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Avvocati - Sul divieto deontologico di divulgare il nominativo di clienti e parti assistite - Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 294 del 5 luglio 2024

Il divieto di divulgare il nominativo di clienti e parti assistite non può essere aggirato riproducendo -in modo enfatico, autocelebrativo e promozionale- articoli di stampa che diano quell’informazione - La duplice ratio del divieto di divulgare il nominativo di clienti e parti assistite
In considerazione della forte valenza pubblicistica dell’attività forense, il rapporto tra cliente e avvocato non è soltanto un rapporto privato di carattere libero-professionale e non può perciò essere ricondotto puramente e semplicemente ad una logica di mercato, sicché anche a seguito del c.d. Decreto Bersani (D.L. n. 223/2006, convertito con L. n. 248/2006) che ha abrogato le disposizioni che non consentivano la pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, permane il divieto, nelle informazioni al pubblico, di indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano (art. 35 co. 8 cdf)(1), giacché lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone.

Nelle informazioni al pubblico, l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano, ex art. 35 co. 8 cdf. Tale divieto, peraltro, sussiste anche qualora il nominativo del cliente dello Studio sia già di dominio pubblico, né può essere aggirato con l’escamotage di riprodurre -in modo enfatico, autocelebrativo e promozionale- l’informazione stessa già eventualmente data da media e terzi in genere, ovvero soggetti non tenuti al rispetto delle norme deontologiche forensi, che altrimenti verrebbero inaccettabilmente eluse (Nel caso di specie, l’avvocato aveva riprodotto a fini promozionali sul proprio sito internet e relativa newsletter la notizia di stampa che riferiva l’assistenza legale prestata dall’incolpato stesso in una complessa acquisizione societaria, con dettagli anche sui nominativi delle parti).

L’art. 35 co. 8 cdf (secondo cui “Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano”) -che costituisce applicazione dell’art. 10 L. n. 247/2012 (“Informazioni sull’esercizio della professione”), dell’art. 17 cdf (“Informazione sull’esercizio dell’attività professionale”), dell’art. 28 cdf (“Riserbo e segreto professionale”) e dell’art. 37 cdf (“Divieto di accaparramento”)- ha una duplice ratio: da un lato, impedire una diffusione che potrebbe riguardare non solo i nominativi dei clienti stessi ma anche la particolare attività svolta nel loro interesse con interazioni di terzi, prestandosi ad interferenze, condizionamenti e strumentalizzazioni; dall’altro, tutelare l’autonomia del professionista in stretta correlazione con la dignità ed il decoro della professione, come risulta dalla irrilevanza del consenso delle parti alla divulgazione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Napoli), sentenza n. 294 del 5 luglio 2024