Provvedimenti del giudice civile - sentenza - contenuto - Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 4026 del 22/04/1999
Portata precettiva - Individuazione - Enunciazioni contenute nella motivazione - Rilevanza - Limiti. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 4026 del 22/04/1999
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 4026 del 22/04/1999
Il principio secondo cui la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo delle statuizioni formali contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni della motivazione, trova applicazione solo quando il dispositivo della decisione di merito contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna e non è invece estensibile al caso in cui il dispositivo medesimo non abbia un contenuto precettivo, ma si limiti al rigetto della domanda o del gravame.
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 4026 del 22/04/1999
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 5 gennaio 1983 Ma..a We.. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Varese, Giulio Za.. esponendo:
che con sentenza del 13 - 20 novembre 1951 (confermata in appello ed in cassazione) lo stesso Tribunale aveva accertato che il fondo di proprietà del convenuto, sito in Velate, era gravato di servitù di passo a favore del fondo confinante appartenente ad essa attrice;
che tale servitù era stata pattuita tra Ugo Pi.., dante causa dell'attrice, ed il padre dello Za.., con atto 4-12-11 per notar Guglielmo Pi.. di Barasso ed atti 1.3.11 - 1.4.19, che ne avevano stabilito anche le modalità d'uso;
che previa descrizione delle alterne vicende relative ai fondi interessati alla suindicata servitù di passo (costituita da vari tratti sino alla strada comunale Via Lanfranconi, già Case Vecchie), essa We.. vantava il proprio diritto di usufruire del passaggio con le stesse modalità e la possibilità di transito di veicoli su tutto il tratto, compreso quello terminale, al quale si chiedeva venisse riconosciuta la larghezza (m. 5), accertata per quello iniziale, eguale a quella prevista per le strade comunali dall'art. 12 RD 11 settembre 1970 n. 6021, modificato con L. n. 1344 dell'8.3.74, con conseguente obbligo del proprietario del fondo servente di abbattere alberi ed eliminare ostacoli che rientrassero entro detto limite. Costituitosi, il convenuto chiedeva il rigetto della domanda avversaria previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei titolari del diritto di servitù di passo sul tratto di strada in contestazione (ditta Ma...).
Interveniva volontariamente "ad adiuvandum" in favore di parte attrice la suindicata Ma... Va..., aderendo alle richieste attoree.
Espletata ctu il Tribunale, con ordinanza 23-11-90, rimetteva le parti dinanzi all'istruttore onde individuare, ai fini dell'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i proprietari confinanti, l'esatta appartenenza di tutti i mappali adiacenti il tratto di strada in contestazione.
Integrato il contraddittorio nei confronti delle società Arredo In srl e Roncaccio srl che, non costituitesi, erano dichiarate contumaci, interveniva la società La Sabetta srl in forza di fusione per incorpOr..one con la menzionata Roncaccio srl. Indi la causa, dichiarata interrotta a seguito del decesso del convenuto Za.., veniva riassunta nei confronti di tutti gli eredi impersonalmente, che parimenti non si costituivano. All'intervenuta Ma... Va... SAS subentrava altresì in forza di atto di fusione la società Velate srl.
Con sentenza 10 giugno 1992 il Tribunale varesino rigettava la domanda attorea, compensando le spese di lite e ponendo quelle di ctu a carico paritario delle parti costituite.
Proposto gravame dalla soccombente, la Corte d'appello di Milano rigettava l'impugnazione condannando gli appellanti alle maggiori spese del grado.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi della We.. Ma..a, nelle more deceduta, Agostino, Enrico e Claudio Perego, sulla base di due motivi, illustrati da meMo..a. Resiste con controricorso La Sabetta Srl..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'art. 350 n.ri 3, 4 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione dell'art. 112 stesso codice, insufficiente e contraddittoria motivazione con conseguente nullità della gravata sentenza. Assumono i ricorrenti di aver proposto in prime cure due domande, la prima delle quali concerneva l'accertamento del diritto all'accesso e al transito di veicoli lungo la parte terminale della servitù. Tale diritto era stato riconosciuto dalla sentenza di primo grado in motivazione, ma non era stato menzionato nel dispositivo, donde il primo motivo di appello, per contraddittorietà, per l'appunto, tra motivazione e dispositivo.
La Corte del merito, confermando il diritto di passo anche veicolare, ma ritenendo irrilevante l'omissione di una specifica indicazione di tale accertamento nel dispositivo di primo grado, era incorsa, ad avviso dei ricorrenti, nello stesso vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione.
La doglianza va accolta.
Nel disattendere la omologa censura proposta dai ricorrenti in sede di gravame di merito ha osservato la Corte milanese che il primo giudice, nel rigettare la domanda relativa all'ampliamento a cinque metri della larghezza del tratto terminale della servitù (striscia di terreno individuata coi punti D - E della CTU in atti) aveva affermato che in base agli elementi desumibili dagli atti costitutivi della servitù in questione, sussisteva il diritto di passaggio anche con veicoli nel tratto finale in discussione a favore dei fondi ex Pi.., meglio descritti nelle relative convenzioni. In tal modo, ad avviso del giudice d'appello, il Tribunale aveva provveduto sulla domanda in ordine alla quale veniva rilevata l'omessa pronunzia, accertando l'esistenza del diritto di servitù in favore dei fondi ex Pi.. e attualmente degli eredi We.., anche su tale parte del fondo ex - Za.. e cioè sulla striscia individuata nella ctu con i punti D - E.
Non rilevava al riguardo, secondo quel giudice, l'omissione di una specifica indicazione di tale accertamento nel dispositivo, dal momento che traspariva invece chiaramente dalla motivazione della sentenza di prime cure l'accertamento del diritto come sopra riferito.
In buona sostanza il giudice del gravame di merito si è richiamato al principio secondo cui il contenuto precettivo della sentenza si individua con la integrazione del dispositivo mediante la motivazione.
Senonché, ad avviso di questo Collegio, stante l'insanabile contraddizione tra la motivazione e il dispositivo della decisione di prime cure, integralmente confermata in appello, il principio in questione non può applicarsi nella fattispecie che ne occupa, atteso che, come da ultimo ritenuto da questa stessa Corte (S.U. n. 6706/93 e Sez. 3 n. 3030/95) esso trova applicazione solo quando il dispositivo della decisione di merito contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna e non è invece estensibile al caso in cui il dispositivo medesimo non abbia contenuto precettivo ma si limiti al rigetto della domanda o del gravame.
La gravata sentenza va pertanto sul punto cassata con rinvio della causa a giudice di pari grado, il quale si adeguerà a quanto sopra enunciato.
Con il secondo mezzo si deduce, con riferimento all'art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. cc, in relazione anche all'art. 12 del R.D. 11 settembre 1870 n. 6021, come modificato con legge 8 marzo 1874 n. 1844, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione.
Rilevano innanzi tutto i ricorrenti che il mancato accoglimento della domanda di allargamento del passo nel tratto terminale D - E a metri cinque per uniformarlo a quello del precedente tratto A - D, non possa basarsi sulla circostanza che in tale tratto terminale le piante di tiglio di cui alla seconda parte della clausola n. 4 del rogito del 1919 lasciavano un passo di soli tre metri. Ciò in quanto in realtà quelle piante, secondo la chiara interpretazione di tale clausola, erano collocate nella prima parte della strada Catella - Versogna, pacificamente larga metri cinque. Osservano altresì che la Corte milanese non avrebbe valutato l'affermazione contenuta nella sentenza del Tribunale di Varese n. 193 del 1961, costituente giudicato, secondo cui, dopo la descrizione della servitù nel tratto A-B-C-D, con riguardo al tratto D - E, interessante l'attuale controversia, aveva ritenuto quel giudice che "eguale servitù di passaggio (potevano) vantare, gli attori, sul tratto di strada che fiancheggia a ponente la loro proprietà" e che "(era) chiaro quindi che era intenzione delle parti che le stesse condizioni dove(ssero) valere per la costruenda strada". Tal che, se i precedenti strumenti, rispetto al tratto A - D avevano stabilito una larghezza non inferiore a quella di metri cinque stabilita dall'art. 12 del R.D. 11.9.1870 n. 6021, come modificato con legge 8.3.1874 n. 6021 e se in fatto la larghezza di quel tratto era per l'appunto di m. 5, la gravata sentenza, a giudizio dei ricorrenti, avrebbe dovuto chiedersi se la successiva collocazione di alberi a tre metri dal confine era conforme alle pattuizioni contrattuali intese a fare del tratto D - E la prosecuzione del tratto A - D alle stesse condizioni portate dagli strumenti costitutivi della prima parte della servitù, ricordando che il principio di non contraddizione esclude che la costituzione di una servitù "eguale" possa aver luogo con una larghezza considerevolmente ridotta.
La censura, sostanzialmente ripetitiva di quella già disattesa dalla Corte territoriale in sede di appello, non ha alcun fondamento. Ha rilevato il giudice del gravame di merito che il Tribunale, nel rigettare correttamente la domanda attorea di ampliamento della servitù in base ad una attenta analisi degli atti e delle sentenze richiamate dalla parte attrice a sostegno della propria istanza, aveva in particolare giustamente osservato che con l'accordo del 1919 le parti avevano pattuito all'art. 4 la permanente conservazione degli alberi esistenti "in loco" (castagni e tigli) consentendone peraltro anche la sostituzione "in caso di necessità con altri della specie o essenza", con ciò evidenziandosi che già all'epoca la striscia di terreno in oggetto era delimitata da alberi, indipendentemente da quanto riportato in catasto.
Aveva aggiunto inoltre il primo giudice, del tutto correttamente ad avviso di quello d'appello, che la pretesa attorea appariva in contrasto non solo con la descrizione dei luoghi evidenziata nella CTU, ma anche con i giudicati del tribunale di Varese n. 193/51, confermato da questa Suprema Corte, e n. 4126/74 ove l'ampiezza della striscia di terreno di che trattasi era stata indicata pari a tre metri.
Ha posto in risalto ancora il giudice del gravame di merito che d'altra parte l'onere della prova in ordine ad una diversa collocazione degli alberi nel 1919 rispetto a quella accertata in prime cure incombeva agli attuali ricorrenti che non avevano però fornito concreti elementi a sostegno della loro tesi. Concludendo, infine, che alcuna rilevanza poteva avere al riguardo il richiamo alla dizione "alle stesse condizioni portate dagli strumenti succitati", contenuta nel citato art. 4 dell'atto del 1919, in quanto tale frase era integrata dalla successiva, concernente la conservazione degli alberi ivi esistenti. Ebbene, come ognun vede, tali considerazioni, sorrette da motivazione congrua e non contraddittoria, improntata tra l'altro ad una corretta interpretazione della clausola contrattuale richiamata dai ricorrenti ed al rispetto del giudicato scaturente dalla decisione del Tribunale di Varese n. 193/51, sono incensurabili nella attuale sede di legittimità.
Alla stregua delle svolte argomentazioni, rigettato il secondo motivo del ricorso, in accoglimento del primo, la impugnata sentenza va in relazione ad esso cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo, cassa, in relazione al motivo accolto, l'impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 1998.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 1999
Cod. Proc. Civ. art. 132