procedimenti speciali - procedimenti in materia di lavoro e di previdenza - in genere – Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 23908 del 09/11/2006
Procedimento locatizio a seguito di conversione del rito disposta ai sensi dell'art. 667 cod. proc. civ. - Preclusioni - Individuazione - Fondamento - Proposizione di domande nuove - Inammissibilità - Formulazione di mere modificazioni della domanda originaria - Ammissibilità - Limiti e condizioni - Sanabilità della eventuale inammissibilità per accettazione del contraddittorio - Esclusione - Accertamento d'ufficio della loro inammissibilità e deduzione della questione per la prima volta in sede di legittimità - Configurabilità. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 23908 del 09/11/2006
Nel rito del lavoro la disciplina della fase introduttiva del giudizio risponde ad esigenze di ordine pubblico attinenti al funzionamento stesso del processo, in aderenza ai principi di immediatezza, oralità e concentrazione che lo informano, sicché non solo non è consentita la proposizione di alcuna domanda nuova, ma non è permessa neanche la formulazione di una "emendatio" (quale, nella specie, quella relativa alla domanda di pagamento dei canoni scaduti in corso di causa avanzata dopo la conversione del rito disposta ai sensi dell'art. 667 cod. proc. civ., una volta scaduti, però, i termini utili fissati con l'ordinanza di cui all'art. 426 dello stesso codice), se non nelle forme e nei termini previsti, come si desume dall'art. 420, comma primo, cod. proc. civ., secondo il quale le parti possono modificare le domande solo se ricorrono gravi motivi e previa autorizzazione del giudice. Deve considerarsi, pertanto, inammissibile qualsiasi modificazione della domanda che non sia stata operata - con riferimento al giudizio locatizio a cognizione piena conseguente al superamento della fase speciale del procedimento per convalida - ai sensi dell'art. 426 cod. proc. civ., attraverso l'integrazione dell'atto introduttivo, nel termine perentorio fissato dal giudice, e che non sia stata autorizzata a norma del citato art. 420 cod. proc. civ., all'udienza di discussione. Tale inammissibilità - al pari, attesa la medesima "ratio", di quella conseguente alla decadenza per inosservanza dell'onere imposto al ricorrente dall'art. 414, n. 3, cod. proc. civ., relativo alla determinazione dell'oggetto della domanda, e dell'onere accollato al convenuto dall'art. 416 dello stesso codice, con riferimento alla proposizione delle domande riconvenzionali - non è sanata dall'accettazione del contraddittorio ed è rilevabile d'ufficio, con la possibilità della sua deduzione per la prima volta anche in sede di legittimità.
Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 23908 del 09/11/2006