Sospensione del processo - Deduzione in giudizio di un'eccezione avente ad oggetto fatto deducibile con autonoma domanda
Procedimento Civile - Sospensione del processo Procedimento Civile - Sospensione del processo - Deduzione in giudizio di un'eccezione avente ad oggetto fatto deducibile con autonoma domanda - Contemporanea deduzione di tale fatto con un'altra domanda in separato giudizio - Sospensione necessaria del primo giudizio -La necessità del coordinamento fra la decisione sulla questione pregiudicante e la decisione sulla questione pregiudicata emergente dall'art. 34 cod. proc. Civ., induce a ritenere che, allorquando una questione sia inserita nel processo pregiudicato come eccezione, cioè costituisca un fatto che il giudice dovrà esaminare ai fini della decisione sull'oggetto della domanda, e contemporaneamente sia oggetto - in quanto rappresenti un fatto costitutivo di un diritto azionabile autonomamente - di una domanda avanti ad altro giudice in un altro giudizio (come nella specie, in riferimento alla domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del saldo di una fornitura, fondata sulla medesima causa petendi della domanda principale, ossia sull'inadempimento contrattuale, ma da questa separata e rimessa al giudice competente per valore), evidenti ragioni di interpretazione sistematica e di coerenza con il citato art. 34 impongano di avallare un'interpretazione dell'art. 295 cod. proc. Civ. sulla scorta della quale deve considerarsi irrilevante che nel processo pregiudicato, in cui è inserita l'eccezione, la relativa questione non debba essere decisa con efficacia di giudicato, assumendo in ogni caso rilievo che nell'altro processo la questione deve essere decisa con efficacia di giudicato, onde deve reputarsi sussistente il rapporto di pregiudizialità supposto dall'art. 295 cod. proc. Civ. - Corte di Cassazione,Sez. 2, Sentenza n. 885 del 23/01/2012
Procedimento Civile - Sospensione del processo
Procedimento Civile - Sospensione del processo - Deduzione in giudizio di un'eccezione avente ad oggetto fatto deducibile con autonoma domanda - Contemporanea deduzione di tale fatto con un'altra domanda in separato giudizio - Sospensione necessaria del primo giudizio -
La necessità del coordinamento fra la decisione sulla questione pregiudicante e la decisione sulla questione pregiudicata emergente dall'art. 34 cod. proc. civ., induce a ritenere che, allorquando una questione sia inserita nel processo pregiudicato come eccezione, cioè costituisca un fatto che il giudice dovrà esaminare ai fini della decisione sull'oggetto della domanda, e contemporaneamente sia oggetto - in quanto rappresenti un fatto costitutivo di un diritto azionabile autonomamente - di una domanda avanti ad altro giudice in un altro giudizio (come nella specie, in riferimento alla domanda riconvenzionale di risarcimento danni proposta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del saldo di una fornitura, fondata sulla medesima "causa petendi" della domanda principale, ossia sull'inadempimento contrattuale, ma da questa separata e rimessa al giudice competente per valore), evidenti ragioni di interpretazione sistematica e di coerenza con il citato art. 34 impongano di avallare un'interpretazione dell'art. 295 cod. proc. civ. sulla scorta della quale deve considerarsi irrilevante che nel processo pregiudicato, in cui è inserita l'eccezione, la relativa questione non debba essere decisa con efficacia di giudicato, assumendo in ogni caso rilievo che nell'altro processo la questione deve essere decisa con efficacia di giudicato, onde deve reputarsi sussistente il rapporto di pregiudizialità supposto dall'art. 295 cod. proc. civ. Corte di Cassazione,Sez. 2, Sentenza n. 885 del 23/01/2012
Corte di Cassazione,Sez. 2, Sentenza n. 885 del 23/01/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di opposizione formulata nel 2003 dalla s.r.l. Grafiche Gelimini avverso il decreto ingiuntivo (per l'importo di Euro 1.225,66, oltre interessi e spese, quale residuo dovuto per la fornitura di una cabina elettrica) notificatole, ad istanza della s.a.s. Vivaldi Quadri Elettrici, con la quale veniva svolta anche domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni assunti come subiti nell'ordine di Euro 9.000,00, il giudice di pace di Monza, con sentenza n. 159 del 2004, dichiarava la propria incompetenza con riferimento all'indicata domanda riconvenzionale (concedendo termine per la sua riassunzione dinanzi al Tribunale di Monza) e rigettava nel merito la domanda principale di opposizione, confermando l'impugnato decreto ingiuntivo e condannando l'opponente al pagamento delle spese processuali.
Interposto appello da parte della s.r.l. Grafiche Gelmini, nella resistenza dell'appellata, il Tribunale di Monza, con sentenza n. 1996 del 2005 (depositata il 1 luglio 2005), rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata, e condannava l'appellante alla rifusione delle spese del grado.
A sostegno dell'adottata sentenza, il Tribunale brianzolo rilevava, innanzitutto, l'esattezza della dichiarazione di incompetenza per valore sulla domanda riconvenzionale operata dal giudice di primo grado in dipendenza della competenza funzionale attribuibile al giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo; ribadiva l'insussistenza dei presupposti per disporre la sospensione ex art. 295 c.p.c. non emergendo alcun vincolo di consequenzialità tra le due cause ne' sul piano logico ne' su quello giuridico; respingeva, nel merito, le doglianze dell'appellante caratterizzate da insanabile contraddittorietà difensiva e non supportate da un sicuro riscontro esterno.
Avverso la menzionata sentenza di appello (notificata il 4 novembre 2005) ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Grafiche Gelmini, formulando quattro motivi. La resistente società si è costituita in questa fase con controricorso. I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione delle norme sulla competenza, (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, in relazione agli artt. 35, 40 e 42 c.p.c.), nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 295 c.p.c. (con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e la manifesta contraddittorietà di motivazione derivante da insanabile contrasto tra la motivazione ed il dispositivo su di un punto decisivo prospettato dalle parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. (con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonché il vizio di manifesta
contraddittorietà di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) derivante da insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, oltre che la nullità della sentenza impugnata (con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in relazione all'art. 25 Cost., comma 1, e art. 111 Cost., commi 1 e 6 e art. 112 c.p.c..
3. I primi due riportati motivi - che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi - sono fondati e devono, perciò, essere accolti.
Con tali doglianze, in sostanza, la ricorrente lamenta la violazione delle norme indicate nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata sul presupposto che, malgrado la legittima separazione tra la domanda principale di opposizione a decreto ingiuntivo e quella riconvenzionale (eccedente la competenza del giudice di pace adito) con rimessione della stessa al giudice competente per valore, il Tribunale di Monza (quale giudice di appello), dopo aver evidenziato i principi generali in tema di sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c., si è limitato a ritenere insussistenti i presupposti per pervenire ad una sospensione del giudizio incardinato davanti a sè, ritenendo, apoditticamente, che, nel caso concreto, non sembrava obiettivamente ravvisabile un vincolo di consequenzialità, ne' sul piano logico ne' su quello giuridico (senza, però, esporre, in concreto, le ragioni di questo convincimento).
Riepilogando i termini della controversia, si deve evidenziare che, una volta notificato il decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace per il pagamento del saldo (nell'ordine di Euro 1225,66) delle fatture relative alla vendita della cabina elettrica fornita dalla Vivaldi Quadri Elettrici, la Grafiche Gelmini s.r.l. si opponeva al provvedimento monitorio contestando l'inadempimento delle obbligazioni assunte dalla controparte (e, quindi, la fondatezza della pretesa avversa) e proponendo, contestualmente, domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni assunti come subiti per un importo eccedente la competenza per valore del giudice di pace di cui chiedeva, per l'ipotesi di riconoscimento del credito dedotto in via monitoria, la compensazione con quest'ultimo, instando, in via preliminare, per la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.. Nella costituzione dell'opposta, il giudice di pace si dichiarava, con sentenza del febbraio 2004, incompetente a giudicare sulla formulata domanda riconvenzionale, assegnando apposito termine per la riassunzione avanti al competente Tribunale di Monza, provvedendo, contestualmente, al rigetto della domanda principale di opposizione, ritenendola infondata e confermando l'impugnato decreto ingiuntivo, senza adottare alcuna statuizione sulla richiesta di sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c.. Avverso detta pronuncia ha proposto appello l'odierna ricorrente definito dal Tribunale di Monza, con la sentenza in questa sede impugnata, con la quale rilevava l'insussistenza delle condizioni per l'applicabilità della sospensione ex art. 295 c.p.c. (già, peraltro, dichiarata con precedente ordinanza) e confermava integralmente la sentenza di primo grado. Ciò posto, si rileva che - per giurisprudenza costante di questa Corte (cfr. Cass., SU., n. 10984 del 1992; Cass. n. 1612 del 1995; Cass. n. 10574 del 1998; Cass. n. 2251 del 2000 e Cass. n. 24743 del 2006, ord.) - le ragioni di connessione non incidono sulla competenza del giudice investito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, poiché essa ha carattere funzionale e inderogabile in quanto il relativo procedimento è disciplinato come un giudizio di impugnazione davanti allo stesso giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo ed ha un sostanziale carattere impugnatorio nella parte in cui è diretto a contestare il provvedimento monitorio, sia nei profili di rito, sia in quelli di merito:
conseguentemente, il giudice adito, in presenza di una domanda riconvenzionale eccedente la sua competenza per valore, deve disporre la separazione delle cause, trattenere quella di opposizione a decreto ingiuntivo e rimettere l'altra al giudice superiore, salva la eventuale sospensione necessaria del giudizio di opposizione in attesa della definizione del giudizio rimesso al giudice superiore qualora ne ricorrano i presupposti a norma dell'art. 295 c.p.c.. È stato, altresì, specificato (v. Cass. n. 1640 del 1999) che quando nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo venga eccepito in compensazione un credito eccedente la competenza per valore del giudice adito, questi non può rimettere al giudice superiore tutta la causa, ma deve rimettergli solo la decisione relativa all'eccezione di compensazione (e ciò, ovviamente, anche nel caso in cui questa sia stata ricollegata - come avvenuto nel caso di specie - alla proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale) e trattenere quella concernente l'opposizione a decreto ingiuntivo, salva l'eventuale sospensione di quest'ultima causa a norma dell'art. 295 c.p.c.. Costituisce, altresì, principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte che, per la sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c., non è sufficiente che fra due cause sussista una mera pregiudizialità logica, ma occorre l'esistenza di un obiettivo rapporto di pregiudizialità giuridica che ricorre solo quando la definizione di una controversia costituisca l'indispensabile antecedente logico - giuridico dell'altra, il cui accertamento debba avvenire con efficacia di giudicato; la "ratio" della norma va individuata, infatti, nell'esigenza di evitare il conflitto di giudicata il quale non ricorre quando il possibile contrasto riguarda non il giudizio, ma soltanto gli effetti pratici dell'una o dell'altra pronuncia.
Orbene, sulla scorta del riportato svolgimento della vicenda processuale in esame, avendo il giudice di pace rimesso la causa relativa alla domanda riconvenzionale dinanzi al competente Tribunale di Monza, avrebbe dovuto, conseguentemente, sospendere il proprio giudizio per evitare il contrasto di giudicati giacché le due domande, pur presentando diversi "petita" (nel giudizio di opposizione principale, la revoca o conferma del decreto ingiuntivo, e, in quello conseguente alla proposizione della riconvenzionale, il risarcimento dei danni ricondotto all'inadempimento della ditta fornitrice), erano fondate sulla medesima "causa petendi" (ovvero sull'inadempimento contrattuale della fornitura della cabina elettrica, quale titolo di entrambe le descritte domande, derivandone, in ipotesi di fondatezza della riconvenzionale, la richiesta diminuzione del prezzo pattuito e, per l'effetto, la revoca del decreto monitorio e la condanna al risarcimento dei danni). Ritenendo, invece, il giudice di pace, con vantazione incidentale compiuta nella sentenza impugnata dinanzi al Tribunale di Monza (con la quale aveva rimesso la cognizione sulla domanda riconvenzionale al giudice superiore), che non si ravvisavano estremi di inadempimento a carico della fornitrice (che andava, pertanto, esente dall'obbligo di risarcimento), da cui era conseguita la conferma del decreto opposto, aveva, in effetti, finito per conoscere, in modo illogico e contraddicono, della fondatezza della questione pregiudiziale posta a fondamento della domanda riconvenzionale per la quale egli si era correttamente dichiarato incompetente. Da tanto si evince che lo stesso giudice di pace aveva riconosciuto che avrebbe potuto accogliere la domanda azionata in via monitoria dalla ricorrente ingiungente (relativa al solo pagamento del saldo della fornitura) soltanto qualora fosse stato accertato che non vi era stato inadempimento della società opposta. Tuttavia, il difetto di competenza a decidere su quest'ultima domanda comportava, nel caso di specie, la sussistenza di una dipendenza logico-giuridica tra le due domande e la necessaria sospensione del primo giudizio relativo all'opposizione in via principale rispetto al secondo giudizio (relativo alla proposta domanda riconvenzionale) oggetto di rimessione al giudice superiore competente per valore. Infatti, la decisione sull'an dell'adempimento contrattuale si sarebbe dovuto qualificare come antecedente logico necessario che condizionava la successiva decisione sul quantum sia della (eventuale) compensazione tra credito ingiunto e credito opposto (influenzando la statuizione del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo come eccezione riconvenzionale), sia sul quantum della domanda di risarcimento danni oggetto della formulata domanda riconvenzionale oggetto di rimessione al Tribunale competente per valore, con la conseguenza che il giudice di pace era caduto in palese contraddizione logica rimettendo (come era, del resto, tenuto a provvedere) al giudice superiore la decisione sull'an e sul quantum dell'eccezione di compensazione e della domanda riconvenzionale proposta a titolo di risarcimento danni, da un lato, e confermando, dall'altro, il decreto ingiuntivo opposto, anch'esso fondato sul medesimo titolo, con esito inconciliabile, in considerazione della pregiudizialità logico- giuridica della preventiva definizione dell'altra domanda (avuto riguardo all'applicabilità dei criteri previsti dagli artt. 34-36 c.p.c.), che avrebbe dovuto, perciò, imporre la sospensione del giudizio sulla domanda principale di opposizione al decreto monitorio. Peraltro, la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5091 del 2007, ord.) ha chiarito che la necessità del coordinamento fra la decisione sulla questione pregiudicante e la decisione sulla questione pregiudicata emergente dall'art. 34 c.p.c., induce a ritenere che, allorquando una questione sia inserita nel processo pregiudicato come eccezione, cioè costituisca un fatto che il giudice dovrà esaminare ai fini della decisione sull'oggetto della domanda, e contemporaneamente sia oggetto - in quanto rappresenti un fatto costitutivo di un diritto azionabile autonomamente - di una domanda avanti ad altro giudice in un altro giudizio (come verificatosi, nel caso di specie, con riferimento alla domanda riconvenzionale rimessa al giudice competente per valore, una volta separata da quella principale per la quale il giudice di pace era funzionalmente competente), evidenti ragioni di interpretazione sistematica e di coerenza con il citato art. 34 impongono di avallare un'interpretazione dell'art. 295 c.p.c. sulla scorta della quale deve considerarsi irrilevante che nel processo pregiudicato, in cui è inserita l'eccezione, la relativa questione non debba essere decisa con efficacia di giudicato, assumendo in ogni caso rilievo che nell'altro processo la questione deve essere decisa con efficacia di giudicato, onde deve reputarsi sussistente il rapporto di pregiudizialità supposto dall'art. 295 c.p.c..
4. Alla stregua delle riportate argomentazioni la sentenza in questa sede impugnata, con la quale è stata (in virtù, peraltro, di una motivazione assolutamente carente e del tutto generica) negata la sussistenza dei presupposti per l'operatività della sospensione ex art. 295 c.p.c. (da ritenersi, invece, configuratisi), è incorsa nelle violazioni dedotte con i primi due motivi formulati. Pertanto, in accoglimento di questi motivi (cui si correla l'assorbimento degli altri due motivi formulati), si deve pervenire alla conseguente cassazione della sentenza impugnata, con la rimessione della causa allo stesso Tribunale di Monza, in composizione di altro giudicante, ancorché in persona di altro giudicante, che si conformerà, adottando una motivazione adeguata, all'enunciato principio di diritto circa la sussistenza dell'obbligatorietà della sospensione del relativo giudizio ex art. 295 c.p.c. (adottando i conseguenti provvedimenti) e regolerà anche le spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Monza, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2011. Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2012