanto tali, hanno titolo e legittimazione per essere eletti;

che il peculiare sistema plurinominale previsto dalla legge oggetto di censura dà luogo a questa seconda eventualità: nella votazione per il Consiglio dell’ordine degli avvocati non sussiste alcuna divisione formale dei candidati in liste e l’intuitus personae viene a costituire il solo elemento giuridicamente rilevante ai fini della votazione, libero restando l’elettore di fondare la propria opzione sulle motivazioni le più diverse;
che è da ritenere pertanto inesatta la premessa dalla quale muove il giudice a quo, secondo cui nel sistema elettorale plurinominale di cui è questione la possibilità per l’elettore di esprimere una pluralità di preferenze porrebbe in ombra l’elemento soggettivo e personale della elezione, attenuando, fino ad eliderla del tutto, la contrapposizione di un candidato rispetto all’altro;

che, al contrario, avendo inteso imprimere alla votazione un carattere fortemente personalistico, il legislatore ha non irragionevolmente ritenuto di privilegiare il ricorso ad elezioni suppletive per la sostituzione dei componenti deceduti o dimissionari rispetto all’istituto della surrogazione, il quale, comportando il subingresso di un non eletto sulla base del criterio puramente numerico dei voti riportati, postula una sostanziale fungibilità tra tutti i candidati e perciò svaluta l’elemento personale della scelta, che costituisce la ragione d’essere del sistema elettorale;
che nemmeno potrebbe dirsi che l’indizione di elezioni suppletive determini lesione del principio di eguaglianza del voto sancito nell’articolo 48 della Costituzione;

che questa Corte ha già affermato che tale principio è diretto ad assicurare la parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso, ma non si estende al risultato concreto della votazione, che dipende dalla scelta del sistema elettorale, rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario (cfr. sentenze 107/96; 429/95; e 43/1961);

che, nella specie, lo svolgimento di elezioni suppletive, lungi dal determinare, come prospetta il remittente, un «ingiustificato sacrificio del diritto di voto già espresso», appare coerente con il sistema elettorale previsto per il Consiglio dell’ordine degli avvocati, poiché assicura, attraverso la reiterazione della consultazione elettorale, la rispondenza della scelta del nuovo consigliere alla volontà espressa dagli elettori;

che quanto infine agli inconvenienti – denunciati in riferimento all’articolo 97 Costituzione – che deriverebbero dall’elevato quorum strutturale richiesto anche per le elezioni suppletive, essi non possono essere addebitati alla scelta di tale sistema di reintegrazione del collegio, ma semmai alla specifica disciplina del quorum, che non forma di per sé oggetto di censura e che costituisce comunque un punto di equilibrio tra le istanze di rappresentatività degli eletti e quelle di permanente completezza dell’organo, che spetta al legislatore eventualmente riconsiderare;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Pqm
la Corte costituzionale

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15, terzo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 382/44 (Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 48 e 97 della Costituzione, dal Tar del Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.