usufrutto - uso - abitazione - usufrutto - estinzione e modificazione - estinzione - consolidazione Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 482 del 10/01/2013
Rinuncia all'usufrutto - Natura - Causa - Effetto di consolidamento - Forma ex art. 782 cod. civ. - Necessità - Esclusione. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 482 del 10/01/2013
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 482 del 10/01/2013
La rinuncia all'usufrutto, quale negozio unilaterale meramente abdicativo, ha come causa la dismissione del diritto e, poiché il consolidamento con la nuda proprietà ne costituisce effetto "ex lege", non può essere considerata come una donazione, né necessita della forma prescritta dall'art. 782 cod. civ.
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 482 del 10/01/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Ma..o Fa.. conveniva dinanzi al Tribunale di Fermo Sa.. Franco, Fausto Le.. e Ma..a Pia Fa.., esponendo che: con atto per Notaio Or.. 19/3/1988 aveva donato alla figlia Fa.. Ma..a Pia la nuda proprietà di un fabbricato sito in Sant'Elpidio a Mare, riservandosi l'usufrutto; la donazione aveva riguardato soltanto il fabbricato e non pure il terreno circostante; con dichiarazione unilaterale apparentemente datata 30/9/1988 ma in realtà sottoscritta il 6/7/1995 egli aveva rinunciato al diritto di usufrutto, ed essa dichiarazione era stata depositata presso il Notaio Ci.. come da verbale 6/7/1995 successivamente registrato e trascritto; con atto per notar Ci.. del 10/7/1995 Ma..a Pia Fa.. aveva venduto a Franco Sa.. il complesso immobiliare quale risultante da talune addizioni da lei compiute con esclusione dell'area sottostante e circostante; con atto per notar Ci.. del 2/10/1995 il Sa.. aveva ulteriormente venduto la piena proprietà dell'immobile al Le.. Fausto, il quale ne era entrato materialmente in possesso nell'agosto 1996, data a partire dalla quale era stato inibito ad esso attore di accedere all'immobile e quindi di poter esercitare il diritto di usufrutto. Ciò esposto, Ma..o Fa.. chiedeva: accertarsi la nullità e l'inefficacia della sua rinuncia al diritto di usufrutto;
consequenzialmente dichiararsi la nullità ed efficacia dei successivi contratti di compravendita, ordinarsi a Le.. Fausto l'immediato rilascio dell'immobile; condannarsi Sa.. Franco e Le.. Fausto al risarcimento dei danni da mancato godimento dell'immobile ed in più il Le.. al risarcimento dei danni relativi alla dazione di ipoteca in favore della Banca Popolare di Ancona; in via subordinata, chiedeva altresì accertarsi che mai era stata donata la nuda proprietà e mai era stato rinunciato il diritto di usufrutto riguardo all'area circostante e sottostante il fabbricato oggetto delle due compravendite.
Resistevano alle domande Sa.. Franco e Le.. Fausto; rimaneva contumace Fa.. Ma..a Pia.
Con sentenza 22/12/2000 - 12/1/2001 il Tribunale di Fermo respingeva tutte le domande, condannando l'attore alle spese di lite. Con sentenza dep. il 25 marzo 2006 la Corte di appello di Ancona rigettava l'impugnazione principale proposta dall'attore nonché quelle incidentali.
Per quel che ancora interessa nella presente sede, nell'esaminare la domanda subordinata proposta dall'attore sulla quale, come denunciato dall'appellante, il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi, i Giudici escludevano che il terreno circostante il fabbricato oggetto di donazione della nuda proprietà e poi di rinuncia all'usufrutto, non fosse stato oggetto di tali atti sul rilievo che, a stregua della descrizione ivi contenuta, era specificato che dell''atto di donazione era anche il terreno della superficie complessiva, tra coperta e scoperta, di are 40.70 (quaranta e centiare settanta), confinante nel suo complesso con residua proprietà del donante a due lati, eredi Fa.. Filippo, strada provinciale Fratte in catasto al foglio 26, part.lla 282 (ex 65-b)"; era così evidente che i confini riguardavano l'area di mq. 4.070 e non, come invece preteso dall'attore, il solo fabbricato, e che tale area fosse in parte "scoperta" ovvero circostante il fabbricato, con evidente destinazione a corte servente quantomeno il locale laboratorio posto al piano terra.
La rinuncia all'usufrutto doveva considerarsi donazione indiretta e, come tale, non era soggetta ai requisiti di forma prescritti dall'art. 782 cod. civ..
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Fa.. Ma..o sulla base di quattro motivi.
Resistono con controricorso Franco Sa.. e Fausto Le.. Ma..o Fa.. e il Sa.. hanno depositato meMo..a
illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. - Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 cod. civ., censura la interpretazione dell'atto di donazione e dell'atto di rinuncia laddove la sentenza aveva ritenuto che oggetto di tali atti dispositivi fosse pure il terreno circostante il fabbricato, limitandosi al tenore letterale del testo senza indagare la effettiva volontà delle parti: al riguardo si osserva che i Giudici avevano omesso di esaminare le planimetrie allegate all'atto del 10-3-1988 (concernenti il solo fabbricato e non pure il terreno) e la nota di trascrizione allegata al verbale di ricezione della rinuncia all'usufrutto, in cui erano riportate le particelle soltanto del fabbricato.
I Giudici avrebbero dovuto prendere in considerazione il comportamento tenuto anche successivamente dall'attore, il quale aveva continuato a godere in via esclusiva del terreno che aveva sempre coltivato così come emerso dalle prove escusse in primo grado.
1.2. - Il motivo va disatteso.
I Giudici hanno evidenziato che, in considerazione del chiaro tenore letterale del testo degli atti di donazione e di rinuncia, non sussistevano dubbi su quella che era stata l'effettiva intenzione delle parti circa i beni che ne avevano formato oggetto, essendo stata indicata la superficie di mq 4070 in parte scoperta. Alla stregua di tali considerazioni, la mancata indicazione nella planimetria delle particele catastali relative al terreno è circostanza scarsamente significativa, perché non può di per sè ritenersi espressine di una volontà che, secondo quanto accertato dai Giudici, era stata espressa in modo univoco nella donazione:
d'altra parte, è riservato all'apprezzamento del Giudice di merito il compito di verificare la reale intenzione dei contraenti anche nel caso in cui vi sia un contrasto fra le dichiarazioni espresse nel testo contrattuale e le risultanze delle planimetria che le parti abbiano richiamato nella descrizione del bene oggetto del contratto. La Corte ha ritenuto che l'interpretazione letterale del testo non lasciava dubbi (risulta evidente) circa l'oggetto della donazione (area in parte scoperta di mq. 4070), mentre, anche a prescindere dal chiaro tenore delle espressioni usate, il comportamento successivo unilateralmente tenuto dall'attore era da considerare privo di alcuna rilevanza, dovendo eventualmente essere considerato quale indice della intenzione consacrata nel negozio il comune comportamento tenuto dalle parti. Qui occorre solo accennare che, in tema di interpretazione del contratto, il giudice di merito, nel rispetto degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, deve preliminarmente procedere all'interpretazione letterale dell'atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonché delle une per mezzo delle altre,dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine. Solo qualora dimostri, con argomentazioni convincenti, l'impossibilità (e non la mera difficoltà) di conoscere la comune intenzione delle parti attraverso l'interpretazione letterale, potrà utilizzare i criteri sussidiar di interpretazione, in particolare il comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto ed il principio di conservazione (Cass. 9786/2010). D'altra parte per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra. (Cass. 7500/2007;
24539/2009; nella specie, l'Interpretazione data dai Giudici è immune da vizi logici.
2.1. - Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 817 cod. civ., censura la sentenza che aveva ritenuto la sussistenza di un rapporto pertinenziale tra il fabbricato e il terreno senza avere verificato l'elemento soggettivo necessario ovvero la volontà del proprietario di destinare la cosa accessoria al servizio di quella principale: volontà eh era esclusa dal comportamento successivo tenuto dal Fa..
2.2.- Il motivo va disatteso.
Il riferimento alla destinazione del terreno a corte servente del fabbricato è stato formulato evidentemente ad abundantiam, dal momento che, per quel che si è detto, l'esame del testo contrattuale aveva portato i Giudici a ritenere che la volontà delle parti aveva incluso anche l'area scoperta e non solo il fabbricato nell'oggetto della donazione: tale considerazione era assorbente di ogni altro rilievo.
3.1. - Il terzo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia censura la sentenza impugnata che, nel ritenere immotivatamente anche il terreno circostante al fabbricato oggetto della donazione e dell'atto di rinuncia, non aveva non aveva esaminato le planimetrie e la nota al verbale di rinuncia.
3.2. - Il motivo è inammissibile.
Ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), 2), 3) e 4), e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
In particolare, nel caso in cui, come nella specie, si denunci il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, l'illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto, sia stato determinante della decisione impugnata. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia fosse ricondotta nell'ambito delle attribuzioni conferite dall'art. 360 c.p.c., n. 5 al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l'analisi del provvedimento impugnato, posto che il vizio di motivazione deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato, non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l'esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l'esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l'esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa.
Ne consegue che nella specie il motivo si sarebbe dovuto concludere con il momento di sintesi nel quale fosse indicato sia il fatto controverso sia il vizio della motivazione con la quale era stata Ri....lta la controversia: tale onere non è stato certo ottemperato dalla ricorrente, la quale con il ricorso in realtà sottopone a critica l'apprezzamento delle risultanze processuali, riservato al giudice di merito.
4.1.- Il quarto motivo, lamentando omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, deduce l'omessa motivazione in merito all'accertamento della natura pertinenziale del terreno.
4.2.- Il motivo è inammissibile ex art. 366 bis citato per le medesime considerazioni sopra formulate in occasione del precedente motivo.
5.1.- Il quinto motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 782 e 809 cod. civ.) censura la sentenza impugnata laddove aveva escluso la natura di donazione diretta dell'atto di rinuncia all'usufrutto, il quale andava necessariamente collegato con l'atto di donazione della nuda proprietà, e dove rivestire la forma scritta prevista ad substantiam.
5.2.- Il motivo è infondato.
La rinuncia meramente abdicativa è un negozio unilaterale che ha come causa la dismissione del diritto e, tenuto conto che il consolidamento con la nuda proprietà è un effetto ex lege, la stessa non può essere considerata come donazione: non era, dunque, necessario il requisito di forma prescritto dall'art. 782 cod. civ.. Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida: a) a favore del Le.. in Euro 2.700,000 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge; b) a favore del Sa.. in Euro 1.500,000 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.300,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 novembre 2012. Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2013
riferimenti normativi|blue
Cod_Civ_art_0782, Cod_Civ_art_1014