Legittima difesa - Diritti patrimoniali - Necessaria una proporzione tra il danno che si potrebbe subire e lareazione posta in essere
Legittima difesa - Diritti patrimoniali - Necessaria una proporzione tra il danno che si potrebbe subire e lareazione posta in essere
Penale - Legittima difesa - Diritti patrimoniali - Necessaria una proporzione tra il danno che si potrebbe subire e la reazione posta in essere (Corte di Cassazione Sezione Quinta Penale Sentenza 12 maggio 2003 n. 20727)
Svolgimento del processo
F. M. è stato condannato dal GIP presso il Tribunale di Palermo perchè riconosciuto colpevole del delitto ex art. 586 in relazione agli artt. 83 e 590 cp, con attenuanti generiche ritenute prevalenti sulle contestate aggravanti e con riduzione conseguente alla applicazione del rito abbreviato.
La competente Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado.
Ricorre per Cassazione il difensore dell'imputato e deduce erronea applicazione dell'art. 52 cp, erronea applicazione dell'art 55 cp, nonché mancanza e manifesta illogicità di motivazione.
Sostiene che i giudici di merito, pur ricostruendo correttamente l'accaduto, hanno escluso che ricorresse la scriminante della legittima difesa, in ciò errando radicalmente, in quanto il F., dopo l'ennesima rapina nella sua tabaccheria, uscì repentinamente in strada e, allo scopo di impedire la fuga dei malviventi, esplose alcuni colpi con l'arma detenuta regolarmente. I primi colpi furono esplosi in aria a scopo intimidatorio, i successivi in direzione della parte inferiore dell'autovettura dei malviventi nel tentativo di forarne le gomme ed ostacolare la fuga. Un colpo tuttavia attinse tale M. G., che si stava dirigendo verso l'autovettura a bordo della quale erano i suoi complici, provocando lesioni. Se dunque questa fu, pacificamente, la dinamica del fatto, è assolutamente errata la qualificazione giuridica elaborata dal giudice di primo grado. La Corte di appello, a sua volta, dopo aver premesso di non condividere tale qualificazione, non ne propone una alternativa e, con ciò, incorre nella prima anomalia. In realtà, il F. fece uso dell'unico strumento che aveva a disposizione e lo utilizzò in maniera adeguata. L'istituto della legittima difesa è pacificamente applicabile anche ai diritti patrimoniali. La sussistenza della scriminante non consente di formulare la ipotesi di reato ex art. 586 cp. Non si comprende dunque a quale titolo venga affermata la responsabilità del F., quasi che debba trattarsi di una sorta di responsabilità oggettiva. Inoltre la Corte territoriale, dopo avere escluso la applicabilità dell'art. 52 cp, afferma che, se anche si volesse ritenere sussistente la aggravante de qua, non potrebbe ritenersi escluso l'eccesso colposo, con la conseguente applicabilità delle disposizioni concernenti, appunto, i delitti colposi. Un tal modo di procedere è meritevole di censura: il giudice non può, ricorrendo ad una fictio juris, riconoscere la sussistenza degli elementi della legittima difesa che ha precedentemente escluso, per poi disinvoltamente sostenere il superamento colposo dei limiti stabiliti per il suo esercizio. L'eccesso colposo consiste nell'eccesso dell'uso dei mezzi, dovuto a negligenza, imperizia, imprudenza. Sul punto manca qualsiasi motivazione e dunque trattasi, ancora una volta, di responsabilità attribuita a titolo oggettivo.
Il ricorso è parzialmente fondato.
È innanzitutto incontestabile che la legittima difesa possa essere applicata anche ai diritti patrimoniali, i quali possono essere difesi anche ricorrendo ad atti di violenza, purché sussista proporzione tra il danno che si potrebbe subire e la reazione posta in essere. È poi necessario che il comportamento del soggetto aggredito costituisca l'unico mezzo per impedire l'aggressione al patrimonio e non rappresenti occasione per una ritorsione (ASN 198105819-RV 149337).
Ebbene, sulla base della ricostruzione operata dai giudici di merito, non può dubitarsi del fatto
a) che il patrimonio del F. era stato aggredito e leso (i rapinatori si stavano allontanando con la refurtiva),
b) che, tuttavia, il danno causato dal reato avrebbe potuto essere neutralizzato, attraverso il recupero del denaro rapinato (se il F. fosse riuscito a bloccare la fuga dei malviventi),
c) che, considerata la situazione (numero degli aggressori e strumenti a loro disposizione), il ricorrente fece uso dell'unico mezzo efficace in suo possesso: una pistola (necessaria, sia per interrompere la fuga dei rapinatori, sia per indurli a restituire il maltolto).
Dunque, in astratto, i presupposti per la sussistenza della scriminante ex art. 52 cp sussistevano. Conseguentemente non è corretta la condanna dell'imputato per il delitto di cui all'art. 586 cp, che, come è noto, punisce con le pene previste per la aberratio delicti (ma aumentate, se si tratta dei delitti ex artt. 589 e 590 cp) la condotta di colui che, commettendo un delitto doloso, cagioni involontariamente, morte o lesioni di un terzo.
Invero, non rimane integrata la fattispecie ex art 586 cp nella ipotesi in cui il soggetto tenga, in presenza di una causa che elide in radice la antigiuridicità del suo operato (nel caso in esame la legittima difesa), una condotta integrante l'elemento oggettivo del reato doloso (nel caso in esame, quello di danneggiamento) cui sia eziologicamente legato l'evento più grave (morte o lesioni).
Il F. volle danneggiare l'auto dei rapinatori, ma lo fece, come si sostiene nella sentenza impugnata, per impedire che costoro fuggissero con il denaro che gli avevano sottratto e, così operando egli era - per le ragioni sopra esposte - scriminato.
Sussiste invece, sempre sulla base della ricostruzione dell'accaduto operata nella fase di merito, l'eccesso colposo in legittima difesa. Infatti, se, da un lato, è certamente esatto sostenere (come si è appena fatto) che il F. adoperò l'unico strumento efficace che aveva a sua disposizione (un'arma da fuoco), dall'altro, va detto che è altrettanto vero che detto strumento, per la sua micidialità, avrebbe dovuto essere impiegato con grande avvedutezza, prudenza e con la consapevolezza di possedere adeguata perizia nel suo maneggio. Dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che il F., dopo aver fatto fuoco in aria, iniziò a sparare contro le ruote dell'auto dei banditi, mentre era ferma, quindi continuò, quando questa si era ormai messa in movimento ed, in tale frangente, attinse il M. che verso l'auto si stava dirigendo. È evidente allora che la condotta del ricorrente, adeguata e "prudente" nella prima fase (colpi in aria, colpi contro la parte inferiore di un bersaglio fermo), divenne avventata nella seconda fase (colpi in direzione di un'auto in movimento) e fu in tale seconda fase, secondo i giudici di merito, che il M. rimase ferito. Appare dunque corretto affermare che, nell'esercizio della legittima difesa, il F. superò colposamente i limiti stabiliti dalla legge (art. 52 cp), cagionando il ferimento della vittima.
Ne consegue che sul piano sanzionatorio va applicato il trattamento previsto dal corrispondente reato colposo (art.590 cp), ma senza l'aumento previsto dall'art. 586 cp (come invece fatto in sede di merito). La sanzione può essere determinata direttamente da questo giudice di legittimità, facendo uso dei criteri esplicitati dal giudice di merito (concessione di attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle aggravanti e diminuente conseguente al rito abbreviato); essa va quindi fissata in giorni 20 di reclusione. Come disposto nelle precedenti fasi processuali, la pena va sostituita con la corrispondente sanzione pecuniaria che deve essere determinata in € 774,00.
Nel resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
La Corte, qualificato il fatto contestato come eccesso colposo in legittima difesa, ridetermina la pena in giorni 20 di reclusione, sostituiti con euro 774,00 di multa. Rigetta nel resto.