Incandidabilità - elezioni regionali del Molise - cancellazione del nominativo del candidato dalla lista regionale
Incandidabilità - elezioni regionali del Molise - cancellazione del nominativo del candidato dalla lista regionale - Ufficio Elettorale Regionale del Molise ha escluso il ricorrente dalla competizione regionale, ritenendolo incandidabile in ragione della condanna penale passata in giudicato dal medesimo subita nel 2001, per un delitto contro la pubblica Amministrazione in ragione della ritenuta ricorrenza della causa di incandidabilità sancita dall’art. 7, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235.. Tar Molise sentenza n. 27 dell'1-2-2013
Tar Molise sentenza n 27 dell'1-2-2013
FATTO e DIRITTO
I – Il ricorrente, propostosi nella lista regionale molisana del candidato Presidente Paolo DiL.., all’atto dell’ammissione delle liste, è stato ritenuto incandidabile, talché insorge per impugnare i seguenti atti:
1) la decisione adottata dall’ Ufficio Centrale Regionale per l’elezione del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale del Molise, prevista per i giorni 24 e 25 febbraio 2013, istituito in data 27.1.2013 presso la Corte di Appello di Campobasso, con la quale è stata disposta la cancellazione del nominativo del candidato Mi.. Marcello dalla lista regionale a supporto del candidato Presidente Paolo DiL..;
2) il provvedimento prot. n. 648 datato 28.1.2013, con il quale il medesimo Ufficio ha respinto l’istanza di riesame presentata dall’odierno ricorrente avverso il provvedimento di esclusione dalla lista. Il ricorrente chiede, altresì, la riammissione nella predetta lista regionale. Il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1)erronea interpretazione del dato normativo a opera dell’Ufficio Centrale Regionale per l’elezione del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale del Molise, violazione del principio d’irretroattività della legge, nonché dell’art. 51 della Costituzione; 2) illegittimità costituzionale della disciplina recata dal D.Lgs. n. 235/2012 e, in particolare, dell’art. 16, nell’interpretazione fornitane dall’Ufficio Centrale Regionale.
Le Amministrazioni intimate non si costituiscono.
All’udienza del 1° febbraio 2013, la causa - fissata nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso e senza avvisi, ai sensi dell’art. 129 comma quinto del C.p.a. -viene introitata per la decisione.
II – Il ricorrente non ha fornito la prova della notifica del ricorso, quale prevista dall’art. 129 comma terzo lett. a) C.p.a., di guisa che il ricorso appare inammissibile. Lasciando, comunque, impregiudicata la questione, il ricorso è da ritenersi infondato nel merito.
III - Dal casellario giudiziale risultano a carico del ricorrente - candidato nelle elezioni regionali previste per i giorni 24 e 25 febbraio 2013 - tre precedenti definitivi per delitti di abuso di ufficio (art. 323 c.p.), due dei quali, riguardanti l’applicazione della pena su richiesta (artt. 444 e 445 c.p.p.), sono del 1998 e del 1999, mentre il terzo riguarda una sentenza della Corte d’Appello di Campobasso divenuta definitiva il 19.12.2001. L’Ufficio Centrale Regionale per le elezioni regionali in Molise, istituito presso la Corte d’Appello di Campobasso, ha cancellato il nominativo del ricorrente dalla lista dei candidati nelle dette elezioni regionali, in applicazione del combinato disposto dell’art. 10 della legge n. 108/1968 e dell’art. 1 della legge n. 43/1995. Invero, detto Ufficio, nell’impugnato verbale del 27 gennaio 2013, ha ritenuto che le prime due condanne per patteggiamento subite dal ricorrente non determinino l’incandidabilità, stante il disposto dell’art. 16 comma primo del D.Lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, mentre il terzo precedente è un reato contemplato tra le cause d’incandidabilità elettorale previste dall’art. 7 comma primo lett. c) del citato D.Lgs. n. 235/2012. Il ricorrente, peraltro, non ha ottenuto la riabilitazione per aver rinunciato, a suo tempo, all’istanza, talché - prescindendo la detta ipotesi d’incandidabilità dall’entità della pena inflitta - la condanna definitiva per il reato di abuso d’ufficio sarebbe da ritenersi ostativa alla candidatura in un’elezione regionale.
Correttamente, l’Ufficio Elettorale Regionale ha ritenuto che la normativa di cui al citato D.Lgs. n. 235/2012 sia d’immediata applicabilità, non soltanto con riferimento alle sentenze successive alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle precedenti. Invero, il disposto dell’art. 16, comma primo, esclude la candidabilità per le sole sentenze di patteggiamento pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 235/2012, in altri termini ammette che possa essere candidato in un’elezione regionale chi ha patteggiato una condanna penale prima dell’entrata in vigore della normativa sui requisiti morali per l’accesso alle cariche amministrative e politiche. Ciò ha senso ed è coerente con la “ratio” della legge, poiché il patteggiamento è un istituto premiale del processo penale, dal quale non deve discendere una conseguenze afflittiva e indesiderata che non sia stata preventivamente valutata e ponderata dall’imputato, allorché abbia proposto o accettato di patteggiare la propria condanna penale (cfr.: Cass. penale, sez. un., 27.5.2010 n. 35738; idem III 17.4.2002 n. 905). Viceversa, nulla dice l’art. 16 comma primo sulle sentenze penali di condanna non patteggiate, divenute definitive prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 235/2012. Si deve, pertanto, ritenere che l’effetto afflittivo della non candidabilità sia riferibile anche a tali sentenze di condanna antecedenti all’entrata in vigore delle disposizioni in materia di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo. Certo, le norme penali afflittive sono sempre irretroattive, ma qui non si tratta di una norma penale, bensì di una norma extrapenale che fa discendere un effetto amministrativo dal presupposto di una condanna. Se è vero che per le norme penali di favore la retroattività rappresenta la regola, è altresì vero che per le norme diverse da quelle penali la retroattività costituisce eccezione possibile: una nuova legge extrapenale, dunque, può avere un effetto retroattivo, senza che ciò collida con i principi generali e con le norme costituzionali (cfr.: Corte Cost. 13.2.1985 n. 36; Cass. pen., sez. un., 27.9.2007 n. 2451).
V – I motivi del ricorso sono, pertanto, infondati. Correttamente, l’Ufficio Elettorale Regionale del Molise ha escluso il ricorrente dalla competizione regionale, ritenendolo incandidabile in ragione della condanna penale passata in giudicato dal medesimo subita nel 2001, per un delitto contro la pubblica Amministrazione. La normativa di settore, di recente introduzione, è stata interpretata secondo corretti criteri ermeneutici - letterali, logici e sistematici - ed è stata pedissequamente applicata. Non si ravvisano violazione dei diritti politici del ricorrente, atteso che è la stessa normativa costituzionale che non esclude la possibilità di restrizione del diritto di elettorato passivo, sia pure nei limiti di altri interessi costituzionalmente protetti, quale sarebbe, nella specie, l’onorabilità dei funzionari pubblici di cui all’art. 54 della stessa Carta costituzionale (cfr.: Corte Cost. 6.5.1996 n. 141; idem 12.11.1964 n. 89).
VI – Il ricorso, in conclusione, non può essere accolto. Nulla per le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge, perché infondato.
Nulla per le spese del giudizio.
Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 1° febbraio 2013,