Cessazione effeti civile del matrimonio - Indennita' di fine rapporto percepita dall’ex coniuge
Cessazione effeti civile del matrimonio - Indennita' di fine rapporto percepita dall’ex coniuge - Quota spettante all'ex coniuge gli anticipi sul Tfr percepiti prima dell'87
Cessazione effeti civile del matrimonio - Indennità di fine rapporto percepita dall’ex coniuge - Quota spettante all'ex coniuge gli anticipi sul Tfr percepiti prima dell'87 (Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 6 ottobre-18 dicembre 2003, n. 19427)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 13 luglio 1994 il Tribunale di Roma dichiarò cessati gli effetti civili del matrimonio contratto dai signori Pierluigi Rxxxx ed Enrica Bxxxxxx, determinando in lire 2.500.000 mensili, da rivalutarsi annualmente, la misura dell’assegno divorziale, con diritto della Bxxxxxx ad avvalersi delle prestazioni sanitarie erogate dall’ente mutualistico dell’ex coniuge. E rigettò la domanda della Bxxxxxx volta ad ottenere, ai sensi dell’articolo 12bis legge 898/70, una percentuale sull’indennità di fine rapporto percepita dall’ex coniuge.
La Corte territoriale, adita in sede di impugnazione dal Rxxxx e, in via incidentale, dalla Bxxxxxx, con sentenza non definitiva (depositata il 9 settembre 1996) affermò il diritto della Bxxxxxx di ottenere una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dal Rxxxx prima della pronuncia di divorzio, e dispose con separata ordinanza la prosecuzione del processo a fini istruttori.
Con sentenza (definitiva) depositata il 5 maggio 2000 determinò, poi, in lire 3 milioni mensili l’assegno divorzile spettante alla Bxxxxxx e in lire 96.760.000 la somma alla stessa dovuta, come quota dell’indennità di fine rapporto percepita dal Rxxxx; somma che questi fu condannato a pagare con gli interessi legali dal passaggio in giudicato della pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio. La Corte osservò che, ai fini della determinazione della quota, dovevano essere calcolate anche le anticipazioni già erogate a favore del lavoratore nel corso del rapporto, non percepite in epoca successiva all’entrata in vigore della legge e all’interruzione della convivenza matrimoniale; tenne quindi conto della durata del rapporto di lavoro del Rxxxx (37 anni e nei mesi, di cui 36 anni e 3 mesi coincisi col matrimonio) e considerò, ai fini dell’attribuzione della quota, l’intera somma netta (lire 224.378.588) dallo stanno percepita.
Avverso la sentenza non definitiva (in ordine alla quale ora stata formulata riserva di gravame) e quella definitiva il Rxxxx ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui ha resistito con controricorso la Bxxxxxx. La parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo del ricorso si denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 12bis legge 898/70 (come modificato dalla legge 74/1987) e dell’articolo 12 disp. 1 in generale. Il Rxxxx deduce che la Corte d’appello - riconoscendo alla Bxxxxxx una quota dell’indennità di fine rapporto dell’ex coniuge, nonostante che questa fosse maturata il 31 gennaio 1993, e cioè prima della pronuncia di divorzio (passata in giudicato il 1° gennaio 1995 avrebbe interpretato la disposizione di legge applicata disancorandola da una valutazione logico-sistematica. Secondo il ricorrente, infatti, l’espressione anche so, contenuta nel testo normativo, indicherebbe che il percepimento dell’indennità di fine rapporto dopo la sentenza di divorzio costituisca presupposto per conseguire il diritto alla quota.
Il motivo non ha fondamento.
La questione che la censura propone è già stata affrontata da questa Corte e risolta con la sentenza 5553/99. Muovendo dalla natura costitutiva della sentenza di divorzio, nonché dal principio enunciato dalla legge 74/1987, secondo cui, malgrado tale natura, il tribunale può disporre, a norma dell’articolo 4, comma decimo, della legge 898/70, che l’obbligo di corrispondere l’assegno produca affetti fin dal momento della domanda, ossa ha affermato:
- che il legislatore del 1987 consente un’anticipazione degli effetti del divorzio al momento della domanda, con riguardo agli effetti patrimoniali;
- che, perciò, è consentito interpretare l’articolo 12bis legge 898/70 nel senso che il diritto alla quota dell’indennità di fine rapporto di lavoro sorge anche so l’indennità stessa maturi prima della sentenza di divorzio, ma la maturazione deva avvenire in un momento in cui la sentenza può produrre i suoi affetti, ovvero, al più presto, al momento della proposizione della domanda: con la conseguenza che, no l’indennità matura anteriormente a tale m omento, cosa non dà diritto ad alcuna quota, perché vengono in rilievo, nel rispetto dei canoni fissati dall’ordinamento, i diversi principi che regolano la situazione, segnatamente, quello della piena disponibilità delle attribuzioni patrimoniali da parte del destinatario delle stesso;
- che questa interpretazione rispetta, per un verso, il dato letterale e, per altro verso, l’effettiva intenzione del legislatore, che è nel senso, appunto, di anticipare gli affetti della sentenza costitutiva dello scioglimento o della cessazione degli affetti civili del matrimonio, al più presto. alla data di proposizione della domanda;
- che, pertanto, il disposto dell’articolo 12bis legge 898/70, introdotto dall’articolo 16 legge 74/1987 - nella parte in cui attribuisce al coniuge cui è stato riconosciuto l’assegno ex articolo 5 legge 898 cit. e non sia passato a nuova nozze il diritto ad una quota dell’indennità di fine rapporto, anche nel caso in cui tale indennità sia maturata prima della sentenza di divorzio - deva essere interpretato nel senso che il diritto alla quota sorge soltanto quando l’indennità sia maturata al momento o dopo la proposizione della domanda e, quindi, anche prima della sentenza di divorzio, ogni diversa interpretazione implicando profili non manifestamente infondati di incostituzionalità della norma,applicata in riferimento all’articolo 3 Costituzione.
Gli enunciati principi (e le argomentazioni che li sorreggono) sono condivisi dal Collegio. Essi sono stati ribaditi anche dalla giurisprudenza successiva (con sentenza in corno di pubblicazione) e nono stati, inoltre, implicitamente avallati dal giudico della leggi, che, nel dichiarare (ordinanza 463/02) inammissibile la questione di legittimità sollevata con riferimento all’articolo 12bis legge 898/70, ha osservato come l’istituto ivi previsto presupponga per la determinazione sia dell’an che del quantum debeatur la configurabilità del credito già al momento della percezione dell’indennità di fine rapporto da parte del coniuge obbligato.
Posto, dunque, che nella specie la domanda introduttiva del giudizio di divorzio risulta proposta il 28 maggio 1990 (data di deposito del relativo ricorso), e che l’indennità del Rxxxx è maturata il 31 gennaio 1993, correttamente la Corte d’appello ha affermato l’esistenza del correlativo diritto della Bxxxxxx al godimento dalla quota di tale indennità. 2. Col secondo motivo si.denunciano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12bis legge 898/70 (nel testo introdotto dalla legge 74/1987) e vizi dà motivazione. Il ricorrente deduce che erroneamente la sentenza impugnata, calcolando la quota attribuita alla Bxxxxxx sull’intera indennità, vi ha incluso anche le somme che erano state ricevuto dal dott. Rxxxx, a titolo di anticipazione, prima della proposizione della domanda di divorzio e dell’entrata in vigore della legge 74/1987. Osserva, infatti, che, come era stato specificatamente dedotto davanti alla Corte d’appello, solo l’anticipazione del 1° luglio 1992 e l’indennità finale del 31 gennaio 1993 erano successiva alla domanda di divorzio, per cui la quota del 40% avrebbe dovuto riguardare la somma di lire 135.928.588 e non l’importo complessivo di lire 224.378.588. non potendosi tener conto delle due anticipazioni percepito anteriormente all’entrata in vigore della legge 74/1987.
La censura è fondata.
La Corte d’appello ha affermato che la quota relativa all’indennità di fine rapporto spettante alla Bxxxxxx doveva essere calcolata sulla base delle eventuali partecipazioni già erogate a favore del lavoratore nel corso del rapporto di lavoro, ove percepite in epoca successiva all’entrata in vigore della legge.
Nella determinazione in concreto della quota da attribuire alla richiedente ha, quindi, preso in considerazione la durata del rapporto di lavoro (37 anni e sei mesi), la corrispondente durata del rapporto matrimoniale (36 anni e 3 mesi), nonché all’intera indennità percepita dal Rxxxx. Trascurando la argomentazioni svolto sul punto dall’appellante, non ha dato, tuttavia, alcun rilievo al momento in cui erano stato versate le varie anticipazioni; momento (pacificamente anteriore, per due di esse, all’entrata in vigore della legge 74/1987), che assumeva, invece, in concreto, rilevanza decisiva alla luce del principio secondo cui il coniuge titolare dell’assegno di divorzio non ha diritto di conseguire una quota di anticipo del trattamento di fine rapporto dell’altro coniuge, ai sensi dell’articolo 12bis 1 cit. (nel testo introdotto dall’articolo 16 legge 74/1987), quando il coniuge obbligato, pur avendo causato il rapporto di lavoro successivamente all’entrata. in vigore della legge 74/1987, abbia percepito l’anticipo prima di tale data (Cassazione 7249/95; cfr., inoltre, sostanzialmente nello stesso senso, Cassazione 6047/93). Principio condiviso dal Collegio e giustificato dal rilievo che l’anticipo (previsto dall’articolo 2120 c.c., nel tento modificato dall’articolo 1 legge 297/82), una volta accordato dal datore di lavoro e riscosso dal lavoratore, entra nel suo patrimonio e non può essere revocato, così determinandosi la definitiva acquisizione del relativo diritto, su cui non può incidere l’eventuale mutamento della legislazione in materia.
3. In conclusione, alla stregua della considerazioni svolta, devo essere, dunque, accolto il secondo motivo, mentre va rigettato il primo motivo del ricorso. La sentenza (definitiva) impugnata va, pertanto, cassata, e la causa rinviata per un nuovo esame ad altro giudice, che deciderà uniformandosi ai su enunciati principi di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata (1456/00), e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.