Azioni a difesa del possesso - Procedimento - Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 1387 del 31/01/2012
Provvedimento del giudice di primo grado di accoglimento dell'istanza di tutela del possesso con omissione della remissione Azioni a difesa del possesso - Procedimento - Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 1387 del 31/01/2012
Provvedimento del giudice di primo grado di accoglimento dell'istanza di tutela del possesso con omissione della remissione
Azioni a difesa del possesso Procedimento - Provvedimento del giudice di primo grado di accoglimento dell'istanza di tutela del possesso con omissione della remissione delle parti alla fase di merito - Nel procedimento possessorio, qualora il giudice abbia accolto l'istanza a tutela del possesso senza rimettere le parti dinanzi a sé per la trattazione della causa di merito, il provvedimento non è reclamabile, ma ha natura di sentenza impugnabile con l'appello. Tuttavia qualora il tribunale, invece di dichiarare inammissibile il reclamo proposto, lo esamini nel merito, il provvedimento, avente natura di sentenza, è ricorribile per cassazione. In tal caso, se il provvedimento impugnato è firmato dal solo presidente del tribunale, non indicato come relatore, la Corte deve dichiararne la nullità e rinviare il processo al tribunale (ora alla Corte d'appello, a seguito dell'entrata in vigore del d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) per la pronuncia sull'appello, se il reclamo sia convertibile in tale mezzo di gravame, mentre, in mancanza dei requisiti per la conversione, deve dichiarare inammissibile il rimedio esperito e cassare senza rinvio la decisione impugnata. Se, invece, il provvedimento impugnato è firmato dal presidente e dal giudice incaricato di redigere la motivazione e sussistono le condizioni per la conversione del reclamo in appello, la Corte decide il ricorso, mentre in caso contrario deve dichiarare inammissibile il reclamo e cassare senza rinvio la decisione impugnata.
Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 1387 del 31/01/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 15-4-1996 il Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, proponeva dinanzi al Pretore di Napoli istanza di manutenzione nel possesso nei confronti del Condominio dei fabbricato di Vico del Vasto a Chiaia 23 e della Gi.Po. s.r.l., proprietaria di alcune unità immobiliari site in tale ultimo fabbricato condominiale.
Con ordinanza in data 18-6-1996 il Pretore rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti delle controparti.
Il Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, proponeva reclamo avverso tale ordinanza.
Il Tribunale di Napoli, con provvedimento depositato il 19-2/12-3- 1997, accoglieva il ricorso, ordinando al Condominio di Vico Vasto a Chiaia 23 di non accedere nell'area indicata nel ricorso e di consegnare al Condominio di Parco Margherita 20 l'originale della chiave della serratura apposta al cancello, autorizzando altresì l'amministratore del Condominio istante alla eventuale sostituzione di tale serratura.
Con atto di citazione notificato il 9-4-1997 il Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, sostenendo di temere di incorrere nella sanzione di cui all'art. 669 novies c.p.c. della perdita di efficacia del provvedimento del 19-2/2-3-1997, conveniva in giudizio la Gi.Po. s.r.l e il Condominio di Vico del Vasto a Chiaia 23, chiedendo la conferma del predetto provvedimento. Il Tribunale di Napoli, con sentenza depositata il 5-4-2001, anche sulla base dell'espletata prova testimoniale, rigettava la domanda. An.. Michele ed An.. Carla, nella qualità di condomini del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, proponevano appello avverso la predetta sentenza, sostenendo che il provvedimento del 12-3-1997 aveva tutti i crismi di una sentenza, passata ormai in giudicato per difetto di impugnazione, e che, pertanto, il giudice adito non avrebbe potuto provvedere nel merito.
La Gi.Po. s.r.l. e il Condominio di Vico del Vasto a Chiaia 23 si costituivano chiedendo il rigetto dell'appello.
La Corte di Appello di Napoli, dopo aver disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, con sentenza depositata il 2-3- 2005, in riforma della decisione impugnata, dichiarava inammissibile la domanda attrice, compensando tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio. In motivazione, la Corte territoriale rilevava che il provvedimento emesso dal Pretore, con il quale si era provveduto al regolamento delle spese, senza fissarsi l'udienza di prosecuzione per il merito, aveva la natura sostanziale di sentenza, ed era impugnabile con l'appello e non con il reclamo; che il provvedimento adottato il 12-3-1997 dal Tribunale in sede di reclamo, firmato dal Presidente-relatore, doveva essere considerato una sentenza di appello avverso l'ordinanza-sentenza del Pretore di Napoli del 18-6-1996 e, non essendo stato oggetto di ricorso per cassazione, era ormai passato in giudicato; che l'azione di mero accertamento dell'esistenza dei giudicato era inammissibile per carenza di interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c..
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Condominio di Vico del Vasto a Chiaia 23, sulla base di due motivi.
La Gi.Po. s.r.l. ha depositato controricorso, con il quale ha altresì proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi, sostanzialmente analoghi a quelli proposti dai ricorrente principale. An.. Carla e Michele hanno resistito ad entrambi i ricorsi, mentre il Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, non ha svolto attività difensive.
Il ricorrente principale ha depositato una memoria difensiva ed ha presentato istanza di trattazione del procedimento ai sensi della L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 26.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) In primo luogo deve disporsi, a norma dell'art. 335 c.p.c., la riunione del ricorso principale e di quello incidentale. 2) Nel controricorso An.. Carla e Michele hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso incidentale della Gi.Po. s.r.l. (società che, come si evince dalla esposizione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, è proprietaria di alcune unità immobiliari comprese nel fabbricato di Vico del Vasto a Chiaia 23 ed è, quindi, condomina di tale Condominio), in quanto notificato dopo la scadenza del termine d'impugnazione stabilito a pena di decadenza dall'art. 327 c.p.c.: la sentenza di appello è stata depositata il 2-3-2005, mentre il ricorso incidentale della Gi.Po. risulta notificato il 27 e 28-4-2006 e, quindi, nel termine di sessanta giorni dalla notifica del ricorso principale (avvenuta il 31- 3-2006), ma oltre il termine di un anno (prolungato di 46 giorni per effetto della sospensione nel periodo feriale) dal deposito della sentenza impugnata. Secondo i controricorrenti, poiché il ricorso incidentale proviene da una parte nei cui confronti non era rivolto quello principale, ma che anzi vi ha aderito, l'impugnazione avrebbe dovuto essere proposta nei termini ordinari, propri del ricorso autonomo, di cui agli artt. 325 e ss. c.p.c..
L'eccezione è infondata, alla luce del principio, affermato dalla giurisprudenza, secondo cui l'impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza, anche se riveste le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, e anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale (Cass. Sez. Un. 27-11-2007 n. 24627; Cass. 9-4-2008 n. 9264; Cass. Sez. Un. 4-8-2010 n. 18049;
Cass. sez. 1, 3-3-2011 n. 5146).
2) Si può quindi passare all'esame dei due ricorsi.
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 99, 100, 163 e segg., art. 342 c.p.c., artt. 703, 669 octies, 669 terdecies c.p.c., artt. 1168 e 2909 c.c., art. 111 Cost., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e l'omesso esame di un punto decisivo della controversia. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, il provvedimento emesso dal Pretore di Napoli il 15/18-6-1996 era impugnabile esclusivamente con reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., non avendo il giudice definito il merito possessorio, ma esclusivamente valutato la sussistenza dei presupposti per la emissione del provvedimento interinale richiesto in via immediata dal Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20. Deduce, conseguentemente, che il provvedimento emesso dal Tribunale di Napoli in data 9/12-2-1997 all'esito del provvedimento di reclamo non era impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, essendo privo dei caratteri della decisività e della definitività; e che, pertanto, legittimamente il Condominio del fabbricato in Napoli, via del Parco Margherita 20, aveva introdotto il giudizio di merito in ordine alla controversia di cui al ricorso ex art. 703 c.p.c., non essendosi formato al riguardo alcun giudicato.
Censure sostanzialmente analoghe vengono mosse con il primo motivo di ricorso incidentale, con il quale la Gi.Po. s.r.l., denunciando l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e la violazione degli artt. 669 septies, octies e terdecies, 703 c.p.c., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, il provvedimento emesso dal Tribunale di Napoli in sede di reclamo non aveva forza di sentenza.
Entrambi i motivi sono infondati.
Secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, anche dopo le modifiche introdotte con la L. 26 novembre 1990, n. 351, il procedimento possessorio resta strutturato in due fasi, entrambe rette dal ricorso introduttivo. La prima fase, a cognizione sommaria, si conclude con il provvedimento di concessione o di diniego della tutela interdettale, reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c.. Tale provvedimento, emesso in forma di ordinanza, deve altresì contenere la fissazione dell'udienza per la disamina del cd. "merito possessorio". La seconda fase, a cognizione piena, concerne detta disamina e si conclude con sentenza soggetta ai normali mezzi di impugnazione.
È stato tuttavia precisato che nell'ipotesi in cui il giudice adito con il ricorso ex art. 703 c.p.c., al termine della cosiddetta fase interdettale, abbia respinto o accolto con ordinanza il ricorso possessorio senza rimettere le parti innanzi a sè per la trattazione della causa nel merito, così concludendo definitivamente il giudizio e pronunciando sulle spese, il provvedimento adottato ha natura di sentenza - indipendentemente dalla diversa definizione datagli dal giudice - e quindi è impugnabile mediante appello e non mediante reclamo, proponibile, nella materia possessoria, soltanto avverso il provvedimento avente natura di ordinanza (tra le tante v. Cass. 27-7- 2006 n. 17098; Cass. 19-6-2007 n. 14281; Cass. 24-6-2008 n. 17177). Il tutto in ossequio al principio della prevalenza della sostanza sulla forma, in forza del quale, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza e di individuare i rimedi contro di esso esperibili, occorre avere riguardo al suo contenuto sostanziale, essendo irrilevante la denominazione e la forma erroneamente attribuite dal giudice. È stato ulteriormente puntualizzato che nella ipotesi considerata, qualora il tribunale, invece di dichiarare inammissibile il reclamo proposto, lo esamini nel merito confermandolo o riformandolo, il provvedimento, avente natura di sentenza, è ricorribile per cassazione. In tal caso, se il provvedimento impugnato è firmato dal solo presidente del tribunale, non indicato come relatore, la Corte deve dichiararne la nullità e rinviare il processo al tribunale (ora alla Corte d'Appello, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) per la pronuncia sull'appello, se il reclamo sia convertibile in tale mezzo di gravame, mentre, in mancanza dei requisiti per la conversione, deve dichiarare inammissibile il rimedio esperito e cassare senza rinvio la decisione impugnata. Se, invece, il provvedimento impugnato è firmato dal presidente e dal giudice incaricato di redigere la motivazione e sussistono le condizioni per la conversione del reclamo in appello, la Corte decide il ricorso, mentre in mancanza dei requisiti per la conversione deve dichiarare inammissibile il reclamo e cassare senza rinvio la decisione impugnata (Cass. Sez. Un. 22-12-1999 n. 924; Sez. 20-4-2001 n. 5898; Sez. 2, 23-5-2001 n. 7006).
Nella specie, in applicazione di tali principi, correttamente la Corte di Appello ha ritenuto che il provvedimento di rigetto della domanda di manutenzione emesso dal Pretore di Napoli il 15/18-6-1006, pur avendo la forma di ordinanza, aveva natura sostanziale di sentenza per il suo contenuto decisorio e definitivo, in quanto con esso non si era fissata l'udienza per la trattazione della causa di merito e si era statuito sulle spese; che il provvedimento emesso dal Tribunale di Napoli il 19-2/12-3-2007, avendo affrontato il merito della questione possessoria ed essendo stato firmato dal Presidente del Collegio, che ne era anche il relatore, aveva tutti i requisiti formali e sostanziali di una sentenza di appello avverso la predetta ordinanza-sentenza del Pretore; che la menzionata sentenza del Tribunale, non essendo stata impugnata per cassazione, aveva acquistato efficacia di giudicato.
2) Con il secondo motivo entrambi i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 99 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in ordine alla pronuncia di compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
Anche tale motivo è privo di fondamento.
Giova rammentare che, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Esula, pertanto, da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del Giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi (tra le tante v. Cass. 31-3-2006 n. 17457; Cass. 16-3-2006 n. 5828; Cass. 2-8-2002 n. 11537; Cass. 14/11/2002, n. 16012; Cass. 01/10/2002, n. 14095; Cass. 11/11/1996, 9840).
Nella specie, di conseguenza, nel disporre la compensazione delle spese, la Corte di Appello non è incorsa nella denunciata violazione di legge.
Nè ricorrono i dedotti vizi di motivazione. E invero, come è stato chiarito da questa Corte, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), pur dovendo il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese "per giusti motivi" trovare un adeguato supporto motivazionale, a tal fine non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l'obbligo del giudice anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come - a titolo meramente esemplificativo - nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (v. per tutte Cass. Sez. Un. 30-7-2008 n. 20598). Sulla scorta di tali principi, deve ritenersi che nel caso in esame la statuizione impugnata sia stata adeguatamente motivata con il riferimento alla "ampia rivisitazione" della sentenza impugnata alla quale ha proceduto la Corte di Appello. Con tale espressione, infatti, il giudice del gravame ha chiaramente inteso riferirsi all'obiettiva complessità delle questioni affrontate, in ordine alle quali sono state rese decisioni di segno opposto da parte dei giudici di merito; il che costituisce una giustificazione non irragionevole della disposta compensazione delle spese di giudizio. 3) Per le ragioni esposte entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute nel presente grado dai resistenti An.. Michele e Carla, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore dei resistenti, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2012