Retribuzione - differenze retributive - Modalità attribuzione straordinario e festivita'
Lavoro - Retribuzione - differenze retributive - Modalità attribuzione straordinario e festivita' - festivita' nazionali cadenti di domenica - Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Sentenza del 3 gennaio 2011, n. 30
Lavoro - Retribuzione - differenze retributive - Modalità attribuzione straordinario e festivita' - festivita' nazionali cadenti di domenica - Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Sentenza del 3 gennaio 2011, n. 30
Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Sentenza del 3 gennaio 2011, n. 30
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3 luglio 2001, il Tribunale di Roma aveva, per quanto qui interessa, accolto le domande svolte da Va. Fr. , dipendente di quinto livello dell' Az. Mu. Am. (A. s.p.a., dirette ad ottenere dalla propria datrice di lavoro determinati importi a titolo di differenze retributive, relativamente al periodo dal ***, dovute:
a) al mancato computo, nella base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario, degli elementi componenti la c.d. retribuzione ordinaria omnicomprensiva, con la maggiorazione, equitativamente determinata, del 10%;
b) alla mancata considerazione della intera retribuzione omnicomprensiva in sede di determinazione del compenso per il lavoro prestato in giornate di festivita' coincidenti con la domenica.
Il successivo appello, proposto dall' AM. s.p.a., e' stato respinto dalla Corte d'appello di Roma con sentenza depositata il 12 luglio 2006.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione la societa', affidandolo a dieci motivi.
Resiste Va.Fr. con rituale controricorso.
Ambedue le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 - Col primo motivo, la societa' ricorrente denuncia la falsa applicazione del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, articolo 5, laddove la Corte territoriale, pur affermando che tale norma (che prevede per lo straordinario una maggiorazione del 10%) non e' direttamente applicabile al settore in cui operano le parti ("servizi pubblici anche se gestiti da assuntori privati": R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, articolo 1, comma 3, convertito, con modificazioni, nella Legge 17 aprile 1925, n. 473), tuttavia avrebbe adottato egualmente la percentuale indicata, elevando la norma, non direttamente applicabile (e pertanto qualificabile norma speciale), a parametro di quantificazione minima sufficiente di maggiorazione del lavoro straordinario ex articolo 36 Cost..
2 e 3 - Col secondo e col terzo motivo del ricorso, l'Azienda lamenta la violazione dell'articolo 2108 c.c., e dell'articolo 36 Cost., laddove la sentenza ha affermato che il lavoratore ha diritto, quanto al compenso per il lavoro straordinario, al pagamento di una maggiorazione "superiore alla retribuzione omnicomprensiva del lavoro ordinario", in contrasto con quanto emergente dalla disciplina di legge, non sospetta di violazione dell'articolo 36 Cost., i cui precetti di proporzionalita' e sufficienza hanno riguardo all'intero complesso retributivo erogato e non ai singoli elementi dello stesso.
4 - Col quarto motivo la difesa della ricorrente censura la sentenza impugnata ancora per violazione dell'articolo 2108 c.c., laddove la Corte territoriale ha individuato nella retribuzione omnicomprensiva anche la base di calcolo del compenso per il lavoro eccedente l'orario normale contrattuale di 36 ore settimanali ma non quello legale, che al tempo sarebbe stato di 48 ore settimanali.
5 - Col quinto motivo viene denunciata la nullita' del procedimento per violazione dell'articolo 414 c.p.c., nn. 3 e 4, in quanto i conteggi allegati al ricorso introduttivo sarebbero incomprensibili.
6 - Col sesto motivo, viene dedotta l'omessa esplicitazione della valutazione secondo la quale il compenso per lavoro straordinario percepito dal lavoratore sarebbe inferiore alla retribuzione erogatagli per il lavoro ordinario, ricomprendendo in quest'ultima nozione emolumenti in realta' esclusi dalla nozione legale di retribuzione del lavoro ordinario, come l'indennita' di anzianita' pregressa e gli EDR, a maggior ragione esclusi dalla base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario.
7 - Col settimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'articolo 4 del C.C.N.L. 1 ottobre 1991 e 31 ottobre 1995 Fe. e dell'articolo 1419 c.c..
Deduce che il contratto collettivo non prevede che concorrano alla base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario la quote di tredicesima e quattordicesima mensilita', istituti squisitamente contrattuali.
Ricorda che l'articolo 4 del C.C.N.L. all'epoca applicabili contiene una clausola di inscindibilita' del trattamento complessivo, per cui ove si dovesse ritenere nulla la norma che computa il compenso per il lavoro straordinario nei termini indicati in sentenza, ne conseguirebbe anche la nullita' della clausola relativa alle mensilita' aggiuntive e quindi all'obbligo di erogarle.
8 - Con l'ottavo motivo viene denunciata la violazione della Legge 27 maggio 1949, n. 260, articolo 5, come modificato dalla Legge 31 marzo 1954, n. 90, articolo 1, anche alla luce dell'articolo 3, di quest'ultima legge, per cui solo ai lavoratori retribuiti non in misura fissa si applicherebbe l'estensione del trattamento aggiuntivo previsto dal citato articolo 5 per le festivita' nazionali anche alle giornate di festivita' infrasettimanali.
Per quanto riguarda invece i lavoratori retribuiti in misura fissa, la legge, secondo la societa' ricorrente, non prevede un criterio di omnicomprensivita' del compenso per il riposo perduto in ragione della coincidenza della domenica con una festivita', ma unicamente "ima ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera", senza ulteriori qualificazioni, pertanto rimesse alla contrattazione collettiva.
9 - Col nono motivo, viene denunciata ferrata interpretazione dell'articolo 12, e articolo 30, comma 5 del C.C.N.L. P ottobre 1991 Fe. , in relazione agli articoli 1362 e 1363 c.c., con riguardo al capo di sentenza relativo al compenso per le festivita' coincidenti con la domenica.
Riproduce le due norme contrattuali, alla stregua delle quali sostiene che la retribuzione globale dovuta nell'occasione, cosi' come contrattualmente definita, escluderebbe le quote delle mensilita' aggiuntive, e secondo le prassi costanti nel settore, l'indennita' di anzianita' pregressa e gli EDR.
10 - Con l'ultimo motivo viene dedotta l'omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine alla effettiva riconducibilita' di ogni elemento retributivo componente di una presunta nozione legale di retribuzione omnicomprensiva alla nozione contrattuale di retribuzione globale, sulla quale secondo la sentenza troverebbe fondamento la pretesa del lavoratore.
Preliminarmente va esaminato il quinto motivo di ricorso, da ritenere infondato, in quanto contenente censure tardive, che, in assenza dell'esercizio da parte del giudice di primo grado dei poteri di cui all'articolo 164 c.c., devono ritenersi superate (cfr., in argomento, Cass. S.U. 1 7 giugno 2004 n. 1 1353).
Del resto, i conteggi sono stati ritenuti perfettamente comprensibili dalla Corte territoriale che, sulla base di essi, ha individuato tutti i titoli della domanda (elementi da ricondurre nella base di calcolo, loro valore e maggiorazione richiesta), determinando conseguentemente l'ammontare della somma di cui alla condanna della societa' e dando altresi' atto nella motivazione che tali conteggi non erano stati contestati dalla societa' (con gli effetti indicati da Cass. S.U. 23 gennaio 2002 n. 761, per la parte dei conteggi rilevante ai fini della individuazione dei fatti costitutivi della domanda).
I motivi dal primo al quarto, nonche' il sesto, il settimo e il decimo possono essere trattati congiuntamente, imponendosi rispetto ad essi un discorso unitario.
Essi sono infondati.
Va premesso che, in relazione alle date di riferimento delle domande, la disciplina legale applicabile alla materia e' quella antecedente non solo al Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, articolo 5, ma anche, per quanto possa rilevare, alla Legge 24 giugno 1997, n. 196, articolo 13, comma 1.
Secondo la giurisprudenza di prevalente di questa Corte, pur non esistendo nel nostro Ordinamento un principio generale di omnicomprensivita' della retribuzione, per cui a contrattazione collettiva ha, in linea di massima, il potere di escludere determinate componenti retributive dalla base di computo dei vari istituti indiretti, tuttavia per il compenso del lavoro straordinario l'articolo 2108 c.c., detta la regola secondo la quale esso deve essere remunerato con un aumento rispetto alla retribuzione prevista per il lavoro ordinario, in essa ricomprendendo ogni emolumento che abbia i caratteri della continuita', obbligatorieta' e determinabilita' (cfr., ad es., Cass. 23 luglio 1998 n. 7251, 19 agosto 2004 n. 16284, 1 febbraio 2006 n. 2245 e 14 aprile 2010 n. 8906).
E' stato peraltro precisato (cfr., tra le altre, Cass. nn. 19569/07, 22233/06, 5922/06, 2245/06, 17575/03, 2856/02) che nei settori in cui il contratto collettivo applicabile stabilisce un orario di lavoro inferiore a quello legale - previsto in 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali per i dipendenti delle imprese industriali e commerciali dal R.D.L. n. 692 del 1923, articolo 1, e in misura analoga per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione dall'allegato al R.D.L. n. 2328 del 1923 - il compenso per le ore comprese tra l'orario ordinano contrattuale e quello legale puo' essere corrisposto con una maggiorazione diversa da quella del 10% prevista dalle fonti legali indicate (R.D.L. n. 692 del 1923, articolo 5, e R.D.L. n. 2328 del 1923, articolo 3).
Il collegio, nel valutare i motivi di ricorso enunciati, intende aderire a tale orientamento maggioritario, rilevando peraltro che nel settore oggetto del presente esame, come in altri settori dei servizi pubblici (cfr., al riguardo, l'intervento di Corte Cost. n. 716/1988), non esisteva al tempo dei fatti una disciplina legale dell'orario massimo di lavoro e della misura minima della maggiorazione dovuta per il lavoro straordinario, nonostante il rinvio a "separate disposizioni" stabilito a riguardo dal R.D.L. n. 692 del 1923, articolo 1, comma 3.
L'orario massimo di lavoro per i dipendenti dell' AM. era pertanto disciplinato unicamente dal C.C.N.L. applicato, il quale, nel periodo in esame, lo aveva pacificamente determinato, a norma dell'articolo 2107 c.c., in 36 ore settimanali.
Questo essendo l'orario normale richiamato dall'articolo 2108 c.c., ne consegue che ogni ora di lavoro eccedente lo stesso andava retribuita, secondo quanto gia' rilevato, con una maggiorazione (indeterminata) della retribuzione dovuta per tale orario normale, comprensiva di ogni elemento di natura continuativa, obbligatoria e determinabile.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, seppure con una motivazione diversa da quella discendente dall'assenza di una legge di disciplina dell'orario di lavoro, individuando poi i singoli elementi della retribuzione dell'appellato dotati dei caratteri indicati e applicando alla relativa retribuzione oraria normale, in via equitativa, una maggiorazione del 10%.
La ricorrente contesta la perspicuita' della sentenza rispetto all'assunto, relativamente alla individuazione degli elementi della retribuzione ordinaria aventi i caratteri indicati, ma senza contestare specificatamente la sussistenza di tali caratteri negli elementi indicati e contestando piuttosto, in contrasto con la giurisprudenza citata di questa Corte, che tali caratteri siano di per se' sufficienti a far includere qualsiasi elemento retributivo nella base di calcolo del compenso per il lavoro straordinario (in ragione del fatto che alcuni elementi retributivi, per la loro fonte contrattuale e per come sono disciplinati dal contratto collettivo, non vi potrebbero comunque essere inclusi).
La societa' censura la sentenza impugnata anche per cio' che riguarda la determinazione nella misura del 10% della maggiorazione, viceversa da ritenere in linea con la regola minima vigente nella maggior parte dei settori produttivi e quindi correttamente utilizzata, in via meramente equitativa, nel caso in esame.
Infine e' inammissibile la censura che richiama articolo 4 del C.C.N.L. del 1991 e del 1995.
Del relativo rilievo non vi e' infatti traccia della sentenza impugnata e la societa', in violazione della regola della autosufficienza del ricorso per cassazione (oggi ribadita e rinforzata con la previsione di cui all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel testo che risulta dalla novella di cui al Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40), non deduce di avere proposto un tale motivo di gravame in appello (sull'argomento, cfr. recentemente, Cass. S.U. n. 7161/10).
I motivi 8 e 9 del ricorso sono viceversa parzialmente fondati.
Secondo l'orientamento ormai consolidato di questa Corte, a partire dalla sentenza selle sezioni unite civili 26 ottobre 1995 n. 11117 (quindi seguita dalla giurisprudenza successiva: cfr., ad es. Cass. sentt. nn. 17764/04, 2918/04, 12142/03 e 10309/02), al quale il collegio aderisce, il compenso aggiuntivo, previsto dalla seconda parte della Legge 27 maggio 1949, n. 260, articolo 5, comma 3, come modificato dalla legge 31 marzo 1954 n. 90, si riferisce alle giornate di festivita' nazionali cadenti di domenica non lavorate e spetta al lavoratore "retribuito in misura fissa" senza distinzione nell'ambito delle categorie previste dall'articolo 2095 c.c..
Alla stregua del medesimo orientamento giurisprudenziale (cfr., tra le altre, Cass. 2 settembre 2004 n. 17764), cui il collegio intende attribuire continuita', tale diritto ad una ulteriore retribuzione non si estende, per i lavoratori retribuiti in misura fissa, all'ipotesi in cui coincidano con la domenica le altre festivita' indicate dalla legge, in ragione del fatto che la Legge 31 marzo 1954, n. 90, articolo 3, prevede la suddetta estensione unicamente in favore dei lavoratori, dipendenti da privati, retribuiti non in misura fissa (e l'articolo 1 dell'accordo interconfederale 3 dicembre 1954 recepito nel Decreto del Presidente della Repubblica 14 luglio 1960, n. 1029, anche in favore di tutti gli impiegati dell'industria).
Quanto infine alla misura del compenso previsto dal la Legge del 1949, articolo 5, comma 3, seconda parte, la norma si esprime in termini di ulteriore retribuzione corrispondente all'aliquota giornaliera, ma cio', nel contesto in cui la norma e' inserita, e' stato ritenuto alludere alla nozione di retribuzione globale di fatto adottata dal medesimo articolo (cfr., Cass. 10 giugno 1992 n. 7108).
Per le ragioni indicate, tale nozione si impone a quella diversa del contratto collettivo applicato (salvo che questa sia complessivamente piu' favorevole relativamente all'istituto in esame, il che nel caso in esame e' stato escluso) unicamente con riguardo alla coincidenza con la domenica delle festivita' nazionali, mentre per le altre festivita', in assenza di una disciplina legale, occorre riferirsi a quella della contrattazione collettiva.
In proposito, l'articolo 30, comma 5 del C.C.N.L. Fe. del 1991, applicato al rapporto stabilisce:
"Qualora una delle festivita' non domenicali, di cui al punto 1 del presente articolo, cada di domenica, e' dovuto a ciascun lavoratore, il cui riposo cada normalmente di domenica, in aggiunta al normale trattamento economico un importo pari ad una giornata di retribuzione globale".
Ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del medesimo contratto, viene altresi' specificato: "Con l'espressione retribuzione globale si intende la somma della retribuzione individuale e delle indennita' a carattere fisso e continuativo, con l'esclusione delle somministrazioni in natura e delle indennita' sostitutive di esse nonche' con l'esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese anche se forfetizzato, dell'indennita' maneggio denaro e dell'indennita' mezzo di trasporto".
Infine, i primi tre commi del medesimo articolo del contratto collettivo stabiliscono:
"La retribuzione e' corrisposta ai lavoratori mensilmente e i minimi di essa sono determinati secondo le norme contrattuali.
Con l'espressione retribuzione base si intendono i minimi determinati per i vari livelli di lavoratori come previsto dall'articolo 13.
Con l'espressione retribuzione individuale si intende la retribuzione maggiorata in forza degli aumenti di anzianita' e dell'indennita' di contingenza nonche' dell'indennita' speciale aziendale".
Anche il C.C.N.L. successivo presenta norme identiche.
Il contratto collettivo detta pertanto una disciplina unitaria con riguardo al trattamento retributivo di ogni ipotesi di festivita' non domenicale coincidente con la domenica, richiamando una nozione ("retribuzione globale"), il cui significato viene nel medesimo contratto esattamente individuato nella somma della retribuzione individuale (retribuzione base + aumenti periodici di anzianita' + indennita' di contingenza + indennita' speciale aziendale) e delle indennita', fra quelle disciplinate specificatamente dal medesimo contratto collettivo (cfr. ad es. articoli 19 e 28), aventi carattere fisso e continuativo (con esclusione di alcune di esse tassativamente indicate).
Risulta chiaramente da tale disciplina, letta nel contesto delle norme riguardanti tutti gli elementi retributivi e le indennita' previste per i lavoratori cui si applica il contratto collettivo in esame, che non entrano a far parte, quali componenti della retribuzione globale delle festivita' coincidenti con la domenica, tutti gli elementi retributivi o indenni tari non riconducibili alla precisa definizione contrattuale, in particolare i ratei delle mensilita' aggiuntive, gli HDR e la c.d. indennita' di anzianita' pregressa.
Come gia' rilevato, su tale disciplina contrattuale prevale quella legale ove si tratti delle due e poi tre festivita' nazionali al tempo esistenti, mentre per le altre le censure fondate sulla disciplina contrattuale citata sono fondate.
Concludendo, alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto nei limiti risultanti dalla suestesa motivazione, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie parzialmente l'8 e il 9 motivo di ricorso, rigettando il resto; cassa corrispondentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.
Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it |