canone superiore a quello dichiarato nel contratto scritto e registrato
Locazioni non abitative – Accordo tra le parti con previsione di un canone superiore a quello dichiarato nel contratto scritto e registrato – Strumento utilizzato dal locatore al fine di elusione fiscale – Invalidità ed inefficacia del patto –Nullità del accordo di previsione negoziale di un canone maggiorato rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato – Corte di Cassazione, sez. 3, sentenza n. 29016 del 13 novembre 2018 a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Le parti di un contratto di locazione da adibirsi ad uso commerciale concordavano occultamente tra loro con espressa controdichiarazione che il canone indicato nell’atto scritto dovesse essere maggiorato rispetto a quello stabilito nel contratto registrato.
Il Tribunale adito dal conduttore respingeva la domanda da questi proposta di restituzione delle somme corrisposte in eccedenza rispetto al canone pattuito e la Corte d’Appello respingeva il gravame.
La società conduttrice proponeva, quindi, ricorso per cassazione avverso detta domanda, ribadendo che la pattuizione in questione aveva avuto ad oggetto aumenti del canone eccedenti il canone dovuto contrattualmente e lamentando che i giudici di merito avevano erroneamente escluso la nullità della controdichiarazione (pur coeva al contratto), ritenendo, a torto che il diritto a non erogare somme eccedenti sorga solo al momento della conclusione del contratto.
La parte soccombente ricorreva, quindi per cassazione avverso la decisione d’appello.
Decisione Sul ricorso provvedeva la Suprema Corte, basandosi su una recente sentenza della stessa Corte (Cass. sez. un. n. 23601 del 9 ottobre 2017) con la quale si era affermata la nullità del predetto patto contenuto nella controdichiarazione, con il quale si era concordato un canone superiore a quello previsto nell’atto scritto, poiché tale nullità “vitiatur sed non vitiat”, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone è insanabilmente nullo, a prescindere anche all’avvenuta registrazione.
La Suprema Corte ha, quindi, cassato la sentenza impugnata, accogliendo il ricorso, in quanto “il predetto patto, contemplando un canone superiore rispetto all’importo a tale titolo indicato nel contratto scritto e registrato risulta chiaramente in realtà funzionalmente ed esclusivamente volto a realizzare il risultato illegittimo di garantire al locatore di ritrarre dal concesso godimento dell’immobile un reddito superiore a quello assoggettato ad imposta (nella specie al registro)”
Sulla base di questo principio, quindi, il giudice di legittimità ha rinviato ad altra sezione della Corte d’Appello perché modifichi la sua decisione alla luce di quanto sopra stabilito.