Diritto Penale – Arresto in flagranza - “quasi flagranza” – reato abituale – atti persecutori
Misure precautelari – arresto in flagranza (art. 380 e ss., c.p.p.) – “quasi flagranza” – reato abituale – atti persecutori (art. 612 bis c.p.). “Nei reati abituali, all'arresto in flagranza e possibile procedere anche quando il bagaglio conoscitivo del soggetto che procede all'arresto derivi da pregresse denunce della vittima”. Cass. Pen., V Sezione, Sentenza n. 7915 ud. 03/12/2018 - deposito del 21/02/2019. Commento a cura dell’Avv. Emanuele Lai.
Fatto. Il Tribunale di Firenze non convalidava l’arresto eseguito dagli operanti, nei confronti di Tizio per il reato di atti persecutori, anche grazie alle informazioni fornite dalla persona offesa, la quale era stata inseguita dal medesimo mentre faceva rientro nella propria abitazione
Riteneva, il giudice, non sussistere i presupposti della flagranza di reato – così come delineati dall’art. 382 c.p.p. – in quanto gli agenti di P.G. non avevano avuto la diretta percezione della condotta criminosa.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica.
Diritto. In via preliminare, giova ricordare che sulla questione relativa ai limiti della c.d. “quasi flagranza” si è a lungo esercitata la giurisprudenza di legittimità che ha visto contrapposti, da un lato, i sostenitori della tesi secondo la quale «non ricorre lo stato di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia iniziato, non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti, ma per effetto e solo in seguito alla denuncia della persona offesa o ad informazioni rese da terzi” ; dall’altro, i promotori del diverso indirizzo, per cui la quasi flagranza « sussiste anche nel caso in cui l’inseguimento non sia iniziato per una diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per le informazioni acquisite da terzi (inclusa la vittima), purché non sussista soluzione di continuità fra il fatto criminoso e la successiva reazione diretta ad arrestare il responsabile del reato» .
A dirimere il contrasto in parola sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali, avallando il primo indirizzo riportato, hanno stabilito che “non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto” .
In particolare, si è evidenziato come l’arresto costituisca, per definizione, una misura “immediata”, presupponendo, lo stato di flagranza, per la sua intima essenza, la contestualità eziologica, temporale e spaziale tra il delitto e la privazione della libertà personale.
Tanto premesso, la V Sezione Penale ha espresso le proprie valutazioni in diritto partendo dalla considerazione che la percezione può definirsi diretta anche laddove sia tratta da fatti obbiettivi, quali, per esempio, il possesso di cose che colleghino l’agente al reato, o, ancora, nei casi in cui sul medesimo siano rinvenute delle tracce che lo ricolleghino al delitto.
Orbene, quanto detto assume particolare rilievo in relazione al reato abituale.
Qui si pone infatti il problema relativo alla concreta possibilità di eseguire l’arresto in flagranza, in considerazione del fatto che l’antigiuridicità delle condotte emerge solo attraverso una visione globale delle stesse.
E infatti, nel reato abituale le singole condotte perdono la loro individualità come percosse, minacce, o quali condotte non rilevanti penalmente, per assumere – attraverso la reiterazione delle stesse – una diversa configurazione giuridica (per la quale, astrattamente, è consentito l’arresto in flagranza).
A titolo esemplificativo, nel reato di maltrattamenti l’antigiuridicità delle condotte è correlata alla reiterazione di più atti lesivi dell’integrità fisica e morale della vittima ovvero da una serie di atti lesivi, in cui ogni singola azione è elemento della serie, al realizzarsi della quale si perfeziona il reato: ne discende che la struttura del reato è perdurante e continuativa, in quanto ogni azione si salda alla precedente, dando vita ad un reato unitario.
Così, anche nel reato di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis, c.p., è la reiterazione delle condotte che rappresenta il predicato dell’abitualità del reato.
Ebbene, restringere la nozione di “cose” o “tracce” riconducibili al delitto esclusivamente a quegli elementi dei quali l’operante abbia una percezione diretta, per così dire “visiva”, equivale di fatto a escludere dal novero dei reati per i quali è consentito l’arresto in flagranza tutti i reati abituali.
Non può seriamente pretendersi, infatti, che l’agente abilitato ad eseguire l’arresto abbia un’immediata e diretta percezione delle tracce o delle cose riconducibili al reato abituale, apparendo vie più plausibile che ne possa percepire un segmento, una singola condotta, con conseguente illegittimità dell’eventuale misura restrittiva della libertà personale.
Concludono i Giudici della V Sezione, significando che, nel reato abituale, le "cose" o le "tracce" che rimandano al suo autore non potrebbero essere apprezzate senza la collaborazione informativa della vittima, che consenta di far emergere il contesto di abitualità.
Pertanto, è possibile procedere all'arresto in flagranza anche quando il bagaglio conoscitivo del soggetto che vi procede “derivi da pregresse denunce della vittima, relative a fatti a cui egli non abbia assistito personalmente, purché, per quanto si e detto, tale soggetto assista ad una frazione dell'attività delittuosa che, sommata a quella oggetto di denuncia, integri l'abitualità richiesta dalla norma, ovvero, purché – già forte del suo bagaglio conoscitivo – il soggetto in questione sorprenda il reo con cose o tracce dalle quali appaia che questi ha commesso il reato immediatamente prima”.
Nel caso di specie, a fronte di plurime segnalazioni da parte della persona offesa, gli operanti di P.G. intervenivano e, perquisito Tizio, rinvenivano sulla sua persona dei bigliettini simili a quelli più volte trasmessi alla vittima nonché una SIM corrispondente al numero di telefono in diverse occasioni trascritto su altrettanti bigliettini inseriti nella serratura dell’abitazione della medesima.
La V Sezione, pertanto, riconosceva negli elementi di cui innanzi le tracce delle quali desumere che il reato contestato era stato commesso immediatamente prima dell’intervento degli operanti i quali, nel riconoscere la reiterazione delle condotte di Tizio, si erano opportunamente e legittimamente avvalsi del compendio conoscitivo fornito dalla vittima.
Il Ricorso presentato dal P.M. veniva, quindi, accolto e l’ordinanza del Giudice di Firenze annullata perché l’arresto era stato legittimamente eseguito.