Fallimento del subconduttore di un capannone locato ad uso diverso dall’abitazione - Condizioni – Cass. sez. III, ordinanza n. 8115 del 23 aprile 2020
Domanda giudiziale della locatrice di un capannone industriale sublocato a terzi di condanna al pagamento di canoni e di indennità d’occupazione proposta nei confronti della conduttrice dopo il fallimento della sub conduttrice – Condizioni di validità di una liberatoria della conduttrice originaria - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 8115 del 23 aprile 2020, a cura di Riccardo Redivo, già Presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. La locatrice di un capannone ad uso non abitativo, poi subaffittato dalla società conduttrice ad una società terza - che veniva in seguito dichiarata fallita - agiva in giudizio nei confronti della conduttrice per sentirla condannare al pagamento di canoni locatizi e dell’indennità d’occupazione dovuti e non versati.
Il giudice d’appello, parzialmente riformando la decisione d’accoglimento della domanda da parte del tribunale, respingeva la domanda, ritenendo che fosse intervenuto un accordo tra la curatela del fallimento della subconduttrice e la locatrice, in forza del quale i canoni sarebbero dovuti essere versati dal Fallimento.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’attrice soccombente sulla base di due motivi, poi trattati congiuntamente dalla Suprema Corte, argomentando essenzialmente sul fatto che l’accordo tra la locatrice e la curatela fallimentare era avvenuto alla scadenza dei sei mesi pattuiti per una nuova scadenza del contratto, a titolo di canoni locatizi, con il Fallimento ed assumendo che, comunque, l’accordo non conteneva alcuna clausola liberatoria della conduttrice.
Decisione. La Suprema Corte ha respinto il ricorso per infondatezza dei motivi addotti da parte ricorrente, confermando, anzitutto, che la Corte territoriale aveva correttamente affermato, che la locazione era già scaduta, a seguito di lettera di risoluzione inviata dalla conduttrice e che la restituzione dell’immobile dopo il semestre, doveva essere trattata direttamente dalla locatrice con la curatela (avendo pacificamente quest’ultima accettato che l’immobile continuasse ad essere occupato dalla curatela per altri sei mesi), rilevando, altresì, che, ai sensi dell’art. 595, III comma c.p.c., la risoluzione del contrato tra le parti principali di esso, ha effetto anche nei confronti del subconduttore, in virtù del nuovo accordo diretto, di durata semestrale, tra la locatrice e la subconduttrice.
Si è precisato, comunque, dal giudice di legittimità, che “l’esborso da parte della curatela fallimentare a favore della locatrice viene legittimato pienamente da una nuova e diversa pattuizione tra queste parti” e che non vi è stata “alcuna violazione dell’interpretazione del contratto da parte del giudice d’appello, non avendo l’appellante, dopo aver fatto genericamente riferimento alle regole generali sull’interpretazione di contratti, nè indicato le norme ed i principi asseritamente violati, né precisato in alcun modo e con quali considerazioni la Corte territoriale si sia discostata dai richiamati canoni legali”.