Skip to main content

Procura alle liti - Cass. n. 5033/2008

Corte di Cassazione, Sentenza n. 5033 del 26 febbraio 2008 - Procura alle liti - Ai fini della validità della procura rilasciata su foglio separato è irrilevante la mancanza di una espressa menzione del procedimento per il quale essa sia stata rilasciata, qualora essa sia stata notificata unitamente all'atto cui accede, in quanto la 

Procedura civile - Procura alle liti - Ai fini della validità della procura rilasciata su foglio separato è irrilevante la mancanza di una espressa menzione del procedimento per il quale essa sia stata rilasciata, qualora essa sia stata notificata unitamente all'atto cui accede, in quanto la collocazione della procura, anche se rilasciata su foglio separato, è idonea a conferire la certezza circa la provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a dar luogo alla presunzione di rifedibilità della procura al giudizio cui l'atto stesso fa riferimento; non è richiesto dalla legge, ai fini della validità della procura apposta su foglio separato, che l'inserimento della procura nel foglio in cui è riportato il ricorso sia impedito dal fatto che la pagina finale dell'atto sia riempita fino all'ultima riga, nè che per scrivere la procura si siano utilizzate le prime righe del foglio separato, al fine di formare un corpo unico tra questo e l'atto che precede (Corte di Cassazione, Sentenza n. 5033 del 26 febbraio 2008)

Corte di Cassazione, Sentenza n. 5033 del 26 febbraio 2008

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9 febbraio 1980 il Tribunale di Lamezia Terme - adito da G.A. nei confronti del fratello G.R. dichiarò che con una scrittura in data 10 luglio 1976 il convenuto aveva venduto all'attore un terreno con retrostante fabbricato, per il corrispettivo consistente nell'accollo di un mutuo contratto dall'alienante con un istituto bancario e nel pagamento dei debiti assunti dallo stesso alienante verso alcuni soggetti indicati nel documento e eventuali altri che avessero eseguito forniture e prestazioni, non ancora remunerate, per la costruzione dell'edificio.

Impugnata da G.R., la decisione fu confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro, che con sentenza del 14 aprile 1986 rigettò il gravame, ritenendo tra l'altro - per quanto ancora rileva in questa sede - che la domanda riconvenzionale di rescissione per lesione enorme, proposta già in primo grado dall'appellante, andasse disattesa in considerazione del carattere aleatorio che al contratto era stato dato per volontà delle parti, mediante la pattuizione relativa al prezzo della vendita.

Su ricorso principale di G.R. e incidentale di G.A., con sentenza del 4 gennaio 1993 questa Corte, accolta parzialmente la prima impugnazione e rigettata la seconda, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d'appello di Reggio Calabria, ritenendo che erroneamente il Giudice a quo aveva reputato aleatoria e quindi non soggetta a rescissione la vendita in questione, pur se nessuna eccezione in proposito era stata sollevata da G.A. e pur se le parti, al momento della conclusione del negozio, avevano avuto la possibilità di valutare il loro reciproco vantaggio e sacrificio, in quanto il prezzo era bensì indeterminato, ma agevolmente determinabile.

A definizione del giudizio di rinvio, con sentenza del 17 luglio 2003, la Corte d'appello di Reggio Calabria ha pronunciato la rescissione per lesione del contratto oggetto della causa e ha compensato tra le parti le spese dell'intero giudizio.

G.A. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi G.R. si è costituito con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via incidentale, cui G.A. ha opposto un proprio controricorso. Sono state presentate memorie dall'una e dall'altra parte.

Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c..

Pregiudizialmente G.R. ha eccepito l'inammissibilità del ricorso principale, contestando la validità della procura in base alla quale è stato proposto: il mandato, da intendersi secondo il resistente come conferito con atto separato, non contiene indicazioni sufficienti in ordine alla data del rilascio, al giudizio cui si riferisce, al tipo di impugnazione da proporre, alle generalità del delegante; nè può ritenersi rilasciato con atto congiunto materialmente al ricorso, poichè nell'ultimo foglio di questo rimanevano ancora tre righe, utilizzabili per "iniziare a scrivere la procura ... e proseguire con un foglio aggiuntivo".

L'eccezione va disattesa, poichè "ai fini della validità della procura rilasciata su foglio separato è irrilevante la mancanza di una espressa menzione del procedimento per il quale essa sia stata rilasciata, qualora essa sia stata notificata unitamente all'atto cui accede, in quanto la collocazione della procura, anche se rilasciata su foglio separato, è idonea a conferire la certezza circa la provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a dar luogo alla presunzione di rifedibilità della procura al giudizio cui l'atto stesso fa riferimento; non è richiesto dalla legge, ai fini della validità della procura apposta su foglio separato, che l'inserimento della procura nel foglio in cui è riportato il ricorso sia impedito dal fatto che la pagina finale dell'atto sia riempita fino all'ultima riga, nè che per scrivere la procura si siano utilizzate le prime righe del foglio separato, al fine di formare un corpo unico tra questo e l'atto che precede" (Cass. 2 4 settembre 2002 n. 13910, 12 dicembre 2002 n. 17741, 23 aprile 2004 n. 7731).

Con il primo motivo del ricorso principale G.A. lamenta che la Corte d'appello di Reggio Calabria, in violazione dei principi relativi al carattere chiuso del giudizio di rinvio e all'intangibilità del giudicato, ha dato luogo a una ulteriore istruttoria, facendo svolgere due consulenze tecniche di ufficio, per accertare il valore del bene e il prezzo pagato, in quali già erano stati individuati dalla Corte d'appello di Catanzaro.

La doglianza è infondata.

Va in primo luogo escluso che gli elementi di cui si tratta fossero stati stabiliti, con effetto di giudicato, dalla sentenza di appello.

Proprio dai brani della relativa motivazione, trascritti nel ricorso principale, risulta che la Corte di Catanzaro, in relazione peraltro alla domanda riconvenzionale di annullamento della vendita per vizio del consenso, proposta da G.R., si era limitata a rilevare che il prezzo del bene, sebbene non quantificato al momento del contratto, era tuttavia determinabile fin dall'inizio ed era stato effettivamente determinato mediante il calcolo degli importi versati dall'acquirente ai creditori dell'alienante; non aveva invece deciso nel senso che tale somma necessariamente corrispondesse a quella indicata da G.A. in un suo rendiconto, prodotto nel corso del giudizio di primo grado, nè che il valore dell'immobile fosse quello indicato dalla consulenza tecnica di ufficio - la cui relazione peraltro era andata smarrita - svolta in appello.

Neppure è conferente il richiamo del ricorrente al carattere chiuso del giudizio di rinvio, dato che in questo "i limiti all'ammissione delle prove concernono l'attività delle parti e non si estendono ai poteri del Giudice, il quale, dovendo riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, può ben avvertire la necessità, secondo le circostanze, di disporre una consulenza tecnica o di rinnovare quella già espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito (e ritenuta non esauriente o soddisfacente allo scopo), salva la sola ipotesi in cui la consulenza, piuttosto che come mezzo di valutazione, si ponga come mezzo di acquisizione delle prove; infatti, nell'ipotesi di annullamento per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per vizi di motivazione, la potestas iudicandi del Giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nella applicazione del principio di diritto enunciato, può comportare la valutazione di altri fatti la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla corte di cassazione, e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse" (Cass. 2 settembre 2004 n. 17686, 7 febbraio 2006 n. 2605). Legittimamente, quindi, nel giudizio di rinvio sono state disposte le indagini estimative e contabili in questione, destinate non a supplire a un'inerzia delle parti, ma ad acquisire dati di natura prettamente tecnica, necessari per accertare se la lesione ultra dimidium accampata G.R. si fosse realmente verificata.

Con il secondo motivo del ricorso principale G.A. sostiene che erroneamente e contraddittoriamente il Giudice di rinvio ha desunto l'elemento dell'approfittamento dello stato di bisogno del venditore dal fatto che due anni dopodil compratore aveva chiesto, per il ritrasferimento del bene, un corrispettivo molto superiore a quello che aveva versato, dimostrando bile in maniera certa e quindi conoscibile dalle parti, come in effetti è stato deciso - e sul punto si è formato il giudicato - a proposito delle domande riconvenzionali di nullità del contratto per indeterminatezza dell'oggetto e di annullamento per vizi del consenso, proposte da G.R., le quali appunto per tale ragione sono state respinte.

Con il terzo motivo del ricorso principale G.A. lamenta che il Giudice di rinvio, erroneamente interpretando l'espressione "pagamenti a saldo" contenuta nella scrittura del 10 luglio 1976, è incorso in violazione di vari canoni di ermeneutica e in vizi della motivazione, per aver escluso dal computo del prezzo della vendita - mediante una "interpretazione formalisticamente restrittiva" della clausola e contrastante con "la concreta intenzione delle parti, anche alla luce del loro comportamento" - i pagamenti dei debiti dell'alienante già saldati dal compratore prima della conclusione del contratto.

La censura non può essere accolta.

Indipendentemente da ogni considerazione circa la genericità della formulazione della doglianza, è decisiva ed assorbente la constatazione che nell'atto di impugnazione la pattuizione di cui si tratta non è stata riportata in maniera completa, in violazione del principio secondo cui "quando il ricorrente censuri l'erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del Giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l'onere di trascriverle integralmente perchè al Giudice di legittimità è precluso l'esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura" (Cass. 6 febbraio 2007 n. 2560, 22 febbraio 2007 n. 4178).

Con il quarto motivo di ricorso G.A. sostiene che ingiustificatamente la Corte d'appello di Reggio Calabria ha negato doversi tenere conto di vari versamenti ad altri familiari dei fratelli G. da parte del compratore dell'immobile, o a terzi da parte della moglie dello stesso compratore, versamenti che in realtà, secondo il ricorrente, erano stati anch'essi eseguiti in pagamento del prezzo della vendita.

Anche questa censura va disattesa.

Si verte in materia di accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, insindacabili in questa sede se non sotto il profilo della omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Da tali vizi la sentenza impugnata è immune, poichè il Giudice a quo ha dato conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle specifiche ragioni per le quali i pagamenti in questione non sono stati inclusi nel calcolo del prezzo dell'immobile venduto.

L'asserita maggiore plausibilità dei contrari assunti del ricorrente non costituisce valida ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte di addentrarsi in valutazioni comparative di tal genere.

Con il primo motivo del ricorso incidentale G.R., denunciando "insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: - effetti restitutori - in ordine alle fasi e alle relative richieste istruttorie (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)", si duole del mancato accoglimento, da parte del Giudice di rinvio, della domanda di rilascio dell'immobile in questione, che in quella sede egli aveva proposto nei confronti del fratello. Sostiene che la decisione, basata sul presupposto della tardività di tale domanda, è erronea, poichè il bene inizialmente non era stato consegnato ad G. A., il quale se ne era impossessato arbitrariamente nel corso del giudizio davanti al Tribunale di Lamezia Terme, sicchè all'atto della propria costituzione edli non aveva avuto ragione di formulare in via riconvenzionale richieste restitutorie.

La censura deve essere respinta.

Vi si deducono, infatti, circostanze che non risultano dalla sentenza impugnata e che questa Corte non è abilitata ad accertare, neppure mediante l'esame degli atti di causa, dei quali non le è consentita la consultazione, non essendo stato denunciato un vizio di carattere procedurale.

D'altra parte, la domanda di rilascio non era stata formulata neppure in occasione della precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale di Lamezia Terme, nè con l'atto introduttivo del giudizio di appello (quando lo spossessamento, secondo il ricorrente, era già avvenuto) , sicchè statuizioni relative ai punti della controversia" (Cass. 15 febbraio 2006 n. 3282, 31 luglio 2006 n. 17457).

Entrambi i ricorsi debbono pertanto essere rigettati.

In considerazione della prevalente sua soccombenza, G. A. viene condannato a rimborsare a G.R. le spese dei giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 100,00, oltre a Euro 6.000,00, per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta entrambi; condanna G.A. a rimborsare a G.R. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 100,00, oltre a Euro 6.000,00, per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2007.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2008

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it

 

_____________________________________

Procura

Mandato

Corte

Cassazione

5033

2008