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Pubblica amministrazione - fauna selvatica - Collisione con un daino

7 Dicembre 2009 - Responsbilita' - Pubblica amministrazione - fauna selvatica - Collisione con un daino Responsbilita' - Pubblica amministrazione - fauna selvatica - Collisione con un daino che inaspettatamente e imprevedibilmente aveva attraversato la strada muovendosi da destra verso sinistra, rispetto al senso di marcia della vettura - A seguito dell'impatto la vettura aveva riportato danni nella misura indicata, oltre che il fermo tecnico, da liquidare in via equitativa. Applicabilita', quanto alla fauna selvatica, dell'articolo 2052 c.c., si' che il danno cagionato dalla fauna selvatica e' risarcibile solo alla stregua dei principi generali della responsabilita' extracontrattuale di cui all'articolo 2043 c.c., (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 20 novembre 2009, n. 24547)

Responsbilita' - Pubblica amministrazione - fauna selvatica - Collisione con un daino che inaspettatamente e imprevedibilmente aveva attraversato la strada muovendosi da destra verso sinistra, rispetto al senso di marcia della vettura - A seguito dell'impatto la vettura aveva riportato danni nella misura indicata, oltre che il fermo tecnico, da liquidare in via equitativa. Applicabilita', quanto alla fauna selvatica, dell'articolo 2052 c.c., si' che il danno cagionato dalla fauna selvatica e' risarcibile solo alla stregua dei principi generali della responsabilita' extracontrattuale di cui all'articolo 2043 c.c., (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 20 novembre 2009, n. 24547)

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 20 novembre 2009, n. 24547

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 21 - 23 maggio 2001 I.M. ha convenuto in giudizio, innanzi al giudice di pace di Villa Santa Maria la Regione Abruzzo, chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 4.541.160, reclamata dall'attore a titolo di risarcimento danni.

Ha esposto lo IA. , a fondamento della spiegata domanda, che il (***) esso attore, mentre era alla guida della propria autovettura Opel Corsa (***), aveva colliso - al Km (***) della SS (***) - con un daino che inaspettatamente e imprevedibilmente aveva attraversato la strada muovendosi da destra verso sinistra, rispetto al senso di marcia della vettura, e che a seguito dell'impatto la vettura aveva riportato danni nella misura indicata, oltre che il fermo tecnico, da liquidare in via equitativa.

Costituitasi in giudizio la Regione Abruzzo ha chiesto il rigetto della domanda, deducendone la inammissibilita' e la infondatezza, anche sotto il profilo della non riconducibilita' a propria colpa della mancata segnalazione in loco del pericolo di attraversamento di animali selvatici.

Svoltasi la istruttoria del caso con sentenza 29 luglio 2002 l'adito giudice di pace, in accoglimento della domanda attrice, ha condannato la Regione al pagamento di euro 2.054,59 al lordo di Iva.

Gravata, tale pronuncia dalla soccombente Regione, nel contraddittorio dello IA. che costituitosi in giudizio ha eccepito la inammissibilita' e la improponibilita' dell'avverso gravame nonche' la sua infondatezza, il tribunale di Lanciano, con sentenza 19 dicembre 2004 - 4 gennaio 2005,in accoglimento dell'appello e in totale riforma della sentenza del primo giudice, ha rigettato la domanda dello IA. .

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, notificata il 7 aprile 2005 ha proposto ricorso, con atto 3 giugno 2006 lo IA. , affidato a 5 motivi.

Resiste, con controricorso e ricorso incidentale condizionato, la Regione Abruzzi, con atto 16 luglio 2005.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi, avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

2. Avendo lo IA. , in grado di appello, eccepito in limine - sotto tre, autonomi, concorrenti, profili - la inammissibilita' della impugnazione avversaria il giudice di secondo grado ha disatteso tale eccezione evidenziando, nell'ordine:

- da un lato, che la Regione Abruzzo con la propria Legge 14 febbraio 2000, n. 9, ha scelto di adottare - quanto alla propria difesa in giudizio - lo schema di patrocinio c.d. sistematico da parte dell'Avvocatura dello Stato (previsto dalla Legge 3 aprile 1979, n. 103, articolo 10) con conseguente operativita' della intera disciplina processuale speciale prevista per le Amministrazioni Statali dal Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 e Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1612 e successive modificazioni, da cui la nullita' della notifica della impugnata sentenza eseguita dallo IA. in violazione del Regio Decreto n. 1611 del 1933, articolo 11, perche' avvenuta non presso gli uffici della Avvocatura dello Stato ma presso la cancelleria del Giudice di pace di Villa Santa Maria, ex articoli 170, 285 e 325 c.p.c., con l'ulteriore conseguenza che alla data in cui la Regione Abruzzo ha proposto il proprio appello il termine per l'appello - di cui all'articolo 325 c.p.c. - non era ancora decorso;

- dall'altro, che l'eccepito giudicato della sentenza del primo giudice - ex articolo 329 c.p.c. - per effetto della comunicazione 5 marzo 2003 della Avvocatura Regionale non sussiste, atteso che con tale documento erano stati chiesti i dati anagrafici e fiscali dello IA. per il pagamento delle spese legali e di consulenza tecnica d'ufficio liquidate dal giudice di pace, senza che alcuna implicita accettazione del decisum possa dedursi dall'avvenuto pagamento della somma capitale liquidata dal primo giudice, essendo stata notificata la sentenza di condanna in forma esecutiva;

- da ultimo, che non sussiste la inammissibilita' dell'appello per difetto di mandato ad litem in favore dell'Avvocatura dello Stato, non essendo dubitabile la non necessita' della procura alle liti, agli avvocati dello Stato, a norma del combinato disposto del Regio Decreto n. 1611 del 1933, articolo 45 e articolo 1, comma 2, anche nelle ipotesi di patrocinio facoltativo.

3. Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte de qua con i primi tre motivi con i quali deduce, nell'ordine:

- ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione e/o interpretazione di legge e segnatamente del Regio Decreto n. 1611 del 1933, articoli 7 e 11, Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 31, articolo 82, articoli 25, 144, 170, 285, 325 e 326 c.p.c., Legge 21 novembre 1991, n. 374, nonche' di altri articoli in appresso indicati, anche secondo l'orientamento della S.C. e motivazione contraddittoria e/o illogica e/o difettosa, atteso che correttamente la sentenza del primo giudice era stata notificata presso la cancelleria del giudice di pace, non avendo l'Avvocatura distrettuale dello Stato provveduto alla elezione di domicilio del Regio Decreto n. 37 del 1934, ex articolo 82 (atteso che le norme ordinarie di competenza rimangono ferme anche quando sia in causa una Amministrazione dello Stato per i giudizi innanzi ai pretori e ai conciliatori, che il Regio Decreto n. 1611 del 1933, articolo 11, trova applicazione per le sole Amministrazioni dello Stato e non anche per gli enti non statali e che, infine, da un lato, l'articolo 25 c.p.c., riguarda esclusivamente le causa nelle quali e' parte una Amministrazione dello Stato, dall'altro, il giudicante non poteva ritenere valida e efficace la Legge Regionale Abruzzo n. 9 del 2000, pacificamente non pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, in ispregio dell'articolo 73 Cost.) (primo motivo);

- ex articolo 360 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione e/o interpretazione di legge e segnatamente dell'articolo 329 c.p.c., atteso che l'Avvocatura regionale aveva manifestato la propria volonta' di dare esecuzione alla sentenza del giudice di pace pure in assenza di un atto di precetto e avendo corrisposto quanto indicato nella sentenza senza aver riservato gravame (secondo motivo);

- ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione e/o interpretazione di legge e segnatamente della Legge Regionale n. 9 del 2000, articoli 1 e 3, in relazione agli articoli 75 e 83, tenuto presente che la Avvocatura dello Stato non e' munita dei necessari e indispensabili poteri sostantivi e rappresentativi della Regione Abruzzo, non risultando in atti alcun incarico e/o mandato della Regione (terzo motivo).

4. Tutti gli indicati motivi sono manifestamente infondati.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

4.1. Giusta la testuale previsione di cui alla Legge 3 aprile 1979, n. 103, articolo 10, contenente modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, "le funzioni dell'avvocatura dello stato nei riguardi della amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della repubblica e nel bollettino ufficiale della regione" (comma 1).

«Dal quindicesimo giorno successivo all'ultima delle due pubblicazioni - prevede la ricordata disposizione - si applicano nei confronti dell'amministrazione regionale, che ha adottato la deliberazione di cui al precedente comma, le disposizioni del testo unico e del regolamento approvati, rispettivamente, con Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 e r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, e successive modificazioni, nonche' gli articoli 25 e 144 cod. proc. civ." (comma 2).

4.2. Come in molteplici occasioni affermato da questa Corte regolatrice e come puntualmente evidenziato dalla sentenza impugnata - in particolare - mentre il Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 107, si limita ad includere le Regioni a statuto ordinario tra gli enti dei quali l'Avvocatura dello Stato puo' assumere la rappresentanza e la difesa (secondo il regime di cui al Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, articoli 43, 45 e 47), la Legge n. 103 del 1979, articolo 10, prevede un particolare procedimento attraverso il quale le menzionate regioni possono ottenere l'applicazione dell'intero regime processuale speciale di assistenza legale e di patrocinio valevole ex lege per le amministrazioni dello Stato.

Sia nel primo caso (regime cosiddetto facoltativo) , sia nel secondo (regime cosiddetto sistematico), non e' necessario, per i singoli giudizi, uno specifico mandato all'Avvocatura stessa, essendo, invece, necessario uno specifico provvedimento (eventualmente soggetto al visto degli organi di vigilanza), nel caso in cui la regione voglia escludere tale rappresentanza, per affidarla a privati professionisti.

Da cio' consegue che l'Avvocatura dello Stato, ove agisca in giudizio per una regione, non avendo necessita' di apposito mandato, non e' neanche onerata della produzione del provvedimento del competente organo regionale di autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giudizio (in termini, ad esempio, Cass. 28 giugno 2005, n. 13893).

4.3. Contemporaneamente si osserva - in termini opposti a quanto invoca la difesa di parte ricorrente - che non si e' mai dubitato che la Legge n. 103 del 1979, articolo 10, prevede un particolare procedimento attraverso il quale le regioni possono ottenere l'applicazione dell'intero regime processuale speciale di assistenza legale e di patrocinio valevole ex lege per le amministrazioni dello Stato.

Tale regime (cosiddetto sistematico), che risulta adottato dalla Regione Abruzzo con la previsione di cui all'articolo 30 dello Statuto, secondo il quale la rappresentanza e il patrocinio della Regione sono di norma richiesti all'Avvocatura dello Stato, non e' stato modificato dalla legge istitutiva dell'Avvocatura regionale ( Legge Regionale n. 9 del 2000), sia perche' la potesta' legislativa della regione non poteva incidere sulle competenze dell'Avvocatura dello Stato quali previste dalla normativa statale, sia perche' la locuzione "di norma" esclude che occorra conferire all'Avvocatura formale incarico, si'a infine perche' la revoca della pregressa deliberazione avrebbe richiesto una espressa successiva deliberazione e non sarebbe potuta derivare in modo implicito in difetto di aspetti di incompatibilita' (in termini, ad esempio, Cass. 28 giugno 2005, n. 13893).

4.4. E' palese, alla luce delle considerazioni svolte sopra, la manifesta infondatezza di tutte le considerazioni svolte nel ricorso al fine di dimostrare, da un lato, non riferibilita' della normativa invocata nella sentenza impugnata (per effetto della avvenuta costituzione di una avvocatura regionale, o per non essere stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, al pari del resto di tutte le leggi regionali, la Legge Regionale Abruzzo n. 9 del 2000) dall'altro come pure si invoca specie con il terzo motivo la necessita' di un mandato ad litem da parte della Regione perche' la stessa fosse assistita dalla Avvocatura dello Stato.

Infatti:

- in tema di rappresentanza e difesa in giudizio delle Regioni da parte dell'Avvocatura dello Stato, la legge regionale non puo' prevedere, nemmeno nelle Regioni a statuto speciale, la necessita' del mandato specifico all'Avvocatura stessa, avendo lo Stato legislazione esclusiva in materia di giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale e giustizia amministrativa (articolo 117 Cost. lettera l)), con la sola possibilita' di attribuire condizioni particolari di autonomia limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace (Cass. 16 marzo 2007, n. 6166, che sottolinea come neppure la costituzione con legge regionale di un servizio legale interno, cui venga istituzionalmente demandato il patrocinio e l'assistenza in giudizio della Regione comporta, nel silenzio della legge, la rinunzia della Regione stessa ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato o configura una abrogazione tacita del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, articolo 107. A tale riguardo, anche nel caso in cui la Regione scelga di avvalersi, per la difesa in giudizio, non del proprio servizio legale ma dell'Avvocatura dello Stato, deve trovare integrale applicazione la normativa statale sul suddetto patrocinio facoltativo, sicche' si applicano, il Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, articolo 1, comma 2, richiamato dal successivo articolo 45, in base al quale non e' richiesto, per lo ius postulandi dell'Avvocato dello Stato, il rilascio del mandato, nonche' la Legge 3 aprile 1979, n. 103, articolo 12, ai cui sensi l'Avvocato dello Stato non e' onerato della produzione del provvedimento del competente organo regionale di autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giudizio. Sempre in quest'ultimo senso, altresi', Cass., sez. un., 29 aprile 2004, n. 8211; Cass., sez. un., 26 maggio 2004, n. 10138);

- mentre il Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, articolo 107, si limita ad includere le Regioni a statuto ordinario tra gli enti dei quali l'Avvocatura dello Stato puo' assumere la rappresentanza e la difesa (secondo il regime di cui al cit. Regio Decreto n. 1611 del 1933, articoli 43, 45 e 47), la Legge n. 103 del 1979, articolo 10, prevede un particolare procedimento attraverso il quale le menzionate Regioni possono ottenere l'applicazione dell'intero regime processuale speciale di assistenza legale e di patrocinio valevole ex lege per le amministrazioni dello Stato: sia nel primo caso (regime cosiddetto "facoltativo"), sia nel secondo caso (regime cosiddetto "sistematico") non e' necessario, per i singoli giudizi, uno specifico mandato all'Avvocatura stessa; essendo, invece, necessario uno specifico provvedimento (talvolta soggetto al visto degli organi di vigilanza) , nel caso in cui la Regione voglia escludere tale rappresentanza, per affidarla a privati professionisti: l'Avvocatura dello Stato, pertanto, ove agisca in giudizio per una Regione, non avendo necessita' di apposito mandato, non e' neanche onerata della produzione del provvedimento del competente organo regionale di autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giudizio (tra le tantissime: Cass., sez. un., 4 novembre 1996, n. 9523);

- come gia' anticipato sopra, la deliberazione prevista dalla Legge n. 103 del 1979, articolo 10, risulta essere stata adottata dal Consiglio regionale della Regione Abruzzo nel medesimo Statuto dell'Ente, ove all'articolo 30 si prevede che la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio della Regione, salvo nelle ipotesi di controversie con lo Stato, sono di norma richiesti all'Avvocatura dello Stato e "l'entrata in vigore della Legge Regionale 14 febbraio 2000, n. 9, che ha istituito l'Avvocatura Regionale ed ha disciplinato i casi di deroga al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, non ha modificato il regime processuale speciale di assistenza legale e di patrocinio valevole ex lege per le amministrazioni dello Stato, sia perche' la potesta' legislativa della Regione non poteva incidere sulle competenze dell'Avvocatura dello Stato quali previste dalla normativa statale; sia perche' la locuzione "di norma" e' servita in modo univoco ad escludere, in virtu' anche dell'univoco significato letterale dell'espressione, che occorra conferire all'Avvocatura dello Stato il formale incarico anche quando si tratta di controversia per la quale non sussiste conflitto d'interessi tra Regione e Stato" (Cass. 28 giugno 2005, n. 13893, cit., in motivazione);

- "in ogni caso, la revoca della pregressa deliberazione - attuativa del regime sistematico in tema di rappresentanza, patrocinio ed assistenza in giudizio della Regione Abruzzo ad opera dell'Avvocatura dello Stato - avrebbe richiesto una espressa successiva deliberazione in tal senso e non sarebbe potuta derivare nel modo implicito, quale prospettato dalla ricorrente, dato che la legge regionale successiva neppure evidenzia aspetti della pretesa incompatibilita'" (Cass. 28 giugno 2005, n. 13893, cit., in motivazione);

- atteso che allorche' una regione (come, incontestabilmente, con scelta contenuta nello stesso statuto dell'ente, la Regione Abruzzo) abbia optato per il patrocinio c.d. sistematico previsto dalla Legge n. 107 del 1979, articolo 10, si applicano integralmente nel norme dettate nel Regio Decreto n. 1611 del 1933, e in tutte le altre disposizioni di legge (ivi compreso il codice di rito) con riguardo alla assistenza e difesa delle Amministrazioni dello Stato da parte dell'Avvocatura dello Stato e non quelle dettate con riguardo al patrocinio facoltativo della Avvocatura dello Stato e' palese che nella specie allorche' l'Avvocatura dello Stato ha rappresentato innanzi al giudice di pace di Villa Santa Maria, su detta Avvocatura non gravava l'onere di eleggere domicilio ai sensi del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82 (cfr., Cass. 4 febbraio 2002, n. 1408, richiamata dalla difesa del ricorrente e che, in motivazione sottolinea, come le funzioni dell'Avvocatura dello Stato possono svolgersi secondo due distinti regimi, dei quali il primo, proprio della difesa delle Amministrazioni dello Stato, ha come sua caratteristiche la collocazione dell'intervento in giudizio dell'organo legale dello Stato nell'ambito di un sistema di norme processuali speciali, comportante modifiche della disciplina ordinaria riguardo, oltre che al titolo di legittimazione all'esercizio dello ius postulano, anche alla competenza per territorio e alla notifica degli atti giudiziari, mentre il secondo, tipico della difesa delle Amministrazioni non statali, non comporta alcuna modifica della disciplina processuale ordinaria, salva l'esclusione della necessita' della procura alle liti, con la conseguenza che il patrocinio da parte dell'Avvocatura, in questi casi, non si inserisce in un piu' complesso sistema di norme processuali speciali)".

4.5. Quanto al secondo motivo lo stesso, per piu' profili inammissibile (si lamenta che non e' stata rettamente interpretata la dichiarazione scritta, proveniente dalla Regione, che avrebbe almeno secondo la soggettiva lettura datane dal difensore del ricorrente manifestato la propria volonta' di dare spontanea esecuzione alla sentenza, ma, in violazione del principio della autosufficienza del ricorso per cassazione, non e' stato trascritto in ricorso il contenuto di detta dichiarazione) e' comunque manifestamente infondato.

Deve ribadirsi, infatti, ulteriormente, che l'acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi dell'articolo 329 c.p.c., consiste nell'accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volonta' di non impugnare, la quale puo' avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest'ultimo caso, l'acquiescenza puo' ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dal quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioe' gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volonta' di avvalersi dell'impugnazione.

Deriva da quanto precede, pertanto, che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole all'attore, da parte della Pubblica Amministrazione soccombente, anche quando la riserva d'impugnazione non venga dalla medesima a questo ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi dell'articolo 329 c.p.c., trattandosi di un comportamento che puo' risultare fondato anche sulla mera volonta' di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (Cass. 7 febbraio 2008, n. 2826. Analogamente, il pagamento, anche senza riserve, delle spese processuali liquidate nella sentenza esecutiva non comporta acquiescenza alla stessa, trattandosi di fatto equivoco che puo' essere determinato dal fine di evitare l'esecuzione forzata, anche se non sia stata minacciata l'esecuzione o intimato il precetto, Cass. 11 giugno 2009, n. 13630; Cass., sez. un., 1 dicembre 2000, n. 1242).

5. Il giudice di appello ha accolto il gravame della Regione, rigettando la domanda risarcitoria dello IA. "non avendo lo IA. provata l'esistenza di una condotta colposa, causalmente connessa ai lamentati danni, imputabile alla Regione".

Ha osservato, in particolare quel giudice, che per effetto della Legge n. 968 del 1977, deve escludersi la applicabilita', quanto alla fauna selvatica, dell'articolo 2052 c.c., si' che il danno cagionato dalla fauna selvatica e' risarcibile solo alla stregua dei principi generali della responsabilita' extracontrattuale di cui all'articolo 2043 c.c., anche in tema di onere della prova e nel caso concreto lo IA. , dopo avere invocato la sussistenza di una condotta antigiuridica omissiva della Regione in re ipsa per il semplice essersi verificato l'evento che ha causato il danno, ha sostanzialmente lamentato la mancanza lungo la strada in cui si e' verificato il sinistro, di una segnaletica indicante il pericolo di animale selvaggi vaganti.

Accertato, altresi', da un lato, che mai nessuna comunicazione era stata fatta all'ente gestore della p, strada su cui si e' verificato il sinistro della esistenza di animali selvaggi vaganti, dall'altro che nelle vicinanze del luogo del sinistro si trovano due riserve naturali (la Riserva di (***) e il Parco Nazionale della (***)) il giudice a quo ha affermato:

- a norma della Legge n. 394 del 1991, articolo 9, l'Ente Parco (nazionale), istituito e delimitato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Ambiente e sentita la Regione, e' soggetto di diritto pubblico, il quale provvede alla tutela dei valori naturali ed ambientali mediante l'adozione di piani (articolo 12) ed e' tenuto ad indennizzare, tra l'altro, i danni provocati dalla fauna selvatica (articolo 15);

analoga qualifica giuridica e' riconosciuta ai Parchi Regionali, istituiti con legge regionale a norma della Legge 21 giugno 1996 n. 38, articolo 4, dall'articolo 11 della citata legge, la quale ha affidato agli stessi il potere di redigere i documenti di pianificazione territoriale ed in particolare di disciplinare "gli interventi sulla flora, sulla fauna e per la gestione dell'ambiente naturale in genere";

- piu' articolata invece si presenta la disciplina che riguarda le riserve regionali, anche esse istituite con legge regionale a norma dell'articolo 20 della legge in esame: l'articolo 21 di detta legge prevede infatti .. che il "Comune gestisca la Riserva naturale, quando questa ricade completamente nel suo ambito territoriale o quando altri comuni ne demandano la gestione al Comune territorialmente piu' interessato; negli altri casi e' la Provincia a gestire la riserva naturale", mentre le Riserve interprovinciali vengono gestite dalle Regioni;

- l'articolo 29 della Legge Regionale da ultimo ricordata prescrive che "la vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette e' esercitata dalla Regione e dalle Province per quanto di loro competenza";

- il quadro normativo appena tracciato, sia pure sommariamente, rende evidente come, in primo luogo, nessuna comunicazione all'ente strade sarebbe stata necessaria al fine della conoscenza ufficiale della esistenza nelle adiacenze della statale (***) di due zone protette nelle quali vivono animali selvatici, stante il principio di conoscibilita' erga omnes del provvedimento istitutivo delle stesse; ed in secondo luogo, che i soggetti deputati alla gestione ed al controllo della fauna esistente non coincidono con la Regione;

- i Parchi Nazionali sono infatti enti pubblici con autonomia organizzativa ed autonoma responsabilita' mentre le Riserve naturali di ambito regionale sono sottoposte al potere gestionale e di controllo della Regione solo se di carattere interprovinciale e tale non appare la Riserva di (***);

- pertanto, non essendo nella specie ravvisabile alcun obbligo, in capo all'ente tratto in giudizio, ne' di comunicazione ne' di prescrizione di specifici accorgimenti atti ad evitare l'attraversamento delle strade destinate alla circolazione di autoveicoli, nessuna imputazione a titolo di colpa puo' essere elevata nei confronti della Regione Abruzzo per la omissione di adempimenti siffatti.

6. Il ricorrente censura nella parte de qua la pronunzia impugnata con il quarto e il quinto motivo con i quali denunzia:

- da un lato, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione e/o interpretazione di legge e segnatamente dell'articolo 2043 c.c., articolo 43 c.p. e di altri articoli meglio specificati in prosieguo, anche secondo l'orientamento della S.C. e ex articolo 360 c.p.c., n. 5, per motivazione difettosa e/o contraddittoria sul punto quarto motivo;

- dall'altro, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione e/o interpretazione di legge e segnatamente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e succ. int. e mod., della Legge n. 142 del 1990, Legge n. 157 del 1990, Legge n. 394 del 1991 e Legge Regionale Abruzzo n. 38 del 1996, nonche' dell'articolo 2055 c.c., articoli 112 e 115 c.p.c. e di altri articoli meglio specificati in prosieguo e ex articolo 360 c.p.c., n. 5, per motivazione difettosa e/o contraddittoria sul punto quinto motivo.

7. I riassunti motivi, per piu' profili inammissibili, per altri manifestamente infondati, non possono trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

7.1. Contrariamente a quanto reputa la difesa di parte ricorrente, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di Cassazione).

Viceversa, la allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, e' esterna alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura e' possibile, in sede di legittimita', sotto l'aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - e' segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima e' mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (recentemente, in termini, Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonche' Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime).

Pacifico quanto segue si osserva che nella specie parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato le molteplici disposizioni di legge indicate nella intestazione dei motivi ora in esame, in realta', si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere del ricorrente inadeguata, sollecitando, cosi', contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze.

7.2. In termini opposti a quanto suppone la difesa di parte ricorrente e in conformita' a quanto assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice per superare la quale nessun argomento ha addotto la difesa di parte ricorrente deve ribadirsi, in limine, che in tema di responsabilita' extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica ai veicoli in circolazione non e' risarcibile in base alla presunzione stabilita dall'articolo 2052 c.c., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall'articolo 2043 c.c., anche in tema di onere della prova, e percio' richiede l'individuazione di un concreto comportamento colposo ascrivibile all'ente pubblico (in termini, ad esempio, Cass. 25 marzo 2006, n. 7080, nonche' Cass. 21 novembre 2008, n. 27673; Cass. 13 gennaio 2009, n. 467).

Pacifico quanto precede e' palese la assoluta irrilevanza - al fine del decidere - di tutte le considerazioni svolte in ricorso quanto alla condotta di guida del proprio veicolo da parte dello IA. al momento della collisione, nonche' della pretesa di fare applicazione nella specie delle regole in tema di circolazione stradale.

In realta' e' rimasto accertato - in linea di fatto - che l'ente regione e' soggetto distinto rispetto sia alla Riserva di (***) sia al Parco Nazionale delle (***) e, per l'effetto, allo stesso ente regione non e' imputabile ne' la mancata recinzione delle dette aree ne' la mancata segnalazione all'ente proprietario della strada della possibilita' per gli automobilisti di imbattersi in animali selvatici.

7.3. Tutte le altre considerazioni svolte nei motivi in esame, infine, sono palesemente inammissibili.

Le stesse, infatti, o si risolvono in assunti assolutamente generici che in alcun modo riguardano la ratio decidendi della sentenza impugnata e le norme da questa applicate nel rigettare la domanda dello IA. , o, in violazione di quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, si risolvono nella pretesa - contra legem - di una diversa lettura, da parte di questa Corte di legittimita', delle risultanze di causa (quanto alla mancata dimostrazione, da parte dello stesso IA. , gravato del relativo onere, di una responsabilita', per dolo o per colpa della Regione e non di altri enti in ordine al verificarsi dei fatti denunciati dallo stesso IA. ).

8. Al rigetto del ricorso principale segue l'assorbimento di quello incidentale, espressamente condizionato all'eventuale accoglimento del ricorso di controparte e la condanna del ricorrente principale al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

riunisce i ricorsi;

rigetta il ricorso principale;

dichiara assorbito quello incidentale;

condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di cassazione, liquidate in euro 1.500,00 per onorari oltre spese prenotate a debito e oltre spese generali e accessori come per legge.