Contratti – Codice del consumo – Controversie – Foro del consumatore -
Liti riguardanti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari – Competenza territoriale – Foro del consumatore - Derogabilità da parte del consumatore - Sussistenza Corte di Cassazione Sez. 6-III, Ordinanza n. 8167 del 03/04/2013
Per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari la competenza territoriale è determinata ai sensi dell’art. 63 del D.lgs. n. 206 del 2005, giacché l’art. 46 esclude l’applicabilità ai medesimi delle (sole) norme di cui alla sezione I del Capo I del Titolo III della Parte III del Codice del consumo, e non anche di quelle di cui alla sezione III, cui esso accede.
Per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari il consumatore può adire un giudice diverso da quello del foro del consumatore ex art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, competente per territorio giusta uno dei criteri posti agli artt.18, 19 e 20 c.p.c., senza che, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dal professionista ovvero d’ufficio, tale giudice possa dichiarare la propria incompetenza anche a svantaggio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del consumatore.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I sigg.ri Cri.Ma. ed altri propongono istanza di regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria, avverso l’ordinanza del 28/11/2011 emessa dal G.I. del Tribunale di Milano di accoglimento della sollevata eccezione di incompetenza territoriale per dedotta violazione del foro del consumatore, con conseguente declaratoria di incompetenza per territorio del Tribunale di Milano in favore di quella dei “tribunali dei luoghi di residenza degli attori risultanti, per ciascuno di essi, dall’atto di citazione”.
Nell’impugnata decisione, fondata sulla ravvisata inderogabilità nel caso del foro del consumatore ai sensi dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo), si argomenta dalla considerazione che trattasi nella specie di contratti collegati di acquisto e negoziazione di strumenti finanziari e di conto corrente bancario dagli odierni ricorrenti stipulati con la Ba.Ne.In. s.p.a., entrambi negoziati fuori dei locali commerciali, decisivo rilievo assegnandosi alla clausola (g8), specificamente sottoscritta, di deroga della competenza territoriale recata dal contratto di c/c.
Resiste con controricorso la società Ba.Ne.In. s.p.a., che ha presentato anche memoria.
Con requisitoria scritta del 24/10/2012 il P.G. presso la Corte Suprema di Cassazione ha chiesto affermarsi la competenza del foro del consumatore, trattandosi di competenza territoriale inderogabile anche dallo stesso consumatore.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, in riferimento all’articolo 360, 1°co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che il giudice abbia erroneamente fatto luogo ad una stretta interpretazione letterale anziché funzionale della norma di all’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, a tale stregua pervenendo ad un risultato inammissibilmente in contrasto con l’interesse del consumatore che la disciplina in argomento è viceversa volta a privilegiare.
Con il 2° motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 29 c.p.c., 23 d.lgs. n. 58 del 1998, 1341 c.c., in riferimento all’art. 360, 1°co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che il giudice abbia erroneamente ritenuto ricorrere nel caso di un’ipotesi di collegamento negoziale, in ragione di “una presunta “connessione” tra le due distinte fattispecie contrattuali”, erroneamente “estendendo la valenza di talune previsioni contenute” nel contratto di conto corrente, tra le quali quella di deroga della competenza, al “diverso contratto di negoziazione, dove tali clausole non risultano... presenti, ovvero validamente sottoscritte e, pertanto, devono ritenersi inefficaci a termini dell’art. 1341, comma 2 cod. civ.”.
Lamentano che “la disciplina in materia di servizi di investimento di cui all’articolo 23 t.u.f.... esclude espressamente ogni rinvio alla diversa normativa in materia bancaria e, in particolare, alle “disposizioni del titolo VI, capo I del t.u.b. che regolano, appunto, le condizioni contrattuali e i rapporti con i clienti”; e che, “stante il carattere imperativo inderogabile della citata disposizione, nel caso di specie non può trovare applicazione - anche in via analogica - la diversa disciplina in materia di bancaria (d.lgs. 01.09.1998, n. 395...), relativamente alle condizioni contrattuali e ai rapporti con i clienti previste nei contratti di conto corrente, stante il maggior rigore e i più penetranti vincoli e garanzie richieste in materia di intermediazione finanziaria”.
A tale stregua, “pretendere... di interpretare i due diversi rapporti come un unico articolato contrattuale in modo tale da consentire alle previsioni facenti parte dell’un rapporto di confluire e confondersi in quelle dell’altro in modo tale da operarvi secondo le necessità della Banca, rappresenta una forzatura logico giuridica priva di qualsiasi fondatezza”. E non sussistendo “nel caso di specie alcuna clausola valida ed efficace che deroghi agli ordinari criteri di competenza per territorio... l’adito Tribunale di Milano deve ritenersi competente a decidere della summenzionata vertenza, quale foro generale delle persone giuridiche ai sensi dell’art. 19 c.p.c.”.
Si dolgono che il giudice abbia erroneamente ritenuto nel caso applicabile l’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, laddove l’art. 46 ne esclude espressamente l’applicabilità ai “contratti relativi a strumenti finanziari”, sicché “la questione sulla derogabilità del foro del consumatore deve ritenersi superata, giacché il presente giudizio ha incontrovertibilmente ad oggetto, per l’appunto, strumenti finanziari, ed in particolare... le obbligazioni emesse dalla Vi.In.”.
“Per mero scopo tuzioristico”, lamentano dovere in ogni caso trovare tutt’al più applicazione il principio affermato da Cass. n. 9314 del 2008 secondo cui “la parte favorita ha facoltà di introdurre la lite sia davanti al giudice indicato nel contratto sia dinanzi a quello che sarebbe competente secondo i criteri ordinari, mentre l’altra parte è obbligata a promuovere eventuali controversie dinanzi al giudice indicato nel contratto”.
I motivi possono congiuntamente esaminarsi, in quanto connessi.
Il ricorso è fondato nei limiti e termini di seguito indicati.
Va anzitutto osservato che, diversamente da quanto sostenuto dagli odierni ricorrenti, correttamente è stata nell’impugnata sentenza presa in considerazione, oltre alla clausola di deroga della competenza prevista nel contratto quadro, anche la clausola g/8) di deroga della competenza territoriale contemplata nel contratto di conto corrente bancario pure stipulato dalle parti, stante la ravvisata interdipendenza nel caso tra i due suindicati contratti in ragione della relativa connessione funzionale, posta in rilievo dal giudice di merito, “come risulta espressamente dalla clausola del contratto di negoziazione, che considera l’esecuzione del contratto all’apertura del conto corrente presso Area Banca, e costituiscano una fattispecie unitaria”.
Ben risulta pertanto dal giudice di merito evinta ed argomentata a tale stregua (cfr., da ultimo, Cass., 17/5/2010, n. 11974) la sussistenza del riscontrato collegamento funzionale (v. al riguardo ad es. artt. 121, comma 1 lett. d), d.lgs. n. 385 del 1993 e 167, comma 6, d.lgs. n. 206 del 2005, come modificato dall’art. 2 d.lgs. n. 141 del 2010) tra i suindicati contratti, decisivo rilievo essendosi al riguardo assegnato alla relativa utilizzazione in combinazione strumentalmente volta a realizzare lo scopo pratico unitario costituente la causa concreta complessiva (specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella - parziale - dei singoli contratti) dell’operazione dalle parti nella specie posta in essere, sicché le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro (cfr. Cass., 27/7/2006, n. 17145), condizionandone la validità e l’efficacia, nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale (cfr. Cass., 28/3/1977, n. 1205; Cass., 11/3/1981, n. 1389; Cass., 15/12/1984, n. 6598; Cass., 20/1/1994, n. 474; Cass., 18/7/2003, n. 11240; e, da ultimo, Cass., 17/5/2010, n. 11974).
Deve altresì sottolinearsi la necessità del contemperamento della disciplina posta dal T.U.B. (d.lgs. n. 385 del 1993, in cui è confluita quella originariamente posta da Legge n. 154 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 141 del 2010) con quella di tutela già dettata agli artt. 1469 bis ss. c.c. ed ora riversata nel c.d. Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005) allorquando colui che accede al servizio bancario sia come nella specie un consumatore, con conseguente applicabilità della regola in tema di competenza territoriale quivi stabilita, esclusiva ma derogabile, del giudice del luogo in cui il medesimo ha la residenza o il domicilio elettivo - c.d. foro del consumatore - (cfr., in relazione a controversia in materia di servizi finanziari - relativi al prestito al consumo-, Cass., 6/9/2007, n. 18743).
Va d’altro canto considerato, quanto al T.U.F. (d.lgs. n. 58 del 1998), che il temporalmente successivo Codice del consumo prevede espressamente la non applicabilità ai contratti relativi agli strumenti finanziari delle sole norme di cui alla sezione I del Capo I del Titolo III della Parte III del Codice del consumo, e non anche di quella (art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005) in tema di foro del consumatore contemplata alla sezione III (art. 46, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005) che va pertanto a contrario ritenuta ai medesimi applicabile, sicché correttamente sono state dal giudice del merito prese in considerazione le clausole in tema competenza territoriale in deroga al foro del consumatore previste sia nel contratto quadro che in quello di c/c bancario.
Deve per altro verso osservarsi che la suindicata clausola g/8) in quest’ultimo contenuta, contemplante la competenza del foro del domicilio del cliente, è stata nella specie, pur prevedendo essa “un foro esclusivo”, dal giudice di merito ritenuta non vessatoria ex art. 1341 c.c., in quanto specificamente approvata per iscritto (cfr. Cass., 14/10/2009, n. 21816).
Detta clausola è stata considerata non vessatoria o abusiva altresì ai sensi dell’art. 33 d.lgs. n. 206 del 2005, in quanto riproduttiva di una disposizione di legge (art. 34, comma 2, d.lgs. n. 206 del 2005) (al riguardo v. peraltro Cass., 26/4/2010, n. 9922; Cass., 26/9/2008, n. 24262; Cass., 22/3/2007, n. 4208).
Atteso quanto sopra, nel sottolineare che “il domicilio del cliente deve intendersi coincidente con il luogo di residenza in assenza di diversa indicazione di domicilio”, il giudice del merito ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale inderogabile sollevata dalla Ba.Ne.In. s.p.a., per violazione dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, argomentando dal rilievo che trattasi di “contratti negoziati fuori dai locali commerciali tra un professionista e un consumatore”, e ritenendo che invalidamente sia stato dai consumatori odierni ricorrenti nel caso adito il giudice del foro della sede della società, anziché’ quello del foro del consumatore.
Contrastante con la lettera e la ragione della richiamata norma di cui all’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005 si afferma nell’impugnata sentenza essere la tesi secondo cui l’inderogabilità del foro del consumatore è vincolante soltanto per il professionista e non anche per il consumatore, sostenendosi che “la possibilità per il consumatore di scegliere il foro competente in funzione di un suo interesse non specificato, che prescinde dal suo luogo di residenza o di domicilio, rimette allo stesso una possibilità di scelta che non ha alcuna connessione con l’esigenza di protezione dello stesso”.
Orbene, siffatto assunto è erroneo.
Posto anzitutto in rilievo che ai fini della deroga del foro del consumatore la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341, 2° co., c.c. è di per sé non esaustiva (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262), stante la diversità degli ambiti soggettivi ed oggettivi di applicazione di tale disciplina rispetto a quella dettata all’art. 1469 bis ss. c.c., e poi riversata nel c.d. Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005); e osservato d’altro canto che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, ad escludere la vessatorietà della clausola di deroga del foro del consumatore non è invero sufficiente la previsione di un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., (v. Cass., 26/4/2010, n. 9922; Cass., 26/9/2008, n. 24262; Cass., 22/3/2007, n. 4208; Cass., 8/3/2005, n. 5007), va sottolineato che il suindicato argomento posto a sostegno della ravvisata inderogabilità assoluta del foro del consumatore contrasta in realtà con la disciplina evincentesi alla stregua dell’interpretazione sistematica e funzionale dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, e più in generale di tutela del consumatore in argomento.
L’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, applicantesi sia ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali (così come ai contratti negoziati a distanza) che ai contratti relativi a strumenti finanziari in quanto l’art. 46 esclude invero l’applicabilità ai medesimi delle (sole) norme di cui alla sezione I e non anche quelle di cui alla sezione III cui esso accede, stabilisce che per le relative controversie civili “la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato”.
A tale stregua, risulta ivi posta un’eccezione alla disciplina dettata, nell’ambito dello speciale sistema di tutela del consumatore, nella parte “generale” di cui al Titolo I (artt. 33-38 d.lgs. n. 206 del 2005), e in particolare all’art. 33, 1° co. lettera u).
Eccezione che si sostanzia nell’inderogabilità unilaterale da parte del “professionista” del foro del consumatore, che ai sensi dell’art. 33 d.lgs. n. 206 del 2005 è viceversa possibile laddove, assolvendo all’onere della prova a suo carico, il medesimo vinca la presunzione di relativa vessatorietà, dimostrando che la deroga al foro del consumatore nello specifico caso concreto non determina un abusivo squilibrio ex art. 33, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005, a danno del consumatore (v. Cass., 20/8/2010, n. 18785; Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262).
Non risulta peraltro prevista alcuna specifica conseguenza o sanzione in ordine alla violazione del disposto dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005.
Come si evince dal tenore dell’art. 38 d.lgs. n. 206 del 2005, deve allora ritenersi trovare in tale ipotesi applicazione non già la disciplina generale di diritto comune del codice civile ex artt. 1419 e 1421 c.c., bensì la regola posta nell’ambito della disciplina “generale” del sottosistema settoriale o parziale in argomento all’art. 36 d.lgs. n. 206 del 2005, prevedente la nullità delle (sole) clausole vessatorie o abusive (il contratto rimanendo valido per il resto).
Trattasi di nullità di protezione (art. 36, comma 3, d.lgs. n. 206 del 2005, regola sintomaticamente accolta - per le ipotesi ivi specificamente previste - anche all’art. 127 d.lgs. n. 385 del 1993, come novellato dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 141 del 2010), operante solamente a vantaggio del consumatore (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262).
A tale stregua essa, pur essendo rilevabile anche d’ufficio dal giudice, non può in ogni caso ridondare a scapito del consumatore medesimo.
Ne consegue che ove ravvisi maggiormente rispondente al proprio interesse non avvalersi del foro del consumatore (nel caso che ne occupa, per avere i consumatori odierni ricorrenti, con domicili in molteplici diverse città, considerato “più vantaggioso concentrare in un unico foro - ovvero innanzi al tribunale di Milano dove la stessa banca convenuta ha, tra l’altro, la propria sede legale - in luogo da quelli, tutti diversi, nei quali ogni singolo soggetto avrebbe dovuto incardinare la sua causa,... così da garantire non solo l’uniformità del giudicato, ma anche consentire un sensibile contenimento dei costi ed una maggiore celerità ed economia processuale”), deve ritenersi al medesimo senz’altro consentito derogarvi, anche unilateralmente, con l’adire un giudice territorialmente competente in base ad uno dei criteri posti agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., ovvero quello indicato nel contratto, rimanendo da siffatta sua scelta comunque non scalfita l’esigenza di tutela contro l’unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del “professionista” che la disciplina in argomento è funzionalmente volta a garantire (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262), anche relativamente alle esigenze del mercato, non prospettandosi in tale ipotesi il giudizio di dannosità sociale sotteso alla sanzione di nullità prevista all’art. 36, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005 (in ordine alla modifica introdotta nel Codice del consumo rispetto alla soluzione dell’inefficacia delle clausole vessatorie ex art. 1469 quinquies c.c., v. la citata Cass., 26/9/2008, n. 24262).
Finalità rispetto alla quale non appare invero ravvisabile un interesse pubblico idoneo a costituire logico e razionale fondamento della pretesa di applicare le soluzioni poste dalla disciplina a tutela del consumatore - e in particolare quella concernente il foro del consumatore - anche a svantaggio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del medesimo (a tale stregua emergendo l’ultroneità nella specie altresì della disciplina prevista all’art. 143 d.lgs. n. 206 del 2005, che non viene pertanto nel caso in applicazione, giacché, a parte il rilievo circa l’ambito di relativa applicazione che appare limitato alla mera disciplina pattizia, in ogni caso inconfigurabile si appalesa invero la possibilità che risulti integrata una violazione dell’interesse generale alla tutela - anche - del mercato in conseguenza del non farsi valere la deroga in questione a svantaggio o contro l’interesse del consumatore).
Sintomatica conferma se ne trae d’altro canto dal rilievo che anche con riferimento alla norma di cui all’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005[come relativamente alla regola emergente dal combinato disposto di cui agli artt. 33 e 36 del Cod. consumo, nonché a quella in termini ancor più generali posta all’art. 28 c.p.c., (pure per le ipotesi di competenza per territorio inderogabile come nella specie previste dalla legge ex art. 28, ultimo inciso c.p.c.) trova applicazione il principio in base al quale l’incompetenza del giudice adito può essere fatta valere dalle parti o rilevata d’ufficio dal giudice solamente entro i limiti temporali (la prima udienza di trattazione) posti dall’art. 38 c.p.c. (v. Cass., 18/10/2010, n. 21379; Cass., 18/3/2009, n. 6579; Cass., 18/6/2008, n. 16557), il cui mancato rispetto determina il consolidamento della competenza territoriale del giudice adito (v. Cass., 11/1/2007, n. 385).
In accoglimento del ricorso deve pertanto dichiararsi la competenza per territorio nel caso del Tribunale di Milano, con enunciazione dei seguenti principi di diritto:
- per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari la competenza territoriale è determinata ai sensi dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, giacché l’art. 46 esclude l’applicabilità ai medesimi delle (sole) norme di cui alla sezione I del Capo I del Titolo III della Parte III del Codice del consumo, e non anche di quelle di cui alla sezione III, cui esso accede;
- per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari il consumatore può adire un giudice diverso da quello del foro del consumatore ex art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, competente per territorio giusta uno dei criteri posti agli artt.18, 19 e 20 c.p.c., senza che, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dal professionista ovvero d’ufficio, tale giudice possa dichiarare la propria incompetenza anche a svantaggio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del consumatore.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Milano. Condanna l’intimata società Ba.Ne.In. s.p.a. al pagamento delle spese del procedimento di regolamento, che liquida in complessivi euro 1.000,00, di cui euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.