Preliminare di vendita immobiliare sottoposta a condizione sospensiva
Preliminare di vendita immobiliare sottoposta a condizione sospensiva -Impossibilità di ottenere il trasferimento della proprietà con sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. prima del verificarsi della condizione – Ipotesi di efficacia del trasferimento anteriore al verificarsi della condizione - Effetti del verificarsi di una condizione sospensiva prevista nel preliminare di vendita sul trasferimento della proprietà del bene – Esclusione del trasferimento attraverso una sentenza costitutiva - Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n. 22343 del 6 settembre 2019, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda degli attori, proposta al fine di ottenere una pronuncia costitutiva di trasferimento di un immobile ex art. 1932 c.c., dal promittente alienante, promesso in vendita con un contratto preliminare sospensivamente condizionato al decesso dei genitori dello stesso promittente alienante (evento non ancora verificatosi nel corso dei due gradi del giudizio).
Gli attori soccombenti hanno, quindi, impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione, assumendo che: a) il contratto sottoposto a condizione sospensiva si perfeziona contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo, con lo scambio dei consensi; b) fino all’avverarsi della condizione, il contraente che ha interesse al suo verificarsi, può compiere gli atti conservativi idonei ad assicurare il suo diritto ex art. 1356 c.c.; c) la domanda proposta non mirava all’immediato trasferimento della proprietà del bene a loro favore, ma soltanto ad ottenere un pronuncia di natura meramente conservativa che condizionasse quel trasferimento all’avverarsi della condizione sospensiva (così da consentire la trascrizione del titolo ai fini della sua opponibilità ai terzi).
Decisione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Anzitutto la Suprema Corte ha “escluso categoricamente la possibilità che l’autorità giudiziaria possa trasferire con sentenza costitutiva ex art. 1932 c.c., un diritto sottoposto a condizione sospensiva o ancora sottoposto a termine poiché l’aspettativa della parte non può essere mutata prima del tempo nel diritto anelato” (in quanto ciò frusterebbe la volontà negoziale), precisando, altresì, che è invece possibile farsi luogo per sentenza del consenso mancante per il trasferimento del bene, purchè il trasferimento al quale il promittente alienante si è reso inadempiente non sia più sottoposto a termine o a condizione). Infatti, - ha proseguito la Corte - in questo caso, il giudice si trova di fronte ad un contratto pienamente efficace ed il promissario acquirente ha già acquistato il diritto ad un immediato trasferimento del bene promesso, essendo limitato il potere del giudice solo dall’avvenuto effettivo integrale trasferimento del prezzo da parte sua, senza più vincoli, essendo venuta meno la condizione sospensiva ovvero il termine di scadenza previsto nel preliminare.
Il giudice di legittimità, poi, ha disatteso l’altro motivo di ricorso relativo al carattere conservativo del suo diritto fatto valere, sottolineando il carattere di inutile spendita giudiziaria della domanda, ove il giudice si limitasse a riaffermare quanto già prescritto dal contratto preliminare (in quanto in esso viene concordato che il trasferimento della proprietà può avvenire solo al momento dell’avveramento della condizione sospensiva pattuita), mentre, comunque, la decisione come richiesta non assolverebbe neppure alla funzione cautelare pretesa che l’ordinamento assicura con ben altri strumenti.
Si è, quindi, affermato il seguente principio di diritto: “é da escludersi, per la contraddizione che non lo consente, che possa costituirsi e, quindi, trasferirsi per sentenza costitutiva del giudice, un diritto ancora sottoposto a condizione sospensiva o ancora sottoposto a termine; né può ipotizzarsi, (perché si tratterebbe di spendita giudiziaria inutile), l’emissione di una sentenza che si limitasse ad affermare quel che già prescrive il contratto preliminare e cioè che il trasferimento, al quale il promittente alienante si è obbligato, resti condizionato o sottoposto a termine; può, invece, farsi luogo per sentenza costitutiva del consenso mancante per il trasferimento di un bene (trasferimento, ovviamente del quale il promittente alienante si è reso inadempiente) anche nell’ipotesi in cui il tempo della controprestazione sia scaduto (come nel caso in cui tutto o parte del prezzo debba corrispondersi in epoca successiva), condizionando l’effetto traslativo al pagamento dell’intero prezzo, poiché in questo caso si è in presenza di un contratto che, per volontà delle parti, nel momento in cui la causa viene davanti al giudice, è pienamente efficace”.
Breve commento
La decisione della Suprema Corte, presa peraltro in sintonia che precedente giurisprudenza di legittimità, sia pure datata (cfr Cass. nn. 1940/1982; 8388/2000 e 17/2003), appare chiarissima e corretta giuridicamente, nonché sotto un profilo sostanziale e risulta quindi sicuramente da condividere per la logicità della sue motivazioni, pienamente conformi alla ratio della legge in materia.
Si può, pertanto, concludere sul tema affrontato nel senso che non è possibile richiedere una sentenza costitutiva che trasferisca una proprietà immobiliare, sulla base di un preliminare di vendita nel quale sia prevista una condizione sospensiva non ancora avveratasi ovvero un termine di scadenza non ancora trascorso, neppure se la domanda sia stata proposta ai soli fini conservativi.