Reato continuato – Medesimo disegno criminoso – Riconoscimento della continuazione in executivis
Reato continuato – Medesimo disegno criminoso – Riconoscimento della continuazione in executivis ex art. 671 c.p.p. – Aberratio ictus – Reato aberrante nella sequenza criminosa – Ragioni a sostegno della configurabilità – Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 4119 del 28/01/2019 (ud. 15/01/2019) Commento a cura dell’Avv. Marco Grilli
Fatto. La Corte di Assise di Appello di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta con cui T.S. chiedeva il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con quattro differenti sentenze di condanna a suo carico.
Il giudice dell’esecuzione riteneva doversi escludere il medesimo disegno criminoso in ragione: dell’estraneità di uno degli omicidi commessi dall’operatività dell’associazione criminale partecipata dall’istante; dell’errore di persona in cui era incorso il reo nell’uccidere due delle sue vittime; dell’assenza di originaria preordinazione nell’ultimo degli omicidi per cui era riportata condanna rispetto all’adesione al sodalizio mafioso.
Ricorre per Cassazione il T.S. che lamenta: l’erronea applicazione delle norme sulla continuazione nonché vizio di motivazione in quanto l’istanza era formulata per far riconoscere la continuazione cd. orizzontale tra i reati scopo dell’associazione e non anche la continuazione tra questi e il reato associativo; violazione di legge in relazione agli artt. 82 comma 1 e 81 comma 2 c.p. in quanto l’aberratio ictus non sarebbe di per sé idonea ad escludere il vincolo della continuazione; vizio di motivazione con riferimento all’esclusione dal medesimo disegno criminoso dell’ultimo degli omicidi di cui sopra.
Decisione. Il ricorso è fondato e l’ordinanza viene annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione per un nuovo esame.
Con riferimento al primo ed al terzo motivo, la Suprema Corte, trattandoli congiuntamente, osserva che effettivamente l’istanza ex art. 671 c.p.p. era volta a riconoscere il medesimo disegno criminoso intercorrente tra i reati scopo e non tra questi e il reato associativo. La Corte di Assise di Appello, al contrario, aveva argomentato diffusamente circa l’assenza di una originaria programmazione dei reati scopo commessi (gli omicidi) nel momento in cui il T.S. aveva aderito al sodalizio mafioso. Conseguentemente, la motivazione addotta appare incoerente dal punto di vista logico rispetto a quanto richiesto nell’istanza e incorre nel vizio denunciato nel ricorso.
Anche con riferimento al secondo motivo di ricorso la Corte di Cassazione riconosce la fondatezza dello stesso e le ragioni dell’accoglimento risultano la parte della sentenza di maggior interesse.
La Suprema Corte richiama brevemente il dettato normativo dell’art. 82 c.p., rappresentando che la cd. aberratio ictus si verifica ogni volta in cui l’offesa tipica della fattispecie criminosa è cagionata ad una persona diversa da quella alla quale era diretta. Tale divergenza tra il voluto ed il realizzato, tuttavia, attiene meramente alla fase esecutiva del reato e non alla sua ideazione e volizione, incidendo l’errore sull’oggetto materiale della condotta.
Conseguentemente, secondo giurisprudenza ormai consolidata (puntualmente richiamata in motivazione) l’accertamento dell’elemento soggettivo deve essere condotto con riferimento alla persona nei cui confronti era voluta l’offesa e non verso il soggetto effettivamente leso. Accertata la sussistenza del dolo nei confronti del bersaglio programmato, l’offesa di un diverso soggetto non vale a mutare la direzione della volontà ed i suoi contenuti.
Coerentemente a tali approdi in tema di elemento psicologico nel reato aberrante, si deve ritenere che l’unitarietà del disegno criminoso non venga meno se uno dei reati facente parte di una ideazione e programmazione unitaria, per mero errore esecutivo, si sia verificato in danno di soggetto diverso da quello originariamente designato.
Infatti, l’accertamento dell’elemento soggettivo richiesto per l’integrazione della continuazione tra i reati attiene alla riconducibilità ad una comune ed unitaria risoluzione criminosa del fatto-reato, così come in origine programmato, il cui contenuto volitivo ed attuativo di quella risoluzione rimane uguale e non subisce alcuna modifica per il solo fatto che l’oggetto materiale della condotta è accidentalmente caduto su una persona diversa.
In conclusione, la Suprema Corte ritiene che nel caso in esame ricorra la violazione di legge lamentata dal T.S., essendo stata affermata l’esclusione della configurabilità del medesimo disegno criminoso tra i fatti commessi sull’assunto che i soggetti materialmente colpiti non erano il reale obiettivo dell’azione delittuosa programmata.