Fondo patrimoniale
Famiglia - fondo patrimoniale - Una interpretazione coordinata dell'articolo 169 c.c., con l'articolo 170 c.c., porta a ritenere che in virtu' del primo di tali articoli; nessuna iscrizione ipotecaria e' consentita ai terzi proprio perche' gli atti di disposizione dei beni del fondo possono essere assunti - come detto - solo a vantaggio della famiglia, mentre in forza, del secondo, una iscrizione ipotecaria sarebbe possibile solo in quanto prodromica ad una esecuzione sui beni in questione in virtu' di un credito acquisito per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 4 giugno 2010, n. 13622)
Famiglia - fondo patrimoniale - Una interpretazione coordinata dell'articolo 169 c.c., con l'articolo 170 c.c., porta a ritenere che in virtu' del primo di tali articoli; nessuna iscrizione ipotecaria e' consentita ai terzi proprio perche' gli atti di disposizione dei beni del fondo possono essere assunti - come detto - solo a vantaggio della famiglia, mentre in forza, del secondo, una iscrizione ipotecaria sarebbe possibile solo in quanto prodromica ad una esecuzione sui beni in questione in virtu' di un credito acquisito per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 4 giugno 2010, n. 13622)
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 4 giugno 2010, n. 13622
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 26 luglio 2002, i coniugi MA. e BCF. convenivano avanti il Tribunale di Milano la Bp. Co. e. in. societa' cooperativa a.r.l. chiedendo dichiararsi l'inefficacia e comunque l'illegittimita' dell'ipoteca giudiziale iscritta il 19 marzo 2002 per l'importo di euro 270.000,00 da detto ente creditizio, in forza di decreto ingiuntivo conseguito nei confronti del Br. , su di un immobile di proprieta' del medesimo sito in ----, e che era stato costituito in fondo patrimoniale giusta atto pubblico trascritto l'11 marzo 1996.
Costituitosi il contraddittorio, la Banca convenuta instava per il rigetto della domanda, e, in via riconvenzionale, chiedeva dichiararsi l'inefficacia del fondo patrimoniale limitatamente ai beni di proprieta' del debitore Br. .
Il 22 aprile 2004, intervenivano in causa la Ba. po. Co. e. In. spa,nell'asserita qualita' di cessionaria di un ramo d'azienda dell'originaria convenuta,e, quale successore universale di quest'ultima, la societa' cooperativa a.r.l. B PU. -. BP. , la quale chiedeva in pari tempo di essere estromessa dal giudizio; richiesta alla quale gli attori non consentivano.
Rimessa la causa in decisione, il Tribunale con sentenza del 14 febbraio 2005, ritenendo nella specie trattarsi di beni in regime di commerciabilita' e che dal combinato disposto degli articoli 2810 e 2828 c.c., emergesse l'insussistenza di limiti all'iscrizione del vincolo ipotecario conducibili all'articolo 170 c.c., respingeva le domande degli attori, che condannava al pagamento delle spese processuali, e rigettava nel contempo ogni altra domanda delle parti.
Avverso la sentenza proponevano appello la Ma. e il Br. con atto di citazione notificato il 19 aprile 2005, rinnovando le proprie domande. Si costituivano nel grado la Ba. po. Co. e. In. spa e la societa' cooperativa a.r.l. che proponevano appello incidentale La Corte d'appello di Milano,in accoglimento dell'appello principale e in riforma della impugnata sentenza, dichiarava la nullita' della iscrizione ipotecaria e dichiarava inammissibile l'appello incidentale della BP. .
Avverso detta sentenza hanno proposto separati ricorsi la BP. e la BP. (recanti rispettivamente i numeri r.g. 34967/06 e 34968/06) affidati entrambi ad un unico articolato motivo cui resistono con controricorso illustrato con memoria la Ma. e il Br. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico articolato motivo entrambi i ricorsi censurano la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione dell'articolo 169 c.c., laddove ha escluso che il terzo creditore potesse iscrivere ipoteca giudiziale su beni costituiti in fondo patrimoniale anche se l'atto di costituzione prevedeva una clausola secondo cui i beni in questione potevano essere alienati, dati in pegno o ipotecati con il consenso di entrambi i coniugi senza necessita' dell'autorizzazione del tribunale.
I ricorsi vanno preliminarmente riuniti e vanno anzitutto i esaminate le eccezioni di inammissibilita' degli stessi sollevate dai controricorrenti.
Si rivela fondata l'eccezione di carenza di legittimazione attiva della Ba. po. un. soc.coop. spa.
Risulta dalla narrativa delle vicende processuali contenuta nella sentenza impugnata che la Ma. ed il Br. convennero in giudizio innanzi al tribunale di Milano la Ba. po. co. e. in. soc. coop srl ma che nel corso del giudizio di primo grado si costituirono la Ba. po. co. e. in. spa, quale cessionaria di un ramo d'azienda della originaria convenuta, e la Ba. po. Un. soc. coop. a r.l., quale successore universale sempre della originaria convenuta.
Furono sempre le due banche intervenute in giudizio che si costituirono nella fase di appello per resistere al gravame della Ma. e del Br. e la sentenza di secondo grado fu pronunciata nel loro confronti.
Detta sentenza e' stata impugnata per cassazione (ric. 34967/06) non gia' dalla Ba. po. un. soc.coop. a r.l, ma dalla Ba. po. Un. soc. coop per azioni, sull'assunto di essere successore della Ba. po. co. e. in. soc. coop. a r.l. originaria convenuta. I resistenti hanno eccepito che l'attuale ricorrente e' societa' diversa rispetto a quella che e' stata parte nel giudizio di secondo grado, essendo la prima una societa' per azioni e la seconda una societa' a responsabilita' limitata.
A fronte di tale eccezione, nulla e' stato dedotto dalla Banca ricorrente per allegare e documentare che trattasi del medesimo soggetto.
Da cio' consegue l'inammissibilita' del ricorso alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto che la societa' che propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello emessa nei confronti di un'altra societa', della quale affermi di essere successore (a titolo universale o particolare), e' tenuta a fornire la prova documentale della propria legittimazione, nelle forme previste dall'articolo 372 c.p.c., a meno che il resistente non l'abbia - nel controricorso, e non successivamente, nella memoria ex articolo 378 c.p.c. - esplicitamente o implicitamente riconosciuta, astenendosi dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell'impugnazione; circostanza quest'ultima che non ricorre nel caso di specie (Cass. 11650/06 sez un; Cass. 4468/09 sez un).
Tutte le ulteriori eccezioni di inammissibilita' del ricorso della BP. soc. coop. spa restano di conseguenza assorbite.
Accertato quanto sopra, la motivazione della presente sentenza si incentrera' esclusivamente sul ricorso 34968/06 proposto dalla Ba. po. Co. e. in. spa.
In relazione al ricorso in questione va rilevata d'ufficio l'improcedibilita' del controricorso.
Quest'ultimo, invero, risulta notificata sia alla BP. spa che alla Ba. po. co. e. In. spa, ma risulta depositato solo nel fascicolo 34967/06 riguardante il ricorso della prima banca, e non anche nel fascicolo (OMESSO) riguardante la seconda banca del cui ricorso ora ci si occupa.
Da cio' consegue l'improcedibilita' del controricorso, avendo la giurisprudenza di questa Corte gia' affermato che la tardivita' (e a maggior ragione la mancanza) del deposito del controricorso nella cancelleria della Corte di Cassazione comporta l'improcedibilita' del controricorso medesimo, ancorche' difetti un'espressa previsione da parte della norma che fissa l'indicato termine (articolo 370 c.p.c., comma 3). Tale sanzione deriva, infatti, dal sistema, che impone alla parte che intende portare tempestivamente a conoscenza del giudice e del ricorrente le proprie ragioni, presentando memorie prima dell'udienza di discussione, di sottostare all'onere processuale che le e' imposto. (Cass. 18091/05 v. anche Cass. 9396/06; Cass. 9897/07).
Cio' posto, il ricorso in esame risulta certamente ammissibile in relazione all'articolo 366 bis c.p.c., poiche' il quesito richiesto dal predetto articolo risulta formulato, anche se non in relazione a tutte le censure proposte. Da cio' consegue che il ricorso, in quanto tale e' ammissibile, restando invece inammissibili - come si esaminera' in seguito - le singole censure in relazione alle quali il quesito in questione non risulta formulato.
Venendo dunque all'esame del motivo proposto, lo stesso si incentra, in ragione della formulazione contenuta nel quesito, sulla questione fondamentale " se sia legittimo o meno che il terzo creditore possa iscrivere ipoteca giudiziale sui beni costituiti in fondo patrimoniale in presenza di una clausola, contenuta nell'atto costitutivo del fondo stesso ,volta a stabilire che i beni costituenti il fondo patrimoniale potranno essere alienati,ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati con il consenso di entrambi i coniugi senza necessita' di autorizzazione giudiziale".
Va anzitutto rammentato che l'articolo 169 c.c., dispone che: "se non e' stato espressamente consentito nell'atto di costituzione non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessita' od utilita' evidente".
L'articolo in questione prevede dunque che il costitutore o i costitutori del fondo patrimoniale possono riservarsi la possibilita' di alienare, ipotecare o vincolare i beni costituiti in fondo patrimoniale discostandosi dai vincoli stabiliti in proposito dall'articolo stesso.
Tale facolta' e', tuttavia, riconosciuta soltanto in riferimento agli atti che possono compiere dal lato attivo i coniugi, senza che sia introdotta alcuna previsione circa gli atti che il fondo patrimoniale potrebbe subire dal lato passivo per effetto di iniziative di terzi, come avvenuto nel caso di specie in cui l'ipoteca non e' stata concessa dai coniugi, ma e' stata autonomamente iscritta dalla banca attuale ricorrente in ragione di una esposizione debitoria del Br. .
La ratio della norma e' evidentemente quella di porre delle limitazioni alla libera commercializzazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale proprio per assicurare che gli stessi restino a garanzia del soddisfacimento delle esigenze familiari, senza peraltro f stabilire un vincolo di indisponibilita' assoluta che potrebbe essere controproducente per gli interessi della famiglia ove questa si trovasse nella necessita' di liquidare alcuni beni del fondo per le proprie esigenze ovvero, la liquidazione si rivelasse particolarmente proficua e vantaggiosa. Nel caso di specie, nell'atto di costituzione del fondo patrimoniale era stabilito nella clausola n. 3 che "i beni costituenti il fondo patrimoniale potranno essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessita' di autorizzazione giudiziale".
Da tale clausola si evince solamente una parziale "liberalizzazione" rispetto ai requisiti prescritti dall'articolo 169 c.c., per il legittimo compimento di atti di disposizione di immobili costituiti in fondo patrimoniale. Fermo restando infatti che per l'alienazione, costituzione di pegno, ipoteca etc., era comunque necessario l'assenso di entrambi i coniugi, la clausola non fa alcun riferimento alla necessita' di autorizzazione giudiziale in presenza di minori (la cui presenza e' stata accertata dalla Corte d'appello) nonche' alla evidente utilita' per la famiglia dell'atto di disposizione.
Una conclusione e' possibile trarre da queste prime constatazioni e, cioe', che stante il regime di eccezione parziale rispetto alle disposizioni dell'articolo 169 c.c., stabilito dalla clausola in esame, non puo' affermarsi che i beni del fondo patrimoniale siano stati immessi in un regime di libera commerciabilita', perche' in ogni caso e' rimasta operativa la previsione del consenso di entrambi i coniugi.
Comunque, anche in presenza di una clausola che prevedesse il venir meno di tutte le limitazioni per i coniugi agli atti dispositivi dei beni costituiti in fondo patrimoniale, cio' non vorrebbe comunque dire che i beni stessi si sarebbero trovati in un regime di libera commerciabilita'.
L'eliminazione pattizia delle limitazioni di cui all'articolo 169 c.c., varrebbe, infatti, solo per i coniugi ma non anche per i terzini quali non per questo si vedrebbero riconosciuto il diritto di imporre vincoli sui beni in questione.
Se cosi' non fosse l'istituto stesso del fondo patrimoniale sarebbe totalmente snaturato e privato della sua funzione fondamentale di vincolare i beni al perseguimento degli interessi e bisogni familiari.
In particolare, una interpretazione costituzionalmente corretta dell'articolo 169 c.c., che sia, in particolare, rispettosa del disposto dell'articolo 31 Cost., comma 1, impone una lettura dello stesso, nel senso che qualora l'atto costitutivo si discosti per quanto concerne l'alienazione e la costituzione di vincoli sui beni del fondo da quanto previsto nell'articolo resta in ogni caso ferma, quanto meno, la disposizione contenuta nell'ultima frase dell'articolo stesso secondo cui gli atti in questione possono essere presi "nei soli casi di necessita' od utilita' evidente". Detta frase, infatti,separata dalla precedente da un virgola disgiuntiva, si riferisce non alle modalita' con cui gli atti di disposizione dei beni del fondo possono essere adottati anche in difformita' da quanto disposto dall'articolo 169 c.c., ma alla finalita' intrinseca del fondo patrimoniale e degli atti stessi che devono in ogni caso essere assunti a vantaggio della famiglia; circostanza questa che continua a sussistere, in ogni caso, per i coniugi e che certamente non sussiste quando i beni in questione vengono aggrediti da terzi.
In tal senso appare destituito di fondamento l'assunto della banca ricorrente secondo cui, per effetto della clausola in questione, i beni erano caduti in regime di libera disponibilita' per cui, non essendo piu' sottoposti a vincolo alcuno, gli stessi erano suscettibili di iscrizione ipotecaria da parte di terzi.
Cio' posto, per completezza di ragionamento, occorre prendere in considerazione quanto disposto dall'articolo 170 c.c., che vieta l'esecuzione sui beni e sui frutti del fondo se non per debiti contratti per i bisogni della famiglia con esclusione di quelli che il creditore sapeva estranei a detti scopi.
Una interpretazione coordinata dell'articolo 169 c.c., con l'articolo 170 c.c., porta a ritenere che in virtu' del primo di tali articoli; nessuna iscrizione ipotecaria e' consentita ai terzi proprio perche' gli atti di disposizione dei beni del fondo possono essere assunti - come detto - solo a vantaggio della famiglia, mentre in forza, del secondo, una iscrizione ipotecaria sarebbe possibile solo in quanto prodromica ad una esecuzione sui beni in questione in virtu' di un credito acquisito per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore.
In tale seconda ipotesi deve invero ritenersi possibile l'iscrizione di ipoteca sui beni costituenti il fondo patrimoniale alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto che nel concetto di atti di esecuzione rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell'esecutivita' del titolo e, dunque, anche l'ipoteca iscritta sulla base dell'esecutivita' del titolo stesso, attesa la ratio della disposizione, tesa a mantenere integra la posizione e la protezione del creditore (Cass. 5007/97; 10945/91; 4170/89 v. anche Cass. sent. n. 10945/01, 10234/03, 6935/04, 24332/08).
In virtu' della evidenziata interpretazione combinata dell'articolo 169 c.c., con quella dell'articolo 170 c.c., si arriva alla conclusione, conforme alla funzione del fondo patrimoniale ed ai principi costituzionali in tema di famiglia, secondo cui i terzi non possono iscrivere ipoteca sui beni costituiti in fondo patrimoniale, qualunque clausola abbiano inserito i costitutori del fondo circa le modalita' di disposizione degli stessi che sia difforme da quanto stabilito dall'articolo 169 c.c., proprio perche' i beni non possono essere distolti dal loro asservimento ai bisogni familiari; quando, pero', i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell'interesse della famiglia, in questo caso, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore puo' procedere ad esecuzione sui beni e inscrivere ipoteca in base a titolo esecutivo proprio perche' le obbligazioni erano state contratte per le esigenze familiari ed in detta ipotesi la funzione di garanzia per il creditore che i beni del fondo vengono ad assumere a seguito della iscrizione dell'ipoteca (preordinata all'esecuzione) risulta sempre correlata al soddisfacimento (gia' avvenuto) delle esigenze familiari.
Cosi' completata l'argomentazione, rileva la Corte, come gia' in precedenza evidenziato, che, nel caso di specie, delle varie censure proposte dalla banca ricorrente risulta munita di adeguato quesito solo quella relativa all'articolo 169 c.c., riguardante la possibilita' per un terzo di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni costituiti in fondo patrimoniale in presenza di espressa clausola che consentiva l'alienazione, l'iscrizione di ipoteca etc. cui beni con il solo consenso dei coniugi senza necessita' di autorizzazione giudiziale.
Tutte le altre censure, in particolare quella relativa al fatto che in relazione all'articolo 170 c.c., le obbligazioni contratte dal Br. erano comunque finalizzate al perseguimento di esigenze familiari, sono quindi inammissibili in quanto sprovviste di quesito ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c..
Il ricorso n.34968/06 va in conclusione respinto.
Le spese vanno liquidate come da dispositivo.
Nulla per le spese del ricorso n. 34968/2006 stante l'improcedibilita' del controricorso.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso n. 34967/06 e rigetta l'altro; condanna le Ba. po. Un. -. BP. Ba. al pagamento delle spese di giudizio in favore dei resistenti. liquidate in euro 7.600,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.