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Attivita' medico - chirurgca - Denuncia di sitomatologia inducente il sospetto di neoplasia al seno

Responsabilita' Civile - Attivita' medico - chirurgca - Denuncia di sitomatologia inducente il sospetto di neoplasia al seno - Mancata visita del medico ginecologo ovvero di indicazioni al paziente per la visita da parte di altri medici - Comportamento inescusabile Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 24143 del 29/11/2010

Responsabilita' Civile - Attivita' medico-chirurgica - Denuncia di sitomatologia inducente il sospetto di neoplasia al seno - Mancata visita del medico ginecologo ovvero di indicazioni al paziente per la visita da parte di altri medici - Comportamento inescusabile - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie.

In tema di responsabilità medica, riveste carattere di inescusabilità il comportamento del medico ginecologo che, a fronte della denuncia di una sintomatologia che induce il sospetto di una neoplasia al seno - la quale costituisce uno dei casi in cui il tumore è tanto più efficacemente curabile, quanto più tempestivamente si intervenga, secondo un dato di comune esperienza che emerge dalla osservazione dei fenomeni sociali (e che, come tale, rappresenta una regola di giudizio alla quale il giudice del merito si deve attenere) - non visiti, né faccia visitare da altri la paziente e rinvii ad un futuro indeterminato ulteriori accertamenti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che, in base a motivazione contraddittoria intrinsecamente illogica, aveva disatteso l'anzidetto dato di comune esperienza, affermando che la sintomatologia denunciata dalla paziente costituiva "un problema serio e meritevole di approccio tempestivo ma non rivestiva carattere di urgenza"). Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 24143 del 29/11/2010
 

Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 24143 del 29/11/2010


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.J. ha convenuto davanti al Tribunale di Milano il ginecologo G.T. ed il radiologo N.R., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, a causa della tardiva diagnosi di un carcinoma mammario, che ha determinato un ritardo di oltre settanta giorni nella cura.

Ha addebitato al T. di avere rinviato di un mese la visita ed il compimento di ulteriori accertamenti, dopo che essa gli ha comunicato con una telefonata, nel dicembre 1997, di avere rilevato un nodulo al seno; ha addebitato ad entrambi i convenuti di non avere diagnosticato la neoplasia in occasione della prima radiografia, eseguita il **. Il carcinoma e’ stato accertato solo a seguito di una seconda radiografia, eseguita il ** successivo, a seguito della quale - senza ascoltare il parere del N., che l’aveva avviata ad ulteriori approfondimenti - la J. si e’ rivolta al prof. V., che l’ha immediatamente operata, rilevando peraltro che le cellule tumorali si erano estese ai linfonodi ascellari.

I convenuti hanno resistito alla domanda, contestando ogni responsabilita’.
Il Tribunale ha assolto il T. da ogni responsabilita’ ed ha ravvisato imperizia del N.. Ha tuttavia ritenuto che il ritardo non abbia avuto alcuna conseguenza pregiudizievole in ordine all’evolvere della malattia e delle successive cure, condannando il N. al risarcimento del solo danno esistenziale, quantificato in Euro 36.618,78, oltre interessi e spese processuali. Proposto appello principale dal N. e incidentale dalla danneggiata, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto responsabile del comportamento successivo al ** sia il N. che il T., ma ha escluso che dall’illecito siano derivati danni patrimoniali, se non per la somma di Euro 118,78 oltre accessori, corrispondente alla spesa della seconda mammografia, rivelatasi superflua. Ha altresi’ escluso la risarcibilita’ dei danni non patrimoniali perche’ conseguenti ad illecito contrattuale e non a responsabilita’ civile T.V., quale erede testamentaria della J., nel frattempo deceduta, propone tre motivi di ricorso per cassazione. Resistono con separati controricorsi il N. e il T.. Quest’ultimo propone un motivo di ricorso incidentale, a cui replica la ricorrente con controricorso.
La ricorrente ed il N. hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, principale e incidentale (art. 335 cod. proc. civ.). 2.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia violazione degli art. 1218 e 2697 cod. civ., nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nel capo in cui la sentenza impugnata ha escluso la responsabilita’ del T. per il comportamento anteriore all’errata diagnosi sulla radiografia del *15 gennaio 1998*, affermando che la mancata visita dopo la telefonata del *15 dicembre 1997*, che comunicava la presenza di un nodulo al senso (in una paziente affidata da tempo alle sue cure, a cui egli stesso aveva in precedenza diagnosticato un seno fibromatoso), ed il tempo che ha lasciato trascorrere prima di farla sottoporre a mammografia (fino al **, a seguito di altra telefonata della J. in data **), non costituiscono comportamento negligente. Assume la ricorrente che il suddetto comportamento integra colposa sottovalutazione della sintomatologia denunciata e che e’ incongruente ed illogica la motivazione della Corte di appello, secondo cui la situazione prospettata, pur riguardando "un problema serio e meritevole di approccio tempestivo, non rivestiva carattere di urgenza" e comunque i tempi di attesa nelle strutture pubbliche della Regione Lombardia per gli interventi nei confronti di analoghe situazioni sono piu’ o meno simili a quello verificatisi nella specie. Fa presente che la J. si era rivolta privatamente alle cure del dott. T., si’ che il richiamo alla sanita’ pubblica e’ inconferente.
Soggiunge che l’onere della prova di avere correttamente adempiuto era a carico del medico, che avrebbe dovuto egli stesso dimostrare che il ritardo non aveva aggravato la malattia o che l’aggravamento era dipeso da eventi straordinari e imprevedibili.

2.1.- Il motivo e’ fondato sotto il profilo della contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione. E’ intrinsecamente contraddittoria, in primo luogo l’affermazione che la Corte di merito ha tratto dalla CTU, facendola propria - per cui la sintomatologia denunciata dalla ricorrente al T. il ** era un problema serio e meritevole di approccio tempestivo ma non rivestiva carattere di urgenza.
La necessita’ di approccio tempestivo e la non urgenza sono concetti logicamente contraddittori, anche a prescindere dalle nozioni di comune esperienza - ormai diffuse anche fra i profani - per cui nessun sintomo che possa anche lontanamente manifestare il sospetto di una neoplasia puo’ essere trascurato o sottovalutato, considerato che l’efficacia delle cure e le probabilita’ di guarigione o di sopravvivenza sono strettamente legate alla tempestivita’ della diagnosi e delle terapie. (Non a caso il servizio sanitario nazionale affronta notevole spesa per assicurare ogni anno apposite misure di screening su tutta la popolazione femminile a rischio, in funzione preventiva, a prescindere dal rilievo individuale di disturbi o anomalie).
E’ quindi da ritenere inescusabile il comportamento di un medico ginecologo che, a fronte della denuncia di una sintomatologia che induce il sospetto di una neoplasia al seno - uno dei casi in cui il tumore e’ tanto piu’ efficacemente curabile, quanto piu’ tempestivamente si intervenga - non visiti, ne’ faccia visitare da altri la paziente e rinvii ad un futuro indeterminato ulteriori accertamenti.
La motivazione che affermi il contrario, senza menzionare ulteriori circostanze od argomentazioni idonee a disattendere cio’ che e’ a tutti noto, risulta intrinsecamente illogica, alla luce di una regola di giudizio che deve essere integrata dai dati della comune esperienza, quali emergono dall’osservazione dei fenomeni sociali (cfr. Cass. Civ. Sez. 3, 13 ottobre 2010, a definizione del ricorso RGN 13383/2006, in corso di pubblicazione).
Parimenti incongruente e’ il rilievo per cui il ritardo causato dal comportamento del T. sarebbe conforme a quello in cui la J. sarebbe comunque incorsa, prima di essere sottoposta a radiografia, se si fosse rivolta al sistema sanitario pubblico. La ricorrente si era infatti rivolta al T. privatamente, e privatamente avrebbe potuto richiedere la radiografia, senza tempi di attesa, se cio’ le fosse stato consigliato; come ha effettivamente fatto nel gennaio successivo, rivolgendosi al N., e poi alla fine di marzo, facendosi operare dal prof. \Veronesi\. Era compito del medico, in ogni caso, consigliarla in modo che evitasse, potendo, le eventuali perdite di tempo insite nel ricorso al sistema sanitario pubblico.
Le censure di insufficiente o contraddittoria motivazione con riferimento al comportamento del T. dal ** in avanti debbono essere accolte.

3.- Si impone ora di procedere all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale, con cui il T. - denunciando violazione degli art. 1218 e 1176 cod. civ. - lamenta che la Corte di appello abbia esteso nei suoi confronti la responsabilita’ per l’errata diagnosi, a suo avviso imputabile esclusivamente al N.. Assume che solo quest’ultimo e’ specialista in radiologia; che egli non aveva le competenze per leggere le radiografie e che, anche per motivi deontologici, non poteva interferire nelle scelte del collega. 3.1.- Il motivo e’ inammissibile poiche’, pur prospettando formalmente la violazione di norme di legge, censura esclusivamente gli accertamenti in fatto e le valutazioni di merito in base alle quali la Corte di appello e’ pervenuta alla sua decisione. La Corte ha diligentemente richiamato tutti gli indici probatori dai quali si desume che il N. si e’ consultato con il T., prima di formulare la diagnosi, considerato che la paziente era stata inviata al N. dal T. e che fra l’altro i due medici condividono lo studio professionale nel medesimo appartamento e con unico numero telefonico.
Trattasi di accertamenti e valutazioni in fatto, non suscettibili di riesame in sede di legittimita’ se non sotto il profilo dei vizi di motivazione, vizi che nella specie non sono stati neppure prospettati dal ricorrente e non sussistono.

4.- Il secondo motivo del ricorso principale - che denuncia violazioni di legge e vizi di motivazione, nel capo in cui la sentenza impugnata ha escluso il nesso causale fra il ritardo nella diagnosi e l’aggravamento della malattia - risulta assorbito, poiche’ il giudice di rinvio dovra’ riesaminare la questione dopo avere accertato e deciso, con congrua motivazione, se il ritardo colpevole imputabile al T. debba farsi a decorrere dal dicembre 1997. 5.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli art. 1218 e 2043 cod. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nel capo in cui la sentenza impugnata le ha negato il risarcimento dei danni non patrimoniali, sul rilievo che tali danni sono risarcibili solo nelle fattispecie di responsabilita’ da illecito civile. 5.1.- Il motivo viene preso in esame limitatamente all’affermazione in diritto, risultando assorbito quanto alle questioni di fatto (sussistenza e entita’ dei danni) questioni che dovranno essere riesaminate a seguito del definitivo accertamento di tempi e modi dell’illecito e delle conseguenti responsabilita’. Sul punto di diritto le doglianze della ricorrente sono fondate. Questa Corte ha chiarito che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. porta ad affermare che, ove sia configurabile lesione di diritti della persona costituzionalmente protetti e tale lesione abbia determinato un danno non patrimoniale, vi e’ l’obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilita’, contrattuale od extracontrattuale. Ha altresi’ specificato che interessi di natura non patrimoniale meritevoli di tutela possono essere individuati nell’ambito dei cosiddetti contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario (cfr. Cass. civ. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972. par. 4.1. e seg.).
Erroneamente, pertanto, la Corte di appello ha negato il risarcimento dei danni non patrimoniali con riferimento alla natura contrattuale della responsabilita’.

5.- In accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, affinche’ decida la controversia con completa e logica motivazione e uniformandosi al principio di diritto enunciato dalla citata giurisprudenza della Corte di cassazione.

8.- Il giudice di rinvio decidera’ anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

riunisce i ricorsi. Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito il secondo motivo, e rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione. Cosi’ deciso in Roma, il 22 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2010

 

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