revoca sospensione condizionale della pena – divieto di reformatio in peius
Giudizio d’Appello – revoca sospensione condizionale della pena – divieto di reformatio in peius – appello proposto dal solo imputato “non contravviene al divieto della reformatio in peius il giudice di appello che, pur in presenza di impugnazione proposta dal solo imputato, revochi il beneficio della sospensione condizionale, nelle ipotesi previste dai commi primo e terzo dell'art. 168 c.p.”. Cassazione Penale, Sez. V, sent. n. 14997-19 dep 4.4.2019. Commento a cura dell’Avv. Emanuele Lai.
Il ricorrente si duole della sentenza della Corte territoriale di Cagliari che, decidendo sull’appello proposto dal medesimo, confermava la sentenza di condanna per il reato di lesioni volontarie revocando il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Nel ricorso presentato, la difesa evidenzia la violazione di legge con riferimento alla revoca della sospensione condizionale. L’appello, infatti, veniva proposto solo dall’imputato per cui la revoca in parola si porrebbe in contrasto in il divieto di reformatio in peius.
La V Sezione penale dichiara infondato il motivo del ricorso.
In motivazione ricorda il consolidato orientamento secondo il quale la revoca del beneficio non costituirebbe una violazione del divieto di reformatio in peius.
Nelle ipotesi di cui all’art. 168, I e III co. C.p., infatti, la revoca costituisce un mero provvedimento dichiarativo che presuppone un’attività ricognitiva e non discrezionale.
Il ricorrente, peraltro, pur riconoscendo tale indirizzo, ne lamenta la contraddittorietà atteso che la giurisprudenza di legittimità sembra pervenire a conclusioni opposte in relazione all’indulto.
Anche sul punto, i giudici della V sezione controbattono non esservi alcuna contraddizione in merito alla disciplina della revoca dell’indulto. Infatti, oltre ad essere istituto differente si è evidenziato come la giurisprudenza di legittimità abbia in tempi recenti cambiato orientamento, ammettendo la revocabilità d’ufficio in appello dell’indulto erroneamente concesso in primo grado (in questo senso, Cass. Pen. Sez. 2, n. 26031 del 10/06/2014).
Fondati – gli ulteriori motivi – unicamente su vizi di merito, la Corte li riteneva inammissibili rigettando, quindi, il ricorso.