Regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis L. 354/1975 – Diritto del detenuto alla permanenza “all’aria aperta” per due ore al giorno
Regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis L. 354/1975 – Diritto del detenuto alla permanenza “all’aria aperta” per due ore al giorno – Disposizioni dei regolamenti interni all’istituto di pena e circolari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Natura strettamente funzionale delle limitazioni previste ai diritti dei detenuti – Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 17581 del 24/04/2019 (ud. 28/02/2019) Commento a cura dell’Avv. Marco Grilli
Fatto. Il Magistrato di Sorveglianza di Sassari accoglieva il reclamo proposto dal detenuto M.S., ristretto in regime differenziato di cui all’art. 41 bis L.354/1975 (Ordinamento Penitenziario), avverso le disposizioni del regolamento interno dell’istituto di pena che limitavano ad una sola le ore di permanenza all’aria aperta, disponendo che la restante ora prevista dall’art. 41 bis comma 2 quater lett. F) venisse trascorsa nelle sale destinate alla socialità (biblioteca, palestra, sala polivalente). Avverso tale decisione proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza il Ministero della Giustizia, il quale rappresentava come la corretta interpretazione dell’art. 41 bis O.P. non consentisse ai detenuti sottoposti a tale regime la fruizione di due ore d’aria.
Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, tuttavia, condividendo la ricostruzione del Magistrato di Sorveglianza, respingeva il reclamo.
La Direzione della Casa Circondariale di Sassari, il Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria, nonché il Ministero della Giustizia presentavano ricorso per Cassazione deducendo quattro motivi che si sostanziano nella pretesa erronea applicazione dell’art. 41 bis O.P. nella parte in cui prescrive la limitazione delle ore che il detenuto può trascorrere all’aperto; nonché nel vizio di motivazione per non aver dato conto adeguatamente dell’interpretazione accolta della norma che si pretenderebbe fissare il limite massimo di permanenza esterna, ma non il limite minimo.
Decisione. Il ricorso è infondato e viene rigettato dalla Suprema Corte che condivide in pieno le argomentazioni proposte dal Magistrato e dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari.
Come considerazione di carattere preliminare, peraltro, viene ribadita la competenza della magistratura e del Tribunale di Sorveglianza nella cui circoscrizione abbia sede l'istituto penitenziario cui è assegnato il detenuto reclamante, in luogo del Tribunale di Sorveglianza di Roma che è, invece, sempre competente per la decisione sul reclamo attinente il decreto di attuazione del regime differenziato. Pertanto, il controllo generale di legalità sull'operato dell’amministrazione penitenziaria, nonché sulle disposizioni del decreto ministeriale di applicazione, eventualmente lesive dei diritti dei detenuti è attribuita con i criteri ordinari di prossimità territoriale.
Per quanto attiene l’analisi delle questioni poste con il ricorso, la Suprema Corte parte dal dato testuale della norma per ricordare che l’art. 41 bis al comma 2 quater, lett. F) prescrive che i detenuti soggetti al regime differenziato siano sottoposti a delle limitazioni alla “permanenza all'aperto”.
Tale permanenza deve avere una durata non superiore a due ore al giorno, fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell'art. 10, il quale espressamente prescrive che la durata minima per la permanenza all’aria aperta per il detenuto non possa essere mai inferiore a due ore al giorno, salvo la possibilità di ridurlo ad un’ora ma in presenza di “motivi eccezionali”.
Pertanto, una prima questione interpretativa si pone con riguardo alla locuzione “permanenza all’aperto” e la Suprema Corte nel risolverla ritiene di aderire all’orientamento espresso, da ultimo, dalla magistratura di sorveglianza sassarese. In tal proposito, dunque, la permanenza all’aperto non va confusa con la cd. socialità stante la differente funzione dei due distinti istituti.
Per tale ragione, la locuzione in discorso, già da un punto di vista testuale, non può essere ritenuta come un mero riferimento alla presenza al di fuori della camera detentiva ma deve essere inteso correttamente come una effettiva permanenza all’aria aperta.
Conseguentemente, sotto tale profilo, le disposizione contenute nel regolamento di istituto, che espressamente si richiamano ed applicano la circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) del 2/10/2017, sono da considerarsi illegittime nella parte in cui prevedono l’equiparazione tra la permanenza all’aperto e la socialità in quanto applicano erroneamente il dettato legislativo di riferimento.
Così risolta tale prima questione, la Corte si interroga sulla possibilità che le ore di aria possano essere ridotte sulla base di una previsione contenuta in una circolare ministeriale, a cui faccia riscontro un provvedimento attuativo quale quello del regolamento interno, per i detenuti sottoposti al regime differenziato.
La formulazione letterale dell’art. 41 bis comma 2 quater lett. F) O.P. appare effettivamente ambigua.
Infatti, da una parte il disposto contiene un rinvio al limite stabilito dal primo comma dell'art. 10, il quale concerne non soltanto il profilo quantitativo, ma anche la necessità che l’amministrazione penitenziaria indichi la ricorrenza di motivi eccezionali affinché tale limite venga in concreto ridotto a “non meno di un’ora al giorno”.
D’altra parte, argomenta la Corte, la disposizione fa riferimento al “limite minimo” previsto dalla norma, onde l'aggettivo utilizzato parrebbe circoscrivere il rinvio al solo profilo della durata minima della permanenza all'aperto, la cui concreta modulazione, tra un massimo di due ore e un minimo di un’ora, sarebbe così rimessa alla valutazione discrezionale dell'amministrazione penitenziaria.
Peraltro, la Corte ritiene che tale interpretazione sembrerebbe avvalorata indirettamente dal confronto con le norme che regolano l’istituto della sorveglianza particolare (art. 14 bis e ss. O.P.), il quale presenta dei tratti di contiguità indubbi in tema di sospensione delle regole di trattamento dei detenuti.
Tale disciplina, infatti, nell'indicare gli ambiti della vita carceraria che non possono essere incisi dal regime di sorveglianza particolare, espressamente prevede all’art. 14 quater comma 4 la “permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno”, con ciò chiarendo assolutamente, sul piano lessicale, che il limite minimo, in questo caso, è costituito da due ore all'aria aperta, mutando l’espressione utilizzata dall’art. 10 O.P..
Tuttavia, anche a fronte di tali considerazioni, la Cassazione osserva come la concreta soluzione interpretativa del caso di specie vada ricercata ricorrendo ad un criterio di natura sistematica e costituzionalmente orientata.
In tale prospettiva, stante lo stretto collegamento tra gli istituti da ultimo richiamati, deve osservarsi che il regime di sorveglianza particolare costituisce un parametro fondamentale per valutare il livello di umanità della pena. La Corte Costituzionale con la pronuncia n. 351/1996 ha già ritenuto che le indicazioni deducibili da tale disciplina, comprendente anche, pertanto, la disposizione di cui al richiamato comma 4 dell’articolo 14 quater, fornissero un parametro particolarmente pregnante per la valutazione di divieti contrari al senso di umanità.
Inoltre, occorre rammentare come, sempre secondo il Giudice delle leggi, il potere ministeriale di adottare misure restrittive deve trovare un limite nella natura strettamente funzionale delle stesse a tutelare le esigenze di ordine o di sicurezza per le quali sono emesse. Conseguentemente, l’ulteriore compressione dei diritti fondamentali del detenuto può essere attuata esclusivamente in ragione di un bilanciamento con contrapposti interessi collettivi alla tutela dell’ordine e della sicurezza e, specificamente nel caso del regime di cui all’art. 41 bis, al fine di prevenire i flussi comunicativi illeciti con gli appartenenti della stessa organizzazione.
Ebbene, nel caso al vaglio della Suprema Corte si ritiene che la compressione del diritto alla salute del detenuto, che vede ridotta ad una sola le ore di permanenza all’aperto, non comporta il rafforzamento della tutela del contrapposto interesse. Infatti, i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis possono permanere all'aperto soltanto all'interno di un gruppo di socialità di quattro persone, scelte dal dipartimento e dalle direzioni di istituto, nell'ambito del quale è sempre consentito comunicare, senza dover attendere le ore di permanenza fuori dalla camera detentiva, sicché quello che potrebbe accadere in due ore, potrebbe accadere anche in un'ora di permanenza all'aria e nella restante ora trascorsa nella sala adibita alla socialità.
In conclusione, a parere della Suprema Corte, l’interpretazione ripercorsa, e seguita anche dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari, fa buon governo dei principi enunciati anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 135 del 2013), la quale ha espressamente stabilito che l'estensione e la portata dei diritti dei detenuti può subire restrizioni unicamente in ragione di esigenze inerenti la custodia in carcere. Pertanto, in assenza di tali esigenze, la limitazione acquisterebbe unicamente un valore afflittivo supplementare rispetto alla privazione della libertà personale, non compatibile con l'art. 27, comma 3, Cost.
Tutte le considerazioni che precedono non incidono, ovviamente, sulla possibilità per la direzione dell’istituto di comprimere il diritto del detenuto fino al limite di una sola ora di permanenza all’aria aperta ma tale atto deve essere adottato in presenza di eccezionali motivi espressamente indicati e sindacabili con il procedimento di sorveglianza.
Tuttavia, nel caso di specie, tale limitazione, attuata esclusivamente sulla base di un atto non specifico ma generalmente adottato nei confronti di tutti i detenuti che condividono il regime differenziato, deve essere ritenuta illegittima così come fatto dal Magistrato e dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari e conseguentemente il ricorso deve essere rigettato.
La decisione integrale è consultabile al seguente indirizzo:
http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20190424/snpen@s10@a2019@