Minori - obblighi di assistenza familiare - Danno morale della moglie separata
8 Maggio 2010 - Minori - obblighi di assistenza familiare - Danno morale della moglie separata - Violazione articolo 570 c.p., per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore - in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore eta' dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi tali mezzi di sussistenza - la moglie separata costituitasi parte civile, pur non essendo, nella fattispecie in esame, parte direttamente offesa dal reato, e' persona danneggiata dallo stesso e, come tale, legittimata a far valere le proprie pretese risarcitorie in sede penale anziche' nella sede monitoria civile. Alla donna, puo' essere riconosciuto il risarcimento del danno morale, avendo la condotta illecita del marito inciso sulla sua situazione personale, creandole disagi e sofferenze (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14906)
Minori - obblighi di assistenza familiare - Danno morale della moglie separata - Violazione articolo 570 c.p., per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore - in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore eta' dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi tali mezzi di sussistenza - la moglie separata costituitasi parte civile, pur non essendo, nella fattispecie in esame, parte direttamente offesa dal reato, e' persona danneggiata dallo stesso e, come tale, legittimata a far valere le proprie pretese risarcitorie in sede penale anziche' nella sede monitoria civile. alla donna, puo' essere riconosciuto il risarcimento del danno morale, avendo la condotta illecita del marito inciso sulla sua situazione personale, creandole disagi e sofferenze (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14906)
Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14906
FATTO
Con sentenza in data 9-12-2005 il Tribunale di Milano ha dichiarato Br. Lo. colpevole del reato di cui all'articolo 570 c.p., per aver fatto mancare dal *** (data della sentenza di condanna emessa per lo stesso reato dal Tribunale di Verona) i mezzi di sussistenza alla figlia minore So. e, con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, lo ha condannato, con la riduzione per il rito abbreviato, alla pena di mesi due di reclusione ed euro 300,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e morali in favore della parte civile, liquidati in euro 18.000,00.
Con sentenza in data 20-11-2008 la Corte di Appello di Milano, ritenuti i fatti oggetto del presente procedimento in continuazione con quelli decisi dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 2-12-2004, ha aumentato la pena inflitta con tale ultima decisione di mesi uno di reclusione ed euro 100,00 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Ricorre il Br. , mediante il suo difensore, dolendosi con un primo motivo della mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni svolte nelle memorie depositate ed alla cospicua documentazione prodotta dalla difesa dell'imputato.
Con un secondo motivo il ricorrente lamenta l'erronea applicazione degli articoli 438 ss. c.p.p.. Deduce che, pur avendo l'imputato subordinato la richiesta di rito abbreviato all'acquisizione di documentazione circa l'attuale reddito della denunciarne, quest'ultima, in primo grado, oltre alla dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2003, ha prodotto numerosi documenti attestanti le spese dalla stessa sostenute. Fa presente che, benche' la Corte di Appello abbia affermato che non e' stato data alcuna rilevanza a tali documenti, che la difesa aveva chiesto di stralciare, e' proprio sulla base di detta documentazione che il giudice di primo grado ha quantificato i bisogni della minore.
Con un terzo motivo viene dedotta la mancata valutazione delle prove indicate dalla difesa a sostegno del proprio assunto.
Con un quarto motivo il ricorrente denuncia l'erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 570 c.p.. Sostiene che, ai fini della configurazione del reato contestato, si deve verificare se al minore sono venuti a mancare i mezzi di sussistenza, non essendovi alcuna interdipendenza tra tale fattispecie criminosa e l'assegno liquidato dal giudice civile. Deduce che, nel caso di specie, i giudici di merito, nel quantificare i bisogni della figlia, hanno tenuto conto di costi non necessari, e che dalle risultanze probatorie e' emerso che la minore non si e' mai venuta a trovare in stato di bisogno. Fa presente che il giudice del gravame, nel ritenere inidoneo ad escludere la sussistenza del delitto in esame il pagamento della somma mensile di euro 500,00, si e' discostato, senza dar conto delle ragioni della sua decisione, dalla precedente pronuncia adottata dalla Corte di Appello di Venezia, la quale, in relazione al periodo immediatamente precedente a quello oggetto del presente procedimento, ha ritenuto sufficiente il pagamento, da parte del Br. , della somma mensile di euro 425,00. Rileva che la motivazione e' lacunosa anche nella parte in cui ha ritenuto il dolo dell'imputato, omettendo di considerare che quest'ultimo, alla luce delle valutazioni espresse nella richiamata sentenza della Corte di Appello di Venezia, aveva ben ragione di considerare legittimo il versamento dell'importo mensile di euro 500,00. Deduce che la motivazione e' gravemente viziata anche nella parte in cui, ai fini dell'accertamento della consistenza economica dell'imputato, non ha tenuto conto della dichiarazione dei redditi prodotta dalla difesa, ma ha considerato significativi i due studi odontoiatrici segnalati dalla parte civile, pur essendo stata data prova della particolare astiosita' manifestata da quest'ultima verso il marito sin dall'inizio della separazione. Aggiunge che nella sentenza impugnata non e' stata posta alcuna attenzione alla capacita' reddituale della parte civile, sulla quale incide anche la presenza di un convivente agiato.
Con un quinto motivo vengono mosse censure riguardo al trattamento sanzionatorio. Si sostiene che il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva, la mancata concessione della sospensione condizionale della pena e la determinazione in misura elevata dell'aumento per la continuazione costituiscono conseguenza della mancata valutazione dei fatti allegati dalla difesa, volti a valorizzare la personalita' dell'imputato.
Con un ultimo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine alle statuizioni civili. Sostiene, in particolare, che la richiesta risarcitoria avanzata dalla parte civile attiene essenzialmente alla differenza tra quanto versato dal Br. e quanto dal medesimo dovuto sulla base della sentenza emessa dal Tribunale di Verona in sede di separazione dei coniugi. Tale credito, peraltro, puo' essere azionato in base a un titolo esecutivo gia' esistente; sicche' non e' legittima un'ulteriore condanna per la medesima causa. La parte civile, costituitasi in proprio e non quale genitore esercente la potesta' sulla figlia minore, non ha dimostrato ulteriori danni; ne' alla stessa, che non e' persona offesa dal reato, spetta il risarcimento del danno morale. La Corte di Appello, inoltre, ha ritenuto corretta la quantificazione dei danni operata dal primo giudice, senza chiarire come si sia giunti alla liquidazione di euro 18.000,00.
DIRITTO
1) Il primo e il terzo motivo di ricorso sono inammissibili per difetto del requisito di specificita' richiesto dall'articolo 581 c.p.p., lettera c), non avendo il ricorrente indicato quali siano le deduzioni svolte nelle memorie depositate, la documentazione prodotta e le prove offerte dalla difesa, asseritamente non valutate dalla Corte di Appello.
2) Le deduzioni svolte col secondo motivo sono destituite di fondamento, avendo il giudice del gravame dato atto che i documenti prodotti dalla parte civile, che la difesa aveva chiesto di stralciare, non hanno assunto alcun sostanziale rilievo ai fini della decisione, basata sull'acclarata insufficienza delle somme corrisposte dal Br. a garantire alla figlia minore le esigenze primarie di vita.
3) Prive di pregio si palesano altresi' le censure mosse col quarto motivo di ricorso.
Giova rammentare che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore eta' dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi tali mezzi di sussistenza (Cass. Sez. 6, 2-5-2007 n. 20636; Cass. Sez. 6, 15-1-2004 n. 715). L'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre anche quando vi provveda in tutto o in parte l'altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l'intervento di altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo del quale, viceversa, costituisce la prova (Cass. Sez. 6, 24-9-2008 n. 38125; Sez. 6, 13-5-2008, imp. Ceri'oni; Sez. 6, 6-5-2003 n. 25723; Sez. 6, 21-9-2001 n. 37418). L'asserita incapacita' economica dell'obbligato, inoltre, puo' assumere valore di esimente, in virtu' del principio "ad impossibilia nemo tenetur", solo allorche' sia assoluta e non sia ascrivibile a colpa dell'imputato (Cass. Sez. 6, 21-9-2001 n. 37419; Cass. Sez. 6, 23-1-1997 n. 5969).
Nel caso di specie, la Corte di Appello ha accertato, con motivazione esente da palesi vizi logici e con apprezzamento in fatto insindacabile in sede di legittimita', che l'importo versato dal Br. (450/500 euro mensili) e' inidoneo a garantire alla figlia minore le esigenze primarie di vita, pur tenendo conto del concorrente obbligo di mantenimento gravante sulla madre. Legittimamente, pertanto, il giudice del gravame ha ravvisato nella condotta dell'imputato gli estremi integrativi del reato contestato, avendo dato atto della concrete possibilita' economiche del ricorrente, che risulta titolare di due studi odontoiatrici, ed avendo correttamente ritenuto irrilevanti, ai fini della valutazione degli obblighi genitoriali di mantenimento gravanti sul prevenuto, la situazione economica della moglie e gli aiuti economici eventualmente forniti a quest'ultima dal convivente.
Quanto finora detto rende evidente che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, l'affermazione di responsabilita' penale del prevenuto non e' stata basata sul mero rilievo della corresponsione, da parte di quest'ultimo, di una somma inferiore a quella (euro 1.000,00 mensili) imposta dal giudice civile a titolo di assegno di mantenimento, bensi' sull'acclarato accertamento dell'inidoneita' dell'importo versato a far fronte alle piu' elementari esigenze dell'avente diritto.
Sotto altro profilo, si osserva che correttamente, nelle due sentenze di merito (le cui motivazioni si integrano e si saldano tra loro), si e' ritenuto di dover tener conto, nel definire i bisogni della figlia, anche delle condizioni sociali familiari, e di dovere includere, in tali bisogni, oltre alle spese di mutuo e alle bollette delle varie utenze, le rette scolastiche, le spese per gli alimenti e il vestiario, quelle sanitarie e quelle relative a un "minimo di attivita' di vacanza, di svago, ludiche e culturali", necessarie per qualunque minore. Secondo la piu' recente giurisprudenza, infatti, nella nozione penalistica di mezzi di sussistenza richiamata dall'articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, (diversa dalla piu' estesa nozione civilistica di mantenimento), nell'attuale dinamica evolutiva degli assetti e delle abitudini di vita familiare e sociale, devono ritenersi compresi non soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma altresi' gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacita' economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (ad es: abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione) (Cass. Sez. 6, 13-11-2008/21-1-2009 n. 2736).
La decisione impugnata risulta immune da censure anche nella parte in cui ha ritenuto non scriminata, sul piano soggettivo, la condotta del Br. in relazione alla pronuncia resa, in altro procedimento, dalla Corte di Appello di Venezia, di tenore parzialmente difforme rispetto a quella emessa nel presente giudizio. Appare coerente e ragionevole, infatti, l'argomentazione addotta per confutare l'assunto difensivo, basata sul rilievo che la decisione invocata a dimostrazione della buona fede dell'imputato e' intervenuta due anni dopo i fatti qui in esame.
4) Le doglianze mosse col quinto motivo sono inammissibili, investendo valutazioni riservate alla discrezionalita' dei giudici di merito, del cui corretto esercizio la Corte di Appello ha fornito adeguata giustificazione, sia in relazione all'aumento di pena per la continuazione (che ha determinato nella misura, ritenuta congrua, di un mese di reclusione ed euro 100,00 di multa), sia con riferimento al giudizio di comparazione tra le concesse attenuanti generiche e la contestata recidiva (che ha valutato in termini di equivalenza, in considerazione dei precedenti penali dell'imputato), sia, infine, con riguardo al beneficio della sospensione condizionale della pena (che ha negato in ragione della ritenuta impossibilita' di esprimere un giudizio prognostico positivo per il futuro, data la persistenza del ricorrente nel suo comportamento inadempiente).
5) Anche le censure mosse in ordine alle statuizioni civili devono essere disattese.
Appaiono immuni da vizi logici e giuridici, invero, i rilievi svolti dalla Corte territoriale, secondo cui la moglie separata costituitasi parte civile, pur non essendo, nella fattispecie in esame, parte direttamente offesa dal reato, e' persona danneggiata dallo stesso e, come tale, legittimata a far valere le proprie pretese risarcitorie in sede penale anziche' nella sede monitoria civile. Altresi' corretta e' l'affermazione secondo cui, in favore della donna, puo' essere riconosciuto il risarcimento del danno morale, avendo la condotta illecita del marito inciso sulla sua situazione personale, creandole disagi e sofferenze. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, infine, la sentenza impugnata contiene una sufficiente indicazione dei criteri seguiti nella quantificazione dei danni.
6) Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.