Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, perché lesivo del dovere di colleganza e correttezza a cui ciascun professionista è tenuto, l’avvocato che registri clandestinamente un colloquio o una conversazione telefonica con un collega (art. 38 cdf).
Tale illecito, infatti, può ritenersi scriminato solo in presenza di un pericolo concreto di commissione di un reato ovvero affinché non sia portato a compimento, e non certo allorché la registrazione stessa abbia -ex ante- meri fini perlustrativi
(Nel caso di specie, l’incolpato registrava il colloquio con il Collega di controparte, il quale proferiva una frase minacciosa solo al termine dello stesso, ovvero dopo quasi 50 minuti dall’inizio dell’incontro, organizzato dallo stesso incolpato presso il proprio studio professionale per tentare di comporre transattivamente una vertenza).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Germanà Tascona), sentenza n. 142 del 22 aprile 2024