Assicurazione - Richiesta di indennizzo per il furto dell’autovettura – Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 7949 del 20 aprile 2020.
Mancato utilizzo della chiave elettronica necessaria all’apertura del mezzo – Rimessione al P.M. per la riapertura delle indagini sull’esistenza di un reato – Decreto d’archiviazione – Rigetto della domanda in sede civile da parte dei giudici del merito, ma con rigetto, in appello, anche della domanda risarcitoria di condanna, ex art. 96 c.p.c., dell’attore al risarcimento danni - Inammissibilità del ricorso per cassazione - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 7949 del 20 aprile 2020.
Motivi di gravame attinenti alla nullità della sentenza per errores in procedendo, per violazione del diritto di difesa e per erronea decisione sull’onere della prova - Corte di Cassazione, sez. III., ordinanza n. 7949 del 20 aprile 2020, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Un soggetto assicurato citava avanti al Tribunale competente la sua compagnia assicuratrice per sentirla condannare al pagamento dell’indennizzo per il furto subito della sua autovettura.
La società convenuta chiedeva il rigetto della domanda, sia perché dall’ispezione effettuata sulla chiave elettronica del mezzo (sempre necessaria per la sua apertura), è emerso che l’ultima utilizzazione della stessa era avvenuta prima della data indicata del furto, sia per la scarsa verisimiglianza dei fatti narrati dall’assicurato.
Il giudice designato rimetteva, quindi, gli atti al P.M. per la riapertura delle indagini relative al procedimento penale (processo che si concludeva con un decreto di archiviazione per infondatezza della notitia criminis).
Il Tribunale respingeva, quindi, la domanda, condannando l’assicurato al pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 96 c.p.c., mentre la Corte d’Appello annullava la detta condanna, confermando nel resto la decisione di primo grado.
L’attore assicurato soccombente, quindi, proponeva ricorso per cassazione avverso quest’ultima sentenza, denunciando gli errori commessi dalla Corte territoriale, la quale aveva commesso un error in procedendo, non avendo mai la convenuta, né in primo, né in secondo grado, eccepito l’esistenza di comportamenti colposi dell’assicurato, individuati per la prima volta dal giudice d’appello (con conseguente nullità della sentenza impugnata, anche per violazione del diritto di difesa al riguardo) ed aveva, altresì, onerato erroneamente l’assicurato di fornire la prova (a carico, invece, della Assicurazione), di una causa impeditiva o estintiva del diritto all’indennizzo.
Decisione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, dopo aver trattato congiuntamente i motivi dedotti per la carenza logico-giuridica che li lega tra loro.
Anzitutto, sotto il primo profilo (error in procedendo per vizio di pronuncia ultra petita), si è affermato che ”il ricorrente che intenda dolersi dell’errata valutazione di un atto o di un documento da parte del giudice d’appello (specie se riguardante un vizio di pronuncia ultra petita), ha il duplice onere di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto – trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso - per cui la violazione di uno soltanto di questi oneri rende il ricorso inammissibile, mentre nella specie il richiamo ad una parte solo della comparsa di risposta della controparte della compagnia assicuratrice è inidonea a raggiungere un livello di specificità del motivo tale da consentire il controllo degli atti, mentre la questione delle modalità del furto e la circostanza che la vettura poteva spostarsi solo con le chiavi in dotazione, rendendo impossibile superare altrimenti i congegni meccanici del mezzo, era stata correttamente sollevata già con la comparsa di risposta della convenuta in prime cure”. In tal senso cfr. Cass. nn. 19048/2016 e 29093/2018).
Parimenti è inammissibile il secondo motivo relativo all’onere della prova da porsi, a giudizio del ricorrente, tutto a carico dell’assicuratore, in quanto “il ricorrente avrebbe dovuto comunque produrre il contratto di assicurazione per consentire alla Corte di conoscere la volontà delle parti onde poter apprezzare, ai fini della ripartizione dell’onere della prova, se il rischio rientrasse o meno tra i c.d. “rischi esclusi”.