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Circolazione stradale - l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo puo' essere fonte di corresponsabilita' della vittima di un sinistro stradale

Circolazione stradale - l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo puo' essere fonte di corresponsabilita' della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa ove il giudice di merito accerti in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale. - Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Ordinanza del 30 dicembre 2010, n. 26568

-Circolazione stradale - l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo puo' essere fonte di corresponsabilita' della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa ove il giudice di merito accerti in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Ordinanza del 30 dicembre 2010, n. 26568


FATTO E DIRITTO

La Corte, letti gli atti depositati osserva:

E' stata depositata la seguente relazione:

1 - Con ricorso notificato il 28 ottobre 2009 Pe. Fr. , La.Wa. , in proprio e quali esercenti la potesta' sulla minore Pe.Fr. An. , Pe.Al. , Pe. Lo. , Pe.Or. e Pe.Tr. hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 17 settembre 2008 dalla Corte d'Appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, aveva accolto solo parzialmente la loro domanda di risarcimento dei danni conseguenti al decesso in un sinistro stradale del loro congiunto Pe.Da. .

Gli intimati. As. Ge. S.p.A. e St.Or. , non hanno svolto attivita' difensiva.

2 - I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche' la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall'articolo 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (articolo 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall'articolo 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e' ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e' inammissibile, per violazione dell'articolo 366 bis c.p.c., introdotto dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, articolo 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull'esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita', imponendo al patrocinante in cassazione l'obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l'affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita', la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita' (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1227, 2727 e 2729 c.c., nonche' omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione. Il quesito finale non postula l'enunciazione di un principio di diritto fondato sulle numerose norme indicate che sia decisivo per il giudizio e, nel contempo, di applicabilita' generalizzata e non costituisce il momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e per specificare in quali parti la motivazione della sentenza si riveli, rispettivamente, omessa, contraddittoria, insufficiente.

Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione (anche in questo caso non specificate come se si trattasse di sinonimi) degli articoli 1175 e 1227 c.c., nonche' omessa, contraddittoria, comunque insufficiente motivazione.

Il quesito finale presenta i medesimi caratteri evidenziati in relazione al primo motivo.

Tuttavia ragioni di completezza impongono di rilevare, con rifermento ad entrambi i motivi, che (Cass. Sez. 3, n 24432 del 2009) l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo puo' essere fonte di corresponsabilita' della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa ove il giudice di merito accerti in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale.

4.- La relazione e' stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

I ricorrenti hanno presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d'essere ascoltata in camera di consiglio;

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

Le argomentazioni addotte con la memoria, che puo' solo illustrare, ma non integrare il ricorso, non superano i rilievi contenuti nella relazione e restano confermati sia il mancato rispetto dell'articolo 366 bis c.p.c., sia il carattere fattuale delle due censure; la circostanza che la vittima viaggiasse senza indossare il casco e' stata accertata dai carabinieri; tale fatto non e' stato considerato dalla Corte d'Appello come aggravante ex articolo 1227 c.c., comma 2, ma come un caso di concorso ai sensi del precedente comma 1;

5.- Ritenuto:

che pertanto il ricorso va rigettato essendo manifestamente infondato; nulla spese;

visti gli articoli 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it