Mancato rilascio di autorizzazione amministrativa per il legale destinazione all'uso pattuito
Locazioni - Mancato rilascio di autorizzazione amministrativa per il legale destinazione all'uso pattuito - Risoluzione del contratto -art. 1578 c.c
Locazioni - Mancato rilascio di autorizzazioneamministrativa per il legale destinazione all'uso pattuito - Risoluzione del contratto - art. 1578 c.c (Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 7 marzo-5 novembre 2002 n. 15489)
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 7 marzo-5 novembre 2002 n. 15489
Svolgimento del processo
Con citazione (...............) Alcide Pxxxxxxx, conduttore di un immobile concessogli in godimento per l'esercizio della attività di produzione e vendita di pane (...............) da Aldo Bxxxxxxxx per il canone annuo di trenta milioni di lire, conveniva in giudizio il locatore per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni cagionatigli dal ritardo col quale aveva dovuto iniziare a svolgere la sua attività artigianale nell'immobile (...............). Il convenuto contrastava la domanda, assumendo che il locatore non aveva alcun obbligo di presentare domanda di condono delle opere eseguite all'immobile, che, in precedenza, aveva costituito oggetto di altra locazione, tra le stesse parti consensualmente risolta perché il conduttore non aveva ottenuto la licenza per l'esercizio della sua attività di fornaio e pasticciere. L'adito tribunale di Modena, con sentenza del 18/2/1995, rigettava la domanda e condannava l'attore alle spese, osservando che la giuridica impossibilità di utilizzare l'immobile locato non integrava vizio della cosa, ai sensi dell'art. 1578 c.c., se non in presenza di specifica pattuizione di garanzia a carico del locatore, che, nella specie, non vi era stata. Il gravame di Alcide Pxxxxxxx - proposto nei confronti di Ada Ansaloni, Gianni Bxxxxxxxx e Maurizio Bxxxxxxxx nella qualità di eredi del defunto originario locatore - era accolto dalla Corte di appello di Bologna (...............), che (...............) condannava gli appellati a risarcire al conduttore il danno subito nella misura di L. 77.097.000, oltre rivalutazione ed interessi.
I giudici di appello consideravano, nella interpretazione del contratto, che tra le parti era intervenuta specifica pattuizione circa la destinazione dell'immobile all'attività artigianale di forno e di pasticceria, tanto che il conduttore era stato autorizzato alle relative modifiche strutturali; rilevavano che al conduttore non era stato rappresentato, al momento della conclusione della locazione, che l'immobile, usato per la diversa attività artigianale di elettricista ed idraulico, non aveva la autorizzazione amministrativa all'esercizio della diversa attività, che in esso il conduttore intendeva esercitare: ritenevano dimostrato il fatto che dal mese di gennaio alla metà del mese di giugno del 1987 allo stesso conduttore era stato precluso l'uso pattuito dell'immobile a causa della mancanza dell'indispensabile cambio di destinazione da magazzino a laboratorio: riconoscevano che il mancato uso del bene, per il suddetto periodo, aveva cagionato al conduttore un mancato guadagno nella misura determinata dal consulente tecnico di ufficio di L. 41.032.000 ed un danno emergente di L. 36.065.000, di cui L. 12.500.000 per canoni di locazione. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Gianni e Maurizio Bxxxxxxxx - anche nella qualità di eredi di Ada Ansaloni, intanto deceduta - i quali affidano la impugnazione a due mezzi di doglianza, che Alcide Pxxxxxxx contrasta con controricorso. I ricorrenti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1575, 1578 e 1362 c.c. nonché il vizio di illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - i ricorrenti censurano la sentenza di secondo grado in base ai seguenti rilievi:
a) contrariamente a quanto i giudici di appello avevano dato per presupposto, non esiste un obbligo del locatore di consegna di un immobile, dotato del provvedimento di abilitazione all'utilizzazione in virtù di specifiche licenze amministrative, se non quando ciò abbia formato oggetto di specifica pattuizione, circostanza questa che non ricorreva nella ipotesi di specie; sicché, costituendo vizi della cosa locata solo quelli che, ex art. 1578 c.c., incidono sulla sua struttura materiale e ne alterano la integrità, in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, non doveva essere affermata la responsabilità contrattuale del locatore;
b) il giudice di secondo grado non aveva adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di un obbligo contrattuale del locatore di garanzia circa la specifica destinazione dell'immobile, giacché, sul punto, la interpretazione letterale del contratto era del tutto chiara nel senso che lo stesso locatore non aveva mai assunto una obbligazione di siffatto contenuto.
La censura non può essere accolta per nessuno dei due profili, in cui essa si articola e si svolge. Quanto al primo profilo di cui sub a), occorre ribadire, richiamando sulla questione un principio del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. n. 4598/2000; Cass. n. 12030/2000; Cass. n. 8285/96), che il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d'uso dei beni immobili non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto di locazione sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d'uso convenuta; mentre del mancato rilascio il locatore è responsabile nei confronti del conduttore quando la destinazione particolare dell'immobile in conformità alle richieste autorizzazioni, concessioni o licenze amministrative abbia costituito il contenuto dell'obbligo specifico dello stesso locatore di garantire il pacifico godimento dell'immobile in rapporto all'uso convenuto.
Questo giudice di legittimità, inoltre, ha precisato che il difetto della concessione amministrativa necessaria per la legale destinazione all'uso pattuito della cosa locata rientra tra i vizi che, escludendo o diminuendo in modo apprezzabile l'idoneità della cosa stessa all'uso convenuto, possono legittimare la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1578 c.c. (Cass. 6892/94), a meno che risulti che il conduttore, a conoscenza della inidoneità dell'immobile a realizzare l'attuale suo interesse, ne abbia accettato il rischio economico della impossibilità di utilizzazione (Cass. 1777/98).
Il giudice di merito si è uniformato ai principi di diritto, di cui innanzi, onde non sussiste la denunciata violazione di legge con riferimento alle norme di cui agli artt. 1575 e 1578 cod. civ. Né sussiste il vizio di motivazione, circa la affermata garanzia contrattuale assunta dal locatore in ordine alla specifica destinazione dell'immobile, garanzia che - secondo la prospettazione dei ricorrenti, di cui sub b) - dovrebbe essere esclusa sulla base della interpretazione letterale del contratto.
A riguardo, infatti, nella definizione della volontà comune dei contraenti, il giudice di merito ha tenuto conto non soltanto del fatto, quanto mai sintomatico del motivo della trattativa successiva, che in precedenza altra locazione dello stesso immobile erasi consensualmente risolta proprio perché, in mancanza della relativa licenza dell'autorità, non era stato possibile realizzare l'uso pattuito; ma ha valutato, altresì, che, in base alla lettera di ben precise clausole contrattuali nonché sulla scorta del tenore complessivo dell'accordo, risultava con evidenza la pattuizione «assai specifica» sull'uso dell'immobile per l'attività artigianale di forno e pasticceria, tanto che il conduttore veniva autorizzato ad eseguire le modifiche strumentali necessarie.
Poiché vi è stato da parte del giudice di merito il rispetto dei canoni di ermeneutica stabilità dall'art. 1362 cod. civ., non resta materia in questa sede per la proposizione di censure circa l'accertamento del contenuto del contratto e la ricerca della volontà delle parti, trattandosi di questione che attiene ad una indagine di fatto.
Allo stesso modo costituisce mera quaestio facti, non deducibile in cassazione, la censura che i ricorrenti avanzano con il secondo mezzo di impugnazione, con cui, denunciando la irrazionalità e la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, essi assumono che, pure in presenza di espressa garanzia del locatore circa la destinazione d'uso, il giudice di merito avrebbe dovuto rilevare che il ritardo, con il quale era stato realizzato il godimento dell'immobile conforme al contratto, non era addebitabile al locatore.
Sul punto la Corte di merito ha stabilito che al conduttore fu preclusa la possibilità di svolgere nell'immobile la programmata sua attività sino alla metà del mese di giugno 1987 a causa della tardiva richiesta, da parte del locatore, del cambio di destinazione d'uso di locali da magazzino a laboratorio. Ha chiarito, altresì, che, per detto ritardo, doveva ritenersi ininfluente la questione relativa alla costruzione della canna fumaria.
I rilievi che i ricorrenti prospettano (...............) non denunciano veri e propri vizi di motivazione, ma sollecitano, in sede di legittimità, una inammissibile diversa valutazione delle prove acquisite.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti in solido alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.