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Diritto all'immagine - Lesione - Cassazione, Sezione prima civile, Sentenza 1 dicembre 2004, n. 22513

Risarcimento dei danni - Diritto all'immagine - Lesione - Danno patrimonialenCassazione, Sezione prima civile, Sentenza 1 dicembre 2004, n. 22513

Civile e Precedura - Risarcimento dei danni - Diritto all'immagine - Lesione - Danno patrimoniale (Cassazione, Sezione prima civile, Sentenza  1 dicembre 2004, n. 22513)

Svolgimento del processo

Con atto del 3 novembre 1983 Stefania Sxxxxxx conveniva davanti al tribunale di Roma la spa Tattilo Editrice chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito della pubblicazione da lei non autorizzata sul periodico Playmen di foto di scena scattate durante la lavorazione del film "La Chiave".

Resisteva la convenuta. Il Tribunale di Roma con sentenza non definitiva dichiarava il diritto al risarcimento dei danni rimettendone la liquidazione al prosieguo. La sentenza veniva confermata in sede di appello. Il ricorso per Cassazione veniva rigettato.

Il giudizio inerente al quantum si concludeva in primo grado con il rigetto della domanda della Sxxxxxx, non avendo accertato il tribunale alcun danno ne' patrimoniale ne' morale. Proponeva appello la Sxxxxxx e la Corte di Roma lo rigettava.

Il secondo giudice, premessa la definitivita'  della statuizione sull'illegittimita'  dell'uso delle foto in questione da parte della Tattilo e dunque che il giudizio de quo riguardava solo la quantificazione dei danni eventualmente seguiti a tale attivita'  illecita, escludeva anzitutto la pur astratta configurabilita'   di danni morali non essendo la fattispecie al suo esame sussumibile in alcuna ipotesi di reato. Negava quindi che alcun  danno fosse stato provato ovvero che fosse comunque emerso, per la ragione che la Sxxxxxx aveva alla stessa negato di consentire la pubblicazione delle foto in questione.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione la Sxxxxxx con due motivi. Resiste con controricorso la Tattilo Editrice. Le parti hanno depositato memorie,

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso la Sxxxxxx lamenta la violazione degli artt. 10 cc e 96 e 97 della legge n. 633 del 1942 (L.A.). Sostiene che la sentenza impugnata dalla premessa della inesistenza di reato e dunque di danno morale ha tratto erroneamente anche la mancanza del pregiudizio per lesione della immagine dell'artista.

1.a. Con il secondo motivo che e' connesso al primo e va dunque esaminato insieme ad esso, la Sxxxxxx lamenta la motivazione omessa o insufficiente relativamente al punto decisivo della sussistenza del pregiudizio patrimoniale e della prova del medesimo. Sostiene che la lezione del diritto alla immagine della persona nota e' di per se' produttiva di pregiudizio patrimoniale, e comunque che questo non puo' essere escluso sulla considerazione della decisione del titolare di non esercitare al momento il diritto di sfruttarlo.

2. Osserva il collegio che l'argomentazione fondamentale della sentenza impugnata, secondo la quale, premessa la condivisibile esclusione di un danno morale, nel caso di specie non si puo' riconoscere la sussistenza del pregiudizio patrimoniale quale conseguenza della accertata illecita utilizzazione commerciale delle foto della ricorrente, per la ragione che la ricorrente medesima avrebbe rinunciato, in una certa occasione, ad autorizzare la pubblicazione delle stesse e dunque di trarne un utile da sfruttamento, non puo' essere condivisa. Essa infatti trascura tanto la estensione del diritto alla immagine in capo alla persona nota, come messa a punto dalla giurisprudenza di questa corte, quanto i criteri che conseguentemente debbono essere tenuti presenti nella individuazione del pregiudizio prodotto dalla diffusione abusiva del ritratto della stessa.

La Corte di cassazione da tempo ha dato luogo ad un orientamento, trascurato dal giudice del merito ma rispetto al quale non vi sono ragioni per dissentire, in base al quale chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona nota per finalita'   commerciali, e' tenuto al risarcimento del danno, la cui liquidazione deve essere effettuata tenendo conto anzitutto delle ragioni della notorieta'  di cui si tratta, soprattutto se questa e' connessa alla attivita'  artistica del soggetto leso, alla quale si collega normalmente lo sfruttamento esclusivo della immagine stessa.

Pertanto l'abusiva pubblicazione quando comporta la perdita da parte del titolare del diritto o della facolta'  di offrire al mercato l'uso del proprio ritratto, da'   luogo al corrispondente pregiudizio (cass. n. 4031 del 1931).

Erroneamente la corte di merito ritiene di superare il criterio che tale giurisprudenza emerge sulla base della predetta circostanza del rifiuto da parte della Sxxxxxx a consentire alla pubblicazione delle foto di cui si tratta.

Tale rifiuto anzitutto non puo' essere equiparato, come si dovrebbe trarre dalla sentenza in esame per dare ad essa un senso giuridico compiuto, ad una sorta di abbandono del diritto stesso con conseguente sua caduta in pubblico dominio, giacche' nella gestione del diritto alla propria immagine ben si colloca la facolta' , protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinate fotografie, senza che cio' comporti alcun effetto ablativo. Ma soprattutto la stessa gestione puo' comportare la scelta di non sfruttare una determinata fotografia perche' lo sfruttamento puo' risultare lesivo, in prospettiva, del bene protetto.

Dunque e' del tutto paradossale individuare in  siffatto atto di gestione la dimostrazione della mancanza di lesivita'  economica nello sfruttamento abusivo posto in essere da parte del terzo.

Tale sfruttamento invece, in quanto frustrante della predetta strategia generale che solo al titolare del dirotto spetta di adottare, puo' risultare in concreto fonte di pregiudizio ben piu' grave di quello che corrisponde al valore commerciale della specifica attivita'  abusiva. Ed il cui risarcimento puo' ben essere effettuato in termini di perdita della reputazione professionale, nella specie allegata, da valutarsi caso per caso dal giudice del merito nei limiti della ricchezza non conseguita dal danneggiato, ovvero anche con il ricorso al criterio di cui all'art. 1226 cc..

Pertanto, se non puo' dirsi, come pretende la ricorrente, che la violazione del diritto allo sfruttamento esclusivo dell'immagine in questione dia luogo di per se' ad un pregiudico economico, essendo questo da accertarsi caso per caso secondo le regole generali, la sentenza impugnata, che ha escluso il danno sulla base della mancata utilizzazione, fino a quel momento, da parte della Sxxxxxx delle foto di scena di cui si tratta, in accoglimento del ricorso, deve essere cassata. La causa deve essere rinviata ad altro giudice del merito che verifichera'  alla luce del criterio indicato la sussistenza del pregiudizio lamentato alla immagine professionale della Sxxxxxx ed alla sua scianche di autorizzare in altro momento la pubblicazione delle foto, dando conto in motivazione dell'accertamento che andra'  a compiere.

Il giudice del rinvio provvedera'  anche sulle spese di questa fase.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma anche per le spese.