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Procedimento disciplinare - formazione del convincimento del giudice

Avvocato - Procedimento disciplinare - principio di acquisizione, secondo cui le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte a iniziativa o a istanza della quale sono formulate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro - in base alle dichiarazioni dell'esponente ed alla valutazione ex art. 116 c.p.c. del contegno dell'incolpato Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 197

-Avvocato - Procedimento disciplinare - principio di acquisizione, secondo cui le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte a iniziativa o a istanza della quale sono formulate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro - in base alle dichiarazioni dell'esponente ed alla valutazione ex art. 116 c.p.c. del contegno dell'incolpato Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 197


Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 197

Pres. f.f. PERFETTI - Rel. GALATI - P.M. MARTONE (conf.) - avv. A.R.

Avvocato - Procedimento disciplinare - Prova - Principio di acquisizione

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Inadempimento al mandato - Mancata informazione - Omessa restituzione di documenti - Illecito deontologico - Prova - Onere

Il principio dell'onere della prova non implica affatto che la dimostrazione dei fatti costitutivi debbano ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato dal relativo onere, senza potere utilizzare altri elementi probatori acquisiti al processo. Nel vigente ordinamento processuale, infatti, vige il principio di acquisizione, secondo cui le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte a iniziativa o a istanza della quale sono formulate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell'altro. (Nella specie, il Consiglio ha ritenuto provati gli addebiti, relativi alla mancata comunicazione al cliente di notizie sull'esito del procedimento ed alla successiva omessa restituzione dei fascicoli, in base alle dichiarazioni dell'esponente ed alla valutazione ex art. 116 c.p.c. del contegno dell'incolpato, sul quale deve gravare la prova positiva di aver restituito ed informato). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Palermo, 27 marzo 2008).

sentenza integrale:

FATTO


Con esposto datato 30.04.2003 e pervenuto a mezzo del servizio postale al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Palermo in data 08.05.2003, il sig. C.P., premettendo di aver
dato incarico nel 1994 all’avv. A.R. di assisterlo in due distinte procedure esecutive,
lamentava che questi, negli anni, non solo aveva omesso di relazionarlo sullo stato delle
procedure, ma, dopo la revoca del mandato effettuata a mezzo lettera racc. a.r. del
21.02.2003, aveva rifiutato di consegnargli l’incarto processuale relativo alle procedure de
quibus.
Richiesti dal Consiglio all’Avv. R. chiarimenti in ordine al suddetto esposto, questi,
con nota del 22.12.05, nel contestare le accuse, e specificando di essere stato incaricato
dal sig. C., in sede civile, della sola procedura esecutiva contro il supermercato M.,
affermava di aver consegnato la relativa documentazione allo stesso esponente.
Con nota del 10.07.06 il Consigliere Istruttore, preso atto che nel corso dell’audizione del
20.11.06 il sig. C. aveva ribadito di non aver ricevuto alcuna documentazione dall’Avv. R.
dell’esito delle procedure, chiedeva chiarimenti allo stesso, che non aveva presenziato,
benché ritualmente convocato, a due precedenti incontri fissati uno per il 23.03.2006 e
l’altro per il 20.04.2006, davanti il Consiglio, in ordine sia agli esiti delle due procedure e
sia in ordine alla avvenuta restituzione degli atti, con eventuale esibizione della
dichiarazione sottoscritta dall’interessato.
Nel silenzio dell’avv. A.R., con delibera del 14.12.2006, il Consiglio disponeva l’apertura
del procedimento disciplinare nei confronti dell’Avv. A.R., al quale contestava i seguenti
illeciti disciplinari:
1) per non aver provveduto a restituire al proprio cliente, che ne aveva fatto espressa
richiesta, dopo la revoca dei mandati avvenuta con raccomandata del 21.02.2003, la
documentazione dallo stesso ricevuta per l’espletamento di alcuni mandati conferiti e
consistente in fatture per un complessivo importo di £ 13.000.000 ed un assegno di £
11.000.000 con ciò violando l’art. 42 codice deontologico;
2) per non aver fornito al proprio assistito notizie sull’esito dei procedimenti recuperatori
promossi c/ A.A., titolare di una gelateria in Carini e contro il Supermercato M. con sede in
Tommaso Natale, con ciò violando la norma di cui all’art. 40 parte prima del codice
deontologico;
3) per avere con tali comportamenti arrecato disdoro alla classe forense violando, nel
contempo, le norme deontologiche poste a presidio della professione.
Tratto ritualmente a giudizio per il 27.03.2008, l’incolpato non è comparso.
Il Presidente del Collegio, non essendoci attività istruttoria da espletare, dava la parola al
PM presente, il quale concludeva il suo interveto chiedendo affermarsi la responsabilità
disciplinare dell’Avv. R. per gli addebiti mossigli, con la irrogazione della sanzione della
censura.
Dopo la rituale Camera di Consiglio, il Collegio deliberava affermarsi la responsabilità
disciplinare dell’Avv. A.R. per gli addebiti contestatigli, e gli irrogava la sanzione della
censura.
Secondo il Consiglio, la responsabilità disciplinare dell’Avv. R. risulta pienamente provata
dalla documentazione in atti, non avendo, tra l’altro, l’incolpato dato alcuna prova in
ordine alle sue dichiarazioni di avere restituito gli atti e di avere informato il cliente
dell’attività svolta in ordine alle due procedure.
Il Consiglio ha ritenuto irrogare la sanzione della censura, stante la non gravità dei fatti
contestati e l’assenza di precedenti disciplinari a carico del professionista.
Tale decisione è stata notificata all’Avv. A.R. in data 19 gennaio 2009, ed avverso la
stessa quest’ultimo, con atto depositato presso la Segreteria del Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Palermo in data 4 febbraio 2009, ha proposto tempestivo ricorso,
deducendo che erroneamente il Consiglio aveva ritenuto che non avesse dato la prova
dell’assolvimento del dovere professionale relativamente alle omissioni
deontologicamente rilevanti derivate dalle accuse mosse nei suoi confronti dal proprio
cliente C.P..
Tali accuse egli aveva contestato con la sua memoria del 22.12.2005, specificando di
essere stato incaricato dal sig. C.P. della sola procedura esecutiva contro la ditta M. e
non anche di altro recupero di credito nei confronti di tale A.A.
Ha dedotto ancora che il Consiglio dell’Ordine ha ritenuto di dare fondamento alle mere
asserzioni fatte dal C.P. senza nulla imponendo a questi di provare circa il conferimento
dell’incarico che non era mai stato conferito.
Conclude il ricorrente il suo gravame chiedendo che questo Consiglio Nazionale Forense,
in accoglimento del suo ricorso, annulli la irrogata sanzione della censura.


DIRITTO
Il ricorso è destituito di ogni giuridico fondamento, e deve, pertanto, essere rigettato.
Invero, nell’unico, complesso motivo di censura, viene affermato dal ricorrente che
l’impugnata decisione ha erroneamente ritenuto la di lui responsabilità disciplinare e
irrogato la sanzione, sulla sola prova delle dichiarazioni dell’esponente C.P., ignorando le
tesi difensive dell’incolpato, di cui alla memoria 22.12.2005.
Vi è da evidenziare che in detta memoria, e nel ricorso, non vi è una risposta puntuale ai
due primi addebiti (il terzo è consequenziale), ma si argomenta in ordine all’onere della
prova dei fatti addebitati, onere che, a detta del ricorrente, non gli farebbe carico.
Al riguardo, va osservato che il principio dell’onere della prova non implica affatto che la
dimostrazione dei fatti costitutivi debbano ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da
colui che è gravato dal relativo onere, senza potere utilizzare altri elementi probatori
acquisiti al processo.
Nel vigente ordinamento processuale (per il procedimento disciplinare il codice di
procedura civile), infatti, vige il principio di acquisizione, secondo il quale le risultanze
istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte a iniziativa o a istanza della quale
sono formulate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del
giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un
senso o nell’altro (Cass. Sez. I civ. 18.8.2010 n. 28647).
Nel concreto, gli addebiti formulati richiederebbero un impossibile onere di prova
negativa (non aver restituito, non aver fornito), conseguentemente si è ritenuto, e questo
Consiglio ritiene, di acquisire dall’incolpato la prova positiva della restituzione dei fascicoli
e di aver fornito notizie sull’esito dei procedimenti.
A fronte di puntuali addebiti di inadempimento, quali contestati dal Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Palermo, e rimasti senza risposta, se non quella di rovesciare
sull’esponente una impossibile prova negativa, l’incolpato doveva dare contezza
dell’adempimento del dovere di diligenza, nella restituzione e nel fornire notizie.
Per cui, il mancato adempimento è provato, oltre che dalle dichiarazioni dell’esponente,
anche dalla valutazione del contegno dell’incolpato nel processo (art. 116 c.p.c.),
consistente nel persistente rifiuto di assumersi gli specifici oneri di documentare le sue
asserzioni.
Corretta e condivisibile appare pertanto la conclusione del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Palermo, ed il ricorso va conseguentemente rigettato con integrale conferma
della impugnata pronuncia, anche con riferimento alla irrogata sanzione della censura,
che appare congrua ed adeguata ai fatti illeciti così come contestati all’incolpato.
P. Q. M.
Il Consiglio Nazionale Forense, riunitosi in Camera di Consiglio;
Visti gli artt. 40 n° 2 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578, e gli artt. 59 e segg. del R.D.
22.01.1934 n. 37;
Rigetta il ricorso proposto dall’Avv. A.R. avverso la decisione del Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Palermo del 27.01.2008, depositata in data 13.01.2009, che conferma in
ogni sua parte.
Così deciso in Roma in data 24 settembre 2010.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.
f.to avv. Pierluigi Tirale f.to Prof. avv. Ubaldo Perfetti
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 2 novembre 2010
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to avv. Andrea Mascherin
Copia conforme all’originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
avv. Andrea Mascherin
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