Immissioni sonore strutture parrocchiali ricreative e sportive - disciplina ex art. 844 c.c. applicabile
31/01/2006 Immissioni sonore strutture parrocchiali ricreative e sportive - disciplina ex art. 844 c.c. applicabile
Immissioni sonore strutture parrocchiali ricreative e sportive - disciplina ex art. 844 c.c. applicabile (Cassazione , sez. II, sentenza 31.01.2006 n. 2166 )
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 24.4.97 la sig.ra Fernanda (omissis),proprietaria di un immobile urbano in Portile di Modena,confinante con il cortile della locale Chiesa Parrocchiale,citò il parroco di quest'ultima, don Giuliano (omissis), davanti al Giudice di Pace di Modena, lamentando che dall'uso particolarmente intenso delle strutture, prossime alla propria abitazione, del "campo -giochi" della Parrocchia,segnatamente dalle attività di calcetto e pallacanestro ivi praticate,derivavano rumori eccedenti la normale tollerabilità;chiese,conseguentemente,farsi obbligo al parroco di adottare idonei accorgimenti atti a contenere le emissioni rumorose e limitarsi gli orari di esercizio delle attività sportive.
Costituitosi il parroco,contestava la fondatezza della domanda, sostenendo la tollerabilità dei rumori,costituiti prevalentemente da voci infantili,e faceva presente di avere provveduto ad insonorizzare i cesti della pallacanestro,della cui rumorosità sì era,tra l'altro, doluta l'attrice.
All'esito di istruttoria, orale, documentale ed ispettiva,con sentenza del 16.3.00, 1'adito giudice,dato atto dell'avvenuta insonorizzazione dei cesti sopra menzionati,accogliendo per il resto e per quanto di ritenuta ragione la domanda, limitava l'uso del Campetto sportivo a quattro ore giornaliere,due antimeridiane e due pomeridiane, nonché a due ore serali,per due giorni a settimana,oltre che per la durata,di una settimana all'anno, dei tornei di calcetto,compensando interamente le spese del giudizio.
Proposti appelli, principale dal parroco, incidentale dalla (omissis),con sentenza del 28.9.02 del Tribunale di Modena,in composizione monocratica, il gravame principale veniva respinto ed,in accoglimento,di quello incidentale, l'uso del "campo di basket - calcetto" veniva limitato a " due ore consecutive pomeridiane in orario non antecedente alle ore 16",con condanna del parroco alle spese del grado.
Il giudice di secondo grado,premesso che dei tre criteri enunciati dall'art.844 c.c., nel caso di specie,si rendeva applicabile solo quello della normale tollerabilità, non potendo soccorrere, in considerazione della natura ricreativa dell'attività svolta dalla parte convenuta,quello del contemperamento tra esigenze della proprietà e produttive, mentre il criterio sussidiario e facoltativo della priorità dell'uso neppure era stato dedotto,e considerato che agli effetti del superamento del suddetto limite di tollerabilità non poteva utilizzarsi il criterio tecnico della comparazione con la ed "rumorosità di fondo",tenuto conto della discontinuità delle emissioni in questione, rilevava che l'eccedenza rispetto alla normale tollerabilità era risultata provata dalle risultanze della prova testimoniale,riferenti in particolare che durante l'esercizio delle attività sportive nell'abitazione dell'attrice non era possibile,neppure con le finestre chiuse, l'ascolto della televisione.
"Pur riconoscendo il rilievo sociale dell'attività sportivo - ricreativa esercitata in una parrocchia"- proseguiva quel giudice - "è argomento di buon senso che l'utilizzo del campo di calcetto - basket per caratteristiche ontologiche dell'attività sportiva che ivi si esercita ...se esercitata nelle immediate adiacenze di una proprietà residenziale ..e senza regolamentazione di orario, arreca disturbo alla proprietà.."
L'accoglimento dell'appello incidentale veniva giustifìcato,in considerazione delle suesposte caratteristiche dell'attività denunciata e privilegiando le esigenze abitative,sul rilievo che "la regolamentazione del primo giudice quanto agli orari di utilizzo del Campetto non consiste in adeguata tutela della proprietà";conseguentemente l'uso del Campetto veniva ulteriormente limitato,"anche tenendo conto degli orari a suo tempo disposti con regolamento della parrocchia", nei termini sopra precisati.
Avverso tale sentenza il parroco (omissis) ha proposto ricorso per cassazione deducente due motivi.
Resiste la (omissis) con controricorso,illustrato con successiva memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta "violazione e falsa applicazione dell'art. 844 c.c., in relazione all'art.2 n. 1 della legge 25 marzo 1985 n. 121 (art. 360 n. 3 c.p.c.) con omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e rilevabili di ufficio (art.360 n. 5 c.p.c)
Si lamenta che il Tribunale di Modena non abbia "tenuto conto del carattere strumentale delle strutture sportive e ricreative parrocchiali in oggetto,del valore ed interesse sociale della forma di godimento proprietà.." in questione,che in "considerazione dei valori costituzionali ...e riflessi della socialità,dell'educazione e della libertà religiosa..'', riconosciute dalle norme concordatarie, sarebbero stati insuscettibili di "sottostare al contemperamento delle differenti e diverse ragioni della proprietà..", anche perché non sarebbe stata ex adverso "dedotta lesione di beni costituzionalmente rilevanti, quali il diritto alla salute ed alla vita di relazione"; ne deriverebbe la sottrazione della fattispecie alla disciplina di cui all'art. 844 c.c., venendo in rilievo "non già le esigenze della proprietà, ma la piena libertà della Chiesa Cattolica di svolgere "la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e santificazione ...", riconosciutale dall'art. 2 n 1 della L. 121/85 sopra citata.
Tanto premesso, la prima questione che si pone è quella di stabilire,ai fini dell'ammissibilità del suesposto mezzo di impugnazione,se la tematica proposta nel suesposto motivo di ricorso,nel quale si sostiene che la controversia avrebbe dovuto essere risolta prescindendo dalla nonna civile applicata dai giudici di merito, tenendosi conto solo del dettato concordatario e di quello costituzionale, che gli attribuirebbe preminenza sulla disciplina privatistica, non costituisca un motivo nuovo;tanto viene, tra l'altro,eccepito nel controricorso, evidenziandosi che in entrambi i gradi di merito il (omissis) si difese semplicemente sostenendo la tollerabilità delle emissioni,a termini dell'art.844 c.c., sia pure alla stregua di valutazione comparativa degli opposti interessi,correlata alle rispettive forme di godimento della proprietà,così comunque convenendo sull'applicabilità della norma civilistica.
L'obiezione,pur evidenziando un mutamento della condotta difensiva da parte convenuta,non può tuttavia comportare l'inammissibilità del motivo d'impugnazione,non potendo ritenersi che l'invocata applicazione alla fattispecie di norme diverse da quelle sulla cui astratta applicabilità non si erano sollevate eccezioni in sede di merito,abbia comportato l'introduzione nel processo di vere e proprie questioni nuove,secondo la corrente accezione giurisprudenziale di legittimità,dalla quale il collegio non ritiene di doversi discostare.
A configurare tale novità,comportante l'inammissibilità del motivo d'impugnazione,non è sufficiente il richiamo a norme diverse da quelle dibattute nei precedenti gradi,ma occorre anche che vi sia stato un allargamento o mutamento della materia del contendere,comportante modificazione dell'azione o delle eccezioni (in senso tecnico) già proposte, oppure implicante,ai fini dell'invocata applicabilità della diversa disciplina giuridica,accertamenti di merito o valutazione di elementi di fatto nuovi e diversi,rispetto a quelli già dedotti nelle precedenti sedi (v., tra le altre, Cass. sez.lA n.5241/03,sez. 3A n. 5375/03,sez. lav. n. 11792/03, n.l0195/04,sez..5A n. 15673/04).
Nel caso di specie l'invocazione della disciplina concordataria,che nel motivo di ricorso si sostiene comportare la radicale inapplicabilità alla fattispecie di quella dettata dall'art. 844 c.c., mentre in sede di merito la preminenza delle finalità "sociali e pastorali"perseguite dalla Parrocchia era stata addotta solo quale elemento qualificante il particolare uso della proprietà,ai fini della valutazione comparativa richiesta dalla norma civile,non sposta i termini essenziali della questione,risolvendosi nella proposizione di una prospettiva giuridica diversa sotto la quale esaminare la vicenda,che comunque sarebbe imposta dal fondamentale principio tura novit curia, comportante l'obbligo del giudice di applicare di ufficio la norma adeguata al caso sottopostogli,indipendentemente dalle deduzioni delle parti.
Il motivo di ricorso,pur ammissibile alla stregua delle suesposte considerazioni , è tuttavia manifestamente infondato. Deve , invero, rilevarsi che il richiamo alla norma concordataria , che riconosce la piena libertà ed autonomia della Chiesa Cattolica e degli enti ecclesiastici nel perseguimento della propria "missione pastorale , educativa e caritativa" , è poco conferente nel caso di specie , nel quale la promozione di attività ricreative e sportive , essenzialmente finalizzate a favorire l'aggregazione dei giovani presso le strutture parrocchiali , costituisce un mezzo solo indiretto per la realizzazione delle finalità istituzionali sopraindicate , svolgendosi in concreto con modalità non dissimili da quelle connotanti le analoghe attività di altri soggetti , pubblici e privati, operanti nel mondo dello sport e della ricreazione.
Le limitazioni , derivanti dal diritto comune, allo svolgimento di siffatte attività , non peculiari della Chiesa cattolica, devono pertanto ritenersi intrinsecamente inidonee a dar luogo a quelle compressioni della libertà religiosa e delle connesse alte finalità, che la norma concordataria di cui all'art. 2 L.121/85 , in ottemperanza al dettato costituzionale , ha inteso garantire, pur senza comportare, come è stato condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza penale di questa Corte (v.,in particolare,sulla ricorrente questione, in parte analoga a quella oggetto della presente controversia, dell'eccedenza nell'uso delle campane oltre i limiti della normale tollerabilità, agli effetti dell'art. 659 c.p.:Cass. lApen. n. 3261/94, n.848/96, n. 2316/98, n. 443/01), la rinuncia da parte dello Stato italiano alla tutela di beni giuridici primari, anche garantiti dalla Costituzione (artt. 42 e 32), quali il diritto di proprietà privata e quello alla salute (la cui tutela anche rientra tra le esigenze perseguite dalla disciplina dettata dall'art. 844 c.c.).
Dalle suesposte considerazioni discende che anche la Chiesa cattolica e le sue istituzioni locali, quando iure privatorum utuntur, come nel caso di specie in cui è in discussione l'uso di beni di proprietà privata, soggetti ex art.831 alle regole del codice civile, in quanto non diversamente disposto dalle leggi speciali che li riguardano ( ed, in subiecta materia, nessun privilegio o esenzione il diritto vigente prevede), sono tenuti, al pari degli altri soggetti giuridici, all'osservanza delle norme di relazione e, dunque, alle comuni limitazioni all'esercizio del diritto di proprietà, tra le quali rientrano quelle di cui all'art. 844 c.c. Con il secondo motivo viene dedotta "violazione e falsa applicazione ....dell'art.844 c.c, con omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia... Violazione dell'art. 2697 cod.civ. e dell'art. 116 c.p.c", in riferimento al giudizio di intollerabilità delle emissioni, che sarebbe stato apodittico, ancorato alle doglianze della sola Gazzetti, unica fra tutti i confinanti, e ad apprezzamenti soggettivi espressi da testi, anziché basarsi su accertamenti tecnici, neppur richiesti dalla parte attrice; tale giudizio non avrebbe tenuto conto del criterio della c.d. "rumorosità di fondo", della situazione dei luoghi e del relativo sistema di vita ed abitudini, avrebbe omesso ogni valutazione della priorità dell'uso, alla stregua del quale era stata dedotto e provato che il Campetto era stato realizzato da oltre venti anni, in un sito utilizzato, fìn dal medioevo, dalla comunità parrocchiale.
Si lamenta, infine, l'immotivato accoglimento dell'appello incidentale,comportante, senza spiegarne le effettive ragioni la drastica riduzione dei tempi di utilizzo della struttura sportiva.
Delle suesposte doglianze solo l'ultima è fondata.
Il giudizio di intollerabilità delle emissioni, costituendo esercizio di attività discrezionale di merito rimesso al prudente apprezzamento del giudice, come costantemente affermato a questa Corte, si sottrae,ove adeguatamente motivato e rispettoso dei criteri direttivi dettati dalla norma di cui all'art. 844 c.c., ad ogni censura in sede di legittimità.
Nel caso di specie, come rilevasi dalla narrativa, i giudici di merito hanno tenuto conto della particolare situazione dei luoghi, caratterizzata dalla prossimità delle finestre dell'abitazione della (omissis) alla struttura sportiva; tale riscontro, costituente accertamento di fatto incensurabile, evidenzia l'infondatezza del profilo di censura di aver attribuito rilievo alle sole doglianze dell'attrice, unica tra tutti i vicini, tenuto conto che agli effetti dell'applicazione dell'art.844 cc, norma di relazione disciplinante, quale limitazione legale della proprietà, rapporti di vicinato, non è richiesta (come invece, ai fini penali, di cui all'art. 659 c.p. la c.d. "diffusività" delle emissioni,vale a dire la percepibilità delle stesse da un numero indeterminato di soggetti,essendo bensì sufficiente l'incompatibilità con l'uso normale della proprietà da parte di che, per la vicinanza tra gli immobili,vi si trovi particolarmente esposto.
Né miglior sorte merita la doglianza,attinente ai mezzi di prova utilizzati, che non necessariamente debbono essere di natura tecnica,non venendo in rilievo l'osservanza dei precisi limiti alle emissioni acustiche prescritti dalle leggi speciali (in particolare,dalla L.477/95 sul c.d. "inquinamento acustico"),la cui finalità è quella di garantire il rispetto di livelli minimi di accettabilità in funzione della tutela di interessi collettivi (v.,tra le altre, Cass.2A n. 6223/02, n.l151/03 ) e non anche di regolare rapporti di vicinato.
Nell'ambito di questi ultimi,segnatamente in particolari situazioni,come quella nella specie descritta,attinente ad emissioni rumorose discontinue, difficilmente verificabili e riproducibili, per la loro spontaneità,sul piano sperimentale,non appare censurabile il ricorso alla prova testimoniale, e non anche alla consulenza tecnica (la cui adozione costituisce tipico esercizio di facoltà discrezionale di merito),quale fonte conoscitiva dei fatti denunciati dall'attrice,oltre che alle nozioni di comune esperienza, quale criterio integrativo ex art. 115 co.2 c.p.c.,di valutazione dell'attendibilità del contenuto delle testimonianze; tale utlizzazione,in quanto attinente a fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti (in particolare il clamore esterno proveniente dal campetto, riferito abitualmente superante,anche con le finestre chiuse, il volume del televisore in funzione in casa della (omissis)) non può ritenersi espressione di meri giudizi valutativi, vietati ai testi, avendo ad oggetto circostanze di fatto, l'esposizione delle quali necessariamente implicava quella delle sensazioni fìsiche che ne avevano determinato l'apprendimento (sull'ammissibilità di siffatte testimonianze e l'inscindibilità del relativo contenuto, rimesso alla prudente valutazione del giudice, v., tra le altre, Cass. sez. 2A n. 4511/95,n.3509/99,sez.3An. 2270/98,n. 1937/03,sez.lav..n.5/01).
Le rimanenti doglianze si risolvono in palesi censure di merito: così quelle relativi alla mancata considerazione della c.d "rumorosità di fondo", parametro di corrente uso giurisprudenziale, sulla cui mancata adozione nella particolare fattispecie il giudice di appello ha reso adeguata motivazione, ed al preuso,costituente, ai sensi del secondo comma, ultima parte, dell'art.844 c.c. e per costante giurisprudenza, un criterio meramente sussidiario e facoltativo (v.,tra le altre,Cass.2A n. 161/96 e, tra le più recenti, n. 17281 del 25.8.05), al quale nella specie i giudici di merito non hanno ritenuto necessario far ricorso, essendo stata sufficiente la ponderata valutazione delle opposte esigenze in conflitto, nell'ambito della quale, pur tenendosi conto delle finalità socialmente meritevoli caratterizzanti la destinazione della struttura parrocchiale (il cui uso non è stato del tutto inibito), si è tuttavia attribuito preminenza alle primarie ed insopprimibili esigenze di vita quotidiana connotanti l'uso abitativo del confinante immobile, che da un indiscriminato esercizio delle attività ricreative e sportive sarebbero state seriamente pregiudicate.
Fondato è,invece,l'ultimo profilo di censura,considerato che,a fronte dell'articolata ed equilibrata regolamentazione dell'uso della struttura sportiva, che nell'ambito di una ponderata valutazione, aveva tenuto conto, nel particolare contesto socio-ambientale, delle esigenze in conflitto e del diverso atteggiarsi delle stesse, in relazione ai diversi periodi dell'anno ed allo svolgimento di periodiche manifestazioni sportive di limitata durata, risulta praticamente immotivato l'accoglimento,da parte del giudice di secondo grado, dell'appello incidentale,che ha portato a ridurre a due ore giornaliere detto uso.
La giustificazione al riguardo adottata dal giudice di appello, testualmente riportata in narrativa, si risolve in una mera e tautologica formula astratta,che non rende adeguato conto delle ragioni inducenti alla drastica riduzione, tali non potendo rinvenirsi nell'operato mero richiamo alla, pur indiscutibile, preminenza delle esigenze abitative rispetto a quelle ricreative e sportive.
Nel dare un, sia pur limitato e subordinato, spazio anche a queste ultime, è mancata ogni concreta valutazione di, ormai diffusi, abitudini di vita e comportamenti sociali, nell'ambito dei quali lo svolgimento delle suddette attività,prevalentemente praticate all'aria aperta, è notoriamente più intenso durante le stagioni caratterizzate da più ore di luce e da clima favorevole; da tali esigenze e costumi di vita, nel contesto dell'apprezzamento discrezionale di cui all'art. 844 c.c., conducente alla determinazione del limite della tollerabilità,quest'ultimo non può essere dal giudice di merito individuato in termini assolutamente anelastici,del tutto avulsi dalla considerazione delle suesposte componenti, che assumono rilievo quali elementi intrinsecamente connotanti la liceità delle forme di godimento della proprietà, da valutarsi sullo sfondo del particolare contesto ambientale e sociale nel quale le opposte esigenze vengono in rilievo.
La sentenza impugnata va, conclusivamente, cassata limitatamente a tale punto,con rinvio al Tribunale di provenienza, in persona di diverso magistrato,che deciderà al riguardo sul gravame,attenendosi ai criteri direttivi sopra indicati,regolando all'esito anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso,a ccoglie per quanto di ragione il secondo, cassa la sentenza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia,anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, al Tribunale di Modena,in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2005.
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