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Domanda di rimessione in pristino

Condominio - Domanda di rimessione in pristino Domanda di rimessione in pristino del lastrico ed alla rimozione della veranda e del tavolato e rimozione di opere e manufatti in pregiudizio delle parti comuni - Legittimazione attiva - Autorizzazione dell'assemblea (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 30 settembre 2008, n. 24305)

Condominio

Domanda di rimessione in pristino del lastrico ed alla rimozione della veranda e del tavolato e rimozione di opere e manufatti in pregiudizio delle parti comuni - Legittimazione attiva - Autorizzazione dell'assemblea (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 30 settembre 2008, n. 24305)

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 30 settembre 2008, n. 24305

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del novembre 1996 il Condominio di via (Omissis) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova il condomino ***. , proprietario di uno dei due appartamenti dell'ultimo piano dell'edificio condominiale e titolare altresi' del diritto d'uso esclusivo di uno scomparto del sovrastante lastrico solare.

L'attore evidenziava una serie di comportamenti da parte del convenuto contrastanti con la legge ed il regolamento condominiale, tra cui l'apertura di un foro con botola sulla soletta del lastrico e conseguente messa in comunicazione tramite scala di quest'ultimo con il sottostante appartamento, la realizzazione di un manufatto veranda nella zona ad uso esclusivo e la installazione di tre palizzate di legno al confine tra la zona di uso esclusivo ed il rimanente comparto del lastrico, di appartenenza ed uso condominiale, con conseguente impedimento ai condomini di accedere in tale zona per la manutenzione dei vani comuni ivi esistenti e per l'utilizzo del magazzino condominiale; chiedevano quindi la condanna del convenuto alla rimessione in pristino del lastrico ed alla rimozione della veranda e del tavolato.

Costituendosi in giudizio l' *** chiedeva il rigetto delle domande attrici e in via riconvenzionale chiedeva dichiararsi la propria titolarita' esclusiva del lastrico solare sovrastante il proprio appartamento.

L'adito Tribunale con sentenza del 2.11.1999, riconosciuto il diritto del convenuto a realizzare sul lastrico l'apertura di collegamento di quest'ultimo con il sottostante appartamento, in parziale accoglimento della domanda attrice condannava l' *** ad eliminare e/o rimuovere il manufatto costruito sulla porzione di lastrico ad uso esclusivo e le palizzate in legno poste sul confine con la porzione di terrazzo di uso comune.

Proposto gravame da parte dell' *** cui resisteva il Condominio di via (Omissis) la Corte di Appello di Genova con sentenza del 30.4.2003 ha rigettato l'impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza l' *** ha proposto un ricorso affidato a cinque motivi cui il Condominio di via (Omissis) ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata la questione sollevata dal ricorrente nella memoria illustrativa e rilevabile d'ufficio riguardante la dedotta carenza di legittimazione processuale della controparte, che aveva introdotto il presente giudizio dinanzi al Tribunale di Genova sulla base della delibera autorizzativa del 12.7.1996 non totalitaria; il ricorrente rileva che l'amministratrice del Condominio di via (Omissis) all'esito di tale delibera assunta a maggioranza non poteva proporre le domande di condanna dell' *** alla rimozione del gazebo e delle palizzate in legno da quest'ultimo posizionate sul lastrico solare di sua pertinenza.

Tale assunto e' infondato; invero l'amministratore del condominio e' legittimato senza necessita' di autorizzazione dell'assemblea dei condomini ad instaurare un giudizio per ottenere la rimozione di opere e manufatti realizzati da un condomino in pregiudizio delle parti comuni dell'edificio condominiale, come appunto nella fattispecie, posto che una tale domanda rientra negli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni stesse ai sensi dell'articolo 1130 c.c., n. 4.

Venendo quindi all'esame del primo motivo, si osserva che l' *** , deducendo violazione degli articoli 1130 e 1131 c.c., articoli 75, 159, 295 e 336 c.p.c., comma 2, censura la sentenza impugnata per non aver sospeso il presente giudizio fino all'esito dell'altro giudizio pendente tra le stesse parti avente ad oggetto l'impugnazione da parte dell'esponente della Delib. 12 luglio 1996 che aveva autorizzato l'amministratrice del Condominio a proporre la domanda che aveva introdotto la presente controversia; il ricorrente invero aveva chiesto la suddetta sospensione in quanto l'annullamento della delibera richiamata avrebbe inciso negativamente sulla legittimazione a proporre la domanda che aveva dato luogo alla instaurazione di questa lite.

L' *** fa presente che nel giudizio relativo alla impugnativa della Delib. 12 luglio 1996 era intervenuta una sentenza di questa Corte del 11.9.2003, n. 13350 che, in accoglimento del ricorso proposto dall'esponente, aveva cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Genova del 6.7.1999; il ricorrente sollecita comunque questa Corte a disporre la sospensione del presente giudizio sino all'esito dell'altro giudizio avente natura pregiudiziale.

La censura e' infondata.

Sotto un primo profilo deve invero rilevarsi che dall'esame dell'atto di appello non risulta che l' *** avesse richiesto alla Corte territoriale la sospensione del presente giudizio per le ragioni sopra esposte.

Deve poi osservarsi che la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra controversia non puo' essere chiesta nel giudizio di cassazione, in quanto comporta un accertamento di fatto - come tale riservato al giudice di merito - circa il rapporto di pregiudizialita' tra i due processi (Cass. 22.6.1990 n. 6265; Cass. 9.4.2003 n. 5530).

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1027, 1031, 1079 e 1138 c.c., articolo 2697 c.c., comma 1, articolo 115 c.p.c. e articolo 24 Cost., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il regolamento del Condominio di via (Omissis) aveva natura contrattuale in quanto predisposto dalla societa' costruttrice ed originaria proprietaria dell'edificio e richiamato nei singoli contratti di acquisto.

L' *** rileva che il suddetto regolamento di condominio, per essere ritenuto di natura contrattuale, avrebbe dovuto assumere tale carattere in epoca antecedente alla realizzazione da parte dell'esponente dell'opera asseritamene abusiva, avvenuta nel luglio 1990; viceversa almeno due degli atti di acquisto di unita' immobiliari facenti parte dell'edificio condominiale erano stati stipulati successivamente a tale data, cosicche' il manufatto in questione doveva ritenersi legittimo in quanto non ancora in contrasto all'epoca con l'articolo 10 del regolamento condominiale istitutivo di una servitu' negativa che ne avrebbe impedito la realizzazione nei confronti degli altri condomini e dello stesso condominio.

Il ricorrente censura inoltre la sentenza impugnata per aver individuato il regolamento condominiale applicabile in quello di cui al rogito del notaio Porcile del 22.3.1951 predisposto dal costruttore e non invece in quelli approvati nelle assemblee del 6.3.1952 e del 11.5.1953 in cui non si faceva alcun riferimento al regolamento del 22.3.1951 ne' al suo recepimento negli atti di acquisto successivi.

L' *** infine assume che il giudice di appello senza alcuna motivazione al riguardo ha negato l'ammissione della prova per interrogatorio formale e testi articolata dall'esponente avente ad oggetto la circostanza che il regolamento condominiale non era stato ne' recepito nei singoli atti di acquisto da parte dei condomini ne' approvato all'unanimita' dai condomini medesimi.

La censura e' infondata.

Il giudice di appello, premesso che nel secondo grado di giudizio erano stati prodotti tutti gli atti di acquisto ciascuno dei quali contenente il richiamo al regolamento condominiale, ha escluso che il regolamento allegato in copia al rogito per notaio Porcile del 22.3.1951, denominato "regolamento condominiale" e trascritto insieme al rogito, non fosse quello originario, come dedotto dall'appellante, che riteneva rilevante in causa quello successivamente approvato nelle assemblee del 6.3.1952 e del 11.5.1953; al riguardo ha rilevato che il testo del regolamento che risultava approvato "nell'assemblea 6 marzo 1952 con la modifica dei m/m dell'ascensore approvata nell'assemblea del 11 maggio 1953" era sostanzialmente identico al contenuto precettivo del regolamento allegato al rogito per notaio Porcile del 22.3.1951, e che in nessuna delle suddette assemblee era stata approvata la parte normativa del regolamento (posto che la prima assemblea si era limitata a prendere atto della formale costituzione del condominio e ad approvare la tabella millesimale, e la seconda aveva rettificato per precedente errore la tabella millesimale ed aveva approvato quella dell'ascensore); pertanto la Corte territoriale all'esito di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione ha concluso che non vi era un secondo regolamento di origine assembleare ma solo quello predisposto dal costruttore ed unico proprietario originario, cosicche' l' *** , allorche' nel proprio contratto di acquisto dette atto di "conoscere e osservare e fare osservare dai suoi aventi causa il regolamento di condominio del caseggiato di cui quanto venduto e' parte", poteva riferirsi soltanto al regolamento allegato al rogito per notaio Porcile del 22.3.1951.

A tal punto e' agevole poi evidenziare l'infondatezza dell'assunto del ricorrente secondo cui il manufatto da lui costruito sul lastrico solare era lecito perche' il regolamento condominiale che vietava ai proprietari degli ultimi piani di sopraelevare non era ancora applicabile non essendo stati ancora stipulati all'epoca della sua realizzazione tutti gli atti di acquisto; infatti la prima vendita di una unita' immobiliare compresa nell'edificio di proprieta' del costruttore venditore e' sufficiente per la costituzione del condominio con la conseguenza che il regolamento condominiale predisposto dall'originario unico proprietario e recepito nel primo atto di acquisto (come appunto nella fattispecie) diviene pienamente efficace come regolamento avente natura contrattuale per effetto della volonta' delle parti espressa in tale atto, ed e' suscettibile di assumere forza vincolante nei confronti di altri successivi acquirenti dei piani se da essi accettato mediante specifici atti di adesione al complesso delle norme regolamentari predisposte; pertanto, essendo pacifico che l' *** , allorche' acquisto' un appartamento nel suddetto locale condominiale, aderi' al regolamento menzionato in quanto recepito nell'atto di acquisto, non vi e' alcun dubbio che tale regolamento avente natura contrattuale divenne da allora vincolante in tutte le sue disposizioni anche nei suoi confronti.

Infine deve rilevarsi che correttamente il giudice di appello, avendo verificato documentalmente che in tutti gli atti di acquisto era stato recepito il menzionato regolamento avente natura contrattuale, ha ritenuto implicitamente irrilevante la prova per interrogatorio formale e testi formulata dall' *** e tendente a dimostrare il contrario.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1126, 1127, 1362 e 1363 c.c., articoli 99, 101 112 e 342 c.p.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso la dedotta inapplicabilita' dell'articolo 10 del regolamento condominiale alla installazione del manufatto in legno con copertura telonata sul lastrico solare soprastante l'interno 14 sotto il duplice profilo della insussistenza nella specie dei presupposti soggettivi ed oggettivi per l'applicabilita' dell'articolo 10 suddetto.

L' *** sostiene anzitutto che, prevedendo tale norma regolamentare il divieto di sopraelevazione solo nei riguardi dei proprietari degli ultimi piani, nessuna limitazione poteva ritenersi operante per chi, come l'esponente, era altresi' proprietario esclusivo del lastrico solare; in proposito evidenzia che il giudice di appello ha negato che l' *** fosse proprietario del lastrico solare ritenendolo soltanto titolare di un diritto reale d'uso del lastrico, e si riserva di esporre le ragioni della erroneita' di tale statuizione in un successivo motivo di ricorso.

Il ricorrente poi censura la sentenza impugnata per aver esteso all'esponente il divieto di sopraelevazione sulla base del collegamento operato ex articolo 1363 c.c., tra l'articolo 10, e l'articolo 13, del regolamento condominiale, concernente l'uso dei terrazzi, introducendo cosi' un nuovo tema di indagine rispetto a quello oggetto di dibattito tra le parti, che non avevano mai fatto riferimento all'articolo 13; l' *** deduce comunque l'irrilevanza del richiamo a tale articolo, che riguardava soltanto l'uso dei terrazzi, mentre l'articolo 10, disciplinava il divieto di costruzione sui terrazzi a prescindere dall'uso di essi ed unicamente in ragione della proprieta' degli ultimi piani.

Il ricorrente inoltre rileva, sotto il profilo del difetto dei presupposti oggettivi di applicabilita' dell'articolo 10, del regolamento, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l'esponente nell'atto di appello aveva gia' sollevato la questione sulla qualificazione del manufatto da lui realizzato come sopraelevazione, avendo ivi espressamente denunciato che "l'articolo 10, del regolamento condominiale non contiene alcun divieto di sopraelevazione per il proprietario del lastrico solare".

L' *** assume altresi' che comunque il giudice di appello aveva esaminato nel merito la questione sollevata dall'appellante e che l'aveva erroneamente interpretata, posto che con essa non si era denunciata una violazione dell'articolo 1127 c.c., essendosi invero invocata l'applicabilita' dell'articolo 10, del regolamento condominiale che, nel prevedere un divieto, lo limitava alla sopraelevazione e non alla costruzione di una nuova fabbrica. La censura e' infondata.

Sotto un primo profilo si osserva che il giudice di appello ha ritenuto di interpretare l'articolo 10, del regolamento condominiale, che vietava ai proprietari degli ultimi piani di sopraelevare - in applicazione del criterio ermeneutico previsto dall'articolo 1363 c.c., -in correlazione con il successivo articolo 13, concernente l'uso dei terrazzi, che statuiva che "il terrazzo e' diviso in due scomparti uno dei quali di uso esclusivo dell'appartamento n. (Omissis) e l'altro di uso comune"; da cio' la Corte territoriale ha rilevato che, essendo soltanto due gli appartamenti dell'ultimo piano, e considerato che il divieto di sopraelevazione era diretto "ai proprietari degli appartamenti degli ultimi piani", l'uso del plurale esprimeva nella sua formulazione letterale la volonta' di estendere il precetto ad entrambi gli immobili situati all'ultimo piano.

Si e' quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da logica ed adeguata motivazione, posto che il richiamo operato all'articolo 13, e' stato utilizzato esclusivamente ai fini di individuare il numero degli appartamenti dell'ultimo piano dell'edificio condominiale onde chiarire meglio l'ambito di applicazione del divieto di sopraelevazione sancito dall'articolo 10; quanto poi al profilo di censura relativo all'asserito indebito richiamo all'articolo 13, del regolamento, si rileva che, come gia' esposto, la Corte territoriale in proposito ha fatto corretta applicazione del criterio ermeneutico di cui all'articolo 1363 c.c., e che anzi il giudice e' tenuto a ricorrere a tale criterio di interpretazione sistematica e complessiva delle clausole anche quando l'interpretazione basata sul "senso letterale delle parole" di cui all'articolo 1362 c.c., conduca a risultati di certezza (Cass. 21.2.1995 n. 1877; Cass. 11.6.1999 n. 5747) .

Infine si osserva che correttamente il giudice di appello ha ritenuto che l' *** nell'atto di citazione in appello non aveva proposto alcuna questione sulla qualificazione del manufatto come sopraelevazione e che soltanto in comparsa conclusionale, e quindi tardivamente, richiamando l'articolo 1127 c.c., aveva distinto tra "sopraelevazione" e "nuova fabbrica", attribuendo alla prima denominazione il significato di nuovo piano e qualificando come "nuova fabbrica" il manufatto edificato sul lastrico del proprio appartamento.

Infatti dall'esame dell'atto di appello risulta che in esso non vi e' alcun riferimento alla qualificazione del manufatto realizzato come nuova fabbrica e non come sopraelevazione, cosicche' la deduzione di tale questione soltanto nella comparsa conclusionale e' evidentemente tardiva.

Tale preclusione processuale determina l'irrilevanza dell'esame di tale questione, invero trattata dalla Corte territoriale solo "ad abundantiam". Con il quarto motivo il ricorrente, deducendo violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver confermato la condanna dell' *** alla rimozione del tavolato di tamponamento della porzione di lastrico solare di suo uso esclusivo.

Il ricorrente rileva che il giudice di appello avrebbe dovuto in proposito limitarsi a verificare la legittimita' o meno di tale opera alla luce della disposizione dell'articolo 10, comma 1, del regolamento condominiale che vietava di "fare varianti dell'immobile che possano alterare l'estetica e la simmetrica estensione" dell'edificio condominiale; invece la Corte territoriale, lungi dal vincolare la propria valutazione a tale chiaro parametro, ha fatto riferimento ad un criterio di asserita generica alterazione dello stato di fatto preesistente non contemplato nella richiamata disposizione regolamentare. La censura e' infondata.

Il giudice di appello ha osservato che, pur apparendo l'edificio condominiale privo di pregi architettonici, la visione delle foto allegate alla consulenza tecnica d'ufficio e di quelle prodotte in primo grado dalla parte attrice presentava un quadro d'insieme peggiorativo della terrazzata in quanto la separazione dei due scomparti, realizzata con un'alta palizzata in legno e tubi metallici di sostegno, si presentava molto simile ad una recinzione di cantiere, e sicuramente non armonizzava, bensi' sviliva sotto il profilo estetico e simmetrico le pur modeste strutture preesistenti; ha inoltre aggiunto che lo stesso parapetto del lastrico, notevolmente piu' basso della palizzata, era sormontato da un'appendice triangolare di quest'ultima, costituita da un cavalletto ligneo che sporgeva verso l'esterno oltre il bordo del sottostante cornicione con effetto non certamente decorativo.

Pertanto la Corte territoriale ha esaurientemente espresso le ragioni per le quali ha ritenuto che il tavolato di tamponamento realizzato dall' *** sulla porzione di lastrico di sua pertinenza, presentando caratteristiche del tutto diverse dalle strutture preesistenti dell'edificio condominiale, ne aveva chiaramente alterato il profilo estetico e simmetrico, cosi' violando la richiamata norma regolamentare.

Si e' quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da logica e congrua motivazione, come tale immune dalle censure sollevate dal ricorrente, che sostanzialmente infatti si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione sotto il profilo dell'incidenza sull'estetica dell'edificio condominiale del tavolato di tamponamento installato dall' *** sul lastrico solare di suo uso esclusivo. Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli articoli 832, 1126, 1127, 1159 e 1362 c.c., articoli 36, 99, 112, 115 c.p.c., e articolo 167 c.p.c., comma 2, e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso la proprieta' dell'esponente sul lastrico solare sulla base soltanto dell'interpretazione del titolo di proprieta' costituito dall'atto per notaio Trucchi del 15.6.1982 e senza nessuna pronuncia sul pur espressamente evocato titolo d'acquisto originario (usucapione) del lastrico e del magazzino soprastante.

L' *** evidenzia sotto un primo profilo la contraddittorieta' della sentenza impugnata per aver ritenuto legittima la mancata pronuncia sulla suddetta domanda riconvenzionale da parte del giudice di primo grado (in quanto formulata "ove del caso") e per averla nondimeno esaminata nel merito.

Il ricorso inoltre fa presente di aver proposto la domanda di accertamento della proprieta' in suo favore del lastrico solare per usucapione sia in primo che in secondo grado deducendo al riguardo una specifica istanza istruttoria.

La censura e' infondata.

Il giudice di appello, pur avendo rilevato che la domanda riconvenzionale dell' *** diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa della proprieta' del lastrico solare era stata proposta nel primo grado di giudizio "ove del caso" e che quindi correttamente il Tribunale di Genova non si era pronunciato in proposito, ha comunque esaminato nel merito tali domande cosi' come richiesto dall'appellante, cosicche' non sussiste alcun interesse del ricorrente a denunciare una pretesa "ambivalenza decisoria", da parte della Corte territoriale.

Occorre poi osservare che il giudice di appello all'esito dell'esame dell'atto a rogito notaio Trucchi del 15.6.1982 con il quale l' *** aveva acquistato un appartamento sito all'ultimo piano dello stabile condominiale, ha affermato sulla base dell'interpretazione letterale dell'atto stesso che l'attuale ricorrente era divenuto titolare di un diritto reale d'uso del lastrico e non proprietario dello stesso.

Si e' quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, comunque non oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente. Del pari e' infondato il profilo di censura relativo alla asserita omessa pronuncia da parte del giudice d'appello sulla domanda riconvenzionale finalizzata all'accertamento della proprieta' del lastrico solare in favore dell' *** per intervenuta usucapione; in realta' dall'esame degli atti e dalla stessa prospettazione del ricorrente risulta che una tale domanda non e' stata formulata nell'atto di citazione in appello e neppure in sede di precisazione delle conclusioni, ma soltanto in comparsa conclusionale e quindi tardivamente; pertanto correttamente la Corte territoriale non si e' pronunciata in proposito.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 100,00 per spese e di euro 3.000,00 per onorari di avvocato