Ritardo - Risarcimento del danno cagionato dallì;Amministrazione comunale
Ritardo - Risarcimento del danno cagionato dallì;Amministrazione comunale - illegittimo, arbitrario comportamento tenuto dall’Amministrazione, a mezzo di un suo funzionario, in relazione al procedimento di definizione e liquidazione del contributo concessorio - costruzione dell’immobile avvenuta con notevole ritardo - maggiori costi sostenuti - Consiglio di Stato sentenza n. 01335 del 02/03/2011
Ritardo - Risarcimento del danno cagionato dall’Amministrazione comunale - illegittimo, arbitrario comportamento tenuto dall’Amministrazione, a mezzo di un suo funzionario, in relazione al procedimento di definizione e liquidazione del contributo concessorio - costruzione dell’immobile avvenuta con notevole ritardo - maggiori costi sostenuti - Consiglio di Stato sentenza n. 01335 del 02/03/2011
Consiglio di Stato sentenza n. 01335 del 02/03/2011
FATTO
La Società *** Engineering Srl con riferimento ad una richiesta di concessione edilizia per ampliamento di un fabbricato artigianale inoltrata in data 18/3/1992 al Comune di *** , assumendo essere avvenuto con colpevole ritardo il rilascio del titolo edilizio, proponeva innanzi al TAR per la Lombardia , ai sensi degli artt.34 e 35 del dlgs n.80del 1998 ricorso giurisdizionale per ottenere il risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’Amministrazione comunale.
Secondo la ricorrente a causa dell’illegittimo, arbitrario comportamento tenuto dall’Amministrazione, a mezzo di un suo funzionario, in relazione al procedimento di definizione e liquidazione del contributo concessorio , la costruzione dell’immobile sarebbe avvenuta con notevole ritardo. Di qui la domanda di risarcimento danni avanzata al giudice amministrativo consistente nei maggiori costi sostenuti per la costruzione dell’immobile, nella perdita delle agevolazioni fiscali e nelle spese legali sostenute dalla stessa *** in altri due giudizi pure in precedenza instaurati presso il Tar per la Lombardia relativamente alla questione della esatta liquidazione degli oneri di urbanizzazione afferenti la predetta concessione edilizia.
L’adito Tar con sentenza n.3877 del 19 ottobre 2005 accoglieva il proposto ricorso , condannando il Comune di *** al risarcimento dei danni da liquidarsi a seguito di apposita, ulteriore istruttoria.
Insorge l’appellante sostenendo la erroneità della sentenza di cui chiede l’annullamento.
A sostegno del proposto gravame il Comune eccepisce in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo oltreché la prescrizione del diritto azionato e contesta nel merito la fondatezza della pretesa fatta valere, per insussistenza del fatto illecito lamentato, per carenza dell’elemento soggettivo in capo alla pubblica amministrazione e per avvenuta interruzione del rapporto organico col dipendente comunale che avrebbe tenuto sulla vicenda un comportamento doloso.
Si è costituita in giudizio la *** che ha contestato la fondatezza dell’appello ed ha chiesto, in via incidentale , in parziale riforma della sentenza n.3877/2005, la condanna dell’Amministrazione comunale al rimborso in suo favore dell’ulteriore somma di euro 24.001,00, quale importo corrisposto dall’appellata ad uno studio legale per l’assistenza prestata nei precedenti giudizi cui sopra si accennava pure instaurati nei confronti del suindicato Ente locale.
All’udienza dell’11 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Va in via prioritariamente logica esaminato il primo motivo d’impugnazione con cui parte appellante eccepisce l’inammissibilità del ricorso di primo grado proposto da *** per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.
Esso è infondato.
La richiesta risarcitoria qui fatta valere , avuto riguardo ai fatti denunciati e agli atti e i comportamenti che nella fattispecie vengono in rilievo, attiene, invero, ad un ( sia pure preteso ) illegittimo esercizio del potere autoritativo ( quello inerente la gestione del procedimento di rilascio del titolo ad aedificandum ), in relazione alla lesione arrecata al sottostante interesse legittimo e cioè ad un rapporto giuridico non assimilabile alla condotta delle parti in un rapporto contrattuale caratterizzato da posizioni tutelate dal diritto privato e neppure assimilabile ad un comportamento materiale pure tutelato dal codice civile ( cfr Cons Stato Sez.IV 14 marzo 2005 n.1047 ).
In ragione della natura e contenuto dell’azione attivata, la controversia all’esame rientra, perciò, pienamente nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo prevista dall’art.35 del dlgs n.80 del 1998 come modificato dalla legge n.205 del 2000.
Ciò assodato, si può prescindere dall’esame del secondo mezzo di gravame relativo alla sollevata eccezione di prescrizione del diritto azionato , rivelandosi l’appello fondato in relazione ai restanti mezzi d’impugnazione ( che per ragioni logiche vengono trattati congiuntamente ) con cui si contesta nel merito la sussistenza in capo all’Ente degli elementi costitutivi di responsabilità produttiva di danno risarcibile.
Il TAR fonda, nel merito, la statuizione di riconoscimento del diritto al risarcimento in capo a *** sulla base di due ordini di argomentazioni recanti, sostanzialmente , il seguente tenore:
la condotta dolosa, penalmente rilevante , posta in essere dal funzionario dell’Ufficio Tecnico del Comune di *** in danno dell’attuale appellata è ascrivibile, in ragione del rapporto organico, all’Amministrazione che, in ragione di ciò è obbligata a rispondere dei danni arrecati a terzi dai propri dipendenti;
quanto all’elemento soggettivo, si ravvisa nella specie una responsabilità da contatto amministrativo qualificato in ragione della quale l’Amministrazione avrebbe dovuto provare la non imputabilità della condotta causativa di danno .In ogni caso, sussiste a carico del Comune una colpa c.d. da apparato costituita dal fatto che il rilascio in notevole ritardo della concessione edilizia de qua è scaturito da un calcolo abnorme ed ingiustificato degli oneri di urbanizzazione sintomatico di un gravissima imperizia dell’Amministrazione nella conduzione del relativo procedimento amministrativo e in ciò resta provata la colpa dell’Ente in parola.
I ragionamenti forniti dal giudice di primo grado a giustificazione della sua pronuncia sono entrambi fallaci.
Con riferimento alla questione sub a) occorre effettuare alcune precisazioni in punto di fatto che appaiono avere significativa rilevanza ai fini della comprensione della vicenda e della soluzione della controversia all’esame.
I fatti connessi al procedimento amministrativo di rilascio della concessione edilizia per cui è causa sono stati oggetto di un procedimento penale attivato nei confronti dell’allora responsabile dell’Ufficio tecnico comunale e conclusosi, allo stato, per il dipendente comunale in questione con una condanna , in primo grado, per i reati di cui agli artt.81cpv, 56, 317 e 323 c.p. , sostanzialmente confermata in appello . In tale sede l’impiegato comunale è stato condannato al risarcimento del danno in favore del Comune di *** costituitosi parte civile.
Tanto doverosamente precisato, il ragionamento secondo cui l’operato abnorme posto in essere dal predetto funzionario dell’Ufficio tecnico in sede di determinazione degli oneri contributivi, sia ascrivibile, quanto all’imputazione soggettiva, all’appellante Comune in applicazione dei principi rappresentati dalla sussistenza di un nesso di necessaria occasionalità e dall’esistenza di un rapporto di immedesimazione organica tra il dipendente e l’Ente locale , non convince.
Dalla lettura della sentenza penale di condanna si evince in maniera netta che la condotta dolosa tenuta dall’allora responsabile dell’Ufficio tecnico nella gestione della pratica ***, relativamente alla illegittima determinazione degli oneri di urbanizzazione è stato il frutto di un disegno “criminoso” di perseguimento di un interesse personale del tutto avulso dalle finalità istituzionali dell’Ente.
A sostegno della non riconducibilità del comportamento penalmente rilevante agli scopi dell’Ente e del carattere strettamente egoistico e personale della responsabilità dell’impiegato , concorrono, sulla scorta dell’esame della citata sentenza, non pochi elementi di valutazione che possono così indicarsi:
1) il processo penale conclusosi con la condanna in questione, nasce, come accertato dai giudici del Tribunale Penale di Como, dalla denuncia del Sindaco di *** , “ a sua volta sollecitata dalle lamentele dei cittadini… , a seguito delle quali la stessa amministrazione comunale ha riscontrato irregolarità”;
2) il funzionario tecnico protagonista della vicenda è stato sottoposto a procedimento disciplinare per tali irregolarità, compresa quella riscontrata nella gestione della pratica ***;
3) in relazione alle quantificazioni degli oneri relativi alle due concessioni edilizie richieste dalla ***,”i criteri adottati dal capo dell’ufficio tecnico non sono stati condivisi dalla stessa amministrazione comunale…”
Decisiva in ogni caso si rivela la circostanza di carattere processuale costituita dall’avvenuta costituzione in giudizio nella veste di parte civile del Comune di *** e della relativa condanna subita dall’infedele impiegato al risarcimento in favore dell’Amministrazione comunale ,
Al di là , allora , degli altri elementi pure di una certa rilevanza or ora esposti, l’avvenuto riconoscimento in sede giudiziale penale , ai fini civilistici, di un diritto al risarcimento dei danni subiti dal Comune in ragione del comportamento tenuto dal dipendente, non può non stare a significare che la condotta accertata come penalmente rilevante , posta in essere dal tecnico, come riconosciuta lesiva della posizione giuridica soggettiva dello stesso Comune, ha spezzato il rapporto organico esistente tra datore di lavoro e dipendente, senza che quanto operato illegittimamente dal secondo soggetto possa rifluire in capo al primo .
In altri termini, l’attività dilatoria , vessatoria e comunque contra legem posta in essere dal dipendente in sede di determinazione degli oneri concessori non va fatta coincidere con i compiti istituzionale rimessi in tale settore amministrativo al Comune di *** in capo al quale non è possibile configurare, conseguentemente, una responsabilità per danni cagionati a terzi ( *** ) da parte del suo dipendente.
L’insussistenza di tali profili di responsabilità per Amministrazione comunale già di per sé esclude la fondatezza della pretesa risarcitoria avanzata da *** nei confronti dell’Ente, nondimeno , al riguardo vanno altresì disattese le ragioni di accoglimento della pretesa risarcitoria di cui al suindicato punto b).
Il primo giudice sostiene essersi nella specie inverata una ipotesi di responsabilità da contatto amministrativo qualificato con la sussistenza di una colpa c.d. di apparato, sub specie di responsabilità da ritardo, ma la costruzione di un tale speciale tipo di responsabilità non pare essere stata correttamente formulata.
In primo luogo si osserva che la richiesta risarcitoria è stata avanzata dalla *** ai sensi dell’art.2043 del codice civile, e cioè per responsabilità derivante da fatto illecito, sicchè se ci troviamo nell’ambito dello schema di responsabilità aquiliana sia pure applicata all’esercizio (asseritamente ) illegittimo della funzione amministrativa , occorre fare riferimento in sede di indagine sulla sussistenza o meno in capo all’Amministrazione di una responsabilità causativa di danno risarcibile , ai parametri di valutazione dei profili di colpa e di onus probandi propri del paradigma consegnatoci dalla nota sentenza della Corte di Cassazione n.500/99 e come trasfusi nella legge n.205/2000.
Ora sulla scorta dei canoni ermeneutici intervenuti in subjecta materia ,il danno ingiusto derivante dal tardivo rilascio della concessione edilizia va posto in stretta correlazione con l’inosservanza dolosa o colposa della normativa disciplinante il relativo procedimento addebitabile all’Amministrazione, ma l’elemento soggettivo della colpa, senza porre a carico del soggetto privato il relativo onere di prova, non è nella specie evincibile .
Che se poi si vuole accedere, come fatto dal TAR, alla peculiare figura di “colpa d’apparato”, individuabile, com’è noto, nei profili di imputabilità riferiti non al funzionario agente ( a titolo di imperizia o negligenza ) ma alla P.A. nella sua dimensione organizzativa e gestionale , nemmeno tali aspetti di disfunzione amministrativa sono evincibili nel caso de quo e comunque il giudice di primo grado si è limitato solo ad affermare in modo generico ed apodittico tale speciale colpa senza dare contezza della rilevanza e delle modalità con cui la stessa si sarebbe dispiegata, ricollegandola , invero ad una “gravissima imperizia nella conduzione del procedimento amministrativo”, il che è tutt’altra cosa.
A precludere peraltro la sussistenza di tale tipo di colpa valgono le considerazioni di carattere generale già formulate in proposito da questa Sezione ( decisione 6 luglio 2004 n.5012) e qui da ribadirsi , secondo cui “la colpa d’apparato, stante il suo carattere essenziale, si rivela impropriamente introdotta nella struttura dell’illecito sia perché l’eventuale disorganizzazione amministrativa non è necessariamente causa di atti illegittimi sia perchè la stessa risulta essenzialmente estranea al profilo psicologico dell’azione amministrativa immediatamente produttiva di danno”.
Conclusivamente non si rileva nella specie la violazione delle regole di correttezza e di buona amministrazione in cui ravvisare l’esistenza di un illecito causativo di danno risarcibile nei sensi e termini voluti dall’appellata società *** la cui pretesa di reintegrazione patrimoniale deve perciò considerarsi infondata , dovendosi accogliere , in ragione dei motivi fondatamente dedotti, l’appello proposto dal Comune di ***.
Rimane da esaminare l’appello incidentale proposto da *** con cui si chiede, in parziale riforma della sentenza n.3877/2005, la condanna del Comune di *** alla rifusione in favore della stessa *** della somma di euro 24.0001,00 quale maggiore spese legali sostenute in occasione dei giudizi promossi in precedenza innanzi al Tar in relazione ai fatti per cui è causa.
L’appello è infondato.
Premesso che a suo tempo il TAR con la sentenza n.487/96 nel definire i ricorsi proposti dall’attuale appellata ebbe a disporre il pagamento in favore della stessa , a titolo di spese di lite, della somma di 4 milioni di lire, va osservato come la liquidazione delle spese e competenze di causa è rimessa al potere discrezionale ed equitativo dell’organo giudicante ed in ogni caso, l’eventuale contestazione dell’entità di tale liquidazione doveva avvenire a cura dell’interessata in sede di appello della predetta sentenza , non potendo perciò, la chiesta revisione di una siffatta statuizione essere certo oggetto del diverso giudizio , di contenuto risarcitorio, instaurato in prime cure e in questo grado di giudizio.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n.8315/2006 proposto dal Comune di *** , lo Accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Rigetta l’appello incidentale proposto da *** Engineering Srl
Condanna la suindicata Società al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila ) oltre IVA e CPA.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it |