Accertamento del diritto di proprietà – Azione nei confronti degli eredi della ex convivente deceduta
Accertamento del diritto di proprietà – Azione nei confronti degli eredi della ex convivente deceduta – Accertamento della proprietà dell’immobile – Rinunzia degli eredi alla domanda riconvenzionale di rilascio di immobile intestato alla defunta – Conseguenze – Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n. 2060 del 24 gennaio 2019 - a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano concordemente disatteso la domanda proposta dal convivente di una donna (deceduta nel 2007 e proprietaria dell’immobile nel quale i due soggetti coabitavano) nei confronti degli eredi della stessa al fine di sentire accertare il proprio diritto di proprietà sul bene, avendo direttamente lui stesso sostenuto tutte le spese d’acquisto e successive come documentato in atti.
I giudici avevano, altresì, accolto la domanda di rilascio del bene avanzata in via riconvenzionale dagli eredi convenuti - sebbene questi avessero, in corso di giudizio, rinunciato espressamente a detta domanda - ritenendo che la condanna al rilascio dell’immobile costituisse una stretta conseguenza del rigetto di tutte le pretese di parte attrice in merito alla proprietà del bene.
Sul ricorso dell’attore soccombente, con riguardo al solo motivo proposto in relazione alla condanna al rilascio, la Suprema Corte, accoglieva parzialmente il ricorso (disattendendo altri motivi perché inammissibili o infondati), cassava parzialmente la sentenza d’appello, eliminando la condanna dell’attore al rilascio e compensando le spese del grado.
Decisione. La Suprema Corte ha parzialmente cassato la sentenza impugnata con riguardo al motivo riguardante la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (per ultrapetizione da parte del giudicante), dolendosi della condanna al rilascio dell’immobile, disposta dal tribunale e confermata dal giudice d’appello, in assenza di domanda, avendo gli eredi convenuti rinunciato espressamente alla relativa domanda riconvenzionale.
In particolare, il giudice di legittimità, premesso che nella sentenza impugnata, rilevato che la domanda principale consisteva nell’accertamento della proprietà dell’immobile intestato alla convivente di parte attrice, per cui si imponeva di ritenere “puramente e strettamente conseguenziale all’accertata inesistenza di diritti di proprietà e di godimento dell’attore sul predetto immobile” la condanna dell’attore stesso al rilascio del bene, non avendo questi più alcun titolo per continuare ad occuparlo, contestava detta interpretazione, esprimendo il seguente principio “La pronuncia del giudice d’appello è chiaramente viziata da ultrapetizione, non essendosi tenuto conto che la domanda riconvenzionale di rilascio aveva formato oggetto di specifica rinunzia da parte dei proponenti. E ciò anche sotto un profilo logico, poiché l’affermata natura strettamente conseguenzale del rilascio rispetto alla domanda di accertamento del diritto di proprietà immobiliare non implicava necessariamente anche l’ordine di rilascio a favore degli eredi, ben potendo costoro, quali titolari iure ereditario del diritto dominicale, essere animati dall’intento di lasciare l’ex convivente della loro dante causa nel possesso o nella detenzione del bene in vista della stipula di un contratto di locazione, di comodato ovvero della costituzione di un diritto di abitazione”.
E ciò sembra certamente avvenuto nella fattispecie esaminata, come dimostrato chiaramente dalla rinuncia fatta dagli eredi alla domanda riconvenzionale avanzata sul rilascio dell’immobile.
Correttamente e giustamente, pertanto, la Suprema Corte, alla luce del disposto di cui all’art. 112 c.p.c., che non consente, in virtù del principio di divieto di ultrapetizione, al giudice di pronunciarsi su domande non proposte o rinunciate, ha parzialmente cassato la sentenza d’appello impugnata senza rinvio, limitandosi ad eliminare la condanna dell’attore al rilascio dell’immobile.