Circolazione stradale - Autoveicolo danneggiato rivenduto a terzi dopo il sinistro
Risarcimento del danno - Circolazione stradale - Autoveicolo danneggiato rivenduto a terzi dopo il sinistro - Interesse dell'alienante al risarcimento dei danni 'In tema di risarcimento danni derivati da circolazione stradale, allorché l'attore, alla data della decisione, non sia più proprietario dell'autoveicolo danneggiato in un sinistro, per averlo rivenduto a terzi, il suo interesse al risarcimento dei danni risulta oggettivamente circoscritto al periodo di tempo in cui sia rimasto proprietario, essendovi ormai un altro soggetto (l'acquirente) che potrebbe essere, in ipotesi, legittimato a chiedere il risarcimento del medesimo danno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, con motivazione ritenuta congrua e logica, aveva rigettato la domanda di risarcimento sul rilievo che l'attore aveva rivenduto la vettura solo dieci giorni dopo il sinistro, senza eseguire le riparazioni, e che neppure aveva dimostrato di aver dovuto vendere l'autoveicolo a condizioni particolarmente sfavorevoli, a causa del sinistro, né di aver assunto nei confronti dell'acquirente l'obbligo di eseguire le riparazioni, né altra voce di danno). Corte di Cassazione, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21256 del 14/10/2011
Risarcimento del danno - Circolazione stradale - Autoveicolo danneggiato rivenduto a terzi dopo il sinistro - Interesse dell'alienante al risarcimento dei danni
In tema di risarcimento danni derivati da circolazione stradale, allorché l'attore, alla data della decisione, non sia più proprietario dell'autoveicolo danneggiato in un sinistro, per averlo rivenduto a terzi, il suo interesse al risarcimento dei danni risulta oggettivamente circoscritto al periodo di tempo in cui sia rimasto proprietario, essendovi ormai un altro soggetto (l'acquirente) che potrebbe essere, in ipotesi, legittimato a chiedere il risarcimento del medesimo danno. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale, con motivazione ritenuta congrua e logica, aveva rigettato la domanda di risarcimento sul rilievo che l'attore aveva rivenduto la vettura solo dieci giorni dopo il sinistro, senza eseguire le riparazioni, e che neppure aveva dimostrato di aver dovuto vendere l'autoveicolo a condizioni particolarmente sfavorevoli, a causa del sinistro, né di aver assunto nei confronti dell'acquirente l'obbligo di eseguire le riparazioni, né altra voce di danno). Corte di Cassazione, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21256 del 14/10/2011
Corte di Cassazione, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21256 del 14/10/2011
PREMESSO IN FATTO
- Il 20 giugno 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.:
"1.- Con sentenza n. 459/2009, depositata il 28 ottobre 2009, il Tribunale di Lanusei, in parziale riforma della sentenza emessa in primo grado dal Giudice di pace, ha respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta da Giorgio Mo.. contro Giuseppe La.., Anna Cecilia Ma.. e la s.p.a. Toro Targa Assicurazioni, rispettivamente conducente, proprietaria e assicuratrice di un automobile che ha tamponato una vettura di sua proprietà. Il GdP aveva respinto la domanda di risarcimento sul rilievo che dal certificato del PRA, acquisito dal consulente tecnico di ufficio in occasione delle indagini peritali, risultava che l'attore non era proprietario dell'automobile danneggiata, alla data del sinistro. Il Tribunale ha invece rilevato che dai documenti acquisiti agli atti risulta che il Mo.. ha rivenduto la vettura danneggiata dieci giorni dopo il sinistro e non ha dedotto e dimostrato in giudizio di avere sostenuto spese per la riparazione, o di avere riscosso un prezzo inferiore a quello di mercato dell'usato, a causa dell'incidente. Donde la mancata prova dell'esistenza e dell'entità dei danni. Il Mo.. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
Resiste con controricorso la s.p.a. Generali Business Solutions, quale mandataria della s.p.a. Augusta Assicurazioni (già Toro Targa Assicurazioni).
Gli altri intimati non hanno depositato difese.
2.- Il ricorrente assume che il Tribunale, come già il GdP, non avrebbe potuto rilevare di ufficio la sua asserita mancanza di titolarità del diritto di proprietà, poiché i convenuti non avevano contestato la circostanza, che pertanto doveva ritenersi accertata (primo motivo); che la contestazione non poteva essere fondata su di un documento acquisito dai CTU, eccedendo dai propri poteri di indagine (al CTU non era stato affidato l'incarico di acquisire la prova della proprietà, bensì solo di formulare un giudizio tecnico sull'entità dei danni) (secondo motivo); che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto inammissibile, perché tardivamente prodotto solo in secondo grado, il documento attestante il suo diritto di proprietà, in quanto la produzione si era resa necessaria a causa dell'indebita interferenza del giudice di pace su questione non contestata dalle parti (terzo motivo); che è errata, insufficiente e contraddittoria la motivazione con cui il Tribunale ha ritenuto non dimostrato il fatto che egli abbia subito danni, in quanto il danno per il proprietario sussiste comunque, pur se non sia stato ancora riparato al momento della domanda risarcitoria (quarto motivo).
2.1.- I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono manifestamente infondati, se non inammissibili, per il fatto che si limitano a riproporre le censure già proposte in appello, senza provvedere alla specifica confutazione delle argomentazioni decisive poste dal Tribunale a fondamento della sua decisione.
Quanto alla mancata contestazione della titolarità del diritto di proprietà, il Tribunale ha rilevato che la compagnia assicuratrice ha contestato, sia pur genericamente, la circostanza, mentre gli altri due convenuti sono rimasti contumaci; donde l'onere dell'attore - il quale ha agito in giudizio facendo valere la sua qualità di proprietario dell'autovettura - di fornire la prova dei fatti costitutivi del suo diritto.
Il ricorrente non ha dedotto specifiche censure quanto alla ritenuta sufficienza di una contestazione generica, da parte della compagnia assicuratrice, e quanto alla rilevanza della mancata contestazione, nei confronti delle parti contumaci.
Essenziale è tuttavia rilevare che il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto insussistente la prova dei danni ha carattere assorbente rispetto ad ogni altra questione.
Su questo punto le censure del ricorrente sono manifestamente infondate.
Il Tribunale ha rilevato che dagli atti acquisiti al giudizio risulta che il Mo.. - fosse o non fosse proprietario alla data dell'incidente - ha rivenduto la vettura solo dieci giorni dopo il sinistro medesimo; che non ha eseguito le riparazioni e che non ha dimostrato di avere dovuto vendere la vettura a condizioni particolarmente sfavorevoli, a causa del sinistro, ne' di avere assunto nei confronti dell'acquirente l'obbligo di eseguire le riparazioni, ne' altra voce di danno.
A tali argomentazioni, che costituiscono congrua e logica motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente nulla oppone, se non generiche doglianze circa il diritto del proprietario di essere rimborsato dei danni subiti dalla cosa propria, indipendentemente dal fatto che abbia o meno provveduto a farla riparare: doglianze che avrebbero potuto avere una loro consistenza se il Mo.. fosse stato ancora proprietario dell'autovettura alla data della decisione. Avendola egli rivenduta a terzi, il suo interesse al risarcimento dei danni risulta oggettivamente circoscritto al periodo di tempo in cui è rimasto proprietario, mentre vi è un altro soggetto (l'acquirente) che oggi potrebbe essere in ipotesi legittimato a chiedere il risarcimento del medesimo danno.
La sentenza impugnata ha quindi correttamente deciso. Tutte le altre censure risultano assorbite, perché irrilevanti. 3.- 5.- Propongo che il ricorso sia rigettato, con procedimento in camera di consiglio".
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
-Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, all'esito dell'esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore. Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 800,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile, il 22 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011
Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it |