Possesso Azioni possessorie e giudizio petitorio - Spoglio del possesso di servitù di passaggio - Ordine del giudice di ripristino dello stato dei luoghi
Possesso Azioni possessorie e giudizio petitorio - Spoglio del possesso di servitù di passaggio - Ordine del giudice di ripristino dello stato dei luoghi - Necessità - Contemporanea pendenza di giudizio petitorio sulla sussistenza del diritto di servitù - Allorché il giudice, accogliendo un ricorso possessorio, ordini allo spogliante di reintegrare lo spogliato nel possesso di una servitù di passaggio, coessenziale al provvedimento in questione è l'ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, se la modifica di essi ha reso impossibile l'esercizio del possesso della servitù, non ostando a tale pronuncia il divieto posto dall'art. 705 cod. proc. Civ., che concerne il convenuto, e a nulla rilevando che l'accertamento della sussistenza del diritto di servitù formi oggetto di un separato giudizio petitorio. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 1896 del 27/01/2011
Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 1896 del 27/01/2011
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 2.5.94 Aldo Fagnani ricorreva al Pretore di Atri chiedendo di essere reintegrato nel possesso della servitù di passaggio di una strada che partendo dalla s.s. 16 perveniva sul proprio fondo sito in Silvi, attraversando quello di proprietà di Giovanni Panetta, deduceva che quest'ultimo, nel novembre del 1993, aveva eliminato il tracciato di tale strada mediante aratura ed aveva apposto una sbarra di ferro che ne impediva il transito. Il Panetta nel costituirsi contestava l'avverso ricorso, deducendo in fatto l'inesistenza della dedotta servitù ed asserendo che l'attuale sbarra metallica era stato apposta in sostituzione di un precedente filo di ferro preclusivo dell'accesso e ciò oltre un anno prima del ricorso possessorio, che dunque doveva ritenersi tardivamente proposto. L'adito pretore, a conclusione della fase sommaria della procedura, con ordinanza interdittale in data 8.05.95 ingiungeva al Panetta di permettere il passaggio limitatamente al periodo compreso tra maggio e novembre di ogni anno; concedeva il termine di 30 giorni per l'inizio della causa di merito.
Con citazione in riassunzione il Fagnani dava corso al giudizio di merito, chiedendo l'eliminazione della sbarra di ferro ed il ripristino del passaggio senza però limitazione temporali. Si costituiva il Panetta, che nel riproporre le precedenti contestazioni, eccepiva la nullità della citazione nel giudizio di merito in quanto non eseguita preso il procuratore costituto. Quindi il Tribunale di Teramo - sez. distaccata di Atri - con sentenza n. 115/01, rigettata l'eccezione di nullità della notificazione e limitava l'indagine ai solo profilo possessorio, confermava l'ordinanza interdittale di reintegra.
Avverso la predetta pronuncia proponeva appello il Fagnani chiedendo che l'esercizio dei passaggio fosse permanente e non limitato al periodo di coltivazioni stagionali del fondo e che si disponesse di conseguenza, la totale eliminazione della sbarra. Si costituiva il Panetta riproponendo le precedenti eccezioni, spiegando appello incidentale e riformulando l'eccezione di decadenza del termine annuale per l'esperimento dell'azione di spoglio. La Corte d'Appello dell'Aquila con la sentenza n. 45/05 depositata in data 10.02.2005, rigettava l'appello principale ed in parziale accoglimento di quello incidentale, disponeva che non dovevano essere imposte limitazioni temporali all'accordata tutela possessoria, compensando tra le parti le spese del grado. La Corte territoriale osservava che non poteva essere esaminata la domanda petitoria del ricorrente in possessoria, ostandovi il divieto di cui all'art. 703 c.c..
Riteneva che, ai fini della tempestività della proposizione dell'azione di reintegra, appariva generica la relativa eccezione del convenuto in quanto l'apposizione del filo di ferro all'ingresso del fondo non era idonea ad interdire il passaggio come invece la successiva sbarra e che la periodicità del transito non era giustificabile dalla stagionalità dei lavori agricoli, che si potevano svolgere anche nel periodo invernale.
Ricorreva il Panetta, per la cassazione della predetta statuizione con ricorso fondato su n. 5 censure; resiste con controricorso il Fagnani che a sua volta avanza ricorso incidentale basato su 3 censure.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi. Passando all'esame del ricorso principale, con il primo motivo il Panetta denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 289 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 3, artt. 669 octies e 116 c.p.c. "e si riferisce alla sanatoria della nullità della notificazione della citazione in quanto eseguita presso la parte personalmente e non presso il suo procuratore". Rileva che la dedotta nullità della notificazione della citazione aveva comportato l'estinzione della procedura "cautelare" (rilevabile anche d'ufficio) essendo nulla o comunque invalida la stessa ordinanza interdittale, alla quale, attesa la sua natura, non era applicabile il regime di sanatoria delle nullità di cui all'art. 156 c.p.c..
La doglianza è priva di pregio ed è nuova in quanto in precedenza l'esponente si era limitato ad eccepire la nullità della notifica della citazione. D'altra parte è evidente la carenza d'interesse a far valere la nullità o l'inefficacia del provvedimento interdittale in quanto io stesso ha natura tipicamente interinale ed è stato poi assorbito dalla sentenza che ha definito il giudizio possessorio, confermando il provvedimento stesso.
Passando al secondo motivo ("Sulla pronuncia d'inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c.; la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.; contraddittorietà ed illogicità della motivazione) con esso lamenta l'esponente che il giudice ha dichiarata inammissibile l'eccezione (petitoria) dell'inesistenza di una servitù di passaggio da lui sollevata e denunzia la violazione dell'art. 342 c.p.c. in conseguenza della violazione di cui all'art. 112 c.p.c. in relazione alla domanda dell'attore.
Invero, secondo il ricorrente, la domanda di reintegrazione poteva essere accolta ove fosse risultato provato il dedotto diritto posto a base del possesso (diritto di servitù) e non invece sulla base di una situazione di fatto (mero possesso), come dichiarato dal giudice che dunque aveva emesso una pronuncia nulla in violazione quindi dell'art. 112 c.p.c. (ultrapetizione).
Anche tale doglianza è inammissibile per carenza d'interesse; avendo la sentenza dichiarato inammissibile la domanda dell'attore di accertamento della servitù, nessun rilevo assumeva nel processo l'eccezione ad essa contrapposta del convenuto (non esistenza della servitù). Semmai era l'attore che doveva dolersi di ciò in quanto solo per lui tale statuizione poteva essere pregiudizievole. Con il terzo motivo ("sull'eccezione di decadenza dell'azione possessoria; la violazione e falsa dell'art. 1168 c.c.; motivazione insufficiente su punto") l'esponente deduce che la precedente chiusura del fondo con il filo di ferro - poi sostituito da una sbarra di metallo - era stata apposta ben più di un anno prima del deposito del ricorso per cui era decorso il termine annuale per poter proporre l'azione di reintegra. A suo avviso, poi, il filo di ferro aveva la stessa efficacia interdittiva del transito, della successiva sbarra, che era priva di lucchetto. Critica poi l'affermazione del giudicante secondo cui l'apposizione del filo non era idonea ad integrare lo spoglio perché a differenza della sbarra, consentiva il passaggio; in realtà "un sbarra metallica priva di serratura è perfettamente identica ad un filo di ferro ... svolgendo ambedue, nel caso di specie, la funzione di segnalare a terzi in genere un divieto di accesso nell'area delimitata dal filo o dalla sbarra". La censura è infondata ed è contraddittoria laddove afferma che la sbarra mobile non poteva impedire concretamente il transito sul fondo, perché priva di lucchetto (circostanza contestata). In realtà la sbarra metallica - come sottolineato dal giudice dell'appello - non consentiva materialmente di potere accedere al fondo, a differenza invece dei filo, che poteva essere facilmente rimosso o aggirato. La censura introduce in definitiva inammissibili questioni di merito, non proponibili in questa sede. Con il quarto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 246 e 112 c.p.c. nonché la motivazione insufficiente sui punto decisivo. II ricorrente critica l'eliminazione della delimitazione temporale dell'ordine di reintegrazione, in origine concesso solo per un periodo dell'anno in cui si svolge la coltivazione del fondo. Rileva invero che in realtà il terreno era del tutto incolto come accertato dal CTU e critica il teste Sulpizi che aveva riferito di aver personalmente lavorato il fondo in parola, rilevando sotto tale profilo il suo interesse a deporre. Anche tale doglianza è infondata introducendo chiaramente inammissibili motivi di merito, facendo riferimento alla valutazione della prova operata dal giudice, nonché alla scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. n. 1554 del 28.01.2004).
Con il quinto motivo infine ("sull'eccezione d'inesistenza del possesso del passaggio: violazione e falsa dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia; motivazione insufficiente sul punto decisivo) deduce il ricorrente che il giudice non si era pronunciato sulla propria eccezione d'inesistenza della servitù e del semplice possesso della strada essendo certa, dalla prodotta documentazione fotografica (rilevo aerofotogrammetrico) l'inesistenza di un tracciato stradale.
La censura è infondata. Invero il giudice non doveva esaminare l'eccezione relativa all'inesistenza della servitù, avendo dichiarata inammissibile la domanda petitoria dell'attore; d'altra parte, l'accoglimento della domanda possessoria ha comportato la valutazione dell'eccezione d'inesistenza del possesso, tenuto conto delle dichiarazione dei testi. In ogni caso la Corte di merito ha affermato che "la genericità della contestazione sul possesso della servitù, non consente di individuare ulteriori profili di erroneità della decisione gravata, sicché, per difetto di specificità (art. 342 c.p.c.) va ritenuta l'inammissibilità di siffatta argomentazione".
Passando all'esame del ricorso incidentale, Aldo Fagnani con il primo motivo, lamenta che la Corte d'Appello ha omesso di esaminare le domande di ripristino del tracciato della strada che era stata divelta e l'eliminazione della sbarra, apoditticamente qualificandole come petitorie.
Con il secondo motivo, eccepisce il vizio di motivazione, non avendo il ricorrente mai domandato l'accertamento del diritto di servitù (oggetto tra le parti di un distinto giudizio) e non essendo l'accoglimento della domanda di reintegra nel possesso della servitù di passaggio compatibile con il mancato accoglimento di quelle di eliminazione della sbarra di ferro che ne impediva l'esercizio e di ripristino dell'originario tracciato. I motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi parzialmente fondati.
La sentenza, come sottolineato nel ricorso, non ha omesso di esaminare le domande di restituzione in ripristino proposte in giudizio dall'attore, ma ne ha ritenuto precluso l'esame in quanto consequenziali a quella di accertamento del diritto di servitù a sua volta inammissibile per il divieto di cumulo dei giudizi possessorio e petitorio.
L'erroneità dell'argomento, in quanto il divieto posto dall'art. 705 c.p.c., concerne il convenuto e non l'attore nei giudizio petitorio (Cass. n. 13495 del 23/06/2005), non esclude tuttavia, che il mancato esame nel merito delle domande andava censurato con riferimento ad esso e non con il solo generico richiamo all'apoditticità della loro qualificazione come petitorie.
Va tuttavia osservato che connaturata alla reintegra nel possesso di una servitù di passaggio è la restituzione in pristino del suo esercizio nella pratica dell'anno antecedente lo spoglio (art. 1066 c.c.) ed i provvedimento che dispone deve conseguentemente ordinare all'autore di esso la riproduzione della specifica situazione dei luoghi la cui modifica od alterazione abbia reso o rende impossibile l'esercizio stesso nell'attualità.
A tale principio non si è confermata la sentenza impugnata, che in base all'erroneo assunto che la domanda di ripristino era consequenziale a quella inammissibile di riconoscimento del diritto di servitù, si è limitata a confermare, senza limiti temporali, la reintegra omettendo di specificare quali opere fossero necessarie per assicurare allo spogliato la continuità del possesso della servitù e senza porre a carico dello spogliante l'obbligo della loro esecuzione.
In conclusione deve essere rigettato il ricorso principale e va accolto il ricorso incidentale (assorbito il 3); ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto ed il rinvio la causa anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d'Appello di Roma, la quale deciderà secondo il principio enunciato.
P.Q.M.
la Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per le spese di questo giudizio, dalla Corte d'Appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011
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