Dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi - Responsabilita' solidale
Dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi - Responsabilita' solidale (Cassazione - Sezione Tributaria - Sentenza n. 12371 del 22 agosto 2002)
Dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi - Responsabilita' solidale ( Cassazione - Sezione Tributaria Sentenza n. 12371 del 22 agosto 2002)
Corte Suprema di Cassazione - Giurisprudenza Civile e Penale - Sentenza Sezione Tributaria n. 12371 del 22 agosto 2002
(Sezione Tributaria - Presidente B. Saccucci - Relatore S. Monaci)
Svolgimento del processo
1. La controversia nasce dall'impugnazione, proposta da D. G., di un avviso di mora relativo alle imposte IRPEF per gli anni
1987, 1988 e 1989.
La Commissione Tributaria di primo grado di Verona accoglieva il ricorso della D., argomentando che quest'ultima,
coobbligata con il coniuge P. A., ben poteva sostenere di non sapere nulla dell'accertamento e della mancata opposizione del
marito stante l'avvenuta separazione giudiziale, ed il successivo espatrio del marito stesso.
2. La Commissione Tributaria Regionale del Veneto andava, invece, in contrario avviso, ed accoglieva l'appello
dell'Ufficio con sentenza in data 19 marzo / 27 aprile 1998.
La sentenza argomentava, in particolare, che la D.era a conoscenza degli avvisi di accertamento, tanto è vero che
aveva presentato ricorso e poi presentato istanza di condono.
Secondo la Commissione Regionale, la D., peraltro, non avrebbe potuto opporsi all'accertamento nei confronti del marito, per
la parte dei redditi concernente quest'ultimo.
La presentazione da parte sua di una dichiarazione integrativa per la definizione agevolata della propria posizione non
valeva ad escludere che il debito di imposta dell'altro coniuge rimanesse assistito dalla corresponsabilità solidale
di entrambi i coniugi; il fatto poi che uno dei coniugi non facesse, per qualsiasi ragione, opposizione all'accertamento
determinava automaticamente la responsabilità personale e solidale dell'altro coniuge.
3. Con atto notificato (tra l'altro) al Ministero delle Finanze presso l'Avvocatura Generale dello Stato il 22 dicembre 1998 proponeva ricorso per cassazione la contribuente D.G. rappresentata e difesa - come da procura a margine
dell'atto - dagli avv.ti L. G. e M. F. ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma.
La ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata, ed espone un solo motivo di impugnazione lamentando la
violazione dell'art.17 della legge n.114 del 1977 e degli artt.42 e 43 della legge n.600 del 1973, nonché l'erroneità ed
illogicità della motivazione.
Con controricorso notificato alla controparte, nel domicilio eletto, il 5 gennaio 1999 si è costituita L'Amministrazione
Finanziaria, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo la conferma della pronunzia impugnata.
La difesa della ricorrente ha presentato memoria difensiva con allegata sentenza penale della Corte d'Appello di Venezia, di
assoluzione del P. A. dai reati fiscali a lui ascritti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Nell'unico motivo di impugnazione la ricorrente D.G. sostiene in ricorso che il signor P., marito separato della ricorrente, non avrebbe ricevuto la notifica di alcun avviso di accertamento, e che, anzi, non risultava che fosse stato emesso un avviso di accertamento a carico dei coniugi P.-D.
Sarebbe stata emessa solamente una cartella esattoriale nei confronti del signor P. ed un avviso di accertamento nei confronti della signora D.
Non avendo notificato alcun avviso di accertamento anche alla signora D. l'Ufficio sarebbe decaduto dalla possibilità di un accertamento nei confronti di quest'ultima, attuale ricorrente.
La sentenza impugnata sarebbe stata affetta, inoltre, da erroneità e da illogicità perché affermava che la D. non avrebbe potuto neppure opporsi all'accertamento che comunque la riguardava come obbligata solidale.
Ricordava, infine, di essersi opposta all'unico avviso di accertamento che la riguardava definendolo con il condono.
2. Il motivo di impugnazione è infondato.
Come è noto, l'istituto della dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi è stato introdotto dall'art.17
legge 13 aprile 1977, n.114.
Il terzo ed il quarto comma della norma dispongono che le cartelle dei pagamenti dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche siano notificate al marito, e che gli accertamenti in rettifica vengano effettuati a nome di entrambi i coniugi, ma
notificate anch'esse nei confronti del marito.
Soprattutto, risulta decisivo ai fini di causa il quinto ed ultimo comma, che dispone, testualmente, che "i coniugi sono
responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a
nome del marito."
Questa norma non appare superabile là dove prevede, appunto, la responsabilità solidale del coniuge del contribuente.
2. Non va dimenticato, del resto, che la presentazione di una dichiarazione congiunta a doppia sottoscrizione, è una
facoltà, e non un obbligo, anche da parte di coniugi legalmente ed effettivamente conviventi.
Chi presenta la dichiarazione congiunta (ed usufruisce dei vantaggi che possono essere connessi a tale forma di
dichiarazione, in particolare di quello, introdotto dall'art.6 del decreto legge 5 marzo 1986, n.57, convertito in legge 18
aprile 1986, n.121, della sommatoria delle imposte calcolate separatamente per ciascuno dei due coniugi e dell'applicazione
nel loro ammontare complessivo delle ritenute e dei crediti di imposta) assume su di se anche ì rischi inerenti alla
disciplina propria dell'istituto.
Non va dimenticato neppure che la legge del 1977 è di poco posteriore alla riforma del diritto di famiglia intervenuta
con legge 19 maggio 1975, n.151, e che in base a quest'ultima il regime patrimoniale legale della famiglia è costituito, in
mancanza di diversa convenzione, dalla comunione dei beni (art.159 c.c.).
Come risulta dall'attuale formulazione dell'art.177 c.c. i redditi di ciascun coniuge sono oggetto della comunione.
Ciò significa che, almeno di regola, entrambi i coniugi, godono dei redditi sia dell'uno che dell'altro.
E' vero che questa situazione, esistente nel momento in cui un reddito viene prodotto, potrebbe non sussistere più (anche a
seguito di una separazione tra i coniugi) nel momento in cui viene accertato un maggior reddito a carico di uno di loro, ma
l'accertamento si riferisce, per sua stessa natura, alla situazione in atto nell'anno fiscale che ne è oggetto, né potrebbe essere altrimenti.
Del resto anche il contribuente singolo può avere subito, per tracolli finanziari o altro, modificazioni della propria situazione economica a causa delle quali al momento dell'accertamento non sia più in possesso dei redditi accertati a suo carico per l'anno cui l'accertamento stesso si riferisce.
3. Non è esatta, del resto, l'allegazione difensiva secondo cui la D.non sarebbe stata a conoscenza dei contenuto
dell'accertamento.
Come si rileva dalla sentenza impugnata, lo conosceva tanto è vero che, per la sola parte concernente i suoi redditi
personali (accertati anch'essi con il medesimo atto), la contribuente stessa prima ha presentato ricorso in sede
giurisdizionale, e poi ha chiesto di avvalersi del condono.
Il condono così richiesto da un solo coniuge non si estende, peraltro, ai redditi accertati a carico dell'altro coniuge
codichiarante, anche se il coniuge che ha usufruito del beneficio rimane responsabile solidale per i redditi dell'altro coniuge, compresi quelli derivanti dall'accertamento
Come già rilevato, infatti, da questa Corte in un caso del tutto analogo (Cass. civ., sez. I, 29 aprile 1994, n. 4168,
Min. fin. c. Mori), "quando i coniugi presentino dichiarazione unica dei redditi, a norma dell'art.17 della I. 13 aprile 1977
n. 114, e poi uno solo di essi renda dichiarazione integrativa, al fine della definizione agevolata della sua personale posizione ex art.15 del d.l. 10 luglio 1982 n. 429 (convertito in l. 7 agosto 1982 n. 516), il debito d'imposta dell'altro coniuge rimane assistito dalla corresponsabilità solidale di entrambi, ai sensi ed agli effetti dell'ultimo comma del citato art. 17."
5. E' giuridicamente inesatta, piuttosto, l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la coniuge
contribuente D.G. non avrebbe potuto presentare ricorso per contestare i redditi accertati a carico del marito P. A..
E' vero, invece il contrario.
Si violerebbe il diritto di difesa del coniuge dichiarante, che abbia sottoscritto una dichiarazione congiunta con l'altro
coniuge, se gli si negasse la possibilità di contestare gli accertamenti a carico di quest'ultimo, ed in relazione ai
quali anche il codichiarante stesso rimane corresponsabile delle maggiori imposte e degli accessori.
In proposito il Collegio, perciò, non può che ribadire, ed estendere anche al caso di specie, il principio già affermato
da questa Corte (per la verità con riferimento al caso specifico di coniugi che facevano parte di un'impresa
familiare), e secondo cui nel caso in cui due coniugi abbiano presentato una dichiarazione congiunta "sia la circostanza che
l'avviso di accertamento debba essere notificato al marito sia la responsabilità solidale della moglie non escludono la
legittimazione della stessa a proporre autonoma impugnazione e, pertanto, non attribuiscono la legittimazione
all'impugnazione, anche per essa, al marito." (Cass. civ., sez. I, 1 settembre 1993, n. 9227, Pasquato c. Min. fin.).
In realtà, del resto, l'affermazione relativa alla asserita impossibilità per la D.di impugnare l'accertamento relativo ai
redditi del marito P. costituisce un obiter dictum inserito accidentalmente nel corpo della sentenza impugnata, che, in
realtà, non si basa si di essa.
Ciò significa che in applicazione del principio fissato dall'art.384, secondo comma, c.p.c. la motivazione errata
contenuta su questo punto nella pronunzia della Commissione Regionale va sostituita con quella esatta indicata da questa
Corte.
6. Con la memoria prodotta ultimamente la difesa della ricorrente ha presentato sentenza penale, in data 23 marzo / 6
aprile 2000 (e perciò in epoca successiva al ricorso per cassazione), passata in giudicato, con la quale la Corte
d'Appello di Venezia ha assolto il P. A. da una serie di reati fiscali a lui imputati.
La ricorrente insiste per l'accoglimento del proprio ricorso anche sotto l'ulteriore profilo che la sentenza prodotta
avrebbe dichiarato l'insussistenza dei fatti materiali posti ad oggetto della pretesa tributaria.
Nella prospettazione difensiva si tratta di un factum superveniens rispetto alla pronunzia della Commissione
Regionale, e che perciò deve essere esaminato.
Nel merito, peraltro, quella sentenza non fa stato né nei confronti della D., né dell'Amministrazione Finanziaria, in
quanto né l'una né l'altra erano parti di quel giudizio.
Soprattutto, la Corte d'Appello dà atto di una sostanziale carenza di prove, e per questo assolve in sede penale
l'imputato P. A., ma non sembra affermare positivamente l'insussistenza dei maggiori redditi accertati a carico dello
stesso ai fini fiscali.
7. Conclusivamente, dunque, il ricorso è infondato, e non può trovare accoglimento.
Dato che la parte intimata non si è costituita, non sussistono spese suscettibili di rifusione su cui la Corte debba
provvedere.
per questi motivi
Rigetta il ricorso.