costituzione del diritto delle servitù volontarie -
servitù prediali - costituzione non negoziale - per usucapione - Azione di accertamento dell'acquisto per usucapione di servitù prediale - Prova presuntiva della proprietà del fondo dominante - Sufficienza - Fondamento. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13212 del 28/05/2013
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13212 del 28/05/2013
Nell'azione di accertamento dell'acquisto per usucapione di una servitù prediale, la proprietà del fondo dominante, la quale costituisce un requisito di legittimazione e non l'oggetto della controversia, può essere provata anche mediante presunzioni, quali, nella specie, l'intestazione catastale del bene conseguente alla trascrizione di un atto di divisione, o la circostanza che l'azione negatoria proposta dal titolare del fondo che si assume servente fosse stata rivolta proprio nei confronti dell'attore per usucapione.
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13212 del 28/05/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza del 10 agosto 2003 il Tribunale di Torino rigettava la domanda con la quale Giandomenico Gr.... aveva chiesto la declaratoria di inesistenza della servitù di passaggio vantata dal convenuto Carlo Gi....... sui fondi di sua proprietà, ritenendo prova la eccepita usucapione.
Con sentenza dep. il 17 marzo 2006 la Corte di appello di Torino rigettava l'impugnazione proposta dall'attore.
Nel confermare quanto a proposito del passaggio esercitato per trent'anni aveva ritenuto il Tribunale sulla base delle deposizioni testimoniali, i Giudici escludevano che i testi, fratelli del convenuto e in passato comproprietari del fondo presunto dominante e poi oggetto di divisione, fossero incapaci a testimoniare, atteso l'effetto retroattivo della divisione, così come era esclusa la dedotta inattendibilità. Per quel che riguardava la mancanza di prova del diritto di proprietà dei fondi dominanti, la sentenza riteneva raggiunta la prova in base all'atto di divisione, tenuto conto che nella specie non si trattava di rivendica ma di eccezione di usucapione.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Giandomenico Gr.... sulla base di cinque motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso l'intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Il primo motivo deduce che il convenuto non aveva provato la proprietà dei fondi dominanti, posto che le partt. 112 e 113 non erano menzionale nell'atto di divisione; in ogni caso le stesse sarebbero in comproprietà con le sorelle e il fratello. Del tutto irrilevante era la dichiarazione unilaterale di successione della madre così come i dati catastali; in ogni caso, sarebbe stato necessario integrare il contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari, atteso che il convenuto aveva proposto una domanda riconvenzionale di usucapione.
1.2.- Il secondo motivo deduce che, per quanto riguardava la l'art. 491, la quale dal rogito di divisione prodotto risultava intestata al convenuto, tale atto - meramente dichiarativo - non aveva valore di prova del relativo diritto, essendo privi di rilievo i dati catastali.
1.3.- Il primo e il secondo motivo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. In primo luogo, per quanto riguarda le partt. 112 e 113, va ricordato che: a) nel caso di actio negatoria servitutis, la qualità di proprietario del fondo dominante costituisce onere posto a carico dell'attore, quale condizione dell'azione risolvendosi il difetto di prova in rigetto della domanda per mancanza della titolarità passiva del fondo preteso dominante;
b) in tema di giudizio diretto all'accertamento dell'usucapione, la fattispecie del litisconsorzio necessario ricorre esclusivamente nel caso in cui la pluralità soggettiva sia rinvenibile dal lato passivo del rapporto, cioè tra coloro in danno dei quali la domanda è diretta, non anche nell'ipotesi in cui essa si riscontri dal lato attivo; nella specie in ogni caso, la sentenza ha ritenuto proposta una eccezione di usucapione volta a paralizzare l'avversa domanda e non una domanda di rivendicazione;
c) peraltro, relativamente all'azione di accertamento della servitù per usucapione, la proprietà del fondo dominante, costituendo un requisito di legittimazione e non l'oggetto della controversia, può essere provata anche attraverso presunzioni, quindi pure con l'intestazione catastale del bene conseguente a trascrizione di un atto di divisione, con l'ulteriore elemento presuntivo costituito dalla essere stata rivolta proprio nei confronti di colui il quale intende fare valere l'usucapione la domanda di negatoria proposta dal titolare del fondo individuato come servente
2.1.- Il terzo motivo ribadisce l'eccezione di incapacità a testimoniare dei fratelli che, essendo comproprietari dei beni in questione, potrebbero essere chiamati in garanzia dal convenuto;
deduce quindi l'inattendibilità delle deposizioni dei testi i quali, a distanza di quaranta anni, avevano fornito riferimenti precisi, quando non era certo elemento valutabile nel senso della loro attendibilità la circostanza che le dichiarazioni dai medesimi rese fossero fra loro concordanti.
2.2.- Il quarto motivo ribadisce l'inattendibilità dei testi escussi, evidenziando che era da escludersi la presenza di opere visibili e permanenti, atteso che il consulente aveva accertato l'inesistenza di un sentiero.
2.3. - Il terzo e il quarto motivo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. Correttamente è stata esclusa l'incapacità a testimoniare dei testi escussi, atteso che l'incapacità a deporre prevista dall'art. 246 cod. proc. civ., si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 cod. proc. civ., sì da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia che ivi è in discussione, non avendo, invece, rilevanza l'interesse di fatto a un determinato esito del giudizio stesso - salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell'attendibilità del teste -, ne' un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio. Peraltro, la nullità di una testimonianza resa da persona incapace ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela dell'interesse delle parti, è configurabile come una nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell'art. 157 cod. proc. civ., comma 2; qualora detta eccezione venga respinta, la parte interessata ha l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (Cass. 23054/2009): nella specie, il ricorrente non ha dedotto con il ricorso di avere ottemperato a tali oneri.
Per quel che concerne la dedotta inattendibilità dei testi così come l'accertamento circa la presenza di opere visibili e permanenti idonee a fondare l'usucapione che la sentenza ha ritenuto sussistenti in base alle prove orali e alla documentazione fotografica, va ricordato che la valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio 1 convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 21412/2006).
Il quinto motivo denuncia l'ingiustizia delle statuizione di condanna alle spese processuali in conseguenza della ingiustizia della sentenza. Il motivo è inammissibile, tenuto conto che non formula alcuna specifica censura relativamente alla regolamentazione delle spese processuali, della quale si chiede la riforma per effetto dell'auspicato accoglimento del ricorso, che invece è risultato infondato.
Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 marzo 2013. Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2013
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Cod. Civ. art. 1061
Cod. Civ. art. 2729