notificazione - presso il domiciliatario - cancellazione dall'albo dell'avvocato domiciliatario
Comportamento decettivo tenuto dal difensore in ordine alla persistenza dello "ius postulandi" - Notificazione dell'impugnazione presso il procuratore cancellato - Nullità - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 12478 del 21/05/2013
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 12478 del 21/05/2013
La sanzione della nullità della notificazione dell'atto di impugnazione eseguita presso l'avvocato domiciliatario il quale, successivamente alla data di deliberazione della sentenza di primo grado, sia stato cancellato dall'albo per effetto dell'irrogazione di sanzione disciplinare non opera allorché lo stesso difensore abbia tenuto, nonostante tale evento ed in violazione dei principi di buona fede, lealtà e correttezza, un comportamento obiettivamente decettivo, idoneo a creare una situazione di apparenza di persistente titolarità dello "ius postulandi", continuando a curare all'esterno in qualità di avvocato la pratica del proprio assistito per ottenere l'esecuzione della sentenza, in maniera da giustificare l'affidamento incolpevole della controparte circa la sua perdurante legittimazione, dovendosi comunque evitare ogni impiego abusivo o deviato degli strumenti processuali. (Nell'enunciare il principio, la S.C. ha evidenziato, con riguardo alla fattispecie concreta, la verosimile consapevolezza della parte "rappresentata" circa l'abuso posto in essere dal suo, ormai ex, avvocato).
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - L'Avv. Mariano Co.... convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Sogef s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 664.600.536, che assumeva a lui dovuta a titolo di cessione del credito maturato dalla cedente impresa edile Mauro Bonaita, appaltatrice dei lavori di costruzione di immobili da erigersi in Segrate, nei confronti della committente società Segrate 83 s.r.l., poi incorporata dalla convenuta Sogef.
La società convenuta si costituì, resistendo.
Il Tribunale adito, con sentenza in data 17 gennaio 2005, pubblicata il 7 giugno 2005, accolse la domanda dell'attore, rilevando: che l'ammontare del credito ceduto consisteva nel corrispettivo dell'opera svolta dall'impresa Bonaita prima del giudizio per inadempimento contrattuale di quest'ultima; che in base al contratto il pagamento del corrispettivo doveva essere eseguito mensilmente su presentazione da parte dell'appaltatore di stati di avanzamento dei lavori vistati dalla direzione dei lavori; che l'attore aveva prodotto un verbale tecnico di liquidazione all'appaltatore di quanto a lui competeva in base agli accordi; che l'eccezione di prescrizione era infondata.
2. - Avverso questa sentenza la s.p.a. Sogef ha proposto appello, con atto notificato il 28 luglio 2005.
L'Avv. Co.... non si è costituito e ne è stata dichiarata la contumacia.
La Corte d'appello di Milano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 15 luglio 2006, ha accolto il gravame e, in riforma della pronuncia del Tribunale, ha respinto tutte le domande proposte nel giudizio dall'Avv. Co...., condannandolo a rifondere le spese del doppio grado.
La Corte distrettuale ha ritenuto l'inesistenza del credito ceduto, avendo Sogef dimostrato, sia con le produzioni documentali, sia attraverso la prova orale, che l'impresa Bonaita, dopo avere ricevuto da s.r.l. Segrate 83 l'incarico di realizzare le opere edili, non aveva in realtà eseguito nessuna opera nel cantiere, cedendo, di fatto, alla s.r.l. Erreduemme Costruzioni, in violazione del contratto ed all'insaputa della committente, detto incarico. La Corte di Milano ha altresì sottolineato che Sogef, a seguito di ciò, aveva introdotto una controversia civile per sentire accertare l'intervenuta risoluzione del contratto di appalto, nel corso della quale il giudice istruttore, in accoglimento di apposita istanza ex art. 700 cod. proc. civ., ordinava all'impresa Bonaita il rilascio del cantiere; e che, da quel momento in poi, l'impresa Bonaita non aveva più preso possesso del cantiere e tutte le opere erano state eseguite dalla Erredueemme Costruzioni ed alla stessa integralmente pagate. Di qui la conclusione che "in data 30 marzo 1990, il credito ceduto da impresa Bonaita all'Avv. Mariano Co.... non esisteva affatto, dovendo, in ipotesi, considerarsi, in quel momento, alla stregua di un credito futuro; credito futuro, peraltro, che non è mai sorto, non essendo maturata, nemmeno in epoca successiva, alcuna ragione di credito in capo all'impresa Bonaita in forza del contratto di appalto stipulato con Segrate 83".
3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello l'Avv. Co.... ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 giugno 2007, sulla base di tre motivi.
L'intimata ha resistito con controricorso.
In prossimità dell'udienza la controricorrente ha depositato una meMo...a illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 301, 305 e 307 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza d'appello) il ricorrente deduce che la notifica dell'atto di appello da parte della s.p.a. Sogef è avvenuta in data 28 luglio 2005 al patrono di primo grado, l'Avv. Nicola Terzi, allorché questi era ormai privo di ius postulandi per essere stato cancellato, a partire dal 19 maggio 2005, dall'albo professionale a causa di sanzione disciplinare intervenuta in epoca precedente. Ad avviso del ricorrente, l'instaurazione e la prosecuzione del giudizio di appello malgrado il verificarsi di tale evento interruttivo hanno determinato l'invalidità dell'intero procedimento e la nullità della sentenza che lo ha definito. Di qui il quesito "se la notificazione dell'impugnazione al procuratore di primo grado cancellato con provvedimento disciplinare debba ritenersi nulla ovvero inesistente e se la mancata interruzione del processo determini la nullità della sentenza e/o dell'intero procedimento".
1.1. - Il motivo è infondato.
1.2. - Sono incontestati, e risultano dalla documentazione in atti, i seguenti dati di fatto:
- l'Avv. Nicola Terzi, difensore dell'Avv. Co.... Mariano nel primo grado del giudizio con procura estesa anche al grado di appello, è stato, a seguito di procedimento disciplinare, cancellato dall'albo degli avvocati del foro di Milano a far data dal 19 maggio 2005, quindi successivamente alla data di deliberazione, il 17 gennaio 2005, della sentenza di primo grado (poi pubblicata il 7 giugno 2005);
- con la procura ad litem, rilasciata a margine dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, l'Avv. Co.... Mariano aveva eletto domicilio in Milano, via Fiamma, n. 27, presso lo studio dell'Avv. Nicola Terzi;
- l'atto di appello è stato notificato all'Avv. Co.... Mariano nel domicilio dallo stesso eletto presso il proprio procuratore costituito, Avv. Nicola Terzi, con studio in Milano, via Fiamma, n. 27, dove l'ufficiale giudiziario ha consegnato una copia, conforme all'originale, dell'atto notificando a mani di Mommi, "impiegato dipendente, incaricato alla ricezione";
- durante tutto il corso del giudizio di appello il Co.... è rimasto contumace.
1.3. - Alla presente vicenda sono applicabili due principi già affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un., 21 novembre 1996, n. 10284).
Il primo è che la cancellazione dall'albo (nella specie, per ragioni disciplinari) determina la decadenza dall'ufficio di avvocato e, facendo venir meno lo ius postulando, implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e a ricevere atti processuali.
Il secondo è che la contestualità della elezione di domicilio rispetto al rilascio della procura determina una connessione tra i due atti, sicché l'elezione di domicilio segue la sorte del conferimento della rappresentanza processuale, divenendo inefficace per effetto della perdita dello ius postulandi, e con questa della rappresentanza, del difensore stesso a seguito della sua cancellazione dall'albo.
1.4. - La notificazione dell'atto di appello, successiva alla cancellazione dall'albo dell'avvocato domiciliatario, avrebbe dovuto essere effettuata alla parte personalmente (Cass., Sez. lav., 21 settembre 2011, n. 19225).
1.5. - Si tratta, a questo punto, di determinare se la notifica effettuata all'avvocato domiciliatario cancellato dall'albo (per effetto della irrogazione di sanzione disciplinare) sia inesistente ovvero nulla, con le evidenti conseguenze sotto il profilo della insanabilità del primo vizio e della sanabilità del secondo. La giurisprudenza sul punto non è univoca.
Il primo indirizzo è seguito da Cass., Sez. 1^, 17 luglio 1999, n. 7577, da Cass., Sez. 2^, 6 marzo 2003, n. 3299, e da Cass., Sez. Lav., 4 agosto 2006, n. 17763; al secondo orientamento sono invece riconducibili Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2003, n. 11623, Cass., Sez. 3^, 13 dicembre 2005, n. 27450, e Cass., Sez. 3^, 22 aprile 2009, n. 9528.
Applicando la ratio decidendi alla base di Cass., Sez. Un., 29 aprile 2008, n. 10817, con cui è stato risolto, nel senso della nullità, il contrasto sulla sorte della notificazione del ricorso per cassazione effettuata alla parte, rimasta contumace in appello, nel domicilio eletto nel giudizio di primo grado, il Collegio è dell'avviso che debba darsi continuità al secondo indirizzo, giacché la notifica - certamente viziata perché eseguita al di fuori delle previsioni dell'art. 330 c.p.c., commi 1 e 3, - nondimeno è avvenuta mediante consegna in un luogo e a persona in qualche modo collegabili al destinatario.
Invero, muovendo dal rilievo del carattere residuale della categoria dell'inesistenza giuridica dell'atto processuale (la quale, per la sua radicalità, riceve un ben diverso trattamento giuridico rispetto alla nullità sanabile), occorre ribadire che è inesistente quell'atto processuale che - per la mancanza di uno degli elementi costitutivi indispensabili per la loro identificazione come atti appartenenti ad uno dei tipi previsti dall'ordinamento - è assolutamente inidoneo a produrre alcun effetto, sostanziale o processuale, tanto da non poter essere preso in considerazione come atto di un determinato tipo; laddove è nullo quell'atto che, pur presentando tutti gli elementi necessari e sufficienti a qualificarlo come atto di un certo tipo, è affetto, sotto il profilo sostanziale o formale, da carenze o vizi che incidono sulla sua validità, cioè sull'attitudine a produrre in modo definitivo gli effetti propri del tipo di atto cui appartiene.
1.6. - La nullità della notificazione dell'atto di appello - nella specie non rilevata dal giudice d'appello, che non ne ha pertanto disposto la rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c., ne' sanata dalla costituzione dell'appellato - dovrebbe comportare (tra le tante, Cass., Sez. 1^, 5 ottobre 1999, n. 11050; Cass., Sez. 2^, 11 aprile 2001, n. 5410; Cass., Sez. 3^, 19 dicembre 2006, n. 27139) la nullità dell'intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha definito, non anche l'inammissibilità dell'impugnazione, essendo stata questa tempestivamente proposta; con la conseguenza che questa Corte, nel dichiarare la nullità della notifica, del processo e della sentenza, dovrebbe disporre il rinvio ad altro giudice di pari grado, dinanzi al quale, essendo l'atto di impugnazione oramai pervenuto a conoscenza dell'appellato con conseguente superfluità di una nuova notificazione, sarebbe sufficiente effettuare la riassunzione della causa nelle forme di cui all'art. 392 c.p.c.. 1.7. - Il Collegio tuttavia ritiene che la vicenda all'esame della Corte presenti delle peculiarità che impediscono di sanzionare con la nullità la notificazione dell'atto di appello avvenuta in data 28 luglio 2005 presso lo studio del difensore domiciliatario, Avv. Nicola Terzi, con consegna di copia conforme a mani di persona addetta allo studio ed incaricata alla ricezione.
Occorre infatti rilevare che, come risulta dalla documentazione in atti, l'Avv. Nicola Terzi, già disciplinarmente cancellato (a partire dal 19 maggio 2005) dall'albo professionale, prima di ricevere la notifica dell'atto di appello ha continuato a svolgere attività difensiva nell'interesse della parte rappresentata. Ed invero - dopo avere richiesto alla cancelleria del Tribunale di Milano, in data 5 luglio 2005, una copia autentica della sentenza di primo grado, e, in data 6 luglio 2005, una copia libera di detta sentenza - l'11 luglio 2005, su carta intestata Studio legale Terzi Nicola e firmandosi con il titolo di avvocato, ha inviato al difensore di Sogef, Avv. Alberto Comaschi, una nota di quanto spettante al Co.... in esecuzione della sentenza di primo grado. Ricevuta la notifica dell'atto di appello, l'Avv. Terzi ha poi richiesto per le vie brevi all'avvocato di controparte (come si ricava dalla missiva dell'Avv. Comaschi in data 31 agosto 2005) copia dei documenti dallo stesso depositati nel giudizio di gravame a sostegno dell'impugnazione.
Con il suo comportamento, l'Avv. Terzi ha creato le condizioni per la configurabilità di una situazione di apparenza di persistente titolarità, in capo a lui, dello ius postulandi, nonostante la cancellazione in via disciplinare dall'albo professionale, continuando a curare, all'esterno, la pratica del proprio assistito qualificandosi come avvocato: non solo nei rapporti con la cancelleria, attraverso la richiesta di copia autentica e di copia in forma libera della sentenza; ma anche - quel che qui importa - nei riguardi del difensore della società Sogef, prima con l'invio (anteriormente alla ricezione della notifica dell'appello) di un riepilogo di quanto spettante al proprio cliente in forza della sentenza di primo grado, e poi (una volta ricevuta la notificazione dell'atto di appello) con la richiesta e l'ottenimento della copia dei documenti prodotti dal difensore dell'appellante nel giudizio di gravame.
Si tratta di un comportamento obiettivamente decettivo ed idoneo a recare pregiudizio all'efficace esercizio del diritto di impugnazione dell'avversario, posto in essere in violazione dei principi di buona fede, di lealtà e correttezza, che ha determinato, in ordine alla persistente legittimazione del Terzi (formalmente munito di una procura alle liti estesa anche al giudizio di appello) a rappresentare processualmente il Co...., un affidamento incolpevole nella controparte, la quale, quando ha proceduto alla notifica dell'atto di appello, si è sentita autorizzata a non effettuare il previo riscontro delle risultanze dell'albo professionale, essendo eccessivo pretendere che l'appellante, in evenienza siffatta, sia tenuto a verificare che la situazione di apparenza coincida con l'effettiva realtà.
Nella specie, la sanzione della nullità, che normalmente colpisce la notifica dell'atto di appello all'avvocato domiciliatario cancellato dall'albo per ragioni disciplinari dopo l'esaurimento della fase di primo grado, non opera, perché essa finirebbe con il giovare a chi, con la propria attività rivolta ad ottenere l'esecuzione della sentenza in favore del proprio cliente pur non avendo più titolo a rappresentarlo e a difenderlo, ha creato la indicata situazione di affidamento sulla persistenza della iscrizione all'albo. E ciò contrasterebbe con il principio per cui non vi può essere impiego abusivo o deviato degli strumenti processuali posti a tutela del diritto di difesa (Cass., Sez. Un., 15 novembre 2007, n. 23726), essendo le parti chiamate a tenere un comportamento corretto nell'agire e difendersi in giudizio, che non smarrisca mai il fine della tutela dei diritti, che è quello di rendere giustizia secondo i canoni del giusto processo.
1.8. - Nè, cosi decidendo, si corre il rischio di far ricadere sull'ignara parte "rappresentata" dall'Avv. Terzi, l'Avv. Co.... Mariano, le conseguenze della condotta posta in essere dal suo, oramai ex, avvocato.
Occorre infatti considerare che il Co...., pur avendo ottenuto una sentenza provvisoriamente esecutiva di primo grado, che condannava Sogef a pagargli l'importo di Euro 343.237,53, oltre ad interessi legali dalla domanda al saldo ed alle spese di lite, dopo lo scambio epistolare tra l'Avv. Terzi e l'Avv. Comaschi non ha più posto in essere iniziative rivolte ad ottenere il recupero del proprio credito: e l'unica spiegazione logica di questo comportamento di attesa (interrotto soltanto con la proposizione del ricorso per cassazione per eccepire l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per la denunciata inesistenza della notifica dell'atto di citazione in appello) può rinvenirsi proprio nel l'aver saputo, tramite l'Avv. Terzi, dell'interposto gravame e della sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado, disposta dalla Corte d'appello di Milano con ordinanza in data 10 gennaio 2006 (in considerazione delle "qualità personali della controparte - sentenza della Corte di cassazione penale n. 29704 del 16 luglio 2003 ed alcune notizie di fonte ANSA - che sono suscettibili di ingenerare non infondate perplessità in ordine alla possibilità che le somme corrisposte in esecuzione della impugnata sentenza di primo grado non siano più restituite dall'appellato"). 2. - Il secondo mezzo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Il terzo motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2.1. - Entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto del tutto carenti di un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, che valga a circoscrivere puntualmente i limiti della censura proposta a norma dell'art. 360 c.p.c., n. 5, (Cass., Sez. Un., 18 ottobre 2012, n. 17838).
Alla stregua della letterale formulazione dell'art. 366 bis c.p.c. - introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) - questa Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della novella del 2006, nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., n. 5, allorché, cioè, il ricorrente lamenti un vizio della motivazione della sentenza impugnata, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente che l'indicazione del fatto controverso e delle ragioni della non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (Cass., Sez. 2^, 30 gennaio 2013, n. 2219).
3. - Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta, il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2013
riferimenti normativi|blue
Cod. Proc. Civ. art. 88
Cod. Proc. Civ. art. 141
Cod. Proc. Civ. art. 160
Cod. Proc. Civ. art. 170
Cod. Proc. Civ. art. 301
Cod. Proc. Civ. art. 330