prescrizione civile - interruzione - atti interruttivi - citazione o domanda giudiziale
Notificazione dell'atto introduttivo del giudizio - Nullità - Efficacia interruttiva e sospensiva della prescrizione - Esclusione - Sanatoria successiva - Incidenza sul corso della prescrizione - "Ex nunc" - Retroattività al momento della notifica nulla - Cassazione civile Sez. 1, Sentenza n. 11985 del 16/05/2013
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Cassazione civile Sez. 1, Sentenza n. 11985 del 16/05/2013
In tema di applicazione degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cod. civ., la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio impedisce l'interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando, in senso contrario, la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dal momento della sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 1 dicembre 2003, il Tribunale di Bari respinse, per prescrizione quinquennale del diritto, la domanda proposta con citazione in data 16 gennaio 2004 nei confronti di San Paolo IMI s.p.a. dalla Curatela del Fallimento Vulcano s.r.l., di versamenti bancari per L. 149.511.004 eseguiti dalla società nel periodo sospetto. Il fallimento era stato dichiarato il 13 febbraio 1984, e la domanda era stata proposta una prima volta con citazione notificata il 13 febbraio 1989, ultimo giorno utile; tuttavia il primo grado si era svolto in contumacia della banca, e, avendo il tribunale respinto nel merito la domanda, il fallimento aveva notificato l'atto di appello alla banca che, costituendosi, aveva eccepito la nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio.
All'esito del giudizio di appello, la Corte d'appello di Bari aveva dichiarato la nullità della notificazione della citazione introduttiva, e dell'intero giudizio.
2. Contro la sentenza del Tribunale di Bari il Fallimento propose appello, che è stato respinto dalla Corte d'appello di Bari con la sentenza 15 novembre 2005. La corte ha respinto la tesi del fallimento, secondo cui, essendo la nullità della citazione sanabile con efficacia retroattiva, diversamente dall'inesistenza, la sentenza d'appello, che nel precedente giudizio aveva dichiarato la nullità della notificazione dell'atto e del giudizio, avrebbe tuttavia fatto salvo l'effetto interruttivo sospensivo della citazione. La corte ha affermato che l'atto di citazione in questione, notificato presso la filiale di Bari invece che presso la sede legale in Torino, non era venuto a conoscenza del legale rappresentante della banca, non essendo stato introdotto correttamente e tempestivamente nella sfera giuridica del convenuto.
3. Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre il fallimento con atto notificato il 14 novembre 2006, affidato a due motivi.
Il San Paolo IMI s.p.a. resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato per un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. I due ricorsi proposti contro la stessa sentenza devono essere riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
5. Con il primo motivo di ricorso si prospettano cumulativamente questioni processuali (violazione dell'art. 112 c.p.c., per supposto fraintendimento del motivo di appello da parte della corte territoriale), vizi di motivazione e violazione dell'art. 2945 c.c. Fraintendendo il motivo di appello, che verteva sull'inizio del nuovo termine di prescrizione dalla data del passaggio in giudicato della sentenza d'appello che aveva dichiarato la nullità del precedente giudizio, l'impugnata sentenza avrebbe applicato "una prescrizione istantanea non eccepita", con l'argomento che la citazione non era pervenuta a conoscenza del legale rappresentante della banca destinataria entro il termine utile, laddove, secondo il fallimento, era decisivo il mero argomento - ignorato dalla corte - che la citazione del 1989 era stata tempestivamente e utilmente recapitata presso la filiale della banca.
6. Per l'infondatezza della censura è sufficiente osservare che:
a) non è contestabile che la banca avesse sollevato l'eccezione di prescrizione dell'azione, e in tale situazione spetta al giudice di esaminarne la fondatezza in base al materiale documentario raccolto in corso di causa, non potendo configurarsi ultrapetizioni (Cass. Sez. un. 25/07/2002 n. 10955);
b) l'efficacia interruttiva degli atti acquisiti al giudizio deve essere esaminata d'ufficio dal giudice (Cass. Sez. un. 27 luglio 2005 n. 15661), e la regola si applica sia per gli atti con effetto interruttivo istantaneo e sia per quelli con effetto interruttivo sospensivo.
7. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell'art. 2945 c.c., avendo la corte d'appello negato l'efficacia interruttiva sospensiva della citazione a causa della nullità della sua notificazione, attribuendole un'efficacia interruttiva istantanea, che si verifica solo nel caso di estinzione del giudizio. Nel caso di specie, non trattandosi di inesistenza della notificazione, si sarebbe instaurato un rapporto processuale regolare, e la prescrizione sarebbe rimasta sospesa per l'intero giudizio svoltosi in due gradi.
8. Deve premettersi che - diversamente dal Tribunale - il giudice d'appello ha negato che la notificazione dell'atto di citazione, nel precedente giudizio svoltosi tra le parti, avesse avuto efficacia anche solo interruttiva, con ciò dovendosi escludere anche quella sospensiva ex art. 2945 c.c.. In ogni caso, la questione di diritto sollevata con il mezzo in esame è quella dell'incidenza, sul corso della prescrizione, della notificazione, viziata da nullità, di un atto di citazione.
9. L'art. 2943 c.c., comma 1 attribuisce efficacia interruttiva della prescrizione alla notificazione dell'atto con il quale si introduce un giudizio; vale a dire che attribuisce uno speciale effetto di diritto sostanziale ad un atto regolato dalla legge processuale. In questa, pertanto, devono ricercarsi i criteri di validità dell'atto interruttivo qui considerato, giacché, se costituisce apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito, la valutazione dell'idoneità di un atto ad interrompere la prescrizione, ciò non vale quando si tratti degli atti previsti espressamente e specificamente dalla legge come idonei all'effetto interruttivo, come nei casi indicati nei primi due commi dell'art. 2943 cod. civ. (Cass. 18 settembre 2007 n. 19359), per i quali deve valere il criterio indicato dalla legge. Le norme applicabili a questo riguardo sono essenzialmente quelle contenute nel codice di rito (artt. 137-150), nonché in alcune leggi speciali (in particolare, L. 20 novembre 1982, n. 890, sulle notificazioni a mezzo posta, e L. 21 gennaio 1994, n. 53, sulla facoltà di notificazioni per gli avvocati). In forza dei principi generali dell'ordinamento, la violazione di queste norme, se tale da costituire causa di nullità, priva la notificazione della sua efficacia anche sotto il profilo in esame, salvo quanto si dirà in tema di sanatoria. Non verificandosi l'effetto interruttivo, non sarebbe di conseguenza applicabile neppure l'art. 2945 c.c., comma 2, per il quale, solo se l'interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dall'art. 2943 c.c. la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
10. Il giudice di merito ha accertato, e il punto è concordemente ammesso da entrambe le parti, che la notificazione dell'atto di citazione introduttivo del precedente giudizio eseguita il 13 febbraio 1989 era affetta da nullità; e che la nullità di quella notificazione, e dell'intero giudizio - che in primo grado si era svolto in assenza della parte citata - fu dichiarata con sentenza del giudice d'appello, non impugnata e passata in giudicato. 11. Nel presente giudizio, instaurato successivamente dall'attore, il dibattito processuale si è incentrato sul valore - ai fini della decisione della causa - di un precedente di questa corte, la sentenza 23 maggio 1997 n. 4630 (al quale ha fatto seguito la successiva conforma 28 novembre 2001 n. 15075), per cui l'effetto interruttivo sospensivo della domanda giudiziale trova deroga solo nel caso di estinzione del processo, e pertanto resta applicabile anche nell'ipotesi in cui la sentenza conclusiva del giudizio non decide nel merito ma definisce eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale, sempre che essa sia pronunciata nell'ambito di un rapporto processuale della cui esistenza le parti siano a conoscenza, di modo che non si possa presumere l'abbandono del diritto fatto valere in giudizio. Da ciò è tratta la conseguenza che dovrebbe riconoscersi alla domanda giudiziale l'effetto interruttivo protratto di cui all'art. 2945 c.c. anche nell'ipotesi che il giudizio si concluda con una sentenza dichiarativa della nullità della notificazione della citazione, posto che in tale ipotesi - diversamente da quanto accade nel caso di notificazione inesistente - si instaura pur sempre un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi anche con una pronunzia di merito nell'ipotesi di rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 c.p.c.. 12. Il principio sopra riferito - che nei termini generali nei quali è stato enunciato contrasta, come si vedrà, con la consolidata giurisprudenza di questa corte - sembra essere stato influenzato dalla particolarità della fattispecie esaminata, in cui la nullità derivava dalla violazione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 essendo stata la citazione notificata direttamente presso gli uffici dell'azienda di Stato convenuta: posto di fronte al problema di una notificazione eseguita presso la sede del destinatario, ma inidonea a instaurare validamente il contraddittorio per la violazione di una norma dettata in materia di rappresentanza processuale, il giudice di primo grado aveva creduto di poterlo risolvere riconoscendo all'atto medesimo efficacia interruttiva istantanea ma non anche sospensiva. Questa soluzione è stata cassata dalla richiamata sentenza di questa corte, con il rilievo - in sè senza dubbio da condividere - che l'art. 2945 c.c., comma 2 ricollega l'effetto sospensivo all'interruzione avvenuta a norma dei primi due commi dell'art. 2943 c.c., non consentendo d'ipotizzare per quegli atti un effetto interruttivo soltanto istantaneo, fuori del caso di successiva estinzione del giudizio.
13. Il principio enunciato in quel precedente va, tuttavia, ben oltre il condivisibile rilievo di cui s'è detto, motivando la soluzione data al caso con il riconoscimento dell'effetto interruttivo protratto anche nell'ipotesi che il giudizio si concluda con una sentenza dichiarativa della nullità della notificazione della citazione: si assume che in tale ipotesi - diversamente da quanto accade nel caso di notificazione inesistente - si sarebbe instaurato pur sempre un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi anche con una pronunzia di merito nell'ipotesi di rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 c.p.c.. In tal modo la sentenza giunge al risultato di valorizzare, sul piano del diritto sostanziale, la possibilità di una sanatoria della nullità - prevista dal solo codice di rito e da considerarsi eccezionale fuori del processo - indipendentemente dal fatto che la sanatoria medesima, ai fini dello stesso processo, vi sia stata. È evidente, infatti, che qualora la sanatoria di quella nullità, nel processo, vi fosse stata, il processo stesso non si sarebbe concluso con la declaratoria di nullità, e non si sarebbe avverata l'ipotesi addotta proprio per avvalorare la conclusione che si vorrebbe dimostrare. In sintesi, una sanatoria di nullità, prevista esclusivamente dalla legge processuale, non potrebbe avere effetti di diritto sostanziale anche qualora non si sia verificata nel campo suo proprio, del diritto processuale. Si aggiunga, per le implicazioni che ne derivano e che saranno nel seguito messe in evidenza, che se sanatoria vi fosse stata essa - secondo il consolidato insegnamento di questa corte, che il precedente in esame non ha considerato - non avrebbe avuto efficacia retroattiva agli effetti del corso della prescrizione, che decorrerebbero in ogni caso dal momento della sanatoria (Cass. 7 luglio 2006 n. 15489; 14 agosto 1997 n. 7617; 8 febbraio 1991 n. 1329; 26 agosto 1986 n. 5212).
14. L'equivoco, che sembra aver condizionato anche la sentenza n. 4630/1997, ha origine in quella giurisprudenza di legittimità, pur essa consolidata, per la quale la sentenza che definisce il giudizio, nell'accezione di cui all'art. 2945 c.c., comma 2, non è solo quella che decide il merito, ma anche quella che conclude il processo definendo eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale (quali sono quelle relative alla nullità degli atti del giudizio, compresa quella dell'atto introduttivo), essendo pur essa idonea a passare in giudicato in senso formale (v. sentenze n. 3666/1996, n. 10055/1995, n. 1329/1991).
Da quel principio, se correttamente inteso, il collegio non ritiene di doversi discostare. Il vizio dell'atto introduttivo o della sua notificazione non sempre impedisce l'instaurazione del contraddittorio, e se questo si sia costituito non v'è ragione di negare gli effetti prodotti sul corso della prescrizione dalla notificazione della citazione medesima (o, nel caso di nullità della sua notificazione, dal momento della sua sanatoria); ma ciò, sempre che la sentenza stessa sia pronunciata nel contraddittorio tra le parti o nella contumacia legittimamente dichiarata del convenuto. È così, infatti, che deve essere inteso il requisito, ricorrente dappertutto nella giurisprudenza citata, che la sentenza sia pronunciata nell'ambito di un rapporto processuale della cui esistenza le parti siano a conoscenza; per "conoscenza" necessariamente intendendosi quella garantita dalle regole del processo. Con particolare chiarezza il punto è precisato, ad esempio, in Cass. 17 dicembre 1999 n. 14243, dove si afferma che l'effetto interruttivo della prescrizione derivante dalla domanda giudiziale perdura fino al passaggio in giudicato della sentenza definitiva del giudizio, non solo in merito, ma anche su questioni pregiudiziali di rito, "purché la domanda sia idonea ad instaurare un valido rapporto processuale". In questo quadro, le due pronunce dissonanti già ricordate, Cass. 23 maggio 1997 n. 4630, e 28 novembre 2001 n. 15075, appaiono isolate.
15. Tra le ragioni per le quali una sentenza definisce il giudizio con una pronuncia non di merito occorre, in effetti, operare una distinzione fondamentale, tra quelle che attengono alla regolare instaurazione del contraddittorio delle parti del rapporto soggetto a prescrizione, e tutte le altre ragioni di rito. È vero che alla regola dettata dall'art. 2945, c.p.c., comma 2 è prevista la sola eccezione costituita dall'estinzione del giudizio (art. 2945, comma 3): ma la regola verte soltanto sugli effetti sospensivi che conseguono all'interruzione della prescrizione a norma dell'art. 2943, e presuppone tale interruzione. Se si ha riguardo, invece, all'interruzione istantanea provocata dallo stesso atto, che è a monte, si deve constatare che l'art. 2943 non offre indicazioni diverse da quelle che si ricavano dai principi generali. L'unico caso speciale contemplato dalla citata disposizione, che non esclude l'interruzione, è quello dell'incompetenza del giudice. L'ampliamento di questa ipotesi a tutte le altre che portano ad una definizione del processo con una pronuncia di rito è del tutto ragionevole e condivisibile, sin quando non contrasti con il principio per il quale la prescrizione è interrotta da un atto di esercizio del diritto che sia stato portato regolarmente a conoscenza dell'obbligato. Sarebbe invece in violazione delle regole desumibili dallo stesso art. 2943 c.c. assumere che un effetto interruttivo della prescrizione sia ricollegabile anche alla notificazione dell'atto introduttivo che sia affetta da nullità, tale da impedire l'instaurazione del contraddittorio, sol perché questa nullità potrebbe essere successiva mente sanata, e indipendentemente dal fatto che poi la sanatoria vi sia stata.
16. L'incidenza dell'istituto della sanatoria della nullità processuali, e specificamente della nullità della notificazione dell'atto introduttivo, sulla disciplina degli effetti interruttivi della prescrizione deve essere pertanto contemperata con il principio, chiaramente desumibile dall'art. 2943 c.c., del carattere recettizio dell'atto interruttivo. Su questo punto, come si è premesso, l'insegnamento consolidato della corte (anche successivo alla sentenza ripetutamente richiamata n. 4630/1997, e a quella successiva conforme 28 novembre 2001 n. 15075) è espresso dal principio che la rinnovazione della notificazione nulla di un atto di citazione a giudizio (disposta ed eseguita a mente del disposto dell'art. 291 c.p.c.) non può ritenersi idonea a determinare effetti interruttivi del corso della prescrizione con decorrenza retroattiva alla data della notificazione invalida, avendo la norma civilistica (nel sancire espressamente che la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio) stabilito un'innegabile connessione tra effetto interruttivo e natura recettizia dell'atto, con la conseguenza che la mancata introduzione, nella sfera giuridica del destinatario, dell'atto di notifica nullo non consentirà in alcun modo a quest'ultimo di risultare funzionale alla produzione dell'effetto retroattivo citato, a nulla rilevando la disposizione di cui all'art. 291 c.p.c., comma 1, la quale, stabilendo che "la rinnovazione della citazione nulla impedisce ogni decadenza",non ha inteso riferirsi all'istituto della prescrizione (da ultimo, Cass. 7 luglio 2006 n. 15489).
17. Venendo ora alla fattispecie oggetto del presente giudizio, è agevole rilevare che la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del precedente giudizio svoltosi tra le parti non è stata mai sanata, essendosi il giudizio di primo grado svolto in assenza della convenuta, ed essendo stato l'intero giudizio dichiarato nullo dal giudice di appello; che un'efficacia interruttiva della prescrizione sarebbe stata riconoscibile all'atto d'appello notificato ritualmente dal fallimento, soccombente, alla banca appellata; ma che tale efficacia non valse a sanare la nullità della notificazione della citazione in primo grado, e intervenne in ogni caso senza alcuna efficacia retroattiva, quando il termine di prescrizione era ormai interamente decorso.
18. La sentenza impugnata è pertanto immune da censure, e il secondo motivo di ricorso deve essere respinto in forza del seguente principio di diritto:
in tema di applicazione dell'art. 2943 c.c., comma 1 e dell'art. 2945 c.c., comma 2, la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio impedisce l'interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del corso di essa sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando in senso contrario la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dal momento della sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva.
19. Il rigetto del ricorso principale assorbe quello del ricorso incidentale condizionato.
L'esistenza della ricordata giurisprudenza minoritaria sul punto decisivo giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima della Corte suprema di cassazione, il 11 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2013
riferimenti normativi|blue
Cod. Civ. art. 2943
Cod. Civ. art. 2945
Cod. Proc. Civ. art. 160