Misure cautelari personali – Termini di durata massima della custodia cautelare
Misure cautelari personali – Termini di durata massima della custodia cautelare – Sospensione per particolare complessità del giudizio – Interesse ad impugnare dell’imputato latitante – Esclusione – Cassazione penale, sez. VI, sentenza n. 13717 del 28/03/2019 (ud. 21/03/2019) Commento a cura dell’Avv. Marco Grilli
Fatto. Il Tribunale del Riesame di Catania, in sede di appello ai sensi dell’art. 310 c.p.p., confermava il provvedimento con cui la Corte di Appello aveva disposto la sospensione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, ex art. 304 comma 2 c.p.p., per la particolare complessità del giudizio.
Avverso l’ordinanza avanzava ricorso per Cassazione il difensore di uno degli imputati, S.D., il quale deduceva violazione di legge e vizio di motivazione ritenendo che la conferma del provvedimento di sospensione da parte del Tribunale del Riesame fosse ingiustificata in assenza di elementi che deponessero per la particolare complessità del giudizio.
Peraltro, ribadiva l’assoluta esistenza di un interesse ad impugnare da parte del S.D. che, seppur dichiarato formalmente latitante, si trovava a vivere da tempo in Germania ed era stato oggetto di mandato di arresto europeo, ancora non eseguito.
Decisione. Il ricorso è dichiarato inammissibile per la carenza di interesse all’impugnazione.
A parere della Corte è ormai orientamento consolidato quello secondo il quale il latitante non ha alcun interesse ad impugnare un provvedimento adottato nella fase “dinamica” della misura, come quelli adottati per prorogare o sospendere la decorrenza dei termini di durata della custodia cautelare, perché nei suoi riguardi quei termini non sono mai iniziati a decorrere.
Invero, in tale caso non sussiste l'interesse dell'indagato ad impugnare un provvedimento in quanto il destinatario non ha un concreto ed attuale interesse a rimuovere gli effetti pregiudizievoli del provvedimento medesimo, in quanto non venuti in esistenza. Contrariamente, si ritiene sussistente il predetto interesse a coltivare la richiesta di riesame o di appello che attenga alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’applicazione della misura.
Ritiene, infine, la Corte che elementi di segno contrario non possano essere nemmeno tratti dalla giurisprudenza citata dal ricorrente.
Infatti, tali pronunce riguardano il caso in cui il latitante veniva successivamente catturato e, quindi, diveniva interessato all’impugnazione dell’ordinanza con cui nei confronti di tutti i coimputati era stata disposta la sospensione dei termini di custodia. Anche con riferimento a tale peculiare ipotesi, tuttavia, si è discusso se, a seguito della sopravvenuta esecuzione dell'originario provvedimento genetico della misura cautelare, il provvedimento di sospensione dei termini debba essere riemesso anche nei riguardi di colui che, al momento della sua adozione, era latitante o se quel provvedimento valga anche nei suoi confronti e possa essere direttamente impugnato dopo la cattura. Si tratta, comunque, di temi non conferenti rispetto al caso in esame.
Per le ragioni esposte la Corte ha ritenuto carente di interesse l’impugnazione di S.D., la cui dichiarazione di latitanza, correttamente adottata, rende irrilevanti ed ininfluenti le contrarie deduzioni difensive sul punto.
Misure cautelari personali