sequestro preventivo sito web – art. 171 bis l. 633/1941
Sequestro preventivo sito web – attività di servizi e consulenza finalizzata all’acquisto di immobili alle aste giudiziarie – reato di cui all’art. 171 bis l. 633/1941 – definizione normativa di “banca dati” – mancanza dei requisiti della creatività e dell’originalità – carente il fumus del reato Corte di Cassazione, sentenza n. 6734 del 29 maggio 2018, pubblicata il 12 febbraio 2019, commento a cura della Dott.ssa Claudia Borghini.
Fatto. Il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro preventivo del sito web YYY in quanto l’amministratore dello stesso veniva indagato del reato di cui all’art. 171 bis l. 633/1941 per aver, al fine di trarne profitto, utilizzato il materiale disponibile sul sito Internet omissis (consistente in fotografie, planimetrie e schede con le principali caratteristiche degli immobili soggetti a procedura esecutiva), pubblicandolo su vari siti Internet.
Avverso il suddetto provvedimento, l’amministratore in proprio e la società dal medesimo amministrata hanno proposto ricorso per cassazione.
Decisione. La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, dichiarando la perdita di efficacia della misura cautelare e ha disposto a norma dell’art. 626 c.p.p. la trasmissione della pronuncia al Procuratore Generale per i provvedimenti opportuni.
La Corte, nell’analizzare il ricorso, ha preso le mosse dalla sentita necessità di fare chiarezza sulla normativa applicabile alla fattispecie in esame. Il concetto la cui definizione deve essere maggiormente compresa è quello di “banca dati”. Introdotto nella legge 633/1941 dal d.lgs. 169/1999, emanato in attuazione della specifica direttiva 96/9/CE, la banca dati viene definita, all’art. 2 della legge sulla protezione del diritto d’autore, come “raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo”. Una definizione più sintetica viene altresì ripresa dal Codice della Privacy che, all’art. 4, ricomprende nell’accezione di banca dati “qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti”.
Ne discende che al titolare della paternità dell’opera siano accordate tutte le prerogative e le protezioni contenute nella legge a condizione che, come precisa l’art. 1, secondo comma, “per la scelta o la disposizione del materiale costituiscano una creazione intellettuale dell’autore”: in mancanza, pertanto, di tale creazione intellettuale, si fuoriuscirebbe dall’ambito di operatività della L. 633/1941.
A tal proposito è opportuno ricordare che, in materia di creatività dell’opera, si contrappongono due nozioni: una oggettiva tendente a ritenere che sia creativa un’opera oggettivamente caratterizzata da elementi originali ed innovativi tali da distinguerla da qualsiasi altra opera preesistente, ed una soggettiva secondo la quale dovrebbe ritenersi creativa l’opera che presenti l’impronta personale del suo autore. La giurisprudenza della Corte ha optato per la nozione soggettiva sottolineando che “l’oggetto della tutela non è necessariamente l’idea in sé, la quale può essere alla base di diverse opere dell’ingegno, bensì la forma particolare che assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto” (cfr. Cass. Civ. 11 agosto 2004 n. 15496).
Ciò premesso, la Corte ha statuito che un sito web “che sia solo un soggetto gestore della pubblicità delle vendite giudiziarie (che agisce secondo il sistema di pubblicità previsto in materia di vendite giudiziarie dall’art. 490 cod. proc. civ. e che rientra nell’apposito elenco di siti internet di pubblicità espressamente autorizzati dallo stesso Ministero in conformità alle direttive di cui al D.M. 31.10.2006), e che in tale veste colleziona e pubblica, senza alcun margine di autonomia e tanto meno di elaborazione, i dati trasmessigli dal portale del Ministero, destinati a restare ivi inseriti per un tempo limitato”, non compia un’attività creativa e originale. La Corte ha aggiunto che: “pertanto deve escludersi che i dati pubblicati siano sussumibili, attesa la temporaneità della loro permanenza sul sito, e dunque la loro inidoneità a confluire in un archivio, nell’ambito della nozione giuridica di banca dati”. La raccolta di tali dati non è quindi tutelabile in forza delle prerogative accordate dalla legge sul diritto di autore in quanto priva dei requisiti della creatività e dell’originalità.