Lo straniero criminale di Renato Amoroso coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza legge 15.07.2009 n. 94 - reato di immigrazione clandestina
2 Gennaio 2010 - Lo straniero criminale di Renato Amoroso coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza legge 15.07.2009 n. 94 - reato di immigrazione clandestina - Come ormai tutti sanno, la legge 15.07.2009 n. 94 ha introdotto nell’ordinamento italiano la nuova figura del reato di immigrazione clandestina: si tratta propriamente di una contravvenzione per la quale è prevista esclusivamente la sanzione pecuniaria (minimo € 5.000,00 massimo € 10.000,00). A seguito della detta legge nel Dlgs 286/1998 (T.U. sulla immigrazione e la condizione dello straniero) è stato introdotto l’art. 10 bis che prevede due tipi di condotta illecita: a)l’ingresso sul territorio in violazione delle norme del T.U. b) il trattenersi sul territorio in violazione delle stesse norme………………
Lo straniero criminale di Renato Amoroso coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza- legge 15.07.2009 n. 94 - reato di immigrazione clandestina
Come ormai tutti sanno, la legge 15.07.2009 n. 94 ha introdotto nell’ordinamento italiano la nuova figura del reato di immigrazione clandestina: si tratta propriamente di una contravvenzione per la quale è prevista esclusivamente la sanzione pecuniaria (minimo € 5.000,00 massimo € 10.000,00).
A seguito della detta legge nel Dlgs 286/1998 (T.U. sulla immigrazione e la condizione dello straniero) è stato introdotto l’art. 10 bis che prevede due tipi di condotta illecita:
a) l’ingresso sul territorio in violazione delle norme del T.U.
b) il trattenersi sul territorio in violazione delle stesse norme.
In realtà si tratta di un unico reato e il reo potrà essere punito alternativamente per una delle due ipotesi e non congiuntamente per entrambe.
L’ipotesi di cui alla lettera a) concretizza un reato a consumazione istantanea, in quanto la condotta matura al momento stesso dell’ingresso illecito.
Al contrario l’ipotesi di cui alla lettera b) costituisce un reato permanente, che continua a consumarsi fino al momento in cui la condotta non viene interrotta, da un atto spontaneo del reo o per intervento di soggetti terzi.
La distinzione può assumere rilievo per l’esame di particolari circostanze: si pensi ad esempio ad un ingresso lecito( ) e ad una permanenza illecita( ). Inoltre potrà accadere che l’ingresso sia avvenuto in epoca anteriore all’entrata in vigore del nuovo reato (e quindi in assenza della previsione esplicita della illiceità penale della condotta) mentre il trattenersi sul territorio, in violazione delle norme del T.U., si consuma attualmente e costituisce reato anche se l’ingresso risale a molto tempo fa.
Entrambe le condotte hanno struttura semplice, in quanto il Dlgs 286/1998 prevede il rilascio di apposita documentazione autorizzativa per il soggiorno in Italia e, pertanto, o il provvedimento è stato richiesto e/o rilasciato (e la presenza è quindi lecita) oppure no (in tal caso l’illecito è palesemente consumato e certo) ( ).
Il fatto è quindi oggettivo ed a nulla rileva la consapevolezza o meno del reo, trattandosi di condotta punibile a titolo di colpa.
Il soggetto destinatario della disciplina dei suoi movimento è lo straniero (così si esprime la norma di cui al nuovo art.10 bis) ma l’espressione deve essere coordinata con l’art. 1 del D.Lgs 286/1998 che dispone l’applicazione della normativa di accesso al territorio ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea ed agli apolidi.
In forza del comma 2) la nuova sanzione non si applica ai soggetti destinatari di provvedimento del Questore di respingimento (art. 10 del T.U.) che viene disposto alla frontiera o nell’immediatezza dell’ingresso sul territorio o appena scaduto il tempo utile all’immediato soccorso della persona (sempre che non si verifichino le condizioni per l’asilo politico o l’accoglimento quale rifugiato o la protezione per motivi umanitari).
Secondo le norme generali, anche al detto reato è applicabile l’esimente generale di cui all’art. 54 C.P., concernente lo stato di necessità.( ) Alla disciplina generale va aggiunta la particolare normativa inerente il soccorso al rifugiato e la protezione internazionale di cui al D.Lgvo 19.11.2007 n. 251. Lo stesso comma 6) della nuova norma prevede, in tal caso, la sospensione del procedimento e, in caso di accoglimento della domanda, la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere.
Va inoltre considerato che anche prima della introduzione del nuovo reato il T.U. prevedeva l’ipotesi dello straniero che si trattiene illecitamente sul territorio (art. 14); ciò tuttavia attiene alla ipotesi dell’inadempimento all’obbligo di lasciare il territorio a seguito di provvedimento del Questore. In simile ipotesi il reo è esplicitamente informato della normativa vigente e il trattenersi sul territorio è palesemente una ipotesi più grave, rispetto alla nuova figura contravvenzionale (che può essere commessa anche nella ignoranza della norma, pur se non rilevante e non esimente).
L’art. 14 prevede la pena detentiva ma ammette un giustificato motivo, che il nuovo art. 10 bis, al contrario, non ammette. Il nuovo reato, pertanto, pur assumendo una funzione sussidiaria( ) rispetto alla ipotesi più grave di cui all’art. 14, e collocandosi in una posizione di minore gravità, viene punito per la sua oggettività senza possibilità alcuna di giustificato motivo (al di fuori di quanto già espresso in ordine allo stato di necessità ed alla richiesta di protezione internazionale).
Ad una ipotesi meno grave, pertanto, non viene riconosciuta una esimente, esplicitamente ammessa per il reato più grave.
* * *
Per poter compiutamente collocare il nuovo reato nell’ambito della disciplina complessiva, occorre esaminare l’intera normativa presente nel TU.
Va osservato che l’impianto complessivo della normativa ha origine dal preciso intento di compiere ogni atto utile a provocare l’allontanamento dello straniero irregolare dal territorio nazionale; tale scopo si realizza, in forza delle ultime novità normative, anche attraverso una serie di misure che, nelle intenzioni astratte, vorrebbero dissuadere lo straniero dall’ingresso e che, nel concreto, danno vita a condizioni di vita impossibili, tali da costringere lo straniero ad andare spontaneamente altrove.
In adempimento, come si vedrà, agli obblighi derivanti dalla sottoscrizione di convenzioni internazionali, il TU prevede un pesante regime sanzionatorio per le attività di favoreggiamento della immigrazione clandestina (art. 12) e per la contraffazione dei documenti (art. 5 comma 8). Per le particolarità inerenti si rinvia alla lettura del testo letterale delle norme, non senza avere evidenziato che la previsione di tali illeciti è fondamentale per il contrasto al fenomeno, in quanto è ormai palese per tutti che l’immigrazione è un affare economico non soltanto per quella parte di criminalità che organizza il trasferimento fisico delle persone ma anche, e soprattutto, per tutte quelle altre persone che traggono dalla presenza dello straniero una utilità economica, collegato allo sfruttamento delle sue risorse lavorative e quindi economiche ( ).
Il TU prevede la legittimità dell’ingresso sul territorio se lo straniero è in possesso di documenti validi per l’espatrio, è munito di visto (se richiesto) e fa ingresso sul territorio da un valico ufficiale di frontiera. Gli organi di Polizia possono respingere lo straniero fin dal primo momento (art.10) salve le situazioni che presentano necessità di soccorso immediato e per il tempo strettamente necessario al medesimo.
Il TU prevede le condizioni utili e necessarie per il rilascio del permesso di soggiorno, articolate in diverse modalità e contenuto a seconda del motivo della richiesta di permanenza sul territorio. La richiesta deve essere presentata entro il termine di 8 giorni; detto termine è prescritto anche nel caso in cui lo straniero provenga da paese dell’UE e sia munito di permesso rilasciato da un paese aderente all’Unione (in tal caso il termine è prescritto per la comunicazione della presenza sul territorio e per la esibizione del permesso UE).
E’ appena il caso di ricordare che il TU prevede la stessa sanzione per ogni violazione di norma (art. 14 comma 5) e che pertanto non vi sono distinzioni fra la omissione della comunicazione di presenza entro 8 giorni e l’assenza totale di permesso, neppure richiesto.
E’ prevista una pena minore solo per l’ipotesi di mancata richiesta del rinnovo del permesso già concesso e scaduto.
E’ degna di nota la estrema severità del regime sanzionatorio per il rifiuto di esibire i documenti, punito con l’arresto obbligatorio, il processo con rito direttissimo e la pena della reclusione da 1 a 4 anni (art. 6). Le prime interpretazioni – forti di un consolidato orientamento della Cassazione in materia – ritengono che l’obbligo di esibizione riguardi un qualsiasi documento di identità e non in via specifica il permesso di soggiorno( ).
Analoga violazione all’obbligo di esibire i documenti, commessa da cittadino italiano, è punita dall’art. 651 c.p. con la pena dell’arresto fino ad un mese o con l’ammenda fino ad euro 206,00 (senza obbligo di arresto e con rito processuale ordinario).
Ad identica condotta, pertanto, corrisponde un regime sanzionatorio molto differente, giustificato in via esclusiva da una condizione personale, quella di straniero extracomunitario, e non da un comportamento più grave.
Non è dato sapere in qual modo il legislatore ritenga di accertare la qualità di extracomunitario, che comporta una sanzione più severa, senza l’esibizione di documentazione di identità.
La norma prevede esplicitamente l’esimente del giustificato motivo che, secondo buon senso concreto, non potrà che consistere nel mancato possesso dei documenti( ) e nella mancata conoscenza dell’obbligo di procurarseli( ).
Pertanto, in presenza dell’invito a esibire i documenti ed al rifiuto, giustificato dal mancato possesso, si applicherà la normativa prevista dall’art. 14 comma 5 e non l’art. 6.
La norma prevede che lo straniero sia esonerato dall’obbligo di esibire i documenti solo per lo svolgimento di attività sportive e ricreative( ), nonchè per l’accesso alle prestazioni sanitarie e le prestazioni scolastiche obbligatorie.
La misura principale, sulla quale si fonda tutta la struttura del TU, è il provvedimento di espulsione, previsto dall’art. 13.
Tutto l’impianto della legge intende ottenere il risultato concreto dell’allontanamento dal territorio dello straniero extracomunitario privo di permesso di soggiorno. Se tale allontanamento non è immediatamente possibile (sia per difficoltà di identificazione della persona, sia per l’incertezza della sua nazionalità e provenienza, sia per la difficoltà di trasferire materialmente la persona ad un valico di frontiera per il rimpatrio), la legge prevede la permanenza in un centro di identificazione ed espulsione per il tempo necessario alla predisposizione degli atti utili alla espulsione; in presenza di ulteriori difficoltà, allo straniero viene impartito un ordine scritto di lasciare il paese entro un certo tempo.
Premesso quanto sopra le condotte illecite sono:
A. Mancata richiesta del permesso
B. Mancata richiesta di rinnovo del permesso già ottenuto e scaduto
C. Mancata comunicazione della presenza sul territorio entro 8 gg
D. Mancata comunicazione della presenza con permesso UE entro 8 gg
E. Diniego o revoca del permesso
F. Rifiuto di esibire i documenti
G. Violazione dell’ordine di lasciare il paese
H. Reingresso sul territorio dopo il provvedimento di espulsione eseguito.
L’art. 14 comma 5 ter punisce il mancato rispetto dell’ordine di lasciare il paese a seguito delle condotte di cui ai punti A, C, D, E, con arresto, rito direttissimo e reclusione da 1 a 4 anni.
Per la condotta di cui alla lett.B, è prevista la reclusione da 6 mesi a 1 anno.
Per la condotta di cui alla lett.F l’arresto fino a 1 anno + ammenda.
Per la condotta di cui alla lett.G l’arresto, rito direttissimo e reclusione da 1 a 5 anni.
* * *
Sotto il profilo processuale, premesso che si tratta con tutta evidenza di reati tutti perseguibili d’ufficio, nel caso della nuova figura di reato la novella prevede uno specifico processo dedicato; la competenza è attribuita al Giudice di Pace ed esclusivamente per l’ipotesi di cui all’art. 10 bis. Le altre ipotesi esaminate restano di competenza del Tribunale in composizione monocratica.
Si presenta, pertanto, una situazione di concorrenza di situazioni diverse, più o meno connesse fra di loro, e di competenza giurisdizionale ed amministrativa di organi differenti.
E’ palese, come già si è visto, che tutta la disciplina prevista dal T.U. è orientata a realizzare l’allontanamento dello straniero irregolare dal territorio nazionale; la condanna alla pena pecuniaria di cui al nuovo art. 10 bis non è quindi l’obiettivo principale dell’ordinamento.
Inoltre è altamente probabile che l’accertamento della violazione della nuova norma dell’art. 10 bis possa avvenire in occasione di altre fattispecie di reato, più gravi, più complesse, che comportino anche provvedimenti di limitazione della libertà personale e di competenza del Tribunale.
La coesistenza e concorrenza con il procedimento amministrativo di espulsione potrà provocare rinvii, richiesta di chiarimenti o documentazione, in considerazione dell’obbligo per il GdP di pronunciare sentenza di non luogo a procedere, nell’ipotesi che i provvedimenti di natura amministrativa siano già stati adottati.
Il rito, denominato “a presentazione immediata”, presenta tutte le caratteristiche tipiche del rito direttissimo, fondato sulla flagranza del reato o sulla sua prova evidente; ciò è in aperto contrasto con la previsione dell’art. 2 del D.Lgvo 274/2000( ), lett h) che esclude dal processo dinanzi al GdP la applicabilità di particolari strumenti di accelerazione processuale o di definizione abbreviata( ).
Delle notifiche e di tutti gli aspetti formali si dovranno occupare la Procura e la Polizia giudiziaria; si applicano le comuni norme relative alla rituale convocazione, oltre che dell’imputato, anche del suo difensore e dei testi, nel caso specifico della presentazione immediata a’ sensi dell’art. 32 bis.
Nei pochi mesi trascorsi dall’entrata in vigore della nuova normativa, è già emerso l’orientamento della necessità di verificare che, ai fini della validità della citazione, negli atti inviati all’imputato ed al difensore siano contenuti sia la richiesta di autorizzazione alla citazione, che il parere del PM, l’avviso di deposito della documentazione e i requisiti comuni dell’ordinamento processuale italiano (quale l’avviso che non comparendo si procederà in contumacia).
Si impone una nota per la necessaria presenza dell’interprete, disposta esplicitamente dalla norma di cui all’art.143 e segg. C.p.p.; l’assenza di detto ausiliario all’udienza, in presenza dell’imputato che non comprenda la lingua italiana, comporterà il differimento del dibattimento. Ciò non accade nel caso di contumacia dell’imputato.
Non esiste una norma generale che preveda la traduzione degli atti giudiziari o amministrativi nella lingua conosciuta dallo straniero. In forza dell’art. 13 n.7 devono essere redatti in lingua conosciuta all’interessato o, in caso di impossibilità, in inglese, francese o spagnolo gli atti inerenti:
• l’ingresso
• il soggiorno
• il trattenimento in CIE
• l’espulsione
• la modalità di impugnazione dei provvedimenti (e quindi anche tutto ciò che concerne la identificazione, le elezione di domicilio, la nomina del difensore).
Anche la concessione dei termini a difesa (norma di carattere generale ribadita peraltro dal n.5) dell’art. 32 bis) potrà comportare il rinvio del dibattimento per gli adempimenti necessari. La previsione di un contenimento del rinvio in giorni sette appare del tutto inattuabile, in considerazione della struttura stessa dell’ufficio del Giudice di Pace (che non prevede la presenza continuativa né la celebrazione quotidiana dei processi penali e la possibilità del prolungamento nelle ore pomeridiane o nel giorno successivo) nonché della cronica carenza di personale amministrativo, con particolare riguardo agli assistenti al magistrato in udienza penale.
Una volta correttamente instaurato il contraddittorio processuale, l’accertamento dei fatti non dovrebbe comportare particolari difficoltà, stante la natura del nuovo reato ed anche considerando gli elementi costitutivi degli altri illeciti previsti dal TU. I maggiori problemi potranno derivare dalla coesistenza con altri e diversi procedimenti, amministrativi o giurisdizionali, della cui esistenza e contenuto sia necessario accertarsi.
Le norme che disciplinano la connessione fra reati, nel caso del processo penale dinanzi al Giudice di Pace, sono contenute nell’art. 6 del D.lgs 274/2000( ). Si tratta di esaminare più reati commessi con una sola azione.
Se i procedimenti connessi sono di competenza di Giudici diversi, è competente per tutti il Giudice superiore (in questo caso il Tribunale).
Tuttavia la riunione resta impossibile se i procedimenti si trovano in stati diversi del processo, e i fatti andranno quindi giudicati separatamente e da giudici diversi.
La nuova disposizione di cui all’art. 61 n.11 bis Codice penale prevede, quale norma di carattere generale, la aggravante di avere commesso un qualsiasi illecito nella condizione di straniero irregolare.
L’applicazione dell’aggravante comporta un aumento della pena fino a un terzo.
Pertanto, in caso di contestazione di un qualsiasi fatto di rilevanza penale e di contemporanea constatazione della situazione di irregolare trattenimento dello straniero sul territorio italiano, il soggetto incorrerà non più in una semplice pena pecuniaria ma nell’aumento fino ad un terzo della pena prevista per le altre condotte illecite già esaminate, prevalentemente di natura detentiva.
Anche in questo caso, dinanzi ad una identica condotta illecita compiuta da un cittadino italiano e dall’extracomunitario, lo straniero sarà punito più severamente in virtù semplicemente della sua condizione personale e non del suo concreto comportamento.
Infine, per completare il tema, occorre prendere atto della disposizione di cui all’art. 84 C.P. (reato complesso), che conferma quanto appena esaminato in ordine al rapporto fra il nuovo reato di cui all’art. 10 bis e altre fattispecie:
? Le disposizioni relative al concorso di reati non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato.
? L’art.10 bis è reato autonomo.
? L’art. 61 n. 11 bis è circostanza aggravante generica (la cui applicazione comporta in concreto un peggioramento del carattere afflittivo della pena, in quanto può produrre un aumento della privazione della libertà in luogo della sola pena pecuniaria)
Infine e sempre con attinenza alla nuova ipotesi di reato, il nuovo art. 62 bis del D.Lgvo. 274/2000 prevede che il GdP possa applicare la misura amministrativa dell’espulsione in luogo della condanna; ciò è previsto genericamente “nei casi previsti dalla legge”.
Tale misura è contemplata nell’art. 16 del T.U., che permette al Giudice di pronunciare l’espulsione nell’ipotesi in cui la eventuale condanna dovesse condurre alla applicazione di una pena detentiva entro i due anni e senza la sospensione condizionale.
Il GdP di regola non pronuncia mai sentenze di condanna a pena detentiva e l’istituto della sospensione condizionale non trova applicazione alle sentenze pronunciate dal GdP per l’espressa previsione di cui all’art. 60 del D.Lvo 274/2000. Inoltre la nuova fattispecie di reato prevede soltanto la pena pecuniaria.
In forza di una corretta e lineare lettura di diritto, non si ritiene, pertanto, che il GdP possa trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 62 bis. La finalità complessiva del TU, tuttavia e come si è già visto, vuole giungere ogni volta che sia possibile all’allontanamento dello straniero; ciò conduce molti autori a sostenere la applicabilità della espulsione giudiziaria anche nel processo dinanzi al Giudice di Pace.
Gli obblighi internazionali dell’Italia
La comunità internazionale ha da tempo individuato nel cosiddetto “traffico di persone” uno dei principali obiettivi degli accordi in tema di prevenzione e repressione di attività criminali.
? Con legge 16.03.2006 n. 146 lo Stato italiano si è obbligato a compiere una serie di attività dirette a contrastare e prevenire il crimine organizzato, anche a livello transnazionale.
? Ciò è stato adottato a seguito di convenzioni stipulate nell’ambito delle Nazioni Unite dal 2000 in poi.
? La legge 146/2006 dà attuazione alla Convenzione ed ai Protocolli allegati, che completano il contenuto degli obblighi assunti dai singoli Stati
Gli obiettivi principali sono:
o Il contrasto al crimine organizzato in genere (art. 5)
o La lotta contro il riciclaggio di proventi di reato (artt. 6 e 7)
o La lotta alla corruzione (artt. 8 e 9)
o La protezione dei testimoni (art. 24)
o La assistenza alle vittime (art. 25)
I protocolli di attuazione della convenzione sono articolati in
? 1° - Avverso la tratta delle persone, con speciale riguardo a donne e fanciulli
? 2° - Avverso il traffico di armi da fuoco
? 3° - Avverso il traffico illecito di migranti
Essi prevedono espressamente i seguenti obblighi
? Obbligo generalizzato a fornire assistenza alle vittime
? Obbligo a non perseguire le vittime del traffico
? Obbligo allo scambio di informazioni utili alla ricostruzione dei fatti ed alla individuazione dei colpevoli
Sono quindi legittime le perplessità sorte in merito alla previsione del reato di cui all’art. 10 bis senza alcuna esimente derivante dall’essere vittima del traffico di persone. La punizione, pura e semplice, dello straniero e la sua equiparazione con un criminale per la sua condizione personale sono in aperto contrasto con l’obbligo di non punizione della vittima del traffico di persone.
Inoltre sembra che il legislatore abbia quale principale, se non unico, obiettivo allontanare al più presto lo straniero e non tanto utilizzare le sue dichiarazioni per risalire agli organizzatori del traffico e sconfiggere questa nuova figura di schiavismo.
Relazioni fra il nuovo reato e l’obbligo al rapporto e al referto
L’ordinamento penale conosce i reati di omesso rapporto (art.361 Cod. penale) e di omesso referto (art.365 Cod. penale).
In entrambi i casi viene punita la omissione della denuncia di fatti che costituiscano reati perseguibili d’ufficio. La nuova figura di reato è da collocare sicuramente fra i reati perseguibili d’ufficio.
Nell’attribuire la competenza a giudicare al Giudice di Pace, come già si è visto, il legislatore ha determinato altresì il rito da applicare, che prevede la presentazione direttamente dinanzi al Giudice dell’imputato e di tutti gli atti istruttori necessari ( ).
L’art. 39 Cod. penale distingue i reati in delitti e contravvenzioni ma, ai soli fini della discussione in ordine al tema in oggetto, ciò rileva solo in relazione al reato previsto dall’art. 365 Cod.penale (come si vedrà fra poco) ma non agli effetti dell’obbligo al rapporto (art. 361 Cod. penale).
In tempi assai recenti si è lungamente discusso della legittimità dell’obbligo imposto ai sanitari, prima, ed agli insegnanti, poi, di denunciare le persone prive di permesso di soggiorno, cioè di clandestini a tutti gli effetti, secondo la nuova norma che si è voluto introdurre.
Il legislatore sembra essersi premurato di evitare norme di dubbia costituzionalità ma restano valide alcune riflessioni, non trascurabili.
Se per gli esercenti la professione sanitaria il capoverso dell’art. 365 Cod. penale prevede l’esimente esplicita, in quanto l'obbligo del referto viene meno quando la sua presentazione esporrebbe la persona assistita a procedimento penale( ), non altrettanto può affermarsi per le altre persone in vario modo investite di funzioni a contenuto pubblico.
Ricordiamo, infatti, che sono pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio tutte le persone che in concreto partecipano in modo attivo ad una funzione a contenuto legislativo, giudiziario o amministrativo nell’ambito della pubblica amministrazione. E' pubblico ufficiale, ad esempio, il medico che partecipa alla formazione della volontà della Pubblica Amministrazione o alle dichiarazioni di volontà, scienza o verità della stessa (per esempio, il medico incaricato del controllo della sussistenza di una malattia; il medico convenzionato che svolge l'attività di accertamento a carico dell'assistito in vista di una dichiarazione certificativa).
L'elemento soggettivo del reato di omissione di rapporto é costituito dalla specifica volontà di omettere il rapporto o referto, accompagnata dalla consapevolezza che si tratti di un reato perseguibile d'ufficio.
Perché si ricada nell'ipotesi disciplinata dalle norme in esame non basta una diceria qualsiasi e non é sufficiente trattarsi di mera intenzione: occorre la notizia certa di un reato consumato.
Il soggetto non ha uno specifico obbligo di condurre accertamenti in linea di fatto, né ha il potere di interrogare testimoni o eseguire altri accertamenti, ma dovrà pur valutare la attendibilità delle notizie a lui riferite.( )
Peraltro, nel caso del nuovo reato, c’è ben poco da indagare ed appare assai difficile restare nell’incertezza del compimento dei fatti; infatti o la presenza dello straniero è stata preceduta da un provvedimento autorizzativo, e in tal caso la presenza è lecita, o tale atto manca e il reato è certamente stato consumato.
Si potrà obiettare che l’operatore non ha l’obbligo di chiedere l’esibizione del permesso di soggiorno ma la circostanza di fatto della sua assenza potrà emergere ugualmente nell’ambito della comunicazione; per l’obbligo di rapporto è sufficiente la conoscenza del fatto, sul quale, come detto, non occorrono indagini nè può insorgere incertezza alcuna.
La novella ha previsto( ) l’esonero dalla esibizione dei documenti di soggiorno per l’accesso alle prestazioni sanitarie e alle prestazioni scolastiche obbligatorie. Per implicito resta vigente l’obbligo di presentazione della documentazione comprovante la legittimità della presenza sul territorio per ogni altro tipo di prestazione richiesta (ad esempio le richieste inerenti le certificazioni dello stato civile e i servizi pubblici in genere).
La nuova normativa ha altresì espressamente previsto l’esonero dalla segnalazione all’autorità in occasione dell’accesso alle strutture sanitarie, ma ha salvato le ipotesi in cui il referto sia obbligatorio per legge( ). Si è obiettato che detto obbligo sussiste solo per i delitti perseguibili d’ufficio e non per le contravvenzioni.
Seri dubbi tuttavia permangono, in considerazione della complessità delle situazioni di fatto che si concretizzano nella realtà (commistione fra clandestinità e violazioni alle norme sulle locazioni, sul commercio, sulla contraffazione, sull’igiene dei luoghi di residenza, etc. etc.)
Se non interverrà un chiarimento legislativo di fondo( ), ogni pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio potrebbe incorrere nel reato di omissione di rapporto ogni volta che venga a conoscenza (con qualsiasi mezzo) della mancanza del permesso di soggiorno in capo a qualsiasi soggetto noto ( ).
Particolarità della situazione concreta in relazione all’istruzione e alla richiesta di soccorso in favore di minori (art. 31 T.U.)
Come si è già visto, l’art. 6 del T.U. esonera lo straniero dalla esibizione dei documenti di soggiorno allorchè richieda prestazioni rientranti nell’obbligo scolastico; tuttavia la norma non si coordina con la previsione dell’art. 35, inerente la richiesta di prestazioni sanitarie (che espressamente prevede in tali situazioni l’esonero da qualsiasi segnalazione all’autorità).
Nell’ambito delle varie prestazioni di carattere scolastico, pertanto, non è affatto chiara una situazione di generale e indiscriminato esonero dal rapporto, e ciò potrebbe produrre comportamenti assai differenti da luogo a luogo.
Va osservato, inoltre, che l’obbligo al rapporto permane in tutte quelle situazioni in cui la prestazione diretta all’istruzione è estranea all’obbligo di legge; ciò riguarda, ad esempio, gli studi superiori e tutti quei corsi diretti agli adulti.( )
L’obbligo scolastico riguarda i figli minori dello straniero al pari di quelli dei cittadini italiani e la violazione al detto obbligo è penalmente sanzionata dall’art. 731 Cod. Penale. Si produce, quindi, il paradosso di uno straniero extracomunitario che, soggiornando irregolarmente sul territorio, è comunque obbligato ad adempiere all’obbligo scolastico per i figli minori e che, nel compiere o richiedere atti diretti all’adempimento a detto obbligo, è costretto a rivelare la condizione propria e della sua famiglia quali soggetti “clandestini”. Con il risultato irrazionale di una conseguente espulsione per avere chiesto di adempiere all’obbligo di legge di dare istruzione ai figli.
Le disposizioni di cui agli artt. 31 e seguenti, inoltre, investono il Tribunale per i minorenni della competenza ad adottare i provvedimenti utili alla migliore assistenza del minore, inclusi gli atti necessari all’ingresso o permanenza del familiare; tali atti sono temporanei e legati alle concrete esigenze del minore. Terminate tali esigenze resterebbe oggettivamente accertata la condizione di irregolarità dello straniero, con il conseguente avvio della procedura diretta all’espulsione, che potrebbe riguardare anche il minore, unitamente ai suoi familiari. Tale ipotesi, tuttavia, non è affatto automatica, in quanto l’ordinamento italiano ammette l’ipotesi che le esigenze di assistenza del minore siano soddisfatte anche separatamente dalla famiglia di origine. Anche in tal caso, e paradossalmente, la richiesta di assistenza al minore potrebbe condurre alla separazione di quest’ultimo dai genitori, con l’espulsione di questi ultimi e l’assistenza coatta al minore in stato di necessità.
Profili di incostituzionalità
La norma di cui all’art. 10 bis del D.L.vo 25.07.1998 n. 286, introdotto con legge 15.07.2009 n. 94, appare incostituzionale sotto diversi profili.
In primo luogo la norma è viziata da irragionevolezza per le seguenti ragioni:
• mancanza di giustificazione dell’introduzione di una nuova norma. In presenza dell’istituto dell’espulsione, sia in sede amministrativa che giudiziaria, che già soddisfano lo scopo voluto dalla legge di allontanare chi non abbia fatto ingresso in Italia secondo le norme, non si ravvisa la necessità di una nuova figura di delitto che, prevedendo soltanto una pena pecuniaria e per di più difficilmente riscuotibile, non rafforza lo scopo predetto né colma lacune di altra natura;
• mancanza di efficacia teleologica. La figura delittuosa, così come prevista ed applicata, non produce alcun effetto dissuasivo. Nel TU sull’immigrazione sono già presenti norme assai più gravi, che prevedono la pena detentiva e non si comprende in qual modo una pena pecuniaria possa essere idonea a prevenire l’ingresso illegale sul territorio. Inoltre non vi è alcuna proporzionalità fra l’illecito e la sanzione, trattandosi di mera omissione amministrativa (la mancata richiesta del permesso di soggiorno) da parte di persone che, per definizione, oltre a non conoscere la lingua italiana, provengono da paesi nei quali il sistema di diritto spesso non esiste;
• mancanza di fondamento nell’equivalenza fra irregolarità amministrativa (la mancanza del permesso di soggiorno) e pericolosità sociale. L’ipotesi di reato traccia un sostanziale automatismo fra una situazione di omissione di richiesta di provvedimento autorizzativo e qualificazione criminale, con conseguente giudizio presunto di pericolosità che conduce all’allontanamento dal territorio;
• il predetto livello di equivalenza fra una condizione personale (quella di straniero non in possesso di permesso di soggiorno) e lo stato di criminalità presunta costituisce una illiceità razionale, restando priva di riscontro sulla commissione di fatti a danno della collettività; si giustifica una previsione di condotta di rilevanza penale in quanto il comportamento attivo costituisca pericolo o danno per la vita collettiva. Nella norma si prescinde da qualsiasi accertamento al riguardo, tracciando un parallelo fra lo stato della persona e il giudizio di criminalità.
La norma è incostituzionale poiché attua una discriminazione:
• in forza della sola condizione personale, e non della condotta, fra cittadini e stranieri, nonché fra straniero e straniero;
• con chi è già stato espulso e può invocare il giustificato motivo per non essersi allontanato (art. 14 T.U. 286/98);
• con coloro che, pur essendo stranieri “clandestini”, hanno diritto alla sanatoria in virtù della tipologia di lavoro svolto;
• fra pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio che sono obbligati al rapporto, in forza degli artt.361 c.p., ed altri che ne sono esenti per previsione di legge legata non alla condizione della persona o allo svolgimento di una specifica funzione, bensì alla figura di reato.
La norma, inoltre, presenta violazione di diritti
• del diritto di difesa: la previsione impedisce di rappresentare elementi di fatto, o condizioni personali, che di regola possono costituire esimenti generali previste dalla legge ( si pensi, ad esempio, allo stato di necessità);
• del diritto a non essere perseguito in quanto vittima del traffico di persone. Da diversi anni lo Stato italiano aderisce a protocolli internazionali destinati a contrastare il traffico di persone, lo sfruttamento di donne e minori, il traffico di organi umani, la riduzione in schiavitù in tutte le sue forme anche occulte. In forza di detti accordi lo Stato italiano ha approvato proprie leggi nazionali con le quali ha sancito il principio di diritto della non punibilità dello straniero che sia vittima e non protagonista del traffico di persone. E’ noto che la maggior parte degli immigrati che giungono nel nostro paese possono approdare alle coste, o attraversare i confini territoriali, soltanto in quanto facenti parte di gruppi organizzati e indirizzati appositamente allo scopo. Ciò si concretizza con mezzi di trasporto e itinerari che i singoli non sarebbero in grado di approntare; il pagamento di corrispettivi per il trasporto dimostra che l’ingresso (ed anche il successivo trattenimento, attraverso il fenomeno del lavoro nero) sono il prodotto di un vero e proprio commercio delle persone, che vede il singolo quale oggetto dell’affare economico illecito, e quindi vittima e non autore del reato.
• del diritto alla solidarietà; è principio costituzionale, e interesse collettivo, promuovere ed attuare il soccorso dei più bisognosi e la condivisione delle situazioni di sofferenza, non dovute a colpe della persona.
Sussistono infine violazione e contrasto con altre leggi
• protocolli internazionali avverso la tratta delle persone; come già visto, perseguire la vittima del reato viola le leggi che lo Stato ha dato a se stesso fra il 2002 e il 2006;
• equivalenza automatica fra irregolare e criminale; lo stato di criminalità deve conseguire ad una condotta dolosa o colposa per un fatto previsto come lesione di un interesse collettivo. La violazione di norma di carattere amministrativo non giustifica di per sé la dichiarazione di criminalità; se così fosse, dovrebbero essere criminali anche tutti coloro che violano norma amministrative sulla circolazione stradale e sull’esercizio del commercio;
• interesse alla collaborazione per perseguire i responsabili; l’ordinamento italiano, nel porre quale proprio interesse principale la lotta contro il traffico internazionale e lo sfruttamento delle persone, ha espressamente indicato la vittima del reato quale fonte principale delle notizie utili a ricostruire i fatti e ad individuare le persone responsabili. L’allontanamento della vittima prima che siano accertati i veri criminali si pone in contrasto con il detto scopo.
• condanna di una persona di cui non si ha certezza dell’identità e della nazionalità; le comuni difficoltà che si incontrano nella identificazione e provenienza degli stranieri rendono complessa anche la fase materiale dell’espulsione. La norma prescinde da tutto ciò e provvede alla condanna della persona per il solo fatto di non essere italiana;
• persecuzione irrazionale; la norma che si censura vuole raggiungere lo scopo finale di costringere lo straniero ad andarsene. Per realizzare lo scopo la norma intende rendere la vita impossibile allo straniero, anche con una pena pecuniaria di elevata entità. Ciò costituisce una persecuzione di Stato, che appare contraria a ogni principio;
• incitamento all’odio verso il diverso; definire criminale lo straniero in forza della sola sua condizione di disgraziato produce uno stato di avversione predefinita, contraria a qualsiasi convivenza civile.