scioglimento - divorzio - obblighi - verso l'altro coniuge - assegno Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 10210 del 16/05/2005
Determinazione - Tenore di vita antecedente al divorzio - Potenzialità economiche dei coniugi - Rilevanza. Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 10210 del 16/05/2005
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 10210 del 16/05/2005
In tema di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella disciplina dettata dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, come modificato dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987, il tenore di vita goduto durante il matrimonio, cui rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente l'assegno di divorzio, è quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali, e non già quello tollerato o subito od anche concordato con l'adozione di particolari criteri di suddivisione delle spese familiari e di disposizione dei redditi personali residui.
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 10210 del 16/05/2005
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1 Con ricorso del 10 febbraio 1995, Giuseppe Ba.. chiese al Tribunale di Torino di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio, che egli aveva contratto con Nicolina Na.. il 17 aprile 1955 e dal quale erano nati due figli, ormai maggiorenni, precisando che la separazione personale dalla moglie - che si era protratta dal 18 febbraio 1986 - era stata pronunciata dal Tribunale di Torino con sentenza, passata in giudicato, del 29 maggio 1990, con la quale la separazione stessa era stata addebitata ad entrambi i coniugi ed era stata respinta la domanda della moglie, tendente ad ottenere l'assegno di mantenimento.
Costituitasi, la Na.., non opponendosi alla domanda di divorzio, chiese l'attribuzione di un assegno quantificato in L. 1.000.000 mensili.
Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 20 novembre 1997, dichiarò la cessazione degli effetti civili del predetto matrimonio e, con successiva sentenza n. 5770 del 26 giugno 2001, respinse la domanda di attribuzione dell'assegno divorzile.
1.2 A seguito di appello della Na.. - cui resistette il Ba.. - la Corte d'Appello di Torino, con sentenza n. 881/02 del 23 aprile 2002, in riforma della sentenza n. 5770 del 2001, dichiarò tenuto e condannò il Ba.. a versare alla ex moglie l'assegno di divorzio ammontante ad euro 500,00 mensili, automaticamente ed annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat del costo della vita. In particolare, e per quanto in questa sede rileva, la Corte torinese ha così, testualmente, motivato la decisione: A)- "... ai fini della configurazione dell'an debeatur (dell'assegno divorzile) ... è possibile affermare che rileva il criterio assistenziale, inteso nel senso della mancanza di redditi adeguati in capo all'ex coniuge richiedente ... . L'adeguatezza deve essere valutata in relazione al tenore di vita goduto dall'ex coniuge richiedente in costanza di matrimonio ed alle ragionevoli aspettative in lui maturate durante il matrimonio, sussiste perciò in capo all'ex coniuge il diritto di ottenere il riconoscimento di un assegno di divorzio quando il suo attuale tenore di vita sia inferiore ed inadeguato rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale e rispetto alle aspettative maturate durante il matrimonio. Si può aggiungere che nell'effettuare tale raffronto rileva l'apprezzabile equilibrio fra la posizioni economiche dalle parti". B)- "Orbene, è emerso che nel corso del 35 anni di convivenza i coniugi hanno duramente lavorato nel negozio di colori; la moglie ha inoltre allevato due figli. Con i provanti dell'attività svolta a con una impostazione di vita caratterizzata dal risparmio i coniugi sono riusciti nel corso della lunga convivenza a costituire un patrimonio immobiliare, rientrante nella comunione legale perché acquistato dopo l'anno 1975". B1)- "è emerso che oggi tale patrimonio comune immobiliare ammonta a quasi un miliardo e ottocento milioni di lire e che la metà dai canoni di locazione, spettante alla moglie, ha fornito a costei un reddito che nell'anno 1998 è stato caratterizzato dall'imponibile di circa 38.500.000 lire... . È vero che la Na.. ha ammesso innanzi all'istruttore che nel 1997 ella aveva percepito canoni per 43 milioni di lire, ma tale ammissione non prova il vero reddito perché dal predetto importo si devono detrarre le spese.
Quindi il reddito dalla Na.. ammonta a circa netti tre milioni di lire al mese. È vero che la predetta nel 1985 ha ricevuto dal marito 75 milioni di lire, corrispondenti alla metà del denaro depositato su un conto corrente cointestato; la Na.. ha però dichiarato di aver ormai consumato la predetta somma, destinata al pagamento di lavori di ristrutturazione dell'alloggio in cui vive ed a sostenere le spese straordinarie. Ciò è verosimile, tenuto conto del tempo passato". B2)- "il marito, oltre all'eguale reddito tratto dal patrimonio comune, percepisce la pensione e la somma di L. 2.000.000 al mese per canoni riferiti a diversi immobili sul quali non esiste alcun diritto della moglie (circostanza ammessa dal Ba.. nel corso dell'interrogatorio formale). Prima dall'anno 1975, quando non vigeva il regime dalla comunione del beni acquistati durante il matrimonio, il Ba.., che nell'ambito della famiglia gestiva le questioni economiche, ha fatto altri acquisti che risultano aver fatto parte della sua proprietà esclusiva. Al riguardo il predetto ha venduto dopo la separazione tre ville di cui era proprietario esclusivo (circostanze provate documentalmente...). Inoltre il predetto risultava aver pochi mesi prima della cessazione della convivenza coniugale un capitale di 310 milioni di lire (valuta 1985!) su un conto corrente di corrispondenza intrattenuto da lui solo presso la Banca Commerciale Italiana.
La circostanza non e contestata ed è stata documentalmente provata dalla Na.. ... . Quindi si può affermare - pur senza parlare della buonuscita di 130 milioni, ammessa dal Ba.. al teste Faccioli, ma smentita dalla documentazione prodotta - che il Ba.. oltre al patrimonio immobiliare cointestato alla moglie, al momento della separazione era titolare, a sua volta ed in via esclusiva, di un parallelo patrimonio la cui consistenza era cospicua". B3)- "Indipendentemente da quanto risulta dalla dichiarazione dei redditi si può affermare che la posizione economica del Ba.. sia decisamente migliore rispetto a quella della moglie, la quale alla fine vive con la somma di tre milioni di lire al mese, che, di fronte a esigenze impreviste, può è vero alienare parte dei suoi immobili ma che in tal modo riduce il suo reddito che mensilmente le permette di vivere. La Na.. può in tal modo vivere decorosamente ma la sua posizione, raffrontata con quella del marito, è decisamente inferiore, atteso lo squilibrio patrimoniale fra i coniugi esistente già al momento della fine della convivenza". C)- "Orbene a giudizio di questa Corte il riferimento al tenore di vita avuto dai coniugi nel corso della convivenza matrimoniale non deve fare riferimento a quanto in concreto era avvenuto (come invece ha sostenuto il Tribunale) ma deve consistere in un concetto astratto di tenore di vita, vale a dire che si deve considerare rilevante ai fini della decisione la Fa.. socio economica consona alle potenzialità economiche della coppia. In fatto che i coniugi Ba.. in concreto avessero tenuto un tenore di vita Ba..., all'insegna del risparmio, diviene oggi irrilevante se si può affermare che i predetti, in relazione alle loro cospicue sostanze (e si parla di patrimonio cointestato e di patrimonio intestato al solo marito), avrebbero potuto avere un tenore di vita alto, per cui il raffronto che il giudice del divorzio deve operare fra l'attuale tenore di vita e quello pregresso del coniuge richiedente deve fare riferimento per il passato ad un concetto astratto di tenore di vita. In caso contrario, nel raffrontare i due tenori di vita (quello attuale e quello concretamente avuto durante il matrimonio), si giungerebbe a commettere gravi ingiustizie in danno del coniuge più deBo.. nel caso di tenore di vita modesto, imposto dal marito durante la convivenza matrimoniale nonostante la presenza di un cospicuo patrimonio; inoltre si giungerebbe a compromettere la ratio della legge che, pur volendo escludere che il matrimonio costituisca una mera rendita di posizione, finirebbe però in tal modo per sacrificare i diritti che nascono dal matrimonio. È veramente riduttivo sostenere che oggi la moglie godrebbe dei frutti e delle conseguenze dei sacrifici da lei stessa fatti durante i trentacinque anni di convivenza perché se da un lato ciò è vero, dall'altro si deve però tener presente quanto il marito ha accantonato in più nello stesso periodo di convivenza coniugale. Appare quindi corretto oggi raffrontare il reddito della moglie con quello astratto che ella avrebbe potuto avere durante la convivenza matrimoniale, tenuto presente il patrimonio comune e quello esclusivo del marito e considerata la Fa.. socio economica consona alle potenzialità economiche della coppia. D'altro lato la Suprema Corte, in situazione diversa in cui tale patrimonio ancora non esisteva, ha affermato che il tenore di vita da utilizzare come termine di raffronto non è soltanto quello concretamente goduto in costanza di matrimonio ma anche quello che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, pur se realizzatasi solo al momento del divorzio... ovvero su miglioramenti che costituiscono sviluppi naturali e prevedibili dell'attività svolta dal coniuge durante il matrimonio... . A maggior ragione è doveroso nel caso in esame fare riferimento ad un concetto astratto di pregresso tenore di vita, considerato che tale patrimonio (comune o in proprietà esclusiva) già esisteva al momento della separazione, anche se non era del tutto No... alla moglie". D)- "Raffrontando quindi il pregresso tenore di vita astratto, commisurato all'entità considerevole del patrimonio (compreso quello di proprietà esclusiva del marito) e l'odierno tenore di vita che la moglie può condurre, con la titolarità del patrimonio già comune (la divisione è avvenuta in corso di causa) e con i relativi canoni di locazione, si può concludere osservando che vi è uno squilibrio, considerata la rilevanza in termini economici del patrimonio di proprietà esclusiva del marito che, unitamente a quello comune, avrebbe potuto permettere alla famiglia di aver un ottimo tenore di vita. Su tali premesse si ritiene che vi sia spazio per un assegno di divorzio, attesa la attuale inadeguatezza del tenore di vita della moglie rispetto all'ottimo tenore di vita che avrebbe potuto avere durante il matrimonio. Considerata la durata della convivenza matrimoniale appare giusto fissare l'importo dell'assegno de quo in 500 euro mensili...".
1.3 Avverso tale sentenza Giuseppe Ba.. ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi di censura.
Resiste, con controricorso, Nicolina Na..
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1 Con il primo motivo (con cui deduce "Violazione e/o errata applicazione dall'articolo 5 della legge 1.12.1970 n. 898 anche in relazione al disposto degli articoli 156 del codice civile e 29, 30, 31 della Costituzione"), il ricorrente critica la sentenza impugnata sostenendo: a) - che l'affermazione della Corte torinese - secondo cui "il riferimento del tenore di vita avuto dai coniugi nel corso della convivenza matrimoniale non deve fare riferimento a quanto in concreto era avvenuto (come invece ha sostenuto il Tribunale) ma deve consistere in un concetto astratto di tenore di vita, vale a dire che si deve considerare rilevante ai fini della decisione la Fa.. socio economica consona alle potenzialità economiche della coppia" (cfr., supra, n. 1.2 lett. C) - si discosterebbe nettamente da quello che la stessa Corte riconosce essere il costante orientamento della Corte di Cassazione giusta il quale "la corretta interpretazione dell'articolo 5 della legge 898/1970 impone che sia fatto riferimento al tenore di vita concretamente goduto dai coniugi in costanza di matrimonio e non ad un tenore di vita potenziale od astratto" (cfr. Ricorso, pag. 5);
b)- che "le somme sufficienti a superare l'inadeguatezza alla conservazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio costituiscono il tetto massimo della, misura dell'assegno"; e che da tale espressione "si evince che l'assegno divorzile non potrà mai procurare all'ex coniuge un tenore di vita superiore a quello concretamente goduto in costanza di matrimonio" (cfr. Ricorso, pag. 6); c) - che, altrimenti opinando, in conformità a quanto affermato dai Giudici a quibus, "lo scioglimento del vincolo coniugale potrebbe comportare (e comporterebbe nel caso in esame) non le conseguenze pregiudizievoli alla cui eliminazione è finalizzato l'assegno divorzile..., ma l'insorgere del diritto ad una rendita di posizione del tutto svincolata da un riferimento concreto alla realtà vissuta nel contesto economico (ma non soltanto economico) della vita coniugale" (cfr. Ricorso, pagg. 6-7); con l'ulteriore conseguenza che il divorzio, anche in contrasto con la preminenza riconosciuta dalla Costituzione al fondamento matrimoniale della famiglia, comporterebbe una tutela maggiore, limitatamente all'aspetto patrimoniale, rispetto a quella accordata dal legislatore nella disciplina dell'assegno di mantenimento nella fase della separazione personale. Con il secondo motivo (con cui deduce: "Violazione e/o errata applicazione dell'articolo 5 della legge n. 898/70 e motivazione omessa od insufficiente od incongrua su un punto decisivo della controversi"), il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo: a) - che "la Corte d'Appello è incorsa in errore, allorché ha ritenuto che l'articolo 5 della legge 898/70 e la sua applicazione imponessero di ricorrere ad un concetto astratto di tenore di vita riferito non alla realtà della vita di coppia, ma astrattamente alla vita di una Fa.. socio-economica non definita e qualificata esclusivamente dalla potenzialità economica dalla coppia"; b) - che "non ha motivato, o ha motivato in maniera insufficiente od incongrua, il proprio scostamento dall'insegnamento consolidato della Suprema Magistratura non ha indicato ne' i criteri adottati per individuare la Fa.. socio-economica ritenuta elemento di riferimento, ne' quale sarebbe il tenore di vita astratto proprio di quella Fa.. e l'entità dei redditi occorrenti per mantenerlo, ne', infine, i motivi che avrebbero reso non più attuale il Ba... tenore di vita tenuto sino a quel momento dai coniugi... non dice perché il tenore di vita modesto sarebbe inevitabilmente 'imposto dal marito'"; C - che "la Corte avrebbe dovuto quindi dire e motivare... perché ai coniugi Ba..-Na.. sia applicabile la disciplina di un caso particolare, a loro estraneo, tenuta presenta la realtà di fatto (come si evince dalla sentenza di separazione, dalla quale risulta che gli addebiti mossi dalla moglie al marito non concernevano l'imposizione di un tenore di vita di sacrificio in contrasto con le disponibilità economiche della coppie) ed anche tenuta presente la verità processuale posto che le cause e l'addebitabilità del Ba... tenore di vita non sono state oggetto di indagine ne' di pronuncia, neppure implicita" (cfr. Ricorso, pagg. 10-12).
Con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione dell'articolo 5 della legge 1^ dicembre 1970 n. 898, omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia."), il ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che la Corte torinese, nel determinare l'entità dell'assegno divorzile, non avrebbe preso in considerazione - e non avrebbe neppure motivato sull'omissione relativa - i criteri stabiliti dalla legge ed in particolare il criterio delle "ragioni" che avevano condotto al divorzio: ragioni, emergenti chiaramente dalla sentenza di separazione, addebitata ad entrambi i coniugi, dalla quale "risulta però che durante la convivenza coniugale, la moglie aveva tenuto, nei confronti del marito ma anche dei figli, un comportamento di sicuro disfacimento della famiglia che indubbiamente non avrebbe mai consentito la ricostituzione del rapporto matrimoniale (cfr. Ricorso, pag. 13).
2.2 Il ricorso deve essere respinto.
Va, innanzitutto, sottolineato che la Corte torinese - nell'individuazione dei principi, sui quali fondare il giudizio di spettanza del diritto all'assegno di divorzio (cfr., supra, n. 1.2 lett. A) - ha correttamente applicato alla fattispecie il costante orientamento espresso da questa Corte, a partire dalle pronunce delle Sezioni Unite nn. 11490 e 11492 del 1990, sempre confermato dalle Sezioni semplici (cfr., e piuribus e tra le ultime, sentt. nn. 14004 del 2002 e 4040 del 2003), secondo cui l'assegno periodico di divorzio, nella disciplina introdotta dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987, modificativo dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970, ha carattere esclusivamente assistenziale, in quanto la sua attribuzione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mesti del coniuge istante - da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre - a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando, invece, l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali debbono essere tendenzialmente ripristinate, al fine di ristabilire un certo equilibrio.
Ciò premesso, il nucleo centrale delle critiche, mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata e formulate nel primo ed in parte nel secondo motivo, sta nel rilievo, secondo cui i Giudici a quibus sarebbero incorsi in errore, laddove hanno ritenuto che l'applicazione dell'art. 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970 imponesse il riferimento ad un concetto "astratto" di tenore di vita e non già, correttamente, al tenore di vita "concretamente" tenuto dai coniugi manente matrimonio, tenuto conto che, nella specie, i Giudici stessi hanno affermato che i coniugi hanno mantenuto "una impostazione di vita caratterizzata dal risparmio" e "tenuto un tenore di vita Ba..., all'insegna del risparmio" (cfr., supra, n. 2.1).
Tale critica è priva di fondamento.
In proposito, deve essere ribadito, in limine, che l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relaziona all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che potava legittimamente fondarvi su aspettative maturata nel corso dal matrimonio, fissata al momento del divorzio, e quindi procedere ad una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l'inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo della misura dell'assegno; e che, nella seconda fase, il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5 comma 6 (nel testo modificato dalla legge n. 74 del 1987), i quali, quindi, agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono, in ipotesi estreme, valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurata dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (cfr., e pluribus, sentt. nn. 4809 del 1998, 6660 del 2001, 4040 del 2003 cit.).
Più specificamente, questa Corte ha, più volte (cfr., e pluribus. sentt. nn. 6660 del 2001 cit. 6541 del 2002), affermato che il tenore di vita, cui rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente l'assegno di divorzio, è quello offerto dalla potenzialità economiche del coniugi - ossia dell'ammontare complessivo dei loro redditi e della loro disponibilità patrimoniali - non già quello tollerato, o subito, od anche concordato con l'adozione di particolari criteri di suddivisione delle spese familiari e di disposizione dei redditi personali residui.
Orbene, nel caso di specie, la Corte torinese - dopo aver minuziosamente analizzato e dato conto dei redditi e dei cespiti patrimoniali disponibili da ciascuno dei coniugi al momento del divorzio (cfr., supra, n. 1.2 lett. B1-B2); e dopo avare, conseguentemente, sottolineato, da un lato, come la posizione economica del Ba.. sia decisamente migliore rispetto a quello della moglie" e, dall'altro, come la Na.., con un reddito mensile di tre milioni, "può in tal modo vivere decorosamente ma la sua posizione, raffrontata con quella del marito, i decisamente inferiore, atteso lo squilibrio patrimoniale fra i coniugi esistente già al momento della fine della convivenze" (cfr., supra, n. 1.2 lett. B3) - ha fondato il giudizio di spettanza dell'assegno di divorzio all'odierna controricorrente sulle concorrenti affermazioni, secondo cui il riferimento al tenore di vita avuto dai coniugi nel corso della convivenza matrimoniale non deve fare riferimento a quanto in concreto era avvenuto (come invece ha sostenuto il Tribunale) ma deve consistere in un concetto astratto di tenore di vita, vele a dire si deve considerare rilavante ai fini della decisione la Fa.. socio economica consona alle potenzialità economiche dalla coppia; secondo cui il fatto che i coniugi Ba.. in concreto avessero tenuto un tenore di vita Ba..., all'insegna del risparmio, diviene oggi irrilevante se si può affermare che i predetti, in relazione alle loro cospicue sostanze (e si parla di patrimonio cointestato e di patrimonio intestato al solo marito), avrebbero potuto avere un tenore di vita alto per cui il raffronto che il giudice del divorzio deve operare fra l'attuale tenore di vite, e quello pregresso del coniuge richiedente deve fare riferimento per il passato ad un concetto astratto di tenore di vita;
e secondo cui appare quindi corretto oggi raffrontare il reddito della moglie con quello astratto che ella avrebbe potuto avere durante la convivenza matrimoniale tenuto presente il patrimonio comune e quello esclusivo del marito e considerate la Fa.. socio economica, consona alle potenzialità economiche della coppia". Al di là di imprecisioni terminologiche e concettuali (laddove si allude ad un "concetto astratto di tenore di vita" ed alla necessità di "raffrontare il reddito della moglie con quello astratto che ella avrebbe potuto avere durante la convivenza matrimoniale") - che possono essere corretta ai sensi dell'art. 384 comma 2 cod. proc. civ. -, non v'è alcun, dubbio che, sul punto, la ratio decidendi della sentenza impugnata sia legittima infatti, i Giudici d'appello hanno sostanzialmente affermato che il tenore di vita, al quale rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione della Na.., richiedente l'assegno di divorzio, e proprio quello dato dalle "potenzialità economiche della coppia" (espressione, questa, utilizzata più volte) al momento del divorzio, vale a dire dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dei loro cespiti patrimoniali, in precedenza minuziosamente analizzati e comparati. In tale prospettiva, perdono consistenza anche le critiche mosse alla motivazione della sentenza impugnata, formulate nel secondo motivo di censura. Quanto alla pretesa, mancata indicazione specifica dei criteri di individuazione della Fa.. socio-economica pertinente alla coppia, è sufficiente osservare che dal complesso della motivazione e, in particolare, dalla dettagliata analisi della situazione reddituale e patrimoniale della famiglia e propria del Ba.. al momento della cessazione della convivenza emerge con chiarezza che i Giudici d'appello hanno legittimamente inferito le potenzialità economiche della coppia e, quindi, il corrispondente tenore di vita che le si addiceva, definito "ottimo" (cfr., in questo senso, ad es., Cass. sentt. nn. 8225 del 2000 e 7068 del 2001). Quanto, poi, alla pretesa, omessa indicazione dei Motivi che avrebbero reso non più attuale il Ba... tenore di vita tenuto a quel momento dai coniugi e dei motivi giustificativi dell'affermazione secondo cui il tenore di vita modesto sarebbe stato "imposto dal marito", è parimenti sufficiente osservare, per un verso, che la Corte torinese, in conformità all'orientamento di questa Corte dianzi ricordato, ha ritenuto "irrilevante", ai fini del giudizio di spettanza dell'assegno di divorzio, il Ba... tenore di vita tenuto dalla coppia in costanza di convivenza rispetto a quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi; e, per l'altro, che l'affermazione secondo cui detto tenore di vita sarebbe stato "imposto" dal marito, è del pari irrilevante, tenuto conto - si ribadisce - che il tenore di vita rilevante ai fini del giudizio di spettanza dell'assegno di divorzio non può mai essere quello tollerato o subito dal coniuge richiedente, od anche quello concordato tra i coniugi.
Infine, anche il terzo motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte (cfr., e pluribus, sentt. nn. 317 del 1988, 12182 del 1999, 13068 del 2001, 13169 del 2004) affermato che, con riguardo alla quantificazione dell'assegno di divorzio, deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione - da parte del giudice, che dia adeguata giustificazione della propria decisione - di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento, di cui all'art. 5 comma 6 dalla legge n. 898 dal 1970 (nel testo modificato dalla legge n. 74 dal 1987), per la determinazione dell'importo spettante all'ex coniuge, anche in relazione alla deduzioni ed alle richiesta delle parti, salva restando le valutazione della loro influenza sulla misura dell'assegno.
Ciò posto, la Corte torinese (cfr., supra, n. 1.2 lett. B e D), dandone adeguata giustificazione ai fini dell'attribuzione dell'assegno di divorzio all'odierna controricorrente, ha preso in ponderata e bilaterale considerazione i criteri di legge, valorizzando quelli della durata del matrimonio 35 anni), del contributo personale ed economico dato anche dalla Na.. alla conduzione familiare (l'allevamento di due figli da parte della madre) ed alla formazione del patrimonio comune (orbene è emerso che nel corso dei 35 anni di convivenza i coniugi hanno duramente lavorato nel negozio di colori; la moglie ha inoltre allevato due figli. Con i proventi dell'attività svolta e con la impostazione di vita caratterizzata dal risparmio i coniugi sono riusciti nel corso della lunga convivenza a costituire un patrimonio immobiliare, rientrante nella comunione legale perché acquietato dopo l'anno 175"), della deteriore, rispetto a quella del Ba.., condizione reddituale e patrimoniale della moglie, in questo contesto, l'omessa considerazione del criterio delle "ragioni della decisione" appare irrilevante, segnatamente perché la pronuncia di separazione con addebito ad entrambi i coniugi priva sostanzialmente di valore orientativo, ai fini della quantificazione dell'assegno di divorzio - in assenza di specifiche deduzioni delle parti, relative al comportamento dei coniugi successivo alla separazione (cfr. e pluribus, sent. n. 15055 del 2000) - il criterio medesimo. 2.3 Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi E. 1500,00, ivi compresi E. 1400,00 per onorari, oltre alle spese generale ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 aprile 2005.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2005